Videogiochi nei film #4: l’età d’oro degli arcade


Questo post è stato scritto grazie alla “provocazione” di Lucio, che mi mostrato i fotogrammi del film in cui appaiono dei videogiochi. Il post è stato pubblicato ieri sul suo blog Il Zinefilo con il titolo [Videogiochi] Vai avanti tu… (1982) guest post. Ringrazio Lucio per l’ospitalità.

In una scena del film Vai avanti tu che mi vien da ridere il commissario Pasquale Bellachioma, interpretato da Lino Banfi, entra in una sala-giochi per incontrare il suo assistente Nando Cavicchioli.

Tra i tanti cabinati presenti sono riconoscibili dal “marquee”, ovvero la parte alta del cabinato riservata al titolo del videogioco, Space Invaders Part II e Galaga.

È possibile identificare anche Vanguard, alle spalle del commissario, anche se il “marquee” è solo in parte visibile quando il ragazzo che vi sta giocando si piega leggermente: si legge “GUARD”.

Infine grazie al pannello laterale con la scritta “VROOOMM” che appare alle spalle di Cavicchioli intento a giocare a una “slot-machine”, è possibile individuare un altro cabinato: Long Beach dell’italiana Olympia.

Space Invaders Part II, pubblicato della giapponese Taito nel 1979, è una versione migliorata del primo Space Invaders: è il primo videogioco a mostrare degli intermezzi animati tra un livello e il successivo.

Come il primo Space Invaders, anche questo cabinato utilizza uno schermo monocromatico con delle pellicole colorate applicate sul vetro per simulare la grafica a colori. Questo modello è stato distribuito in Europa e Australia, ma mai negli Stati Uniti. Inoltre ne fu prodotto un numero limitato perché Taito iniziò a utilizzare monitor a colori e a distribuire una versione del gioco autenticamente a colori. Per questi motivi il cabinato che appare in questa scena del film è un oggetto molto ambito dai collezionisti.

Galaga, pubblicato dalla giapponese Namco nel 1981, è uno sparatutto a tema spaziale e introduce importanti novità sia rispetto a Space Invaders sia rispetto al suo predecessore Galaxian (1979).

Gli alieni hanno infatti un movimento più complesso e con traiettoria meno prevedibile rispetto a quella orizzontale degli Space Invaders.
Dalla flotta aliena disposta nella parte alta dello schermo si distaccano alcuni alieni che, oltre a sparare, a volte cercano l’impatto con l’astronave del giocatore, che può muoversi unicamente lungo l’asse orizzontale alla base dello schermo.

Un altro elemento di novità è che alcuni alieni più coriacei (sono necessari due colpi per eliminarli) possono utilizzare un raggio traente per catturare un’astronave del giocatore (riducendo così le “vite” di una). Se il giocatore abbatte l’alieno che ha catturato l’astronave, quest’ultima si affianca alla propria, contando così su un volume di fuoco doppio (e anche un ingombro doppio).

Galaga è anche uno dei primi giochi a introdurre un “livello Bonus” ovvero un livello in cui l’unico scopo è aumentare il punteggio: nel terzo livello e, successivamente, ogni quattro livelli gli alieni volano in formazione senza sparare; il giocatore deve cercare di eliminarli tutti prima che escano dallo schermo per aumentare il punteggio.

Vanguard, distribuito nel 1981, insieme a Scramble, è uno dei primi sparatutto a scorrimento verticale e orizzontale; l’obiettivo è di sparare a tutti i nemici evitando non solo il fuoco avversario, ma anche gli ostacoli e parti dello scenario. Altra novità è che l’astronave può aprire il fuoco non soltanto davanti a sé, ma in tutte le quattro direzioni cardinali.

Il “marquee” di Vanguard che appare nel film non corrisponde a quello originale e nemmeno a quello della versione distribuita dall’italiana Zaccaria. Con tutta probabilità si tratta di un cabinato-clone prodotto senza licenza, in altri termini un cabinato “pirata”.

