Segue da Ep.#34 – La partita di pallacanestro, Chiapas-Italia
13° día
Solite tarantelle al risveglio, aggravate dalla bisboccia della rimpatriata della sera prima.
Frank ci esorta a suon di “Grintosi!” come il pastore fa con i suoi armenti verso il pascolo: gli manca solo un cane da aizzarci contro, ma ho già raccontato della sua “inimicizia” con il genere canino e del “miracolo” avvenuto sulla spiaggia di Tulum in Ep.#11.
Diego risponde con il suo (ir)rituale “mavafanculo”.
Colazione allo zocalo con i tempi del barista-bradipo-in-letargo e siamo pronti per la seconda tappa prevista dal Jimmy-tour, che seguiamo diligentemente come il popolo ebraico rispetta la Torah: Parque nacional Cañón del Sumidero.

Una sessantina di chilometri, poco più di un’ora di viaggio da San Cristobal e siamo di fronte a una banchina gremita di turisti che fanno la fila per prendere posto in lunghe barche scoperte e con potenti motori fuoribordo, ormeggiate lungo la riva di un fiume dalle verdi acque, il fiume Grijalva.
Prendiamo posto nella barca, che può ospitare un numeroso gruppo di turisti. Ci fanno indossare un sobrio ed elegante giubbotto di salvataggio di colore rosa pallido. Come scopriremo di lì a poco, nel caso in cui dovessimo trovarci a mollo nelle acque del fiume, il problema non sarebbe tenerci a galla, ma la numerosa popolazione di coccodrilli.
Il motore romba e sfrecciamo lungo il fiume.

Il “barcaiolo”, di tanto in tanto, rallenta, ora vicino a una spiaggia per mostrarci dei coccodrilli intenti a prendere il sole; ora sotto una delle cascate e formazioni rocciose dalle forme più disparate grazie all’erosione dell’acqua; ora per mostrarci delle formazioni di stalagmiti. Alcuni uccelli incrociano la nostra rotta; i pellicani sbattono le ali e si allontanano a pelo d’acqua quando ci avviciniamo; sulle nostre teste – a un’altezza vertiginosa volteggia un’aquila. Si tratta della specie delle aquile arpie, ancora presenti nel Centro America tanto da essere nello stemma nazionale dello Stato di Panama.
L’acqua, scorrendo lungo le pareti, ha modellato la roccia nelle forme più varie: dal basso appaiono come delle scalinate naturali per l’acqua che vi discende senza lo squasso e il rombo delle cascate, formando invece dei giochi di rivoli, zampilli e salti che lasciano a bocca aperta.
Il contrasto tra le pareti a picco del canyon e il bacino artificiale esalta ancora di più la bellezza naturale appena lasciata alle spalle. Il tempo di invertire la rotta e la barca ripercorre al contrario il fiume fino al molo di attracco.
Il canyon del Sumidero può essere visitato anche dalla terraferma, vi è una strada che costeggia le pendici con numerosi miradores, ovvero punti panoramici (chi ne volesse un”assaggio” può leggere di un rocambolesco inseguimento in Batmancito Ep.#34 – Lycantropicarus).
I tentativi di esplorazione di questa faglia geologica risalente al Pleistocene sono stati molti fin dall’arrivo dei Conquistadores in Chiapas nel 1527.
Gli indigeni opposero più volte resistenza all’invasore. I chiapanecas si arroccarono nell’ultima roccaforte al peñón de Tepetchia, uno dei punti più alti del canyon del Sumidero. Nel 1534, ci fu un ultimo risolutivo scontro, la battaglia di Tepetchia, in cui i chiapanecas non poterono nulla contro la superiorità numerica e tecnologica della cavalleria e dell’artiglieria spagnola comandata da Diego de Mazariegos, aiutata anche da guerrieri di origine Mexica e guerrieri indigeni di etnie ostili ai chiapanecas. Di fronte all’impossibilità di sconfiggere gli invasori, i chiapanecas preferirono suicidarsi in massa lanciandosi nel fiume dall’alto del canyon.
Si narra che lo stesso comandante spagnolo ne fu così colpito che ordinò di cessare le ostilità e di soccorrere i superstiti. Questi ultimi fondarono la città di Chiapa de los Indios (oggi Chiapa de Corzo) in contrapposizione a Chiapa de los españoles (oggi San Cristobal de las Casas).
Le fonti storiche non sono certe, tanto che tale evento viene classificato come “leggenda”. Tuttavia, la memoria storica dei popoli indigeni costituisce una tradizione orale preziosa in quanto unica testimonianza diretta dei sentimenti dei popoli del Chiapas e di altri popoli americani prima della conquista, che ha segnato la fine della loro cultura. Ciò che rimane è per giunta filtrato da una visione del mondo, prima ispanica e poi della cultura occidentale.
Soltanto in epoca recente, nel 1960, l’esplorazione del canyon per i suoi venticinque chilometri di lunghezza è stata portata a compimento.
