The Admiral, l’ammiraglio che voleva la pace


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A destra Kôji Yakusho, che interpreta l’ammiraglio Isoroku Yamamoto nel film The Admiral.

The Admiral (noto anche con il titolo Admiral Yamamoto)

Titolo originale: Rengô kantai shirei chôkan: Yamamoto IsorokuGiappone 23 dicembre 2011 – Blu-ray: 24 settembre 2012 – Regia: Izuru Narushima – Cast: Kôji Yakusho, Hiroshi Abe, Shûichi Azumaya – Durata: 141 minuti – Età consigliata: 15.

The Admiral è un film ambientato durante una guerra, ma non fa retorica di guerra, non ne esalta i personaggi e i drammatici eventi. The Admiral lascia allo spettatore un’unica certezza: la pace è un bene irrinunciabile. Chi è costretto dagli eventi a rinunciarvi, deve lottare con tutte le proprie forze per fare terminare nel più breve tempo possibile la guerra e ritornare alla pace. Questa la sintesi estrema di un film, che è la biografia di Isoroku Yamamoto, vissuta attraverso le  vicende della guerra nel Pacifico, i rapporti con la politica, la gerarchia militare e la stampa, la sua vita privata con amici e familiari.

The Admiral, film di produzione giapponese, racconta la Guerra nel Pacifico dal punto di vista nipponico e, in particolare, di uno dei protagonisti del secondo conflitto mondiale: l’ammiraglio Isoroku Yamamoto.

Un uomo che sapeva quanto sia preziosa la pace, che avvertì il disastro imminente e morì con la consapevolezza di non essere riuscito a evitarlo. La sua morte, avvenuta il 18 aprile del 1943 nei cieli delle Isole Salomone, almeno gli risparmiò la tragedia di Hiroshima e Nagasaki.

copertina di The Admiral Blu-rayThe Admiral non è quello che sembra: la copertina del Blu-ray fa pensare a un tipico mix tra film di guerra classico e film d’azione. Se vi aspettate un’ edizione moderna di Tora!Tora!Tora! o un bailamme spettacolare di effetti speciali in salsa mélo del Pearl Harbor di Michael Bay, statene alla larga.

Se amate l’azione, le battaglie e una storia d’amore di contorno, il film vi deluderà.

Se invece siete alla ricerca di qualcosa di meno effimero, capace di emozionarvi e lasciarvi un seme di curiosità, in sintesi The Admiral può offrirvi: la sceneggiatura ha forza espressiva e coerenza nel miscelare il racconto delle vicende storiche e la vita di Yamamoto; la recitazione convince; le uniformi, i costumi e l’estetica generale del periodo è verosimile; gli effetti speciali digitali sono curati, anche se non reggono il confronto con le produzioni americane; la traccia audio DTS HD in giapponese (sottotitolato in inglese) rende una magnifica scena sonora tanto da valere a Fumio Hashimoto il premio 2013 “per il migliore sonoro” della Nippon Akademī-shō, cioè l’equivalente giapponese del “Premio Oscar”.

Lo scenario di apertura è la depressione ante-guerra in Giappone, l’instabile clima politico e gli attriti tra l’Esercito e la Marina del Sol Levante. Gli eventi narrati coprono il periodo dalla preparazione dell’attacco a Pearl Harbor fino alla morte di Yamamoto, avvenuta per l’abbattimento dell’aereo su cui viaggiava, intercettato da caccia P-38 americani.

The Admiral è un interessante cambio di punto di vista, nei panni dell'”altra parte”, sopratutto per chi, come me, è cresciuto guardando due classici del genere, Tora!Tora!Tora! e La battaglia di Midway.

foto di navi in fiamme nel porto di Pearl Harbor
L’attacco a Pearl Harbor

Isoroku Yamamoto non è un uomo qualunque, è un’icona della Seconda Guerra Mondiale al pari di Erwin Rommel, George S. Patton, Georgy Zhukov, Bernard Montgomery: il loro pensiero, le loro decisioni, le loro azioni hanno influenzato il corso della guerra e le vite di moltissimi uomini e donne.

foto Isoroku Yamamoto
Isoroku Yamamoto (nato Takano) (4 Aprile 1884 – 18 Aprile 1943)

Takano Isoroku nasce a Nagaoka nel 1884. Il padre cinquantaseienne, Takano Sadayoshi, non si aspettava più un figlio e pertanto dà al neonato il nome Isoroku, che in giapponese vuol dire “56”. Nel 1916 Isoroku viene adottato da Gombei Yamamoto, Ministro della Marina, e ne acquisisce il cognome. Nel 1904 completa i corsi dell’Accademia Navale e, l’anno seguente, partecipa alla battaglia di Tsushima, nella quale riporta l’amputazione di due dita della mano sinistra.

