Videogiochi nei film: i miei 10 film, dalle stelle alle stalle.


Nel bene e nel male, i videogiochi esistono ormai da più di mezzo secolo e hanno compiuto balzi in avanti inconcepibili all’epoca in cui sono apparsi per la prima volta.

L’anno scorso, la console Atari 2600 (nota anche come Atari VCS) ha compiuto il suo quarantesimo anniversario e Spacewar!, uno dei primi videogiochi della Storia e accreditato come importante influenzatore di tutta l’industria, ha compiuto cinquantacinque anni; quest’anno Space Invaders, la nostra prima volta combattuta in prima persona contro l’invasione aliena, compie quaranta anni.

Nel 2017 sono stimati 2,2 miliardi di videogiocatori in tutto il mondo, che generano un fatturato di 108,9 miliardi di dollari (fonte: NewZoo) con una crescita del 7,8% rispetto all’anno precedente. Il segmento più remunerativo è quello dei dispositivi mobili (smartphone e tablet), pari al 42% del mercato, e cresce sull’anno precedente con un tasso a doppia cifra (19%).

Il mercato dell’Europa Occidentale (ottobre 2017, fonte: Newzoo)

L’ultima opera cinematografica di Steven Spielberg, Ready Player One è una celebrazione dei film, dei videogiochi e degli hobby che hanno accompagnato diverse generazioni, in particolare la Generazione X, ovvero i nati tra il 1960 e il 1980. Sei tra i ragazzi cresciuti con i primi giochi Atari? Conosci l’”Easter Egg” nascosto in Adventure? Ready Player One è rivolto a te.

Ready Player One è rivolto tanto alle vecchie cariatidi del videogioco come me quanto a chiunque sia un videogiocatore oggi. Tutti gli altri vi troveranno un tripudio di riferimenti dai film alla musica di quegli anni: dalla A (A-ha) alla Z (Robert Zemeckis).

Ma Ready Player One è solo l’ultimo arrivato di un buon numero di film che hanno rappresentato i videogiochi sul grande schermo.

Non intendo i film ispirati ai videogiochi. Fino a oggi, infatti, i film decenti basati su un videogioco si contano sulle dita di una mano. La serie Lara Croft: Tomb Raider, Doom, Mortal Kombat, Prince of Persia: The Sands of Time, Super Mario Bros., la serie Resident Evil, Street Fighter – Sfida finale sono stati tutti oggetto di derisione da parte degli stessi videogiocatori. Pochi sono quelli degni di nota: Warcraft, Silent Hill e la serie Final Fantasy.

Molto più interessanti sono i film in cui i videogiochi giocano un ruolo importante nella trama.

Nightmares (1983)

Facciamo un balzo indietro nel tempo: l’Età d’oro dei videogiochi arcade, quando attendevamo il nostro turno per giocare a Space Invaders (1977), ad Asteroids o Lunar Lander (1978), a Pac-Man o Battlezone (1980), a Donkey Kong o Scramble (1981), a Dig Dug o Pole Position (1982), a Dragon’s LairTrack & Field (1983).

Un periodo in cui ci siamo battuti con i nostri amici, non in un cortile o in un prato, non a casa sui nostri computer e su una PlayStation: inserivamo una moneta o un gettone nella fessura del cabinato per percorrere pericolosi labirinti, sterminare alieni, stabilire il giro più veloce solo per scrivere le nostre iniziali, al massimo di tre lettere, su un uno schermo tra i tanti disposti nella sala-giochi. Le sale-giochi nel 1981 erano proprio così (credits to Andy Hofle):

Le sale-giochi erano detestate dai nostri genitori: nella perenne semi-oscurità illuminata a sprazzi dai bagliori degli schermi a tubo catodico, maleodoranti di cicche di sigarette e sudore, immerse in una cacofonia impazzita di suoni bitonali, rumore di fondo del chiacchiericcio e il levarsi improvviso di grida di gioia o di rabbia. Presenza immancabile: quel ragazzo, sempre lo stesso, che andava in giro chiedendo a tutti senza vergogna T’avanza una moneta?“. Ma per quelli di noi che volevano essere proprio lì, era un’atmosfera unica, fatalmente attraente.

