Dark Souls. Gutta cavat lapidem


“Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente” (Inferno: Canto III vv.1-3)

Gutta cavat lapidem. La goccia scava la roccia.

Questa non è una recensione, questo è un avvertimento: Dark Souls non perdona.

Dark Souls della giapponese From Software è il seguito spirituale di quella “brutta bestia” di Demon’s Souls, pubblicato in esclusiva per PlayStation 3 nel 2009 in terra nipponica e l’anno seguente in Europa. Questo nuovo capitolo, pubblicato anche per XBox 360, porta con sé lo stesso conflitto interiore del precedente: il desiderio di fissare il record mondiale di lancio del joypad dalla finestra e la fatale attrazione della sindrome del FUEPS (Faccio l’Ultima E Poi Smetto) con una buona dose di sadomasochismo.

Bastardo e senza pietà con il giocatore occasionale, autentica epifania per il cavaliere senza macchia e senza paura…di imparare dai propri errori.

L’errore rappresenta l’emergere di un problema, indica la necessità di attenzione e l’urgenza di trovare la soluzione. L’errore in Dark Souls è stimolo alla creatività, appartiene alla categoria degli errori “fertili”, che stimolano idee nuove e generano soluzioni. Non sempre quelle corrette. E la Ricerca riprende.

Come Sir Parsifal e il Santo Graal, un piccolo passo alla volta, Dark Souls regala al giocatore la possibilità di fare errori con conseguenze pesanti e, al contempo, illuminanti. È un regalo amaro. È frustrazione, è gratifica…e si mescolano continuamente in un mondo che confonde: una sensazione di essere liberi, che si tramuta nella consapevolezza di essere lasciati a noi stessi e al nostro (segnato) destino.

Un mondo denso, creature terribili, architetture incombenti, con momenti che rimarranno scolpiti nella memoria. Le ripetute morti sono solo il “soldo” per essere traghettati in uno dei migliori giochi di ruolo di questa generazione di console, Xbox 360 e PlayStation 3. Si muore con una frequenza che le statistiche delle morti del nostro avatar sono le stesse della Grande Peste di Londra. Ma ricordate: Gutta cavat lapidem. La goccia scava la roccia.

Dark Souls sbeffeggia bellamente l’attuale sistema dell’intrattenimento elettronico, dall’industria che produce al giocatore che consuma. Dark Souls si fa beffe del giocatore ormai narcotizzato da uno standard di “difficoltà” sempre più accomodante (e ruffiano) che è una benedizione per l’industria perchè il prodotto viene consumato più velocemente. Se ne infischia di ingraziarsi un potenziale consumatore come il “gamer” di vecchia data che vi scrive e che ha poco tempo a disposizione e vorrebbe arrivare legittimamente al “The End” (pago per vedere tutto lo spettacolo, non solo il primo tempo del film o il primo atto della pièce teatrale). Resta fedele alla prima “ricetta”, la espande e la migliora, senza scendere a compromessi per piacere a un maggiore numero di consumatori.

Interfaccia minimalista, quatro cose in croce (a sx) da portare e…pedalare, sciabolare, pedalare

Il sistema di combattimento, fulcro di tutta l’azione, è invariato rispetto a Demon’s Souls e non vi era motivo davvero di cambiare: gli impazienti e i pestatori di tasti non hanno nessuna possibilità.

Per costoro il consiglio spassionato è di non acquistare Dark Souls e, con i soldi risparmiati, acquistare una abbondante quantità di patatine, salatini e pop-corn da sgranocchiare davanti a uno dei tanti video del gioco presenti su YouTube. Il vostro fegato non la farà franca, patatine e salatini non perdonano, ma la bile sarà salva.

Dark Souls è per coloro che sono caduti nelle blandizie del sui direttore creativo, Hidetaka Miyazaki , proprio come i disperati pauperes al seguito di Pietro l’Eremita nella Prima Crociata: male armati e poco equipaggiati, hanno imbracciato scudo e joypad, animati dalla Fede che più è difficile l’impresa, più grande sarà la gloria e il bottino di gratifica.

Se i pauperes ignoravano quale fosse la forza del nemico, i giocatori di Dark Souls hanno la consapevolezza che anche i più infimi degli avversari possono essere letali.

Se ci si lascia prendere dall’ebbrezza della battaglia e del sangue, il sangue sarà il vostro e la scritta “You died” (Sei morto) apparirà tante di quelle volte che. chiudendo gli occhi di notte per addormentarvi, continuerete a vederla come quando fissate troppo a lungo il sole.

Il combattimento è una danza macabra: il ritmo calcolato, quasi lento rispetto ai combattimenti di tante altri universi video-ludici; parare gli attacchi richiede una determinazione priva della minima esitazione per poi essere pronti a sferrare uno o due colpi, ma non di più. Lasciatevi trascinare da “un altro colpo e lo finisco” e sarete voi a piombare nella polvere. You died.

Per scelta consapevole e fede videoreligiocosa, sono un giocatore monogamo , cioè quando gioco, siamo io e la console, sì insomma sono un convinto “single-player” e quindi non posso descrivere la componente multiplayer, che comunque fonti più autorevoli di questo blog e numerose concordano nell’essere stimolante e implementata intelligentemente, coerente con lo spirito di tutto il gioco.

