Piccole storie di soldati piccoli Ep.#3


Non molto tempo fa, in una galassia lontana lontana…

Accademia degli Jedi.

Luke: “Maestro Yoda, questi due signori hanno sporto reclamo…”

Yoda: “No! Reclamare no! Soddisfatti o rimborsati! Non c’è reclamare! Molto da apprendere ancora tu hai.”.

Luke:“Con rispetto parlando, Maestro, ma questa storia l’ho già sentita tante di quelle volte! Qualcosa l’avrò pure imparata dopo che ho distrutto due Death Star e all’Imperatore gli ho fatto ‘ciao ciao’ con la manina. Ehm con la sinistra, che la destra mi cigola da quel duello con il babbo …”.

Yoda:“Vecchio sono, malato diventato, debole e vecchio. Più di novecento anni di età, ma rincoglionito ancora non sono. Nebuloso è il futuro di questo ragazzo.”.

Luke:“Trovo insopportabile la tua mancanza di fede.”.

Yoda: “Tale padre, tale figlio. Allora – sbuffa spazientito – quale è questo  reclamo?”.

Luke:“Questi due signori vogliono indietro i crediti che hanno pagato per il corso di Master Jedi. Sul depliant informativo, tra il materiale compreso nel prezzo, c’è scritto ‘una spada laser inclusa (vari colori disponibili)’…e invece gli è stato consegnato questo arnese qui: un joystick.”.

Si avvicina all’orecchio di Yoda e, abbassando il tono della voce per non essere udito dai due aspiranti jedi, sussurra: “Peraltro – a occhio e croce – mi pare pure uno dei primissimi modelli dell’Atari VCS…non proprio tecnologia moderna eh?”

Yoda resta immobile e in silenzio per alcuni lunghissimi minuti.

I due clienti insoddisfatti si guardano tra loro e poi, insieme, lanciano un’occhiata a Luke tra l’interrogativo e lo spazientito come per dire:”Embè? Al vecchietto verdastro gli è presa una paresi?!?”.

Con i palmi di entrambe le mani rivolti verso il basso in un gesto che invita alla calma, a bassa voce per non interrompere la concentrazione del Maestro, Luke li rassicura: “Tranquilli, ora sistemiamo tutto. Carbura lentamente, capite l’età e – avete sentito come parla? – ha una forma di dislessia, però vi assicuro che il nonnino è un tipetto sveglio. Qualche attimo di pazienza e risolviamo tutto…”

Yoda, pensieroso, si avvicina al joystick, lo squadra da ogni parte e, dopo alcuni pesati sguardi, dà alcuni colpetti alla leva con il piccolo bastone con cui si aiuta a camminare. Evidentemente appagato, si appoggia con entrambe le mani sul suo bastone, chiude gli occhi e il viso si contrae in un’espressione di solenne concentrazione: alza un braccio davanti a sé con il palmo rivolto verso il joystick e…la leva inizia a muoversi da sola in tutte le possibili direzioni.

Riapre gli occhi e annuisce soddisfatto. Si avvicina nuovamente al joystick e con il bastone pigia ripetutamente uno dei pulsanti sulla base. Annuisce compiaciuto e fa altrettanto sull’altro pulsante.

Fa quindi un paio di passi indietro, guarda Luke e lo fissa per qualche attimo. Luke gli ritorna lo stesso sguardo carico di tensione dell’imputato che attende il verdetto. Le grandi orecchie del Maestro si piegano verso il basso lentamente, seguite dal suo sguardo verso terra. Ancora con il capo chino, Yoda emette un appena percettibile sbuffo seguito da una rapida successione di colpi di un’estremità del bastone sul pavimento.

Infine il Maestro interrompe il silenzio che sta creando più di un imbarazzo a Luke.

Yoda: “Sempre due ci sono… Né più, né meno.”.

Luke: “Certo,  ricordo bene il tuo insegnamento. Sempre due sono: un Maestro e un Apprendista.”.