Mentre imperversava la febbre di Pac-Man, i genitori (e la stampa) iniziarono a preoccuparsi per i propri figli individuando nei videogiochi un corruttore della gioventù, che sprecava il suo tempo in questi luoghi rumorosi un un’attività senza senso e senza scopo. Fu allora che i videogiochi iniziarono a essere percepiti come un “nemico pubblico”. A giudicare dalle ondate censorie e di condanna che periodicamente aizzano giornalisti poco informati, crociati delle Associazioni di genitori e qualche bizzoco parlamentare, il (pre)giudizio sui videogiochi non è molto cambiato (leggi: Videogiochi, nemico pubblico?).

Da allora anche i produttori cinematografici, gli sceneggiatori e i registi hanno iniziato a considerare i videogiochi e a immaginare le conseguenze che avrebbero avuto sulla società.

WarGames (1983)

Un elenco esaustivo dei film in cui i videogiochi hanno un ruolo centrale nella trama è presente sull’onniscente Wikipedia. La mia Seleçao è differente.

Il criterio di selezione è basato  sul primo impatto che i videogiochi ebbero sul cinema e include i film tra il 1973 e il 1990. A esclusione di Tron (1982), che inaugura il genere, e Brainstorm – Generazione elettronica (1983), a partire dagli Anni Novanta il tema video-ludico assume una nuova forma e ispira nuovi universi narrativi: la realtà virtuale.

Box Office Mojo, il più importante sito che riporta i risultati al botteghino in tutto il mondo, infatti, classifica i film riconducibili al tema “videogioco” in due categorie:

  • Video Game Adaptationovvero i film tratti dai videogiochi. Fino a oggi se ne contano 42 e 4 sono in preparazione: Rampage entro il 2018, Detective Pikachu e Minecraft previsti per il 2019 e, annunciato senza data, Uncharted, ispirato al best seller Sony PlayStation, il cui protagonista Nathan Drake è il concorrente di Lara Croft. Aumentano i titoli, ma non prevedo un’inversione di tendenza nella qualità.
  • Virtual Reality ovvero i film in cui l’universo sembra un “videogioco”, in cui l’elemento centrale è la realtà virtuale. Sono solo 20 titoli tra cui spiccano Tron, la serie The Matrix, Johnny Mnemonic, Strange Days, Il Taglaerbe e Ready Player One.

Mi interessa cogliere il principio della “mania che ha sconvolto le nostre vite e ha cambiato il mondo” (cit Steven L. Kent, nel libro The Ultimate History of Videogames), perciò la mia selezione è concentrata tra il 1973 e il 1990 e si distingue in due gruppi.

Nel primo gruppo sono presenti i film in cui appaiono i videogiochi per la prima volta e per cui non bestemmierete per il tempo impiegato a vederli: in alcuni i videogiochi vi appaiono come cammeo, in altri hanno un ruolo rilevante.

Il secondo gruppo è un ottimo esempio del perché a volte dovremmo lasciare certi ricordi dell’infanzia alle nostre spalle e sotterrarli sotto qualche metro di terra e versarci sopra una colata di cemento armato.

Incapace di stilare anche la lista della spesa, non riesco a fare un elenco senza poi scriverci intorno qualche riga, perciò questa pagina diventa l’indice cui collegherò con un link i post sui singoli film. Non recensioni, ma piccoli cammeo in cui appaiono i videogiochi, dopo un accenno alla trama.

La linea editoriale di questo blog è “non c’è linea editoriale”, quindi nel rispetto della linea editoriale, i post verranno pubblicati con una periodicità decisa da un lancio del dado a venti facce e l’applicazione di modificatori, secondo il regolamento del GDR più antico del mondo: Vita Quotidiana.

Il primo appuntamento è quindi con il primo film in cui appare un videogioco:

2022: i sopravvissuti (titolo originale: Soylent Green).

Era il 1973.

A breve, a voi piacendo, su questi schermi.

69 pensieri su “Videogiochi nei film: i miei 10 film, dalle stelle alle stalle.

  1. Concordo su Silent Hill, invece FF e Warcraft non li ho visti.
    Fantastico l’audio!
    Rampage non lo voglio guardare neanche per sbaglio!
    Comunque molti non li ho mai sentiti nominare, non vedo l’ora per i prossimi articoli e ovviamente mi troverai qui a commentare.

