Il gladiatore


W. Eugene Smith  Alert Soldier, Saipan  1944
Alert Soldier, Saipan (c) W. Eugene Smith,1944.

Sigarettina…

Eh sì sigarettina che iNspira il fumo, ispira la prosa…e anche qualcosaltro più intimo e personale. Del tipo irripetibile onde evitare scurrilità. Almeno, non subito, a inizio del post.

Una Chesterfield? Una Lucky Strike? No. Pall Mall? Nemmeno. Le ho fumate tutte e tre in passato. Sono un fumatore infedele per principio, tanto poi le sigarette le fa sempre la Filippo Morri o qualche suo conoscente di lobby. Ho scelto di fumare proprio quelle sigarette citate, non perché “nel programma sono presenti inserimenti di prodotti a fini commerciali“, ma per un preciso omaggio alla Storia: le prime sono le preferite di Humphrey Bogart, le altre le fumavano e regalavano i soldati dell’esercito americano quando sfilava per le strade delle città liberate dal fascismo e dal nazismo. Una volta, nei momenti in cui avevo bisogno di fumare “forte”, avrei scelto una Camel o una Gauloise o se, nel volermi fare proprio del “male”, desideravo anche godere, una Marlboro Rossa. Questo è il vero sadomasochismo del fumo.

Fatto sta che ho acceso una Winston. Una Winston Blu.

E perchè? …La storia è che ho un caro amico che vive in Grecia in quel di Thessaloniki (splendida gente e città per un napoletano come me!) e fuma Winston Blu. Sono andato a trovarlo di recente e mi sono convertito tra una chiacchiera, un Nescafe’ frappe’, l’ottimo gelato che produce artigianalmente e una sigaretta. Ritornando a casa, nel ricomprare le sigarette, m’è venuto spontaneo Winston Blu. E’ un modo per fumare in sua compagnia.

Tivvù sintonizzata su una trasmissione il cui fabbisogno di attenzione e concentrazione è pari a quella del criceto mentre si muove sulla sua ruota, rumore di sottofondo come leit motiv, l’ideale humus per il casino nella cabeza che prelude a uno dei miei soliti e-sfoghi di fecale rimembranza. Uno strappo e via! LibbbERATorio.

Ieri, in auto, pensavo. A volte, mi ritrovo a parlarci con la mia automobile. L’automobile, negli estenuanti viaggi e maleducato traffico metropolitani, è diventata per me come il pensatoio di Zio Paperone. Strano, ma ogni tanto i miei due neuroni si parlano. Si sa, la convivenza è difficile e qualcosa ne sa la mia compagna…

Alcuni fattori hanno agito da potente catalizzatore per l’incontro dei miei due neuroni, un richiamo forte quanto, in un caldo pomeriggio estivo, poggiati su un tavolino di un bar, una bottiglia gocciolante di birra fredda e un pacchetto di Fonzies.

Il primo fattore è il recente e fitto scambio di corrispondenza (“corrisponderSI” = reciprocità. Bellissima parola) con il mio ritrovato fratello di joypad, Jaco: tangibile prova sono gli ultimi tre generosi contributi postati in questa webbettola (Jacoo! Ma la buccia dei lupini la devi per forza sputacchiare per tutto il pavimento?! E jà!). Il secondo è l’aria condizionata all’interno dell’automobile e il temporaneo sollievo dalla canicola esterna. Il terzo è l’appena scaduto primo semestre con il carico di consuntivi, analisi dei “delta” e buoni propositi per il futuro, ma ora!…Me ne vado a mare e non me ne frega niente di trovarmi in mezzo al mare, a un mare che più passa il tempo e più non sa di niente su questa rotta inconcludente rotta. Proprio, come fanno i marinai (cit. Lucio Dalla)