Yoda: “No! – agita il bastone davanti a sé puntandolo in modo minaccioso verso Luke – No! Sempre due ci sono: i  joystick di una console io dico. Ai videogiochi anche giocare da solo puoi, ma la Forza scorre potente se giochi in due. Due joystick servono. Né più, né meno.”.

Luke prova a ribattere, ma il Maestro non gli dà il tempo. Yoda si rivolge ai due allievi e, allargando le braccia in segno di accoglimento, con un largo sorriso esclama:

“E sia! Due joystick, sempre due ci sono. Darò istruzioni affinché riceviate il secondo joystick e, per scusarci del disagio, in omaggio anche due pile al plutonio così non più preoccuparvi della ricarica dovrete. Che la Forza sia con voi!”.

Sicuro di avere risolto per il meglio la situazione, senza attendere il ringraziamento da parte dei due allievi, Yoda si volta e fa per allontanarsi. Luke lo ferma:

Luke: “Maestro Yoda, forse non hai inteso bene: i signori non vogliono i joystick…”.

Yoda si volta indietro, sul volto un’evidente espressione incredula e sbigottita come se gli avessero detto che il suo caro amico Han Solo è morto trafitto dalla spada laser del suo stesso figlio Ben. Alza le braccia al cielo e le rilascia cadere pesantemente lungo i fianchi, una, due, tre volte. Agita il bastone in direzione di Luke, sta per dirgli qualcosa, le labbra si contraggono in una smorfia, poi si trattiene e desiste.

Si rivolge ai due petulanti aspiranti jedi, che a questo punto possono aspirare al massimo a entrare tra i ranghi dell’esercito dei Cloni come aiuto-cuochi, e sbotta:

“E perché? Perché i joystick voi non volete? Non vi piacciono i videogiochi?!?”

I due allievi sono colti di sorpresa dalla domanda evidentemente retorica e accennano a una reazione:

“Veramente, noi…”

Yoda: “Oscuro è l’approdo a cui questa teoria conduce. Grande cautela noi dobbiamo avere.”.

I due ammutoliscono e il loro sguardo rimbalza impazzito tra Luke e il Maestro come un colpo sparato da un folgoratore tra le pareti di uno schiacciatore di rifiuti.  Luke è imbarazzato quanto attonito, inizia a balbettare un “Cosa c’entrano i joys…“, non termina la frase, farfuglia un semi-indistinto “spade laser” seguito da un biascicato “Maestro“, poi abbandona le braccia lungo i fianchi in un gesto di resa incondizionata, sillabando distintamente:

“Non posso crederci.”.

Yoda: “Ecco perché hai fallito!”.

Fa un cenno di rapido saluto ai due allievi e con un secco movimento del bastone indica a Luke di seguirlo. Il gesto è perentorio.

Si allontanano camminando l’uno di fianco all’altro: Luke, schiena e testa china in avanti, come il bimbo in attesa della lavata di testa; Yoda cammina scandendo ogni passo in sincrono con il suono del bastone a terra.

Toc, toc, toc, toc, toc… 

Yoda: “Luke, sai perché l’Impero ha perso?”

Luke avrebbe più di una risposta e potrebbe argomentare con dovizia di particolari, ma, date le circostanze, sceglie saggiamente di rispondere:

“No, Maestro.”.

Yoda: “Perché L’Imperatore Palpatine imbroccata mai una ne ha. Nemmeno un ambo al Galaxy Bingo!  Mio giovane Luke, ricordi che ti disse?”

Luke: “Sì, perfettamente. Ero con babbo. Babbo gongolava. Mi disse queste parole: ‘E di te, giovane Skywalker, osserveremo la carriera con grande interesse.'”.

Yoda fa un sorriso largo da un orecchio all’altro e ridacchiando aggiunge:

“Una grande carriera aveva visto per te – eh eh eh – certo, come no? Nemmeno un reclamo gestire tu sai. Palpatine già non ne azzeccava una di suo, il Lato Oscuro la vista non aiutava…Ah ah ah, mio giovane Skywalker, se tu al Lato Oscuro passato saresti, un solo Ewok ubriaco per sbaragliare l’Impero sarebbe bastato!”.

