Spamming da sbellicarsi dalle risate!


Sono stato testimone di un episodio di mailbombing, un attacco DDos in grande stile.

Guarda il caso proprio alla vigilia dell’entrata in vigore della GDPR ovvero il primo vero tentativo di regolamentazione e giro di vite rivolto alla protezione dei dati personali e, soprattutto, sensibili. L’Europa, tanto vituperata, è la prima a dotarsi di una normativa uniforme, applicata in tutti gli Stati dell’Unione: di fatto ha creato uno standard – operazione sempre assai complessa in materia di Rete e protezione dei dati – alla quale infatti altri Paesi stanno guardando con interesse.

L’obiettivo generale della GDPR è proteggere i diritti fondamentali in relazione al trattamento e facilitare il libero flusso di dati personali all’interno dell’Unione Europea.

Sarà capitato a tutti di ricevere posta indesiderata, ma in questo caso il volume di e-mail che il mio client di posta ha iniziato a vomitare sullo schermo è stato davvero impressionante. Ora capisco cosa vuole dire: “mailbombing”.  Prendetelo alla lettera.

Istantanea della mappa degli attacchi informatici nel mondo (fonte: Kaspersky Lab) ). L’Italia è al decimo posto tra le nazioni più attaccate alla data di oggi.

Il mailbombing è un tipo di attacco informatico che mira a intasare i server-vittima e, di conseguenza, compromettere l’attività dello stesso. Gli effetti variano dal rallentamento al blocco del server e, per gli utenti, difficoltà a navigare in rete o a utilizzare la posta elettronica. L’obiettivo del mailbombing è sottrarre dati personali, dati sensibili e limitare il funzionamento di un servizio; per tale motivo il mailbombing viene classificato tra gli attacchi di tipo “denial of service” (DoS). L’attacco DoS, infatti, punta a rendere irraggiungibile un sito o un server saturandone la banda di comunicazione.

Quando l’attacco, invece di puntare a un unico server o servizio web, è destinato a interi data center e reti di distribuzione, siamo di fronte a un attacco DDoS, che –  come lascia intendere il raddoppio della “d” – è un attacco DoS all’ennesima potenza.

Questa tipologia di attacchi, per la mole di risorse impiegate, banda occupata, computer coinvolti, è particolarmente letale poiché riesce a “neutralizzare” l’obiettivo nel giro di pochi secondi, causando danni che possono persistere nel tempo secondo la rapidità di chi risponde a tale offensiva.

Per tutta la durata del “bombardamento” sono stato molto rallentato nella gestione delle e-mail “vere”, con il rischio di cestinarle insieme a quelle tarocche. All’inizio mi è sembrata “ordinaria amministrazione”. Mi sono reso contro delle dimensioni dell’attacco nel brevissimo lasso di tempo necessario per premere Shift+seleziona+Canc: ho appena cancellato in massa il primo blocco di e-mail arrivate e ne sono state recapitate almeno il doppio ed altre ancora. Era un flusso a getto continuo.

Il motivo per cui non sono riuscito a trattenermi dallo scrivere (e sai quale novità!) è perché mi sono letteralmente sbellicato dalle risate a leggere le reazione degli utenti, che in principio non hanno compreso di cosa si trattasse e, quando hanno realizzato, si sono rivelati degli irresistibili comici a loro insaputa.

Non sono un esperto e non lavoro nell’ I.T, ma  vi assicuro che non era necessaria una scienza infusa o una specializzazione estrema per capire cosa stesse accadendo al server di posta e come comportarsi. Si poteva gestire efficacemente la situazione solo con con un po’ di buon senso, curiosità di apprendere e consapevolezza del medium.

Moltissimi utenti destinatari del mailbombing, invece, hanno reagito in un modo tragico dal punto vista della cultura informatica e consapevolezza dello strumento che utilizzano tutti i giorni nel lavoro e nel tempo libero.

Se questi sono gli utenti medi, più che avere bisogno di una General Data Protection Regulation, la Rete dovrebbe essere “protetta” da questi utenti.

Di seguito alcune e-mail, chiaramente con gli indirizzi fittizi, ma il testo è la fedele cronaca tragi-comica dello stato dell’utenza della Rete.

Da: utente Tizio
A: utente Caio
Oggetto: Re: *****SPAM*****Invio Documenti

Gentile cliente,
I nostri sistemi automatici hanno identificato l’e-mail allegata come SPAM.

Per tutelare la sicurezza del tuo account, abbiamo provveduto ad imbustare ed allegare il messaggio originale eliminando eventuali allegati presenti che, qualora aperti, potrebbero risultare rischiosi.

Ti consigliamo inoltre di non cliccare sui link presenti nel messaggio a meno che tu non lo ritenga attendibile.

Nel caso in cui l’email segnalata non sia SPAM e tu desideri ricevere la comunicazione sulla tua casella, puoi inserire il mittente all’interno della White List e richiedere al mittente un nuovo invio.

Per impostare regole relative alla White List dovrai:

  • Accedere alla Webmail
  • Selezionare le voci “Opzioni” – “Antispam” nel menu a sinistra
  • All’interno della sezione “White list” inserire il mittente da considerare attendibile.

Cordiali saluti

[Segue anche testo tradotto in inglese che ometto]

L’utente Caio risponde e a Tizio.

Rispondere ai messaggi di posta indesiderati è una pessima idea perché confermi allo spammer di “essere in vita” e poi non puoi lamentarti se ti scrivono dalla Nigeria per proporti un fantastiliardo di euro se li aiuti a dirimere delle cavillose questioni burocratiche oppure ti scrive la signorina che ti ricorda quanto sei sovrappeso, offrendoti dei prodotti dimagranti miracolosi. Questo quando ti va bene: per non parlare di quando millantano di conoscere le (modeste) dimensioni del tuo membro o le tue (ridotte) capacità di “resistenza” nell’atto sessuale.