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    1. Rampage vade retro! +++ (sono crocifissi).
      Molti film non li conosci per via dell’età e alcuni per via di una distribuzione che in certi casi ci ha fatto un piacere a latitare. A parte i film più noti, il tubo a U e altre fonti in Rete ci permettono comunque di goderne o di trasalire a seconda dei casi.
      Grazie per essere sempre…in prima fila.

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  2. Scopro di far parte della Generazione X, essendo io del ’74, ma non sono crescuito con l’Atari e ignoro l’Easter Egg di Adventure, quindi teoricamente sarei tagliato fuori dal campione a cui ti rivolgi. Invece per quanto io fossi schiappa ai videogiochi sono uno spettatore attento sin da che ho memoria, quindi ricordo bene i film che citi e all’epoca mi ci sono parecchio fomenato. Sono abbastanza sicuro che negli anni Ottanta il mio sogno segreto fosse di vivere un’avventura come quella di “Giochi stellari” ^_^
    Esula dal tuo range, ma ti segnalo “L’ultimo contratto” (Grosse Pointe Blank, 1997) dove l’assassino di professione John Cusack deve sfuggire a un altro assassino che lo vuole morto – interpretato dal mitico Benny “The Jet” Urquidez, campione marziale passato poi al cinema – e in una scena i due si affrontano sparandosi e distruggendo un negozio… all’insaputa del gestore, tutto preso a giocare al suo cabinato di “Doom 2”!
    “2022: i sopravvissuti” è un pezzo del mio cuore. Lo vidi ragazzino in TV e mi colpì profondamente, quindi attendo con ansia il tuo post.
    “Johnny Mnemonic” proprio non ce lo vedo abbinato al mondo della realtà virtuale, così come “Strange Days” è proprio tirato per i capelli. Sulla realtà virtuale hanno girato molto più di venti film, direi, ma tocca vedere cosa si intende: in fondo anche Max Headroom in fondo è realtà virtuale 😀

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      1. Ao’ mica volemo fa’ a succursale de Villa Arzilla?!? 😂 le nuove generazioni avranno i loro ‘feticci’ e a me un po’ dispiace esserne tirato fuori. Proprio per una curiosità puttana che ho dentro. A volte leggo anche certi tuoi post o quelli di Ricky o di Moz e non ho le vostre stesse sensazioni. Ogni età ha i suoi ‘feticci’. Basta non fare dell’età un “feticcio’. E adesso lo confesso: io, i Cavalieri dello Zodiaco non li ho mai visti e non ne ho nemmeno intenzione di iniziare a vederli.😂

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        1. Su questo siamo fratelli, visto che neanch’io ho mai avuto la curiosità di vedere un solo episodio dei Cavalieri, essendo questi arrivati fuori tempo massimo per i miei gusti animati.
          Anche all’interno delle generazioni ci sono parecchie differenze. Ho un amico nato il mio stesso anno: siamo cresciuti a 200 metri di distanza ma siamo due persone profondamente diverse, con ricordi del “passato” quasi agli antipodi!
          In questi giorni ho sfogliato “Art of Atari” della Dynamite, un volumone con le illustrazioni di copertina dei giochi d’annata: disegni meravigliosi con affiancata una schermata del gioco… con in pratica due pixel totali! La discrepanza fra copertina e contenuto era leggermente abissale 😛

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          1. Il libro è nella mia lista da un po’, anche se il taglio è prettamente illustrativo e do’ la priorità a libri con qualche contenuto in più. Tra queste pagine trovi un libro similare, ma molto più ricco di contenuti sul Super Famicom (Super Nontendo). Meraviglioso anche per il non-videogiocatore che ami l’arte del disegno e della grafica. Sono sicuro ti piacerebbe.

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        2. Io mi sento arrivato nel limite massimo, se fossi nato prima sarei stato più contento (i miei ci hanno messo 5 anni dopo il matrimonio per avere un figlio ed erano pure vecchi confronto ai coetanei, papà 29 e mamma 26, mi dice sempre che era in imbarazzo all’ospedale con le altre mamme in attesa), tanto che mi sono sempre rapportato bene con quelli nati a metà anni 70 (con loro stupore), se fossi nato dopo avrei rosicato!
          Riguardo i Cavalieri è solo perché sono arrivati all’età giusta, oggi non li riguarderei mai. Poco prima dei 20 ho letto il manga a fatica.

