(video)Gioco dal 1979, un cabinato sotto una tettoia di cannucce, accanto a un flipper, alle spalle il suono secco delle palline che entrano nella porta del biliardino e un sottofondo musicale del juke-box. Salsedine nell’aria, il caldo opprimente del primo pomeriggio a volte mitigato da una leggera brezza, che portava con sé un mix di odori di oli di cocco, abbronzanti vari e frittura di pesce dell’annesso ristorante. A piedi nudi, impanati di sabbia, la pelle che tira per il sale seccato, i capelli bagnati pettinati amorevolmente dalla mamma. Mi vedo, il viso riflesso sullo schermo di questo cabinato.
Preambolo di memorie barbose, sul romanticuccio becero per alcuni, per me piccole cose impalpabili della vita quotidiana, degne di essere conservate nella memoria grazie al racconto. Philippe Delerm nel suo La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita esprime magistralmente questo concetto in una raccolta di brevi racconti che afferrano al volo momenti di felicità nella loro immediatezza e fugacità.
I videogiochi sono per me come un album di fotografie, ma molto più vivido, dinamico e ricco. I videogiochi “vecchi” qui non chiamateli “retro-gaming”: Casablanca non è un “retro-film”, è un classico.
Con il passare degli anni, delle console e dei computer, ho accumulato un bagaglio di emozioni, sensazioni e ricordi che fanno parte di me. Ognuna di quelle vecchie scatole, molte in cartone, alcune dai bordi smangiati o tenute insieme con lo scotch, racchiudono oltre a un manuale e una cartuccia o floppy o disco, dei ricordi e delle emozioni. Le conservo perciò con cura come una reliquia sacra e, quando vi poso lo sguardo, è come se rivedessi la mia vita con un effetto ”fast forward”, avanti veloce.
Gli anni passano anche per i circuiti integrati e la conservazione di questa mia particolare “memoria” nonché serbatoio di emozioni inizia a farsi più pressante e a impegnare tempo a scapito delle sempre più rarefatte sessioni di videogioco, ormai relegato nelle ore notturne tali che se fossi un vampiro sarei morto d’inedia. La paranoia è un confine che ti accorgi di avere varcato solo quando ormai è troppo tardi…Quando scopro un gadget inventato nella Terra del Sol Levante, so che sono salvo…Almeno dalla paranoia:
Nano Carbon For Game Cassette!
Quando si parla di Videogiochi, il Giappone è sempre un punto di riferimento. Se tutte le strade portano a Roma, i Videogiochi portano alla Terra del Sol Levante. In particolare, il Giappone è un’autentica miniera di gadget e aggeggilli, di cui ignoravi l’esistenza, ma quando ne vieni a conoscenza, si straccia il velo del Tempio di Gerusalemme e improvvisamente vieni folgorato dalla verità: ne avverti l’esigenza, ti tampina il pensiero di come procurartene uno e sulle pareti interne della scatola cranica rimbalza come una palla magica la domanda: “Perché nessuno ci ha pensato prima?!?”
Per una vecchia cariatide dei videogiochi, quale sono, il “Nano Carbon For Game Cassette” è una di queste dannate invenzioni giapponesi per cui, fino al momento in cui ne ignoravo l’esistenza, campavo senza problemi, quando poi l’ho scoperta, ho visto La Luce come John Belushi in The Blues Brothers.
Per chi conserva la sua collezione di vecchi classici, dall’Atari VCS al Nintendo 64, un fattore che può pregiudicare il funzionamento della cartucce (o cassette, come le chiamavo da piccolo) è lo stato dei contatti della scheda: il tempo e l’attrito nell’inserimento ed estrazione nello slot della console rischiano di rendere inutilizzabili le cassette e di perdere quel pozzo di ricordi e sensazioni che nessun emulatore può restituire.