Fatto è che i due inquilini del mio personalissimo “attico” hanno iniziato a parlare tanto da stimolare sinapsi e un riconoscibilissimo sfruculiamento alle dita che si traduce in un fermo convincimento – e mostruso senso di colpa e responsabilità (?!?) –  e cioè che vi ho lasciato da troppo tempo senza il mio solito rompimento di trombe di Eustachio e appendici riproduttive varie. Qualcuno accusava la mancanza? A giudicare dal solito coro di protesta, direi di…No. Occhei, ormai non mi diverto manco pppiù a spingervi a usare le vostre ditine da fata, coordinandole al vostro cerebro-stomaco&frattaglie assortite…Lo so, il tempo è tiranno e la vostra paposcia (trad. “mosceria”) è ENORME. La tremenda ondata di caldo che quest’anno mi stava convincendo a qualificarlo – come i giornali, televisivi e non – con l’odiata espressione “assassino” può essere un’attenuante generica, ma per scagionarvi completamente dovete portare le prove del tipo: foto mentre siete a rosolarvi sulla battigia (spalmare la superficie con abbondante olio di cocco, innaffiare generosamente con birra fresca e una fetta di limone a guarnizione). In questi casi, ai sensi dell’art. 530 c.c.p. siete assolti dal reato di tradimento alla tastiera perché il fatto non costituisce reato. E’ il tipico caso di legittima difesa.

Bando alle facezie, torniamo al contendere di tale mia. Mmmmh che bel tono professionale…ma per poco. Vi dicevo dei miei due neuroni che ogni tanto gli piglia lo scilinguagnolo: ebbene , tanto il vociare di questi due scimuniti che a un certo punto ho cominciato a pensare di mio. Effetto Doppler.

Lo so, il quotidiano del lavoro/dello studio/della famiglia/dei figli (così non ho escluso nessuno) basta e avanza e i resti non si sa a chi darli. Uno lavora, torna a casa e ha altri – arrotondiamo per difetto a una cifra mostruosa – ottomilardi di cose da fare, fatto salvi i soliti nullafacenti e refrattari: io passavo di qua e butto giù ‘ste quattro fregnazzette in croze (per i non romagnoli sostituire la “z” con la “c”). Le preoccupazioni (e chiamiamo così tutto ciò che non finisce nelle “soddisfazioni-della-vita”) sono al disordine del giorno e sono tutte proporzionate alla propria “posizione” nel nostro personalissimo Giro d’Italia (le tappe, c’è chi le brucia, chi si dopa, chi buca la gomma, chi cade eccetera): per lo studente la scuola, nonostante la recente “riforma” ispirata e volano di meritocrazia in un Paese dove “Meritocrazia” è argomento per trasmissioni “Chi l’ha visto?” e “Amore criminale”; il lavoro per chi ha la fortuna di averlo, nonostante il “Jobs Act” e così via. Insomma, la sto tirando alle lunghe pure per la mia logorrea. Insomma, Claudio allora che cacchio vai rompendo le bbballe co’ ‘ste panzane, ogni volta a scrivere le stesse cose, a “perdere tempo” con la tastiera davanti a uno schermo, come se non bastassero le oltre 8 ore lavorative!

Come faccio a pretendere che perdiate del tempo con queste righe di dubbio italiano nonché gusto?!? Mica perché la mia è una manifestazione di affetto, giammai perché mi va di condividere degli stati d’animo. ma perché non ho un’emerita mazza da fare dalla mattina alla sega…oooops….ma comunque c’entra sia con la “mazza” che con l’ozio. Pertanto, faccio le mie sentite scuse. Onde evitare che il tutto possa (s)cadere tutto nel retorico del volemose-bene, ritorno al discorsetto di quei 2 deficienti (dal “deficere” latino): dopo tutto, io smazzo per portare a casa la moneta (sesterzi, yen, suord’, piotte, scudi…), la quale moneta mi serve per costruirmi una casetta-dei-miei-sogni, comprare la macchina-bella (’sto a sparà il meglio dei luoghi comuni…), condurre insomma una (im)perfetta vita all’American Beauty. Ammesso che tutto ciò ne valga la pena e, se avete viaggiato e visto un pò il mondo con i vostri occhi e più da vicino, converrete che qualche legittimo dubbio possa sorgere.

