C’era una volta un ragazzo. A dire il vero c’era una volta e c’è anc-ora ora questo ragazzo, ma è creanza che quando si voglia raccontare una storia, ci si riferisca sempre al passato perché così appare più importante, dà un tocco di lontananza e di esotico, aggiunge un pizzico di magia e mistero. E diciamocelo pure tra noi due: se uno s’inventa le cose nel passato, è più difficile che scoprano che non dice il vero.
C’era questa volta – la storia inizia per davvero - un ragazzo: il suo nome era Zero.
Zero era un ragazzo…normale. Zero era gradevole alla vista, non un fustaccio, ma normalmente gradevole. Gradevole nei modi, gentile direbbero i più, ma in verità non era gentile, solo dimostrava affetto quando lo sentiva e non trattava affatto con chi non gli piaceva. Zero non aveva grilli per la testa (nemmeno i pidocchi), non aveva particolari ambizioni, non voleva diventare top-qualcosa, avere sotto-qualcuno, voleva vivere normalmente bene. Non si sa come ci fossero riusciti, ma il papà e la mamma gli avevano dato un nome che poi gli sarebbe calzato a pennello, neanche il nome gli fosse stato cucito addosso come un bel vestito da un bravo sarto. Un sarto speciale, un sarto di anime.