Videogiochi nei film #7: Sharknado


Una domenica pomeriggio, dopo un lauto pranzo a casa di mio fratello, che è un cuoco sopraffino, satolli e spiaggiati sul divano si chiacchiera tra la retorica dell’urgenza di fare sport per buttare giù qualche chilo e il menu del prossimo pranzo. In queste condizioni, la caffeina sortisce effetti opposti a quelli attesi: stordisce definitivamente e agevola un generale intorpidimento delle funzioni motorie. Occorre che la digestione compia il suo corso prima di potere schiodare dal divano, perciò è accolta con consenso unanime la proposta di guardare un film.

Con le sinapsi al minimo della funzionalità, è inutile sforzarsi di ricordare il titolo di “quel film che avrei tanto voluto vedere, ma non ho avuto mai tempo”. Si procede con il criterio del “salto della quaglia” tra una categoria a un’altra e lo scorrimento tra i titoli applicando un algoritmo che ricorda il rito occulto della professoressa di matematica per scegliere il nome del malcapitato alunno da interrogare: una scienza oscura che miscela i teoremi di Lagrange e di Bayes a variabili arbitrarie come il numero degli assenti o quello dei presenti in classe, le condizioni meteorologiche, le condizioni psico-fisiche della professoressa come le mestruazioni, le discussioni con i figli, un dissapore con il marito o la notte trascorsa insonne per un rubinetto che perde.

La scelta del film ricade su Sharknado.

Una scelta rivelatasi perfetta: Sharknado, come trascorrere un’ora e mezza con il cervello spudoratamente disconnesso.

La premessa del film è semplicemente ridicola: a bordo di un peschereccio, il capitano e un uomo d’affari dai tratti orientali, discutono delle condizioni di un commercio di squali. Entrambi sono loschi figuri e l’uno cerca di tirare il bidone all’altro. Il peschereccio viene investito da una tempesta, ma il pericolo non viene soltanto dai turbolenti moti ondosi, ma da branchi di squali che infestano le acque: il peschereccio affonda e i due loschi figuri vengono divorati dagli squali.

Dopo questa introduzione, che già dà una buona anticipazione dei comici effetti speciali e della stereotipizzazione dei personaggi, lo scenario si sposta a Los Angeles. La spiaggia affollata di bagnanti e surfisti è il luogo classico del primo contatto con gli squali: in Sharknado c’è.

Tra i surfisti vi è il protagonista Finley “Fin” Shephard (interpretato da Ian Ziering), accompagnato da una prevedibile “spalla”, Baz, il suo migliore amico (interpretato da Jaason Simmons). Neanche a dirlo, Fin è assalito da uno squalo, ma è tratto in salvo dal provvidenziale intervento dell’amico, che comunque rimedia un morso alla gamba; non altrettanta fortuna capita all’avvenente surfista inquadrata nelle prime scene.

Fin sulla tavola da surf e il suo amico Baz a bordo di una moto d’acqua

Gli squali ormai sono vicino alla battigia; particolare comico è che gli attacchi avvengono ai bagnanti in meno di mezzo metro d’acqua. Gli squali devono avere sviluppato delle capacità di appiattirsi e strisciare sulla sabbia. Dopo qualche inquadratura di schizzi di sangue, ferite sanguinolente e volti terrorizzati, la spiaggia viene evacuata e sembra essere tutto ritornato alla normalità.

Il bar di Fin è sul molo eppure durante le scene dell’attacco degli squali ai bagnanti, dalla finestra del bar si vede la spiaggia, che è magicamente scomparsa in questa inquadratura

Come se nulla fosse, Fin ritorna alla sua occupazione: gestisce un bar su un molo (anche se dalle inquadrature delle scene precedenti sembrava essere sulla spiaggia). Nel suo lavoro è aiutato da una giovane e bella ragazza, Nova (interpretata da Cassie Scerbo), che sembra avere un debole per lui. Nel bar ci imbattiamo nell’ultimo dei quattro protagonisti: George, un attempato ubriacone (interpretato dallo scomparso John Heard).

George e Nova guardano in TV le “Breaking News”: un uragano si sta per abbattere sulla città

La prima impressione è che i protagonisti siano piombati sul set per caso e vi si aggirino come dei bambini che hanno smarrito i genitori in un luna-park. La prima impressione è confermata per tutto il film: i quattro protagonisti sono il tipico gruppo scalcinato dai tratti psicologici dello spessore di un foglio di carta velina, recitazione legnosa, battute involontariamente comiche.