Ringraziamenti:  la realizzazione di questa storia è stata resa possibile grazie ai miei due nani di sei anni e mezzo, che hanno fornito i pupazzielli e i blocchetti LEGO per il joystick, che sono riuscito a mettere miracolosamente insieme con le mie stesse mani.

Per chi si fosse perso i due episodi precedenti e non ci dormisse la notte:

19 pensieri su “Piccole storie di soldati piccoli Ep.#3

    1. E’ una space soap-opera ma pure sempre una soap-opera e, da Dallas, passando per Dinasty, da Beautiful a – ora la sparo grossa – Un Posto al Sole, c’è sempre un gran mischione di padri, figli, madri, figlie, nipoti, zii….Rapporti complicati e intricati, che poi alla fine perdi il filo o ci rimani con un palmo di naso quando vieni a sapere che “IO sono TUO padre!”.
      Ho voluto riappropriarmi del senso della famiglia stellare.

      SCOOP:
      Gionni, ti svelo un dietro le quinte noto solo agli jedi (quindi proprio pochi, pochi eh).
      Dopo che Luke e Yoda si sono allontanati, la fine non è esattamente andata così.
      Pare che alla fine della ramanzina Yoda abbia fermato Luke, allargato le braccia e pronunciato queste parole esatte:
      “Luke, vieni a te piglià o’perdono!”.

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    1. Da quando li tirò fuorì George Lucas io li chiamo minCHIclorian! Questo ne sono gli effetti veri, altro che Anakin figlio dello stellare spirito santo!
      Un tremito nella Forza tu senti eh?
      Anche io.
      Ho sentito come una perturbazione nella Forza, come se milioni di persone avessero mangiato una quantità smodata di fagioli. Temo sia accaduta una cosa terribile. 🙂

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        1. E allora se hai apprezzato questo siparietto, mio tentativo di ironizzare sul tema bellico (“buttarla in caciara”, detto più efficacemente alla romana), vuole dire che qualche sprazzo comico c’è! Il testo è zeppo di citazioni di vari film di Star Wars, un vero e proprio patchwork adattato alla storia bislacca che mi è spuntata quando ho messo insieme i pupazzielli (gentilmente forniti dai nani) e costruito con le mie mani (incredibile!) il joystick con i LEGO (sempre offerti dai nani).
          Se non sei un appassionata di Star Wars, potrebbe perdere molta parte dell’ironia che ho provato a infilarci. Quindi funziona anche senza, il che mi rende felice come gli Ewok che ballano alla fine del Ritorno dello Jedi! Ahem…
          Ora che mi fai pensare, devo inserire a fine post un ringraziamento per il materiale messo a disposizione dai miei due nani.

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    1. Sono contento. Il cambio di scenario e le citazioni possono risultare indigeste a chi non è un conoscitore di Star Wars, come commentavo con cuoreruotante. Lo spirito è traghettato dal 1800 a una data astrale indefinita nel futuro. La Forza scorre potente in questi soldatini. Mi piace chiamarli come usavo da bimbo. La “serie” allora continuerà (materiali dei nani permettendo)
      Grazie per il tuo solito supporto!

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    1. Grazie Mariluf! Hai colto nel segno: una linea di lettura bella nascosta.
      Il mio Yoda – diciamolo – un po’ rincitrullito e per nulla scalfito da “perturbazioni della Forza” che vengono da attori e situazioni esterne al suo normale “pensare” è lo specchio del mio invecchiare, della mia età, che quest’anno arriva ai 50. Il continuo doversi “aggiornare” non tanto al lavoro (che è tassativo), ma nelle cose di tutti i giorni (con i miei due nani). Parlo chiaramente di un aggiornamento del nostro pensare, agire, sentire; di adeguarsi ai tempi che mutano.
      Ho deciso di prendermi un po’ in giro, di mettermi nei panni del buon vecchio nonno verdastro.
      E hai ragione: ridendo sulla nostra età e non lamentandosi, si rimane giovani di spirito. Si guarda avanti.

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