Long Beach è un cabinato originale dell’italiana Olympia, distribuito nel 1979 e ispirato a Sprint di Atari. Si tratta di un gioco di guida con visuale dall’alto in cui si pilota una Formula 1 utilizzando un piccolo volante e una leva per il cambio.
Long Beach è la prova che ai tempi degli “arcade” il nostro Paese vi era un’industria che produceva videogiochi anche originali. Gli anni seguenti sono stati caratterizzati dalla “pirateria” e un numero di sviluppatori che possiamo contare sulle dita di una mano.

Nel 1982, anno in cui il film Vai avanti tu che mi vien da ridere viene proiettato al cinema. mentre gli adulti infilano le monete in un juke-box per ascoltare E la luna bussò di Loredana Bertè, Splendido splendente di Donatella Rettore, Gloria di Umberto Tozzi, Tu sei l’unica donna per me di Alan Sorrenti, i più giovani inseriscono monete in un “cassone” con un tubo catodico, una levetta e un paio di pulsanti, che emette suoni del tipo pew pew boom du-dum-de-dum pew pew boom boom.
Nel 1982 le sale-giochi sono nella cosiddetta “età dell’oro”.

Il primo cabinato della storia dei videogiochi è Computer Space nel 1971 prodotto dalla Nutting Associates, ma le vendite non soddisfano le aspettative dell’azienda. Sette anni dopo, Space Invaders della giapponese Taito riscuote un enorme successo mondiale: si stima che tutte le versioni del gioco fino al 2016 abbiano generato ricavi totali per oltre tredici miliardi di dollari americani, rendendolo così il videogioco con il maggiore incasso di tutti i tempi.

Tra il 1978 e il 1982 si assiste alla nascita e a una crescita senza precedenti dell’industria dei videogiochi. I cabinati di videogiochi appaiono nei centri commerciali statunitensi (da cui il nome “arcade”), in Italia appaiono soprattutto nei bar o in sale ricreative, sostituendo in breve tempo i tavoli di biliardo e i flipper.

A partire da Space Invaders nel 1978, vengono distribuiti in rapida successione una serie di cabinati che rappresentano gli archetipi dei generi fondanti il videogioco. Contemporaneamente, muove i primi passi anche il videogioco domestico: dalla prima “home console” Magnavox Odyssey nel 1972, all’Atari VCS nel 1977, alla Mattel Intellivision nel 1980 e alla CBS ColecoVision nel 1982.

La scelta di ambientare la scena del film in una sala-giochi non è quindi casuale.

Fino al 1983 è un “boom” di vendite e i videogiochi sono percepiti come espressione di innovazione tecnologica e come la nuova forma d’intrattenimento del futuro.
Per esempio l’unico cabinato di colore bianco mai prodotto di Computer Space è in una scena del film Soylent Green (1973) ed è presentato come un oggetto del divertimento del futuro alla portata di pochi eletti; il film è ambientato in un futuro catastrofico dell’anno 2022 (il titolo in Italia è 2022: i sopravvissuti).

In Soylent Green il cabinato di Computer Space; in colorazione bianca è un esemplare unico

Nel 1975 nel film Jaws (Lo Squalo) appaiono i videogiochi Killer Shark in primo piano, subito dietro il cabinato giallo di Computer Space e Wild Cycle.

Killer Shark in primo piano, subito dietro il cabinato giallo di Computer Space e Wild Cycle.

I videogiochi diventano sempre più comuni nei film e assolvono allo scopo di rendere il contesto di maggiore attualità e prossimità allo spettatore: Asteroids Deluxe in The Thing (La Cosa, 1982); Pac-Man in Tron (1982); Ms Pac-Man, Jungle Hunt, Dig Dug, Gravitar, Tron e Galaga in Wargames (1983); ancora Gravitar in Never Say Never Again (Mai dire mai, 1983).

