Vox populi can-can


can can

L’assistere a ciò che sta accadendo in questo paese (“p” minuscola) genera nella mia mente mentecatta sbigottimento, imbarazzo, incredulità, sdegno, che si alternano e si sovrappongono in (dis)ordine sparso in una con-fusione che ridesta la memoria del vociare genuino, entusiasta e, spesso, inconcludente delle nostre assemblee studentesche ai tempi del liceo. Una dissonante mistura tra laboratorio dadaista e jam session jazz che t’impala sul posto, nel poco amletico ma molto tennistico dubbio che rimpalla tra l’ipnotica quanto sana curiosità per l’alieno e la bruciante scoperta dei propri limiti con conseguente rifiuto del tipo retorico interrogativo “ma-che-mmm***nchia è?!”
In una parola: il bordello. Il totale bordello.  Because we can, can, can! Yes, we can, can, can, can, can, can, can, can, can! Everybody Can-Can! Cuz we can, can, can!Yes, we can, can, can!Everybody can-can! Outside it may be rainy but in here it’s entertaining!Here we are now! Entertain us cuz we’re stupid and contagious! Can, can, can, can, can! Cuz it’s good for your mind! Everybody Can-Can! (da “Because We Can” di Fatboy Slim in Moulin Rouge OST)

Di questi tempi tira aria brutta per cui veniamo incontro a Sua Maestà il Navigante, scrivendo la presente, tanto per restare coerenti con l’attuale situazione nazionale ovvero: recessione! Una recessione che preoccupa non soltanto per il lato economico, ma sopratutto perché è una recessione sociale, di costume, nel bel mezzo di un dibattito politico che evita come la peste argomenti “divisivi”, espressione terrificante molto in voga che – come si è scritto sul Corriere della Sera – “passerà alla storia per definire le Presidenziali 2013”
Ma non siamo qui per affossare il tutto, bensì per tirare una boccata d’aria rigenerante (smog permettendo)….Qualcuno ha una sigaretta?
E così siamo all’ennesimo appuntamento su questo stropicciato di blog e (s)fortuna volle che il sottoscritto (o sottoscrivente, non saprei) si sia preso la briga di sbattersi alla tastiera per darvi soddisfazione. Una qualsiasi.


Preghiamo, onde evitare spiacevoli inconvenienti, di non leggere queste righe mangiando pane e nutella in quanto quest’ ultima potrebbe insozzarvi le mani e mentre con il dito scorrete le righe per non perdere il segno, rendereste lo schermo talmente imbrattato da rendere illeggibile il sublime messaggio affidato a questi pixel. Se in un moto di ribellione a questa affermazione di becera quanto gratuita tracotanza, avete deciso di versare la nutella direttamente nella circuiteria del monitor, non posso biasimarvi.

Consiglierei, vista la penuria di pecunia circolante o stagnante nelle vostre tasche, di evitare tale estremo gesto di ribellione. Piuttosto fate appello a una delle innate doti di attuale vanto nazionale ovvero la sopportazione supina di ogni sorta di abuso,angheria & bugia (ogni allusione a larga parte di classe politica, industriale e sindacale é puramente voluta), quindi puntate il mouse nell’angolo in basso a sinistra dello schermo e cliccate sul tasto “Arresta sistema” oppure puntate in alto a sinistra sull’icona a forma di mela smozzicata e cliccate su “Spegni”. Par condicio informatica. Manco per idea, non ho dimenticato gli utenti Linux. L’ho fatto apposta, ma non per discriminarli. E’ uno scimmiottamento di questa realtà virtuale che soffre del “complesso d’inferiorità” rispetto alla realtà del quotidiano, cercando disperatamente di imitarla, e nella Realtà la par condicio…non esiste. Eppure sarebbe così importante garantirla.
La sensazione, per me che l’ho vissuta dall’origine, è che la creazione di un modello televisivo commerciale alternativo a quello del “monopolio” dello Stato, iniziato dalla fine degli anni Settanta e consolidatosi nella prima metà degli anni Ottanta (Italia Uno nel 1982 e Rete Quattro nel 1984 acquisite dal gruppo Fininvest, oggi Mediaset) non ha generato benefici per l’informazione e diritto dell’informazione, non ha favorito una pluralità di voci concorrenti; abbiamo assistito a un condizionamento della politica (come la intedeva Aristotele) da parte degli interessi economici connessi proprio al mondo dell’informazione, da cui invece ci si aspettava quell’esplosione di pluralismo.