Quando l’uragano raggiunge Los Angeles, Fin decide di mettere in salvo i suoi figli, che vivono con la sua ex-moglie; Nova, Baz e, anche se da principio un po’ riluttante, George si uniscono a Fin nel suo viaggio periglioso. Da questo punto in poi sulla città piovono squali, letteralmente.

Sharkanado da “shark movie” diventa un “disaster movie”.

Un uragano che scarica squali sulla città? Tutta colpa del riscaldamento climatico!

Una delle prime battute del film infatti fa riferimento all’uragano come diretta conseguenza del riscaldamento globale. In un certo senso, Sharknado, è la sublimazione comica di queste preoccupazioni e paure: le condizioni climatiche e meteorologiche diventano sempre più estreme e imprevedibili e così possiamo aspettarci di tutto, anche gli uragani di squali!

Se la premessa è un evento meteorologico che consente agli squali di volare, atterrare in strada e nuotare per le strade e per le case semi-allagate, non può meravigliare che la produzione utilizzi effetti digitali di scarsissima qualità e squali di gomma. Non può stupire che ogni inquadratura sia un trionfo di “blooper”: il film è impestato di errori, dalle inquadrature incoerenti alle sequenze illogiche alle azioni contro ogni legge della fisica, così frequenti e grossolani da diventare fonte di ilarità e di commenti divertiti tra gli spettatori.

Quando stai facendo il bagno in piscina, stai attento agli squali che piovono dal cielo

Sharknado è un film sciatto, scritto male, in una parola: brutto. Tuttavia, vi terrà incollati allo schermo facendo a gara nello scovare l’errore nell’inquadratura, nell’indovinare chi morirà e in quale modo più assurdamente idiota, nel prevedere da quale posto assurdo spunterà l’ennesimo squalo.

Rimanere schiacciati da uno squalo martello in un parcheggio, in Sharkanado si può
Quando uno squalo bianco nuota nel tuo salotto in mezzo metro di acqua, la libreria può fare la differenza tra la vita e la morte

Sharknado riesce a regalare un’ora e mezza di ilarità spudoratamente idiota a patto di vederlo in compagnia. Nei videogiochi la modalità più divertente è la “couch co-op” ovvero una modalità cooperativa con i giocatori seduti fianco a fianco, diventata oggi sempre più rara a causa dell’avvento del multiplayer online. Non c’è nulla di più divertente di prendersi gioco dell’avversario e vedere la sua reazione. Così il divertimento è assicurato anche guardando Sharknado, seduti uno accanto all’altro in una “gara” a chi prevede la prossima idiozia.

A proposito di videogiochi, anche in Sharkanado spunta un cabinato.

Se qualcuno tra il pubblico maschile non ha notato il cabinato sulla destra, posso capirlo

Al minuto 7:20 appare per la prima volta un videogioco “arcade”: è spento e, con tutta probabilità, “fuori servizio”. Si può notare infatti un foglio di carta affisso sullo schermo.

La parte superiore che ospita il titolo del videogioco è anomalo: appaiono infatti due titoli, entrambi parzialmente coperti da un foglietto di carta adesivo. Il primo sulla sinistra non è leggibile; il secondo sulla destra, grazie anche all’inconfondibile “lettering”, è senza dubbio Galaga.

Pubblicato dalla giapponese Namco nel 1981, Galaga è uno sparatutto a tema spaziale che introduce importanti novità sia rispetto a Space Invaders sia rispetto al suo predecessore Galaxian (1979). Senza dubbio è un grande classico, onnipresente nelle sale-giochi e nei film in cui vi siano delle scene girate in una sala-giochi, ma alquanto anomalo in un bar degli anni Duemila. Potrebbe essere un vecchio videogioco non funzionante rimasto nel bar, ma sarebbero trascorsi oltre quaranta anni. Tuttavia, durante la visione del film si fa l’abitudine a situazioni ancora più assurde.

Nelle prime scene in cui inizia la “pioggia” di squali e alcuni piombano nel bar, appare nuovamente il cabinato.

Il logo di Galaga è inconfondibile, mentre l’altro titolo è completamente coperto dal un foglietto giallo.

Nella parte bassa del mobile però appare un indizio: un labirinto disseminato di puntini rimanda a un mostro-sacro dei videogiochi e icona della cultura popolare degli anni Ottanta, Pac-Man. Mistero quindi risolto?