Vai avanti tu che mi vien da ridere segue quindi questa tendenza della cinematografia americana.

In Italia la sala-giochi eredita la fama della “bisca”, cioè del luogo frequentato da sfaccendati e ubriaconi che trascorrono le loro giornate con i giochi di carte e al biliardo; nei primi anni Ottanta, tale aura negativa migra ai videogiochi.

La sala-giochi infatti non si discosta molto dalla “bisca” del bar di quartiere: un luogo spesso denso di fumo (il divieto nei locali pubblici è del 2003), immerso nella semioscurità illuminata a sprazzi intermittenti dallo sfarfallio dei tubi catodici dei cabinati e con un rumore di fondo del vocio dei giocatori misto al “tappeto” di suoni elettronici, dal quale si alzano urla di delusione o di gioia, imprecazioni, parolacce e bestemmie a granella. Risse, q.b.

Le vecchie cariatidi dei videogiochi come me, possono confermare che la maggior parte delle sale-giochi erano proprio così.
La sala-giochi in cui entra Lino Banfi invece ha l’atmosfera dei locali della sagrestia di una parrocchia di provincia: ordinata, linda, qualche giocatore che si intrattiene in tutta tranquillità, i giocatori sono adulti o giovani, non è presente alcun minore.

Non è la sola anomalia della sala-giochi di questo film.
Il commissario e il suo assistente hanno una conversazione mentre giocano a due “slot-machine”, ma tali macchine mangiasoldi sono diventate legali negli esercizi pubblici solo dal 2003.

La presenza delle “slot-machine” insieme all’assenza di minori all’interno della sala-giochi è un contrasto interessante: la sala-giochi è considerata un luogo per adulti, ma i videogiochi sono considerati ancora oggi un’attività per i bambini. Sono particolari molto significativi per comprendere un contrasto strisciante nella società e il timore degli effetti delle nuove tecnologie, che sfocia nel panico morale, accuse di essere “simulatori di omicidi” e numerosissimi tentativi di apporre censure fino al divieto di utilizzo e distribuzione fino ai giorni nostri.

Tra i quattro cabinati individuati tre sono originali, Vanguard è con tutta probabilità un clone.

In Italia infatti i cabinati-cloni, con o senza licenza, sono assai diffusi dalle sue origini: Space Invaders è distribuito in Giappone e negli Stati Uniti d’America nel 1978 e l’anno seguente in Italia da Sidam con il titolo Invasion. Inoltre, sono diffuse le versioni “modificate” per rendere più difficile il gioco (e più remunerativo per il gestore): per esempio il videogioco Atari, Asteroids, conta almeno sei differenti versioni, tra cui Asterock (1980) dell’italiana Sidam. La Sidam viene condannata per plagio nella causa legale promossa dalla Fratelli Bertolino, l’azienda italiana detentrice dei diritti di utilizzo di Asteroids: è una sentenza storica per la tutela del diritto d’autore nei videogiochi.

Via via che si diffondono i primi home computer e videogiochi, l’opinione pubblica inizia a percepirne i pericoli e gli effetti negativi. Il cinema anche ne cavalca l’onda: i film Blue Thunder (Tuono Blu), WargamesSuperman III, Never Say Never Again (Mai dire mai) contengono evidenti riferimenti alla pericolosità di questa nuova tecnologia.

Nel film Nightmares (1983), strutturato come un’antologia di quattro episodi, il giovane protagonista del secondo episodio “The Bishop of Battle” è ossessionato dal raggiungere l’ultimo livello di un cabinato (il videogioco è frutto di invenzione): è un monito sulla dipendenza indotta nei più giovani dai videogiochi e ne mostra effetti negativi similari a quelli della dipendenza da sostanze stupefacenti.