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    1. Giochi Stellari e L’ultimo contratto a me sono piaciuti. Il primo ero giovane e quindi per i tuoi stessi motivi; il secondo l’ho visto di recente.
      Non ricordavo il cammeo del cabinato e poi di Doom 2 che pensavo fosse solo su PC e varie piattaforme casalinghe. Andrò a cercarlo. Johnny Mnemonic e Strange Days in effetti rientrano nel tema “realtà virtuale” e, anche se le classificazioni sono sempre parziali, quella di Box Mojo è autorevole visto che a livello mondiale è riconosciuta come il riferimento dei dati di botteghino. È’ una società di Imbd, che è un riferimento anch’esso del cinema, che sicuramente conosci.
      Ti dirò che mi sarei aspettato di trovarvi Inception e invece non c’è. Ho mediato varie classificazioni (da Wikipedia a Box Mojo) per individuare un perimetro personale di ricerca su un aspetto specifico.
      Max Headroom, che vai a tirare fuori! Lo ricordo benissimo e oggi fa sorridere ed essere contenti che si è andati avanti.

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      1. La mojo la conosco, sfoglio sempre i suoi dati su IMDb, ma le etichette al cinema servono solo a far litigare i fan: non ne esistono due che concordino su una qualsiasi etichetta 😀
        Mi fa sorridere che “Blade Runner” sia universalmente considerato cyberpunk – sebbene sia uscito al cinema due anni prima della nascita di un movimento esclusivamente letterario con cui non ha la benché minima somiglianza – mentre “Johnny Mnemonic”, tratto dal racconto cyberpunk di Gibson e quindi con diritto di essere annesso al genere, finisca i tutt’altra categoria, anche qui senza averne la benché minima somiglianza. Per questo non ho alcuna fiducia nelle etichette e non riconosco alcuna autorialità a siti che o seguono i fan (e quindi sparano a casaccio) o sono autoreferenziali.

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        1. Non intendevo dire che le classificazioni siano da prendere come “oro colato” in quanto generate da siti “autorevoli” (nel senso di affidabili perché presenti in Rete da molto tempo e molto consultati). Tuttavia sono un punto di partenza per crearsi i propri riferimenti e il calcio d’inizio di un tema, personalizzandone la trattazione.
          Perciò ho impiegato varie righe di testo per citare riferimenti comunemente considerati in cui non mi riconosco. Potenzialmente esistono “classificazioni” diverse per ogni individuo, mandando a farsi benedire il concetto di “classidicazione” o “genere”. Nella musica è ancora più evidente non solo per motivi legati alle preferenze personali, ma anche perché molti generi sono fusi, mischiati (ed è anche un bene).

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  3. Liza

    …perche’ lo fai 😢😢😢😢
    Che certe cose lo sai mi commuovono … ho avuto uno zilione di flshback in o,3 secondi di una spensierata e non piu’ giovane me…. 😭😭😭😭😭😭😭😭😭😭

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  4. Come ho detto più volte, non ho mai giocato a un videogioco in vita mia. Però ammetto di aver subito il fascino sia delle ambientazioni del film “Silent Hill”, sia, e soprattutto, di quelle de “L’autre monde” (2010), film che non vedo nelle liste del post.

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    1. Non conosco il film francese che citi e la curiosità mi sta divorando. Mi informo e poi ritorno da te.
      SH è un raro caso di film ispirato a un videogioco che funziona per lo più grazie al lavoro originale di caratterizzazione delle creature dell’incubo e art design nel videogioco. Il film espande e amplifica la resa visiva, considerate anche le risorse utilizzabili su una PlayStation (e neanche utilizzate al meglio). Sull’atmosfera, secondo me, pecca dei cliché dei film dell’horror orientale. In definitiva un film godibile, che beneficia della sorpresa di essere un film tratto da un videogioco, normalmente associato (a ragione) a un prodotto che al massimo rientra nei B-movie, quelli brutti.