Il mistero, per quanto circoscritto, rimane fitto perché dal grande successo di Pac-Man del 1980 fino al 1987 sono apparsi in sala-giochi altri dieci videogiochi “arcade” della serie. Pac-Man è diventato negli anni la serie più longeva tra tutti i videogiochi, ha venduto quasi quarantotto milioni di copie su tutte le piattaforme e ha incassato oltre quattordici miliardi di dollari, la maggiore parte dei quali dai ricavi dell'”arcade” originale.

Gli ultimi fotogrammi confermano la presenza di Galaga e uno dei giochi della serie Pac-Man nello stesso cabinato.

L’ipotesi di uno dei tanti cloni “pirata”, molto diffusi sopratutto in Italia, è da scartare: la presenza del logo di due videogiochi così famosi, seppure oscurata parzialmente da foglietti di carta, avrebbe attirato l’attenzione degli uffici legali della Namco Bandai e conseguente richiesta di denaro per lo sfruttamento dei diritti. The Asylum, la società di produzione di Sharkanado, è nota per la produzione di film a basso costo ed è perciò altamente improbabile che, nell’evidente scarso budget per il film, sia stata previsto un costo per i diritti di immagine dei due videogiochi. I foglietti di carta che occultano i titoli dei giochi sono con tutta probabilità un modo, per quanto assai artigianale e maldestro, per evitare il pagamento dei diritti di immagine.

L’unica via percorribile è che si tratti di un clone autorizzato dalla Namco Bandai. Le ricerche sulla Rete confermano questa intuizione.

Il “misterioso” cabinato è prodotto dalla statunitense Chicago Gaming e il videogioco “misterioso” è Ms Pac-Man.

Ms Pac-Man è un autentico mostro-sacro dei videogiochi, protagonista della ‘Pac-Man fever” che negli Stati Uniti colpì tutti, indifferentemente dall’età e dal sesso. Per tutti i dettagli potete leggere Chi è il Player One? [Parte 3] – La Rivoluzione Arcade al femminile.

“Quando vengono per fare spesa, si fermano a giocare”. Da notare che due giocatori sono adulti, la valigetta da ufficio in primo piano. Ms. Pac-Man è al centro, a sinistra Bosconian, a destra Galaga

Dalla pagina web della Chicago Gaming dedicata al cabinato, i videogiochi giocabili sono tre con altrettante varianti:

  • Galaga
  • Ms Pac-Man
  • Pac-Man
  • Speedy Pac-Man
  • Speedy Ms. Pac-Man
  • Rapid Fire Galaga

Da un’ulteriore ricerca su Amazon.com lo stesso cabinato è distribuito da una nota azienda che realizza cabinati e accessori ufficiali del mondo “arcade”, Arcade1Up, che ha una distribuzione anche in Italia. Per avere a casa questa replica di un “arcade”occorre sborsare circa seicento dollari. In Italia non è disponibile questo “arcade”, ma una versione più ricca di giochi a un prezzo leggermente inferiore: Bandai Namco Legacy Edition – Pac-Man contiene dodici giochi ufficiali Bandai Namco al prezzo di cinquecento quarantanove euro, spese di spedizione incluse.

Rimane sospesa una domanda: perché nel film appare un “arcade”, che in quanto clone moderno è in pratica un falso “arcade”?

Il film è del 2013 e l’ambientazione è coeva. Le sale-giochi e i videogiochi nei bar sono ormai defunti da almeno un ventennio abbondante. Non è quindi un rimando alla cultura popolare coerente.

Il “product placement” da parte della Chicago Gaming o della Arcade1Up è da escludere visto che del cabinato si è cercato di occultarne i loghi dei giochi con dei foglietti di carta ed è sempre inquadrato in secondo piano. Davvero irriconoscibile da un qualsiasi spettatore.

La mia idea è che, nonostante Sharkanado sia un tripudio di sciatteria, il videogioco nel bar di Fin è un tributo all’originale e capostipite della serie degli “shark movie”: Jaws (Lo Squalo).

Jaws infatti nel 1975 è uno dei primi film a utilizzare i videogiochi per rendere il contesto di maggiore attualità e prossimità allo spettatore: appaiono i videogiochi Killer Shark in primo piano; subito dietro il cabinato giallo è Computer Space (già apparso nel 1973 in versione bianca nel film Soylent Green); infine il cabinato in fondo è Wild Cycle.

