In the attic lights
Voices scream
Nothin’ seen
Real’s the dream
Grazie alla pausa del tran-tran lavorativo, riesco finalmente ad agganciarmi al joypad come nella migliore delle tradizioni degli UFO Robot, da Goldrake a seguire. Questo è il mio joypad. Ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio joypad!
Tale inno del joypad, mutuato da Il credo del fuciliere, reso celebre da una scena in Full Metal Jacket, è in realtà sfoggio di inutile virtualvirilità poiché, allo scattare della “sacra ora” dopo il pranzo del sabato, sprofondato sul divano buono del salotto, tazzina di caffè pronta per essere sorseggiata tra un headshot e una sportellata, vengo sistematicamente escluso dai due nanerottoli, che sferrano una rapida Ultra-combo; tale catena di mosse ricorda la mia preferita con Mitsurugi in Soul Calibur (versione Dreamcast, quale altra?) a base di rapide successioni di Heaven dance e Half-Moon slice con effetti devastanti sulle capacità di auto-controllo dell’ira del mio compagno di mazzate virtuali (e non) da sempre, mio fratello. La combo, eseguita dai due nanerottoli nel seguente ordine, è del tipo “unblockable”, impossibile da evitare o parare:
- sgranano i loro occhioni con un’espressione di ruffiana e infinita dolcezza tale che:
- la glicemia sale vertiginosamente e più in fretta che se avessi ingerito una massiccia dose della sostanza commestibile con il più elevato indice glicemico al mondo
- la risposta insulinica è talmente marcata che il glucometro segna “Jackpot!” con 3 ciliegie caramellate in linea
- l’organismo si abitua a utilizzare, preferenzialmente, gli zuccheri al posto dei grassi; anche la trasformazione dello zucchero in grassi tende ad aumentare (e vai di sovrappeso)
- lo stress ossidativo aumenta (invecchiamento precoce e altre cose bruttebrutte)
- la carie dentaria è il minimo ed è un rischio calcolato al pari di quello di sfracellarsi o farsi “solo” parecchio male, se in fase di atterraggio il paracadute ausiliare si aprisse improvvisamente e il paracadutista si ostinasse ad atterrare con entrambe le vele.
- mi porgono la confezione di “Ioscii lana” (Yoshi’s Woolly World, Nintendo Wii U) con mani questuanti
Anche Yoshi è contrariato visto che i nanerottoli tendono a farlo schiattare in 50 milioni di sfumature di modi diversi - la “marmellata di papà” è fatta: sono usato per accendere la console, inserire l’apposito disco e poi hanno imparato a liquidarmi con un “papà, proviamo noi e, se è difficile, provi tu”.
A “Ioscii lana” si può giocare solo in due.
Mentre su New York calavano le prime ombre della sera…

Come sulla New York di Nick Carter, così anche su casa mia, mentre cadono – facendosi anche male – le prime ombre della sera, posso indossare un’armatura potenziata d’assalto Mjolnir Mark VI e portare a termine Halo 5 Guardians a difficoltà “Leggendaria”: ogni episodio di Halo è ormai un rito, che diventa via via sempre più brutale, proporzionalmente al mio tempo disponibile e alla difficoltà “Leggendaria” che non fa tanti complimenti nel disporre del tuo avatar in cenere di pixel.

Esaurito il rito di Halo, la catarsi non è ancora completa. Ci vuole qualcosa per rallentare e ritornare nei panni del giocatore-mordi-e-per-forza-fuggi. Come un sarto che mette insieme gli scampoli di tessuto per tirarne fuori qualcosa di utile, voglio sfruttare questi scampoli di tempo con qualcosa rimasto “in sospeso”. Inizio a rovistare tra i cassetti dei ricordi di videogiochi “tosti” che volevo giocare, ma ho rimandato a un tempo più propizio (stessa tecnica delle sessioni d’esame posticipate all’Università…E relativo “fuori corso”).
Da recessi sondabili senza paura solo da un chierico di 30° livello o da uno Space Marine bibliotecario, spunta come la luna a Marechiaro un’orzata di ricordi e sensazioni che riportano al sapore rinfrescante e dolciastro di quella biancastra bevanda dall’aroma mandorlato in riarsi pomeriggi estivi in cui l’unico movimento possibile per un essere vivente, diverso dalla cicala, è un lieve movimento di dita e polso di una o ambedue le mani su un attrezzo noto (ad alcuni) come “joypad” o sull’accoppiata mouse-tastiera.
Un’astronave contro tantissime astronavi, un muro di mattoni e una pallina, una città che cresce e una civiltà che si espande, soldati del futuro in armatura e un labirinto di cunicoli inquietanti.
Leaving the things that are real behind
Leaving the things that you love from mind
All of the things that you learned from fears
Nothin’ is left for the years
Vecchi (video)giocattoli da mettere in soffitta? Per dare una risposta, devo provarli fosse anche che questa è per davvero l’ultima volta.
Tutti contro uno, uno contro tutti.
I passi mi portano davanti a un cassetto che non aprivo da un pò di tempo. le mie mani vi rovistano dentro, facendosi largo tra file ordinate di scatole quadrate di plastica. Nella mia testa appaiono due caratteri: X2. La doppia che ti giocavi al totocalcio, quando prevedevi una vittoria “fuori casa”, quella che ti dava il brivido del rischiare grosso perché – nonostante non ti fossi avvicinato neanche lontanamente al “tredici” – quando l’avresti fatto lo volevi fare pure “milionario”.
X2 è uno spara-tutto bidimensionale a scorrimento orizzontale e verticale: uno “shoot’em up dei bei vecchi tempi andati“, detto anche “shmup” seguendo questa mania angloacronima che imperversa nell engrrrish aziendale con i suoi “fyi”, “asap”,”thx”, “pls”…Ma lo sapete o non lo sapete questo benedetto inglese?

X2 , da alcuni noto come Project X-2, considerato l’erede spirituale di uno dei migliori “spara-tutto” su Amiga, Project X, prodotto dagli stessi sviluppatori inglesi, i Team17. Nei miei ricordi, X2 è la quintessenza della bastardaggine in pixel sotto forma di “spara-e-fuggi”.
Dopo il rango “leggendario” a Halo, mi sento pronto a fare capire – anni dopo – a X2 chi è che deve sparare e chi deve fuggire.
Continua a leggere la storia di come:
X2 sta agli spara-tutto come Doc (Terence Hill) ai film western.
“Dio perdona…io no!”

Onda sonora consigliata: Toys in the attic di Aerosmith
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