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    1. Sigla di Conan o almeno lo chiamavo così il cartone animato giapponese che aveva come protagonista questo ragazzino primitivo.
      RPO non l’ho letto per le solite questioni di debito di libri comprati e non ancora letti e perché, prima dell’uscita del film, era introvabile in italiano. È nella lista insieme a un altro paio di libri che pure mi hai consigliato. Riesco a trovare la concentrazione per leggere solo d’estate e per il resto leggo molto sulla Rete e provo anche s scrivere 😜. La notte o leggo un libro (e mi addormento dopo 5 pagine) o scrivo le mie baggianate e fantasticherie;una delle due cose e preferisco la seconda.

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    1. Più bello il gioco, almeno all’epoca della sua pubblicazione. Infinitamente meglio il gioco, anche se tecnicamente non era un capolavoro.
      MK confrontato con quella ciofeca inguardabile di SF, è guardabile come adattamento per un fan della serie. Come film è, a mio parere, senza senso, trascurabile. Se voglio vedere una bella scazzottata vado di Bruce Lee tutta la vita.

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  5. rikynova83

    Ammetto di essere molto ignorante relativamente al tema “film con protagonisti videogiocatori e videogiochi”, ma l’elenco dei film ‘trash’ ha attirato la mia attenzione con un paio di titoli. Soprattutto Nightmares-incubi 🙂

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    1. E fai bene perché il trash nei film con i videogiochi in mezzo è a livelli altissimi. In alcuni casi, insopportabili. Ne ho scartati alcuni davvero sprechi di celluloide. Ti consiglio di munirti di pop-corn e bevanda a tuo piacimento in formato Maxi+ruttolibero quando vedrai apparire il post sul film “Joysticks”. Pazienta che per quel poco che ho visto, mi mancano le parole.

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    1. Credimi Moz, sarebbe meglio lasciarli sepolti dall’ignoranza (in questo caso è cosa buona et iusta). Mi sono imposto di parlarne per completezza e comprensione da quale infimo punto il videogioco abbia iniziato a essere considerato e quanta strada deve ancora fare per essere considerato un medium di pari dignità degli altri.
      Butta un occhio pure alla risposta che ho dato a Ricky.

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    1. Ralph non è il migliore film della Pixar, ma tra tutti quelli che hanno fatto un tributo ai videogiochi è uno dei migliori. Lo preferisco per esempio a Pixels. Non è nella mia lista perché è recente, altrimenti ci sarebbe rientrato. Se tu sei orribile, allora io sono terrificante. Un bel paio di Monsters (& Co.)

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        1. Ralph è stato uno dei primi film che ho fatto vedere ai nani per portarli sul Lato Oscuro del Videogioco. Monsters & Co. è per me numero Uno. Lo confesso: ho un pupazzo di pezza di Mike e lo tenevo sul divano. Ora ce l’hanno ‘Loro’.

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  6. sai che proprio non ricordo il videogioco in Soylent Green, che pure è uno dei film che più ricordo con entusiasmo tra quelli della fantascienza “vecchia concezione”, ossia ante svolta del ’77?
    quindi non vedo l’ora di leggere il primo post per rispolverare la memoria…

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  7. Non ho ancora capito se io secondo le etichette sarei un “Millenials” in ogni caso mi hai citato alcuni dei miei film con videogames del cuore, “Il piccolo grande mago dei videogames” era una scemenza divertente che mi faceva sentire figo, perché già conoscevo l’accesso alla Warp Zone di Mario Bros.

    Mentre “Tron” e “The Last Starfighter” (Giochi Stellari) per me sono pezzi di cuore, mi rimandano all’era dei cabinati da sala giochi 😉 Ed ora mi siedo qui e aspetto “2022: i sopravvissuti” un titolo fondamentale che amo moltissimo, e secondo me è ancora molto, ma molto moderno. Cheers!

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    1. Come nello scambio con Lucius, le classificazioni lasciano il tempo che trovano.Tuttavia sono un punto di partenza comune con i dovuti distinguo per ciascuno individuo, sia per come si percepisce sia per come è percepito dagli altri. A me danno anche del ‘nerd’ ma non mi ci riconosco nemmeno in questo periodo in cui sembra vi sia una rivalutazione (chiaramente a scopi commerciali). Sì, ho passioni in comune con questa “categoria”, alla veneranda età di 50 anni nutro ancora una passione per i videogiochi, ma tutt’al più mi reputo una vecchia cariatide (cit. Alan Ford) del videogioco.Quindi in qualunque generazione siamo finiti, Millenial, X, Beat, poco importa.
      Il piccolo grande mago del videogames‘ ahimé è un film che poteva reggere quando eravamo giovanissimi, concordo con te sulla “scemenza”, oggi non è nemmeno tanto divertente a meno di essere un cultore di certo ‘vintage trash’, invecchiato malissimo.
      Per l’ultima tripletta citata, condividiamo lo stesso pezzo di ventricolo 😉