I due “scimuniti” d’improvviso si azzittiscono. Nel silenzio, mi volto leggermente indietro e mi ritrovo con una sensazione di perdita di contatto con la realtà, un déja vu, che si materializza nell’espessione del soldato americano ritratto da William Eugene Smith in una di quelle foto che ti fanno comprendere, più di mille racconti e libri, quanto la guerra sia così orribile che non esiste motivo in Terra nè Dio per arrivare a tanta barbarie e violenza. La guerra è questo, è sempre stato questo: perché allora ci si scandalizza per decapitazioni, stupri, morti di bambini, esecuzioni sommarie di civili? Che ipocrisia è questa? Ieri, l’11 luglio è stato l’ “anniversario” del massacro di Srebrenica e non lo chiamo “genocidio” perché, indipendentemente dalla certa matrice etnica-religiosa, ciò che conta è che sono state uccise premeditatamente e senza possibilità di difendersi 8.372 persone e, vigliaccamente, si è cercato di nascondere quest’atto con dei bulldozer. Accadeva nella “civile” Europa. Venti anni fa. Qui, sulla sponda opposta dell’Adriatico.

Cos’è che stavo dicendo? Sì, di quell’espressione sul viso del soldato: sono io. Sì sono io. Duemilaquindici, sei mesi faticosi, per tante ragioni banali o particolari esattamente come quelle di ognuno, sei mesi in cui si è costruita e manutenuta una nave che possa farci navigare sicuri nelle acque – a volte tumultuose, a volte placide –  della vita. Proprio, come fanno i marinai, qualcuno è vivo per fortuna, qualcuno è morto.

“And, ah, my love remind me, what was it that I did. Did I drink too much, am I losing touch. Did I build a ship to wreck” (da Ship to Wreck di Florence and the Machines)

Ma non sono un marinaio, no! Sono un soldato semplice, sporco di terra di trincea o bunker, un soldato come quel “marine” a Saipan in foto, con la sua faccia stanca, stanca delle cose che non vanno e che non andranno, affaticato dai tanti assalti contro quella dannata collina indicata come “obiettivo strategico” su una carta stropicciata, per qualcuno con le stellette sulla giubba è una questione di “prestigio” o “principio”. Stanco e sfiancato anche da questo torrido luglio, come a Saipan. Sono un soldato e non ho bisogno di essere salvato, prendo una sigaretta, sono sereno, ce ne sono ancora una quindicina nel pacchetto, serro le labbra intorno alla sigaretta, un ultimo sguardo oltre la mia spalla. Il tempo di fumare questa sigaretta, il tempo di recuperare energie, sia per chi ad agosto resta sia per chi viaggia , e poi si ritorna al proprio posto nella propria centuria. Non abbiamo bisogno di ordini, sappiamo cosa fare, come comportarci. E non c’è nemmeno bisogno che qualcuno dia “il segnale”, tanto l’Inferno si è già scatenato

Io insisto e lotto come i gladiatori al Colosseo. Ma prima o poi…si sa…i gladiatori…Morituri te salutant.

Questa non è la fine.

Per la vera fine di questo post dovete attendere domani.

4 pensieri su “Il gladiatore

    1. A’ Mu, andiamo in ordine, anche se l’ “ordine” non è il forte di entrambi:
      Primo,se leggi dal telefono con la nostra presbiopia è normale che ci vedi poco. Comunque i caratteri puoi aumentarli pure leggendo dal telefono, ma eviterei di continuare visto che stiamo facendo la figura dei vecchietti del Muppet Show alle prese con le cose-smart per i giovani-smart.
      Secondo, hai ragione: non si capisce che sei italiano. L’ho fatto apposta così mi atteggio: tu sei greco e quindi chi legge pensa che parlo greco correntemente e fluentemente. Smentita ufficiale: io non parlo greco, l’amico di cui scrivo che vive a Thessaloniki è italiano, sì emigrante pure lui.
      Terzo, greci brava gente, d’accordo 100%; una fazza, una razza.
      Quarto,t’è suonato come epitaffio? Mah, ti poteva andare peggio, magari scrivevo che eri un emerito pezzo di mmme…lma. Tanto poi come mi rispondevi? 🙂
      Il fatto che ti sei sciroppato tutto, conoscendo la tua inimicizia con la lingua scritta (e da quando sei in Grecia, a volte, pure parlata), è una dimostrazione che mi vuoi bene o’veramente.

      Allego la foto che mi hai mandato…Me ne fumo una delle tue.
      Winston blu dalla Grecia

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