Ratafià


Tramonto di maggio. A maggio c’è una luce particolare,  fresca era ll’aria…e tutto lu ciardino addurava de rose a ciento passe...il mese di maggio è per me “particolare”. Giornata di lavoro al termine. Ti muovi, ma non ne hai veramente voglia. Il traffico…trovare il parcheggio, rifare al contrario la stessa strada della mattina, gli stessi piccoli gesti, tanti piccoli gesti tutti uguali ma in verso opposto.

All’andata viaggi “scarico” come il camion che vuoto va a caricare la merce; il ritorno lo fai a pieno carico, ti tiri dietro tutto il peso della giornata. Ti muovi, quasi per inerzia, perché “ore-18-ore18etrenta” puoi smettere di lavorare, per oggi può bastare. Quindi, ti muovi, piuttosto è il tuo corpo che si muove, tu assisti da dentro lo svolgersi della procedura automatica di atterraggio di Goldrake, quando Actarus smonta dal robottone alla fine della routinaria missione-va-distruggi-il-male-va. Peccato non avere quell’Alabarda spaziale, sarebbe così utile nel traffico.

Chiudi il PC, spegni il monitor, ti alzi dalla sedia, un’ultima occhiata intorno, controllo delle chiavi auto-casa-auto-telefono-portafogli-auto (perché al ritorno sono molto più paranoico che all’andata), t’incammini verso l’uscita. Timbrata che segna “ore 19ecinquantatre”. Ma già mi ero accorto dalla luce che sono quasi le otto della sera, le giornate si sono allungate e il sole a maggio ormai tramonta tardi.

M’incammino verso l’auto – dove l’ho parcheggiata stamattina? – periferia metropolitana, cemento, asfalto e vetro incombono. Il senso dell’abbandono di questa periferia è palpabile, rifiuti sparpagliati sul marciapiede e al bordo della strada ti incalzano verso l’auto. Vuoi lasciare questo posto. Anche tu vuoi abbandonarlo. Di fretta e di furia. Ma questa sera rallenti inconsciamente il commiato. Sei quasi trattenuto.

Stasera, c’è un bel sole, scalda ancora la pelle, in un abbraccio quasi…affettuoso. Un abbraccio che ti trattiene, ti rigenera e, se la giornata non è andata per il meglio, almeno ti conforta.

Mi fermerei sai, sorseggiando un liquido colorato e sgranocchiando, seduto fuori a quel bar, certo c’è un bel vi—A>va<–i di auto proprio lì davanti… grut-grut-grut, pot-pot-pot, cling-cling-cling, pot-pot, budundumdùm, peeeeeeh, skreeeee, peeeeh. Non proprio il luogo ameno per un sereno saluto al sole. In ufficio qualcuno sentenzierebbe: “la lochesciòn non è adatta”…mi viene su un rigurgito, sa di acido, di succhi gastrici, sarà la giornata o la fame, un ragazzo del bar sta ritirando le sedie e i tavolini dentro, si appresta ad abbandonare questo posto, anche lui.

Mentre guido, in mezzo al frastuono del traffico che ronza, sferraglia, sibila, urla, si mischiano i pensieri-di-fine-giornata, si muovono leeeentamente con una spinta inerziale degli appena spenti moti convettivi della giornata, pensieri “sfruttati” come i ritagli di carne che si usano per il bollito, lasciati a cuocere per ore e ore, così che rilascino il proprio sapore e nutrimento a quel liquido. Servire freddi, tagliati a fettine sottili, e conditi con molto limone e sale oppure aceto balsamico e olio.

Tra il frastuono di traffico e il “bollito” di pensieri, alla radio va una canzone che più o meno fa: “…Passa la vita, come una señorita, de amor… apre il ventaglio e mette a repentaglio i cuor, camicia allegra che piace anche ai pelagra, folclor… e nel traffico e nel trambusto ci han preso gusto a tutto questo odor, furor… grut-grut-grut, pot-pot-pot, cling-cling-cling… è un traffico africano…”, ora capisco.

M’è tutto chiaro.

Non voglio tornare indietro. Mi fermo qui. Un baretto di quartiere, qui a quest’angolo, fuori ha dei tavolini, servono liquidi colorati, ehi però ci sono pure quelle scodelline piene di patatine, pistacchi, mais tostato, riso soffiato piccante, noccioline. Grut-grut-grut, pot-pot-pot, cling-cling-cling Skreeeeeeee…tic-tic-tac-tac. Freccia a destra. Parcheggio.

Mi seggo. Ordino un liquido rosso, insieme a tutte quelle scodelline piene di roba scrocchiante. No, anzi una birra e non dimenticare i “Fonzies”.

Accendo una sigaretta, il fumo sale, l’odore acre rovina quest’aria di maggio che deisderei odorasse di primavera, rigenerante,  di gioventù, di terra bagnata come quando ha appena piovuto in campagna. Spengo la sigaretta. Annullo l’ordinazione e faccio cenno di tornare tra un po’.

Ho voglia di qualcosa di dolce, come quest’aria di maggio. Mi guardo attorno, la gente per la strada. Sto guardando le persone che camminano su e giù per la strada e scompaiono dalla vista a destra e a sinistra, un clacson risuona come un richiamo, un’esortazione a scrollarmi di dosso questa sensazione del “non so cosa ordinare”. Una sensazione si fa strada tra le tante persone e lotta per raggiungermi, con lo stesso sforzo spasmodico delle ultime due bracciate di chi in apnea sta guadagnando la superficie dal fondo del mare. Aaaaaahhhhh<respiro>rriva e mi…tocca: così in apnea ci finisco io, per un attimo sembrato interminabile lotto per respirare.

Riaffioro e ora vedo! Capelli scuri, un pò arricciati, mossi, vellutati: vino!….Occhi scuri, profondi, brillanti dal taglio esotico: cannella!!…Labbra morbide, quel bacio potrebbe sapere solo di…amarene!!!

Per cortesia, una ratafià.

“Ratafià, elisir, aquabuse…”

Sto guardando le persone che camminano su e giù per la strada e scompaiono dalla vista a destra e a sinistra, sui marciapiedi, “trascinan stanchi piedi, sudor… e nel traffico e nel trambusto ritorna il gusto di tutto questo amor, tenor… Passa la vita, come una señorita, de amor… apre il ventaglio e mette a repentaglio i cuor”. Un sorso di ratafià e…vino, amarene e cannella dalla punta della lingua esplodono in tutta la bocca, papille e resto del corpo.

Mi piace come sta finendo questo giorno.

Mi piace l’inizio di maggio. Festeggiamo! …32..1..0..E alLOra AuguRI!

Ringrazio per l’ispirazione: ratafià (il liquore); Ratafià (di Paolo Conte in Aguaplano); Actarus, la vera storia di un pilota di robot (di Claudio Morici per Meridiano Zero), Actarus (quello vero, proprio quello dei cartoni-animati di Goldrake), I’ m’arricordo ‘e te (di Giambattista ed Ernesto De Curtis).

2 pensieri su “Ratafià

    1. Portate fuori il vitello ingrassato e ammazzatelo; mangiamo e rallegriamoci. E si misero a fare grande festa…Oh non è che durante la tua assenza da questa umile casa mi sei diventata vegetariana?!?…bentornata!

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