Il Nano Carbon è una soluzione che promette addirittura di migliorare la performance delle cartucce, poiché prevede l’applicazione di uno speciale agente conduttore ai contatti: rimuove piccole irregolarità o sporco sulla superficie metallica, garantendo un migliore flusso del segnale elettrico; inoltre, i contatti vengono ricoperti da una leggera pellicola protettiva, mitigando così gli effetti dell’usura.
Il Nano Carbon trova applicazione anche per tutto il materiale elettrico sollecitato da continuo contatto e attrito, come i cavi USB degli hard-disk esterni, i cavi di ricarica di smartphone e tablet, i ricarica batteria per l’auto, le schede di memoria. Buono a sapersi.

Tutta questa esaltazione per un kit di pulizia?
Certo è un kit di pulizia, peraltro nemmeno troppo a buon mercato: circa 11,00 euro per 0,2 ml, tre “cotton fioc” e un panno, quando per la stessa cifra ti procuri una mezza litrata di alcool isopropilico. C’è poi chi usa l’alcool etilico, tuttavia sconsigliabile poiché quel tanto aggressivo che, dopo una certosina pulizia, potreste avere una cartuccia in cui potervi specchiare…E basta.
Il Nero Carbon, però, non si limita a pulire, ma rigenera il metallo dei contatti e li protegge.
Il Nano Carbon For Game Cassette è sì un kit di pulizia, ma nella sua semplicità rivela la cura dei giapponesi, l’attenzione, il rispetto, fosse anche per un vecchio e “stupidissimo” videogioco.
L’attenzione al dettaglio che fa la differenza tra una “cosa fatta bene” e “il capolavoro”. I nipponici, nell’era 16-bit (Mega Drive e SNES) e per buona parte di quella 32-bit (PSX e Dreamcast) stanno al Videogioco come gli artigiani di Murano al vetro; tuttavia, non per la perfezione tecnica, ma per il risultato d’insieme. La particolarità delle migliori produzioni giapponesi è sempre stata l’attenzione al dettaglio. Tecnicamente non sempre scevri da critiche, ma attenti a curare i dettagli che fanno la differenza.
Nella mia esperienza, l’esempio emblematico di questo approccio è Silent Hill di Konami (PlayStation, 1999). Una realizzazione tecnica zoppicante, coperta dall’espediente della nebbia, diventata poi una dei protagonisti del videogioco, costante generatrice di ansia, insieme al quel gracchiare della radio che preannunciava orrori indicibili nelle vicinanze, la sirena che aveva sul giocatore lo stesso effetto che sulla popolazione civile prima dei bombardamenti, l’incedere “sbagliato” delle creature, il tutto con un risultato finale altamente disturbante, primo e, in quanto tale, unico per chi lo ha sperimentato all’epoca della sua prima pubblicazione. Star Wars visto per la prima volta nel 1978 non ha lo stesso impatto su un coetaneo nel 2016, così Silent Hill giocato oggi da un giovane cresciuto a Call of Duty, Uncharted e tanti survival horror o pseudo-tali, non risulterà altrettanto disturbante, malato, decadente.
Nano Carbon For Game Cassette è un prodotto da nerd; dal punto di vista dell’occidentale medio, è il risultato di una “follia” di un popolo che, se pure cercassimo di uscire dai nostri cliché, sarebbe comunque di difficile decifrazione, poiché è una cultura in cui sobrietà (cerimonia del tè) ed esuberanza (hotel dell’amore) sono presenti insieme, generano contrasti e sono necessari l’uno all’altro. Il popolo giapponese è innamorato della bellezza della propria tradizione, tuttavia non rinuncia alla prosperità economica promessa dalla globalizzazione e spinge verso una maggiore internazionalizzazione del Paese. Il risultato è un’amalgama unica, apparentemente in contrasto, ma l’una dipendente dall’altra. E io mi inchino rispettosamente a tanto genio giapponese.
これらの日本人は非常識です (Sono pazzi questi giapponesi). Arigatou Gozaimasu (grazie).

Link: Cyber Gadget (in giapponese) / AmiAmi (in inglese)
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