I tentativi precedenti si sono fermati a esplorazioni molto parziali e alcune sono finite tragicamente per i temerari esploratori.
Ritornati a San Cristobal, dopo le rituali abluzioni, trucco e barba-trucco con i soliti ritmi da bradipo narcolettico, decidiamo di sperimentare un locale nei pressi dell’albergo, la Casa del Pan.
Si rivela essere una scelta azzeccata con un menu salutare a base di zuppe e una cucina che oggi definiremmo “slow food”. In una cornice semplice e assai curata, in un’atmosfera rilassata alla luce soffusa consumiamo un pasto assai soddisfacente.
Unico appunto è che l’elegante sobrietà del luogo ci trattiene dal tirare fuori il mazzo di carte per l’ennesimo giro di scopone scientifico. Durante le nostre partite non siamo certo dei lord inglesi.
Siamo così soddisfatti che decidiamo l’indomani mattina di tornarci per la colazione. D’altronde il nome, la Casa del Pan, è garanzia di una colazione più ortodossa delle nostre consuete a base di di sandwich de pollo e, perfino, un terrificante ibrido “tex-mex” a base di carne alla pizzaiola.
L’indomani sarà l’ultimo giorno nella splendida San Cristobal: la mattinata sarà dedicata ai due mercati, quello turistico e quello locale, e alle 16:35 dobbiamo essere alla stazione delle corriere per il “tappone” ovvero la nostra trans-messicana che, in un unico, ininterrotto viaggio di circa diciannove ore, ci porterà dal Chiapas fino alla punta più a nord dello Yucatan per poi imbarcarci e raggiungere Isla Mujeres.
E chi non viene con noi per mercati a San Cristobal, si sporga incautamente dalla barca durante la navigazione del fiume Grijalva, cadendovi dentro senza che il barcaiolo e i restanti occupanti si accorgano di nulla. Buona nuotata verso la sponda più vicina e…in bocca al coccodrillo!
Bello ed interessante 😀 😀 😀
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Non sai quanto mi fa piacere avere letto la parola “interessante”. Quando inserisco nel racconto del viaggio dei cenni storici sento forte il rischio di essere pedante e distrarre il lettore con quelli che possono sembrare degli “orpelli” di vanesia saccenteria spiluccata dal web. È invece il mio modo di leggere il viaggio, di riviverlo a posteriori con maggiore consapevolezza e arricchirlo anche se è trascorso tanto tempo. Ho scoperto poi che è un bel rinvigorente della memoria: ne fissa e fortifica il ricordo, che inevitabilmente con il tempo tende a sbiadire.
Perciò è più forte del timore di annoiare (peccato mortale per chi scrive) e non riesco a non inserire questi cenni storici.
Grazie Pup per questa bella pacca sulla spalla!
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Sempre pronto !!!! 😀
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Molto bello il motivo per cui quel canyon è importante. Mi sono davvero divertito a leggere questo articolo.
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evviva! emozionante la gita nel canyon del Sumidero ma pensavo di soffrire l’afa invece devo guardarmi dai coccodrilli che pasteggiano a turisti.
Ho sentito poco l’afflato dell’avventura ma forse non c’era.
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Avventura? No per nulla. Luogo selvaggio e apparentemente inespugnabile alla Natura fino al 1960. Oggi è perfettamente attrezzato turisticamente quindi di “avventura” non c’è minima traccia.
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niente avventura…solo semplice gita turistica in barca…
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Non ti facevo così avventuroso… Brav’! Ma una domanda mi si ripropone, come la peperonata: ma come fai a ricordarti tutti i dettagli? inclusi i nomi poi 😮
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We we Tony!!!! Al di là del fatto che il viaggio è stato talmente bello e il mio primo viaggio senza genitori al di fuori della Vecchia Europa (e già questo è un potente fissante), ho scritto (quasi) tutto in un mio quaderno e Francesco ha contribuito scrivendo in un blocco-note e alcuni fogli “volanti”. Ho conservato tutto, anche alcuni biglietti di viaggio per cui la “ricostruzione” è stata agevolata anche in alcuni dettagli.
Come puoi notare questo è l’episodio 35 e il mio diario è dettagliato fino a Palenque dove si interrompe. Grazie al blocco-note di Francesco sono riuscito a ricostruire anche i “buchi” grazie al fatto che mi ha risvegliato dei ricorsi sopiti, facendo affiorare anche dei dettagli che sembrava avessi perso. In poche partile: è stato un viaggio indimenticabile. Per davvero.
PS: che bello rivederti da queste parti. Ci si becca presto!
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Io ci sono venuto molto volentieri al Sumidero, anche perchè non ci sono mai stato. E debbo dire che andarci con te è stata una gran cosa.
muchas gracias, compadre!
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Oh che bello! Non sai quanto mi faccia piacere questo commento visto che tu il Messico lo hai rivoltato come un calzino! Piacere mio di avertelo fatto “visitare”, compadre!
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E’il Messico ad avermi rivoltato come un calzino, compadre
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Hai ragione, ha fatto altrettanto con me. Ho qui le prove.
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