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        1. Ti va di scherzare, vero? Ehi! La generazione di mia mamma e buonanima del mio caro papà! Una generazione che ha vissuto la propria infanzia o parte di essa durante eventi terribili per poi ricostruire da capo. Ho il massimo rispetto per questa generazione.
          Per tua informazione, i nati tra 1925 e 1942 sono la “Silent Generation”. La definizione è recente: il primo a coniarla è stato Elwood D. Carlson, docente di Sociologia e popolazione alla Florida State University, nel 2008. Definita così perché la generazione americana cui si riferisce nei suoi studi è stata quella che è cresciuta nelle famiglie più stabili di tutti i tempi, si sposò prima, ebbe migliori opportunità educative, trovò occupazione in una fase economica in ascesa ed è andata in pensione nelle condizioni migliori. Per questo motivo “silent” cioè che non ebbe motivo di lamentarsi. Chiaramente si riferisce alla società americana che vinse la guerra. Sarebbe interessante cosa ne dicono i sociologi tedeschi…Conferma che le “classificazioni” vanno prese con le pinze.

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              1. la matematica non è un’opinione. I nati nel 1946 non possono essere i figli della silent per un banale problema anagrafico. Se i silent sono quelli tra 1932 e 1942 nel 1946 hanno un età variabile tra 14 e 2 anni. Uh! mi sembrano pochini per procreare. diciamo i loro figli partono dal 1950 in poi ma forse qualche anno dopo. Quindi i boomer hanno genitori nati grosso modo negli anni 20 e primi anni trenta.

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                1. Ma questa non è matematica. Guarda in giro per la Rete e troverai queste informazioni. Non puoi ridurre a un calcolo matematico. Sono definizioni frutto di studi sociologici decisamente articolati e da contestualizzare rispetto alla società e popolazioni cui si riferiscono. La Silent generation puoi applicarla agli USA, ma in Europa .
                  Qui trovi un bello schema riassuntivo di tutte le generazioni a partire dalla Silent generation.
                  Manca quella di chi ha combattuto la Grande Guerra , chimata Lost Generation. Nota che sono fonti tutte statunitensi (almeno le mie):

                  Fai clic per accedere a meet-the-generations.pdf

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                    1. Rivedi qualche commento su. L’ho premesso. Non banalizzavo i numeri, sei partito tu di pregiudizio di banalizzazione. Il mio ricorso alle classificazioni è un punto di partenza che dovrebbe essere MINIMO comune denominatore per il tema che segue. Ma non sei l’unico che ha maleinterpretato.
                      Mi venisse un crampo alle dita la prossima volta…;)

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                    2. Ho letto con attenzione le schede americane che hanno cercato di fotografare la popolazione americana che non è di certo quella europea e nemmeno parente di quella italiana. Il motivo di base è che Europa e Italia hanno subito sulla propria pelle due guerre devastanti le cui cicatrici si notano ancora. Quindi voler riportare pari, pari le etichette americane – ribadisco ottenute da un lavoro sulla loro popolazione – sulla realtà italiana è un modo semplicistico per mettere etichette. Faccio un esempio. Per gli americani la Silent arriva fino al 1946. Questo non vale noi – ma anche per gli europei – perché il periodo dovrebbe essere 1930 e 1938. Dunque troppo giovani per andare in guerra ma dell’età giusta per occupare i vuoti dei morti e storpi nella ricostruzione del dopoguerra. Per i nati tra 1938 e 1947 la situazione era diversa. Un limbo tra il vecchio e il nuovo. Né carne né pesce. Un’infanzia tribolata che hanno cercato di dimenticare per rendere migliore la cosiddetta generazione X. Ecco il motivo dell’uso della parola banalizzazione. Spero di aver chiarito quello che volevo dire.