Compare, metti sul fuoco le salsicce che ho un vinello rosso d’annata che fa risorge li mor…mejo de no, poi me tocca fa’ gli staordinari

Ciò che più mi stupisce è che l’approccio richiesto dagli autori per l’Anime scure de li mejo mort..cci loro (traduzione federalista e selvatica di Dark Souls) somiglia a quello necessario per un genere totalmente diverso, colonna portante delle origini dei videogiochi e ormai ridotto a una “nicchia”: gli sparatutto di vecchia scuola giapponese a scorrimento orizzontale o verticale.

In particolare, mi riporta in superficie le sensazioni di quando  giocavo a una vecchia gloria del Sega Megadrive: Thunderforce IV.

Era il 1992. Uno sparatutto con classica astronavina minuta, ma munita di ogni “optional” bellico, da pilotare attraverso uno scenario a scorrimento orizzontale, sparando all’impazzata a tutto ciò che venisse incontro. Muri di nemici, sciami di missili, un inferno di proiettili che da principio parevano impenetrabili, ma che venivano poi superati grazie a perseveranza e un’abilità via via crescente, frutto dall’imparare dai propri errori. Il gioco non barava, era leale. E letale. S’instaurava un legame basato sulla sfida tra due avversari che si rispettano. Avete giocato a “braccio di ferro”? Il braccio contro un altro, i muscoli vanno in tensione, sforzano, uno spinge, attacca, l’altro contrasta, contrattacca, un braccio finisce giù. Ha perso. Si ritirano su le braccia, dai si ricomnincia. E così in un’alternanza di caduche vittorie e cocenti sconfitte. Si smette solo a muscoli doloranti.

Il dolore più grande che mi lascerà Dark Souls è che doveva essere pubblicato nel 1992 quando avrei potutto dedicargli il tempo che merita per fargli capire chi è il padrone della console. Prevedo perciò funesti e ingloriosi presagi per il mio avatar: il cavaliere Sir RedBavon farà una pessima fine e figura. Mi affido al conforto e alla forza che solo la preghiera può dare. Allargo le braccia con i palmi rivolti verso l’alto, sia fatta la volontà di From Software, recitiamo la preghiera “Gloria Gaynor in excelsis Deo”:

You think I’d crumble – You think I’d lay down and die – Oh no, not I …
I will survive

Onda Sonora Consigliata: I Will Survive (Gloria Gaynor).

Dark Souls

Playstation 3 – Xbox 360

Sviluppato da: From Software

Pubblicato da: Namco Bandai

Distribuito in Europa: ottobre 2011

Genere: gioco di ruolo d’azione (“soulslike”)

Sito ufficiale

Dark Souls Wiki (in italiano)

5 pensieri su “Dark Souls. Gutta cavat lapidem

  1. Questa serie di considerazioni che ho ripetutamente letto e sentito prima di giocare alla serie Souls sono state il principale motivo per cui avevo deciso di non cimentarmi nella scoperta di questa serie.
    Già ancora prima di iniziare mi innervosivano tutti i post e foto riguardo al “lancio del joystick” e i progamer che si credevano dei dell’Olimpo soltanto per aver avuto il coraggio di affrontare il “gioco più difficile di sempre”.
    Non era tanto la paura della sfida, essendo io una persona paziente e poco irascibile, ma per la grandissima pubblicità che si faceva al gioco. Insomma, non volevo passare per la pro della situazione.
    La situazione è peggiorata quando ho avuto la possibilità di giocarci e, con mia grande sorpresa, ho constatato che il mio bagaglio di giochi di ruolo a qualcosa è servito: zero difficoltà. Mai un boss che mi facesse il c***, mai un punto snervante, mai una situazione da far invidia al cubo di Rubik. Niente di niente. E così passo anche io per dea dell’Olimpo, ma non me la sento di dire ciò che non rappresenti la realtà.

    Ogni volta che ripenso alla mia esperienza e leggo questo tipo di articoli mi fanno pensare a quanto grande possa essere il mondo del gaming, a quante possibilità la From Software ci abbia offerto e a quanti modi diversi ci siano di affrontare un videogioco. Ogni opinione è sempre importante e su Dark Souls ce ne sono davvero moltissime. Questo significa che ci troviamo davanti ad una serie immensa nel suo piccolo, una cosa abbastanza rara di questi tempi. E sicuramente ci regala molti xp una volta terminato un gioco.

    Mi sento di dire soltanto una cosa: il vero DS inizia quando provi ad ottenere l’Illusory Ring of the Conqueror e l’Illusory Ring of the Exalted. In questo caso mi associo al lancio del joystick.

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  2. Sacripante! Mi inchino a cotanta…serenità. Sicuramente alla critica e al marketing non è sembrato vero di avere tra le mani un prodotto che si differenziasse, fosse pure perché ti procura la scomunica da religioni e correnti religiose, sette e riti apocrifi, nonché l’ultimo dei culti animisti di una popolazione isolata e in via di estinzione. Diciamo che rientra tra le “motivazioni di vendita”. Il fatto è che tutta la serie, nella media attuale dei videogiochi e videogamer, ha bisogno di tempo e dedizione. Same old story che si applica anche a queste righe che sto scrivendo: scrivi post brevi perchè altrimenti nessuno legge…più di 3 righe in fila o 6 se procede di lettura selettiva. Legittimo, per carità. Ma a me non piace.
    Soul permette ogno tipo di approccio, ma si concede completamente solo a chi vi si dedica veramente. Sono d’accordo con te, non c’entrano le “divinità”, é un fatto prettamente umano…e in quanto mortale…prepare to die!
    Grazie davvero per un così dettagliato commento.

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