Dal 1919 al 1921 frequenta l’Università di Harvard negli Stati Uniti; vi ritorna nel 1925 in una missione diplomatica, che lo porta anche in Europa. Yamamoto diventa così esperto conoscitore della società statunitense e occidentale: manifesta apertamente il suo dissenso all’alleanza con l’Asse nazista-fascista e  il suo pessimismo sull’esito di una guerra prolungata con gli Stati Uniti.

“…Nei primi 6-12 mesi di guerra contro gli Stati Uniti e la Gran Bretagna mi scatenerò e conseguirò una serie ininterrotta di vittorie. Se la guerra dovesse prolungarsi oltre tale periodo, non ho alcuna fiducia nella vittoria finale”

Il senso del dovere, proverbiale tratto giapponese, va a scapito delle emozioni dell’individuo, ma rappresenta il modo per assicurare l’armonia della collettività;  per Yamamoto, nominato ammiraglio nel 1934, il senso del dovere è il modo per ottenere il bene della famiglia, della Marina che serve, della patria.

Questo approccio è evidente anche nel leggere la biografia dell’asso dell’aviazione nipponica, Saburo Sakai; in “Samurai!” l’ex-pilota descrive in modo distaccato la sua esperienza, all’insegna della protezione della patria, nonostante la superiorità di mezzi e uomini del nemico fosse schiacciante. Il legittimo senso di disperazione viene sostituito da un velo di rassegnazione e frustrazione, che mai vengono espresse pienamente. L’unica cosa importante è la comunità, la sua difesa a tutti i costi: il sacrificio delle proprie emozioni e il prevalere del senso del dovere si traduce, dopo l’invasione americana delle Filippine, nell’ estremo sacrificio della propria vita dei piloti kamikaze.

Il leit motiv di The Admiral può essere sintetizzato in un proverbio giapponese citato nel libro “Vento divino“: “Il valore della vita, nei confronti dell’assolvimento del proprio dovere, ha il peso di una piuma”.

In “Vento divino“, dedicato all’Operazione Kamikaze, ricorre infatti il tema del senso del dovere nei confronti della collettività prevalente sui sentimenti , anche nel momento dell’estremo sacrificio: i sentimenti di tanti giovani piloti, che avevano scelto di morire per una guerra ormai persa, sono affidati alle toccanti lettere di congedo alla famiglia.

Nel film ricorre continuamente questo contrasto. Tre piloti vengono utilizzati come legame di Yamamoto ai suoi uomini e la loro sorte scandisce l’andamento del conflitto e la crescente consapevolezza che il Giappone sta perdendo la guerra.

L'ammiraglio Yamamoto (Kôji Yakusho) sul ponte di comando
L’ammiraglio Yamamoto (Kôji Yakusho) sul ponte di comando

Il cast del film è molto ampio e, sebbene alcuni personaggi siano ridotti all’essenziale nei loro ruoli e tratti psicologici, il personaggio centrale di Isoroku Yamamoto è reso magistralmente dall’interpretazione di Kôji Yakusho, volto a noi più noto per “Babel” e “Memorie di una geisha”. Ne viene fuori un ritratto di Yamamoto come una persona tranquilla e sorridente, che si relaziona con i suoi interlocutori in modo sincero, ama il cibo e la convivialità con gli amici e la famiglia.

Il contrasto di alcune scene mostra con rara efficacia e organicità il lato privato di Isoroku e la figura pubblica dell’ammiraglio Yamamoto: Isoroku gioca a “shogi” (gli scacchi giapponesi); Yamamoto studia strategicamente l’attacco a Pearl Harbor; Isoroku parla sinceramente con il giovane reporter che lo intervista, Yamamoto si prende gioco dell’editore simpatizzante per l’Alleanza fascista; Isoroku dispone amorevolmente a tavola il pasto a base di pesce con la sua famiglia, Yamamoto dispone la flotta per l’attacco alle Midway.

The Admiral non scade nell’elegia del personaggio o nella retorica di guerra, forse pecca nel volere in qualche modo ascrivere la sconfitta giapponese all’incapacità dei subordinati nell’eseguire i comandi o all’opposizione dei superiori ai suggerimenti di Yamamoto.  Un film adatto per chi vuole approfondire la conoscenza di personaggi-chiave del conflitto, per capire meglio la guerra dal punto di vista dei “vinti” e, sopratutto, che aiuta a non dimenticare: attraverso la memoria degli orrori delle passate guerre, non dobbiamo mai permettere a governi furfanti di farci credere che una qualsiasi guerra sia giusta o portatrice di “democrazia” o possa essere benedetta da un qualsiasi Dio.