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  8. A me piace generazione Goldrake, per quelli nati negli anni ’70/’80 in Italia: impegna poco e snellisce, se non ti fa schifo Goldrake! ^^ Dovrebbe essere il titolo di un saggio…
    L’easter egg di Adventure lo dovrei conoscere, avendo letto un’intervista al creatore: se non faccio confusione, dovrebbe essere la sua firma, che appare usando un oggetto (un pixel) in un punto del gioco. Lo inserì a muso duro perché l’Atari di allora impediva ai programmatori di firmare i giochi e se non erro è pure il primo easter egg noto in ambito videoludico.
    Per me ha fatto bene!
    Il piccolo grande mago dei videogame. Ecco, lo ammetto: se lo danno, lo guardo. Succede anche con Ladyhawke, ma per motivi diversi.
    Il piccolo etc. è, come minimo, scritto in modo pigro: l’autore, se le date tornano, doveva avere di fronte Il viaggio dell’Eroe di Vogler, mentre scriveva la sceneggiatura, perché non si discosta di una virgola da quel modello!
    Manco ci ha provato, a rielaborare ruoli e fasi della storia!
    Però boh, mi fa piacere vederlo, comunque. La prossima volta che mi capita, voglio capire perché! 😛

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    1. Inzio con un un consiglio da amico….In quanto a classificazioni, te lo dico in amicizia…fattiliRazzituoi…Si è scatenato un mezzo bailamme, se la definizione ‘generazione X’ piuttosto che il genere ‘Virtual reality’ sia più adatto. Vedi i lunghi scambi con Newwhitebear e Lucius, ma in diersi commenti si coglie un accenno al genere/classificazione. Rischi di esaurire lo scambio sulla “classificazione” invece che sul vero argomento del post. Il fatto che hai citato correttamente la vicenda dell’Easter Egg di Adventure, hai visto Goldrake nonché, quando capita, rivedi Il piccolo mago dei wideogames sono aggravanti che escludono ogni applicazione di condizionale o sconto di pena: sei dei nostri!
      Concordo con l’analisi sul film Il piccolo mago eccetera: non credevo che quakcuno avesse il coraggio di prendere alla lettera quel libro, forse si tratta di un esercizio di una classe di sceneggiatura che ha vinto un concorso tipo Fattore X con “X” che sta per “you shall not pass!”
      Nel caso dovessi capirw i motivi di tale fatale attrazione, sarei davvero curioso di leggerli.

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      1. Non avevo dubbi di essere “dei vostri”… il dubbio, magari, è: chi Razzi siamo? 😛
        Le etichette danno sempre qualche problema, in fondo vengono create o appioppate spesso con criteri poco chiari e lasciano il tempo che trovano.
        Se poi riguardano le persone…
        Come minimo, bisogna spenderci su qualche parola, per chiarire il motivo della scelta 😉 e anche allora, potrebbe non bastare!

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        1. Mi sembrava di averlo chiarito nella mia solita intro-presa-da-lontano. Evidentemente il resto non era abbastanza interessante o ho espresso come il classico libro stracciato.
          Il mio dilemma è stato: da dove inizio. La classificazione più comune è film basati sui videogiochi. No. Film la cui trama trae dai videogiochi l’elemento “virtuale” e lo eleva a canone narrativo. No. Nessuna delle classificazioni più comuni calza alla mia idea. Bene, me ne faccio io una, specificandone la distanza dal senso comunemente accetto e utilizzato. Ma dovevo chiarire sia i punti di partenza e poi la differenza. Mi sembrava di averlo fatto nel post. Evidentemente no.

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          1. Rileggi le ultime sei parole che ho scritto prima 😉 a me la tua classificazione non disturba, è frutto di un metodo, con cui si può o meno essere d’accordo.
            Non mi risulta che esista una classificazione per generi universalmente accettata, perciò ci sta che uno provi a farsi la sua, specie per i casi al limite.
            Il problema è che le storie non sono mai “pure” (che ne so, puramente horror o puramente comiche o puramente sulla realtà virtuale) e lo stesso vale per la gente – le generazioni – quindi la minima prospettiva diversa va a scatenare un dibattito 🙂