Nightmares- Sala-giochi dal colore diabolico

Nel 1983 sopraggiunge una profonda contrazione del mercato e le vendite collassano al punto da mettere in discussione la sopravvivenza dell’appena nata industria. Delle tre aziende statunitensi, leader del mercato del videogioco domestico, cioè Coleco, Mattel Electronics e Atari, solo quest’ultima sopravvive fino alla successiva generazione 16-bit.

Molti attribuiscono la Crisi del 1983 alla saturazione del mercato con videogiochi di scarsa qualità: il “capro espiatorio” per eccellenza è la cartuccia per Atari VCS tratta dal film E.T. l’extra-terrestre.
La scarsa innovazione tecnologica o la qualità dei videogiochi non sono però la causa principale, che ha piuttosto un’origine nel passato ai tempi del flipper: la crescente paura degli effetti dei giochi e dell’ambiente delle sale-giochi sui più giovani.
I flipper sono stati infatti oggetto di un lungo divieto negli Stati Uniti (a New York dal 1942 al 1976, in California il divieto è terminato nel 1974); anche in Italia sono stati soggetti a limitazioni perché considerati giochi d’azzardo.

Agli inizi degi anni Ottanta altrettanto sta per accadere ai videogiochi e la diffidenza nei confronti di tale nuovo medium scatena la crisi, che colpisce così duramente gli “arcade” tanto da innescarne una lunga e inesorabile agonia.

Locandina di Street Fighter II (Fonte: The Arcade Flyer Archive)

All’inizio degli anni Novanta, le sale-giochi sono ancora abbastanza diffuse, ma sembrano una strana reliquia di un’epoca passata. Nel 1991 la distribuzione del cabinato Street Fighter II è un improvviso ritorno di fiamma e genera un’onda lunga per i videogiochi “picchiaduro”, che resistono fino a Mortal Kombat IV (1997). Si rivelano fallimentari altri tentativi di riportare i giocatori nelle sale-giochi grazie a esperienze multiplayer cabinati collegati in rete locale o costosissimi e ingombranti cabinati con sistemi di movimento idraulico.

Nel 1985, grazie a Nintendo e alla sua console Famicom, il videogioco di nuovo guadagna interesse. Sebbene distribuita in Giappone già nel 1983, la Nintendo Entertainment System (Famicom in Giappone) diventa negli USA un autentico fenomeno tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Durante questo periodo l’interesse per i videogiochi ha iniziato a spostarsi dalla sala-giochi alle mura domestiche grazie alle console NES collegate a milioni di televisori americani. Nintendo diventa sinonimo di videogioco.

Vi si aggiunge un altro tassello della percezione popolare: è di questi anni l’esplosione dello stereotipo del “nerd” (La rivincita dei Nerds, 1984), che diventerà sempre più spesso associato ai videogiochi fino a esserne essenziale caratterizzazione. Il termine “nerd” nella cultura italiana corrisponde ai termini “secchione” e “sfigato”, goffo nei suoi rapporti sociali con i coetanei e quindi più propenso ad attività tra le mura domestiche come i videogiochi.

Nei primi anni Duemila, il videogioco è “sdoganato” anche all’intrattenimento degli adulti grazie a un “out-sider” dell’industria del videogioco: la giapponese Sony e la sua prima console PlayStation.

All’inizio degli anni Duemila le sale-giochi sono ormai un ricordo del passato.

7 pensieri su “Videogiochi nei film #4: l’età d’oro degli arcade

    1. Li trovi, li trovi. Con il MAME sono perfettamente emulati. Anche se hai un Mac, OpenEmu è una piattaforma facile da usare: è sufficiente trascinare il file della rom nella finestra principale. Trovi perfino l’alquanto oscuro videogioco “made in Italy”, che però è più ostico da padroneggiare perché in assenza di volante e cambio devi configurare i comandi.
      Le schermate dei videogiochi nel post sono state esportate proprio da OpenEmu durante le mie sessioni di gioco. Dei tre consiglio senza remore Galaga

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