Link consigliati:

Libri consigliati:

Vento divino
Vento divino
Samurai! di Saburo Sakai
Samurai!
copertina libro L'asso nella bottiglia
L’asso nella bottiglia

 

 

6 pensieri su “The Admiral, l’ammiraglio che voleva la pace

  1. Fabrizio

    …Che dire, praticamente un Uomo dalla personalità marmorea e di un “self control” strabiliante fino al sacrificio dei tanti. Praticamente dopo aver letto LA recensione non ho bisogno di vedere il film. …è come se avessi letto “il libro”.
    Sei un grande!

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    1. Queste sono grandi soddisfazioni! In effetti, la recensione del film è solo un pretesto per qualche riflessione più ampia, per andare a scoprire più informazioni e più ti addentri e più trovi sentieri da percorrere. Segui un percorso, torni indietro, fai una deviazione e poi ti ritrovi sulla strada maestra. E’ una droga: inizio con un argomento e il mio cervello si muove come un ipertesto, scandagliando il web, rintracciando informazioni e scoprendo che alcune – peraltro le più note – sono delle fandonie:appena terminato l’attacco a Pearl Harbor, gli venne riferito del successo dell’attacco a sorpresa, al che domandò se erano state affondate portaerei e, si sa, agli americani gli disse veramente bene perchè non erano alla fonda. Si ascrive a Yamamoto la frase profetica e di grande saggezza: “temo solo di avere svegliato il gigante che dorme”. Questa frase, resa famosa dal film “Tora!Tora!Tora!”, è quantomeno di dubbio attribuzione a Yamamoto. E io che ci avevo creduto fino a oggi. Certo non è che mi cambia la vita, ma affina le armi del discernere il “vero” dal “falso”, molto utile a destreggiarsi tra molta gente infame e tenersi stretti gli amici veri. Tiè! M’è partito il sermone. Grazie mille “dopo aver letto LA recensione non ho bisogno di vedere il film. …è come se avessi letto “il libro” “. Sto godendo. Lo ammetto.

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  2. Sono arrivato in fondo che sentivo fischiare intorno pallottole per ogni dove. Ottima scelta per un post davvero originale compadre:la visione dei vinti per quanto spesso assolutoria e vittimista, è sempre importante per avere un quadro storico più nitido e completo
    Sempre con gran piacere ti leggo

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    1. In effetti esiste il rischio che si cada nel vittimismo o nel revisionismo storico con ricadute a un passato orribile. Non è questo il caso, anzi il messaggio che passa è proprio contro la guerra. I film di guerra hanno un senso se ricordano quanto sia orribile. Poi ci sono anche quelli di “intrattenimento” per carità, ma la retorica dell’erotismo e della gloria proprio no!

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  3. L’app non collabora nello stellinare, ma un commento me lo concedo.
    Da un certo punto di vista, vedo – più sfumato – il tema del “stavo solo eseguendo gli ordini”. Di solito è associato a situazioni più estreme (la guerra è sempre estrema, possiamo dire, ma alcune situazioni lo sono più di altre) ma quando si parla di dovere imposto dalla patria – traduzione: da chi, al sicuro, dà ordini alla carne da macello – contro sentimento personale… quello è il momento in cui ci si deve fare qualche domanda.

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    1. Se fosse stato un occidentale ci starebbe. I giapponesi hanno un senso del dovere differente dal nostro. È un misto di senso di comunità e traduzione, si sentono “spontaneamente obbligati” per quanto le loro idee personali siano distanti. Nel due libri Vento Divino e Samurai! questa concezione è spiegata molto meglio di quanto abbia fatto io. Non esiste una definizione, ma la maturi e la decodifichi mentre e alla fine della lettura. Dalle dichiarazioni di Yamamoto (da fonti storiche) e anche dalla sua strategia iniziale, l’obiettivo era di costringere gli USA a venire a patti il prima possibile. Il Giappone non aveva le risorse per vincere se la guerra si fosse protratta. Yamamoto ne era consapevole.
      Chi sembrava non esserlo era la gerarchia militare e l’Imperatore che si’ – e questa volta senza alcuna sfumatura – mandarono consapevolmente al macello il popolo giapponese.

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