Killer Shark in primo piano, subito dietro il cabinato giallo di Computer Space e Wild Cycle.

10 pensieri su “Videogiochi nei film #7: Sharknado

  1. Ho paura di sì, la Asylum ha appiccicato foglietti per non pagare diritti… ma, d’altronde, con tutti i soldi che si è fatta dopo 6 sharknadoS uno peggio dell’altro (spicca solo il quarto come meno peggio della saga e trionfo di WTF inenarrabili) probabilmente ora come ora potrebbe permetterseli!

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    1. Ciao e benvenuto nella mia webbettola! Pensa che solo dopo avere visto questo film sono venuto a conoscenza che è diventata una serie! Beata ignoranza, a volte può salvare 😂. Dovrei vedere gli altri film per scovare qualche altro cameo videoludico ma in tutta onestà, passo. Non ce la posso fare. Comunque interessante con citazione di Jaws…Almeno una “cosa” seria c’è ed è rappresentata da un videogioco, che però dai più è considerato “giochino per i bambini” perciò non è cosa “seria”. Questi mattacchioni della Asylum nascondono messaggi e più linee di lettura nei posti più impensabili. Vuoi vedere che siamo noi ad avere pregiudizi? 😂😂😂

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  2. Letto con curiosità tutto il post e relative chicche, come il tornado di squali 😀 Ammetto che mi sarei rotolato sul pavimento dal ridire nel vedere questo. Forse volevano replicare il famoso film di Hitchcock ‘Gli uccelli’ usando gli squali.
    Per quando riguarda il cabinato se non li citavi manco li vedevo. È vero che il primo piano è migliore del cabinato, e ci vuole poco, ma non essendo un videoludico mi sarebbero sfuggiti.

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    1. Sempre generoso nei commenti caro Orso! Il film si può vedere giusto per farsi quattro risate in compagnia. È il mio occhio “malato” che nota i videogiochi sparsi per i film. Poi se in primo piano c’è quel ben di Dio…io l’ho notato la prima volta nelle seconde scene. Poi sono andato a riavvolgere e ho trovato anche la sua prima apparizione 😜. Sarà pure sessista, ma non si comanda al…cuore. 😂😂😂

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  3. Parlando di articoli che il reader non i fa visualizzare…
    Sharknado è stato certamente… qualcosa. Fece un enorme successo anche se onestamente, nonostante certe follie senza senso, gli mancava quell’impegno e quella bellezza che ad esempio caratterizzava le pellicole della Troma, dove comunque c’era dell’impegno e una tecnica, mentre qui manca sia la regia che la fotografia.
    Comunque non mi sarei mai aspettato che, attraverso questo film, avresti fatto un divertente gioco in cui descrivevi tutti i cabinati apparsi durante la visione. Molto, molto interessante!

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    1. Film davvero terribile e non riesco a concepirne il successo vista la assoluta pochezza e sciatteria. Tant’è che ne hanno addirittura tirato fuori una serie. Di certo non potrei fare il produttore cinematografico vista la mia scarsa lungimiranza. Il cabinato di Pac-Man e Galaga è spuntato in mezzo a tutto questo bailamme di fesserie, d’altronde un bar senza Arcade che bar è…negli anni Ottanta sarebbe stato corretto, oggi decisamente fuori luogo.
      Il.mio è un modo differente per scrivere di film e videogiochi, che hanno molto in comune, anche se i primi se la “tirano” come opere di cultura e i secondi sono considerati trastulli per fanciulli e per adulti sfigati o poco cresciuti. Come valore di intrattenimento, Galaga e Ms.Pac-Man asfaltano Sharkanado.

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      1. Sharknado aveva delle idee e delle scene che a mio avviso erano davvero divertenti e folli ma purtroppo girate da persone che non sanno fare il loro lavoro. A me il trash piace (soprattutto quello involontario che considero più spontaneo) e considero quelli volontari molto difficili da realizzare. La Asylum con questo film ebbe un successo mai visto e ci hanno lucrato sopra senza sosta. Ma appunto manca del tutto la forma e anche la sostanza.
        Comunque non preoccuparti, sono sicuro che tra qualche anno i videogiochi verranno considerati arte. Questo medium è ancora molto giovane ma ormai si è evoluto talmente tanto che sarà impossibile non considerarlo una nuova forma d’arte. E in realtà certe opere a mio avviso rispecchiano perfettamente questo concetto (Ico, Journey, Shadow the Colossus).

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