Il pluralismo è un ineludibile “imperativo costituzionale”. E non è che sia così ovvio e banale visto che nel corso degli anni il dibattito in tema di art. 21 è stato molto serrato, considerate le numerose sentenze e ordinanze successive a quella storica  n. 1 del 14 giugno del 1956, dove la Corte sanzionò l’incostituzionalità, per la violazione della libertà di espressione, di alcune norme del Testo unico di pubblica sicurezza del 1931.
Con Sentenza n. 112/1993 – in tema di sistema radiotelevisivo – la Corte Costituzionale ha ribadito che “la Costituzione, all’art. 21, riconosce e garantisce a tutti la libertà di manifestare il proprio pensiero con qualsiasi mezzo di diffusione e che tale libertà ricomprende tanto il diritto di informare, quanto il diritto di essere informati”. E più avanti si legge: “il “diritto all’informazione” va determinato e qualificato in riferimento ai principi fondanti della forma di Stato delineata dalla Costituzione, i quali esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale.”.
E ancora con Sentenza n. 155/2002 in tema di par condicio:“Proprio da qui (citando la Sent.n. 112/1993) deriva “l’imperativo costituzionale” che “il diritto all’informazione”, garantito dall’art. 21 della Costituzione, venga qualificato e caratterizzato, tra l’altro, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie così da porre il cittadino in condizione di compiere le proprie valutazioni avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e politici differenti, sia dall’obiettività e dall’imparzialità dei dati forniti, sia infine dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell’attività di informazione erogata.”.

Il diritto a essere informati è a ben vedere anche un diritto di ricercare informazioni; prova ne è la legge 241/1990 che ha sancito il diritto soggettivo di accesso agli atti e ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni e la legge 150/2000, che fa corrispondere a tale diritto il dovere della Pubblica Amministrazione di informare i cittadini e garantire tale diritto.
Diritto di ricercare informazioni è quantomai di stringente attualità visto l’utilizzo di Internet da larghe fasce di popolazione che vuole partecipare e non trova o trova più comodo o diretto tale mezzo piuttosto che i tradizionali media.

Entr'acte (1924 - Regia: René Clair)
Entr’acte (1924 – Regia: René Clair)

E chi ti vedo tra i Ministri al nuovo (?!?) Governo? Giampiero D’Alia, ministro della Pubblica amministrazione e semplificazione. Quel Giampiero D’Alia che promosse e ottenne l’inserimento di un emendamento “ammazza-web” (Art. 50-bis, poi art. 60) nel disegno di legge 733 (“Decreto Sicurezza”) per la “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet” che di fatto obbligava il gestore Internet a oscurare il sito web nel caso si ravvisassero le dette attività.

Nulla di fatto in quell’occasione: dato il clamore di una tale disposizione limitante la libertà di espressione e censoria, proprio dallo stesso schieramento politico, il deputato Roberto Cassinelli con un controemendamento annullò quello di D’Alia e quest’ultimo fece marcia indietro con una dichiarazione riparatoria. E voi che dite che non ci riproveranno in questo clima di ritrovato consociativismo?

E anche questa volta, dopo l’abbuffata elettorale (avete presente come ci si sente dopo avere mangiato troppo…), ho l’impressione che anche a questo tavolo di poker il “conflitto d’interessi” (e quindi la “par condicio”) sia una giocata in cui questa politicuccia italiota “passi” per l’ennesima mano…maledettamente sfigata per noi cittadini nonché elettori.

Tango1 chiama Foxtrot-Romeo-Alpha-November-Kilo, Tango1 chiama: “Resistere a tutti i costi, mantenere le proprie posizioni,ordini superiori: resistere!”

L'Entr'acte

“Because We Can” di Fatboy Slim in Moulin Rouge OST

3 pensieri su “Vox populi can-can

  1. Giorgia

    A mio avviso esistono due tipi di “ignoranti”: quelli socratici – i quali sanno di non sapere, hanno sete di conoscenza e cercano disperatamente di esercitare il diritto all’informazione – e poi gli ignoranti ebbasta – i quali non sanno ma pensano di sapere e dato che già sanno tutto non hanno bisogno di informarsi… E purtroppo in Italia è solo la seconda tipologia che va avanti e con loro il diritto alla DIS – informazione!!!

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  2. Basti osservare a che punto della libertà di informazione verte il nostro paese per comprendere quale sia la “pluralità” delle informazioni che ci propinano. Qui bisogna andare a cercarsi le informazioni chissà dove, cosa che comunque apre le menti sempre più atrofizzate.

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    1. Al settantasettesimo posto secondo Reporters sans Frontieres. Quattro posti indietro rispetto all’anno scorso. E non cito i Paesi africani che ci sono avanti perché potrebbe essere letto come sminuire la loro civiltà e conquista di diritti. Leghisti e razzisti (due specie diverse ma legate per certi versi) dovrebbero riflettere su questo dato. Pensassero a “casa nostra” sulle cose serie perché chi viene qui potrebbe anche schifarsi di quello che trova.
      L’informazione è il nuovo Klondike e come l’oro comandava in tempi passati, oggi chi ha le informazioni è il Potente. Vedi Google: hanno provato in Spagna a fargli pagare una tassa per agevolare l’editoria (che è pure sbagliato) e Google ha eliminato il feed delle News. Non se n’ più parlato. Senza contare la censura in Cina, Google consenziente. E con questo se non troverai più il mio blog, potrai dire che avevo ragione;)

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