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            1. Ti ho letto, ti ho letto fino all’ultima parola 😉 Certo può anche non essere sufficiente, quindi concludevo che non ero riuscito nell’intento. Questo il motivo della chiosa pragmatica. Fuori da ogni fraintendimento, benvenga lo scambio di opinoni diverse – lo dico e lo pratico – ma ciò che mi ha colpito è come il senso di non-appartenenza o di appartenenza riesca ad annullare tutto il resto che viene dopo. Voglio dire: la differenza di appartenenza (o il dichiarare il non-appartenere, che è lo stesso) è più forte della differenza sulle idee sul tema principale: i videogiochi nei film.
              La “classificazione” è una forzatura – nessuno lo obietta – ma serve per delimitare un perimetro comune a tutti, accettata la forzatura, si va avanti e la si supera entrando nello specifico e, a questo punto, si inserisce la soggettività.
              Insomma, piuttosto che dibattere se una classificazione sia adatta o meno, mi sarei aspettato di vedere più commenti sui film o suggerimenti di aggiunta o eliminazione: ‘inserisci questo film‘ o ‘Star Wars?!? Ma nooo! Sei pagato dalla Disney!“.
              Lezione imparata: se mi capita tra le dita del discorso di scrivere di classificazioni, mi limito a fare la lista oppure la sbatto in fondo al testo.

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                1. Io ho smesso di “classificare” quando ho provato a inserire il genere nella musica che ho su ITunes…mi sono reso conto che era totalmente inutile. Non ho più perso tempo a “classificare”, ma ho iniziato ad ascoltare e selezionare la buona musica da quella brutta (ovviamente secondo la preferenza del mio Eustachio)

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  9. Pingback: Venerdì 13 [2] (1981) L’assassino ti siede accanto | Il Zinefilo

  10. ok, ecco una rubrica/retrospettiva a cui mi appassionerò. Ho visto di recente Ready Player One ed è da sbrodolarsi dall’inizio alla fine per gli amanti dei videogiochi e della cultura degli anni ’80: un’unica citazione dall’inizio alla fine. E ho visto di recente anche Wargames che è sempre tanta roba. A proposito della citazione da “Ultimate History of Video Games” è un libro che straconsiglio. L’ho letto tutto, anche se in lingua originale ed è uno scriglno di informazioni!

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    1. L’idea della rubrichetta, infatti, mi è venuta leggendo vari post su Ready Player One (che per una serie di congiunture astrali sono riuscito anche a vedere al cinema). Il film mi è piaciuto, un ottimo film d’intrattenimento, forse non un “cult” (nel senso che colpisce in particolare un determinato target), raccontato con la perizia di un regista come Spielberg, che ha avuto anche collaborazioni nell’industria dei videogiochi (The Dig della LucasArts e Boom Blox di Electronic Arts).
      Di WarGames ho un ricordo ancora nitido di quando lo vidi al cinema. Eravamo in piena Guerra Fredda e corsa agli armamenti nucleari. Era tangibile il senso di incertezza (quasi paura) che gravava sulle teste di tutti, dai più grandi a noi poco più che adolescenti
      The Ultimate History of Video Games” è un libro di cui ho scritto qualche tempo fa. Lo considero un ottimo libro sia per chi abbia voglia di conoscere la storia dei videogiochi sia per chi è appassionato e vuole conoscere i retroscena, approfondire e – perché no -riconoscersi in un particolare periodo.
      Concordiamo sulla qualità del libro, ma se ti va comunque di leggere la mia opinione nel dettaglio la trovi QUI

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  11. Pingback: Videogiochi nei film: Star Wars | CitaScacchi

      1. Mi ha stupito trovare un riferimento ai videogiochi in un film del 1980, quando cioè ancora non c’era l’esplosione del C64: dopo aver letto i tuoi post sono più attento a certi particolari, soprattutto dopo aver scoperto che – senza saperlo – ho assistito “in diretta” alla loro storia filmica…

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        1. Mi sono fatto l’opinione che allora i videogiochi fossero inseriti nei film per darvi lustro, per dimostrare quanto il film fosse all’avanguardia; il videogioco viveva ancora di quell’auta di innovazione tecnologica e attesa di meraviglie future. A metà degli anni Novanta questo approccio è cambiato radicalmente.
          Sembrano discorsi da vecchi rincoglionostalgici, ma in realtà chi riuscire a capire questo passaggio, fa comprendere anche l’iter in questi anni e infine l’attualità. Cosa che mi sto divertendo un sacco a fare i. Quei post che credo continueranno anche nel prossimo anno.

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