Rispondere allo spammer ha anche l’effetto di rinforzare il mailbombing. Tutti gli utenti-vittime, che sono in copia nascosta, ricevono il seguente messaggio:

Da: utente Caio
A: utente Tizio
Oggetto: Re: *****SPAM*****Invio Documenti

Buongiorno, cortesemente dovreste mandare di nuovo l’allegato….
Grazie
Cordiali Saluti

Qui inizia il delirio. Si inserisce un altro utente e risponde:

Nn so chi voi siate

Poi un altro da un ufficio amministrativo aziendale (gli account sono rivelatori):

Ma soprattutto perché ci mettete in cc nascosta?

Domanda totalmente inutile da rivolgere a uno spammer, figuriamoci quanto possa interessare a tutto il resto delle vittime, che – obtorto collo – ne devono prendere atto. Qui mancano le basi. Se lo spiego ai miei figli di quasi sette anni, posso scommettere il rene destro che non si sognerebbero di rispondere così.

Si aggiunge un utente, una donna, che si firma come professionista forense. Evviva! Arriva la cavalleria a difesa dei diritti della privacy!

Da: utente Principessa del Foro
A: utente Tizio

Sono l’Avvocato XYZ ,

state inopinatamente riempendo [NdA: notare il refuso] la mia mail di messaggi a me sconosciuti.

Cancellate il mio indirizzo e rammentate le norme sulla privacy per cui vi segnalerò ove la turbativa non cessi immediatamente
Non vi conosco e non ho idea di chi vi abbia fornito il mio contatto.

Vi pregherei di cancellare il mio indirizzo dalla Vostra mailing list.
Grazie

[Firmato Studio legale XYZ]

Andiamo bene! La Principessa del Foro –  niente volgarità, per cortesia. Non è intenzionale, ma solo frutto di una consecutio di parole in rispetto del genus e dell’ambito professionale – interviene ostentando un certo stile in verità dall’italiano crocifisso e a tratti aulicamente pomposo. Non sarà mica uno spammer anche lei?! Di solito ti accorgi subito dello spammer dal suo italiano talmente storpiato che anche Google Translator te lo risputerebbe indietro come “lingua non riconosciuta” e Siri ti risponderebbe con tono rassegnato: “Mi spiace. Non posso proprio aiutarti.”.

Inizio a non cancellare a mazzetti le e-mail e, grazie all’anteprima automatica, ci butto un occhio dentro prima di lanciarli nell’oblio digitale del mio cestino, anche perché il rischio di gettare un’e-mail importante è diventato elevato: il flood – come lo si chiama in gergo – è ormai un fiume in piena che ha rotto gli argini.

Da un utente di un’amministrazione comunale giunge una voce di buon senso, anche se, rispondendo, fa il gioco degli spammer. Va premiato però il suo tentativo di rassicurazione degli altri utenti ormai in balia di una spirale di messaggi confusionari e sventolamenti di diritti di cui hanno sentito dire da parte del cugino che lo aveva condiviso su FaceBook.

Da: utente Comunale
A: utente Tizio (ma a questo punto avete capito che non è solo Tizio a ricevere la risposta ma tutti gli utenti vittime del mailbombing)

Si tratta di spam.

Nelle buone intenzioni del mittente il messaggio avrebbe dovuto avere l’effetto della Rivelazione del Quarto Segreto di Fatima, se non addirittura causare lo squarcio del velo del Tempio di Gerusalemme per la seconda volta nella storia dell’Umanità. La prima volta accadde quando morì Gesù.

Ahimè tale lodevole tentativo di evitare la proliferazione di risposte viene immediatamente vanificato da una donna impiegata in un’azienda, che – leggo sul sito istituzionale – si dichiara “leader italiano nell’Information Technology”. Quando leggerete la risposta penserete a un classico caso di ironia della sorte oppure a un Ufficio Risorse Umane che deve selezionare meglio il personale.

Da: utente Azienda leader dell’I.T.
A: utente Tizio (e resto del mondo spammato)

E BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

Tutto in lettere maiuscole. Evviva la Netiquette!

Ormai è un’alternanza di evidente spam e utenti deliranti, altri ignari o, meglio, ignavi dell’informatica (e temo anche in altri ambiti) si aggiungono e rispondono, sbuffano, protestano.

Giunge un altro messaggio. L’utente che lo invia deve essere uno di quelli smaliziati, “uno che ne capisce”. ‘Assa fà a Maronna!  Ci voleva proprio qualcuno esperto per fare chiarezza e indicare la retta via.

Deduco l’esperienza di tale utente dal dominio della sua posta elettronica: utilizza, infatti, un noto servizio di posta elettronica che offre la possibilità di inviare e ricevere e-mail senza la necessità di registrarsi; l’indirizzo e-mail viene assegnato automaticamente in modo casuale ed è emesso a ogni visita; ogni messaggio viene conservato per un’ora prima di essere cancellato. Questo servizio è utile quando non si vuole fornire il proprio indirizzo e-mail per registrarsi in un sito oppure per evitare potenziali spam. Dai che questa è la volta buona!

L’utente Esperto  scrive:

Da: utente Esperto
A: utente Tizio (e resto del mondo spammato)

NON RISPONDETE A QUESTA EMAIL: [omissis utente tizio] PERCHE? ALTRIMENTI ARRIVA A TUTTI E NON SI FERMA IL FLOOD DI EMAIL, E’ TANTO DIFFICILE DA CAPIRE?

p.s. HO INVIATO A QUESTA EMAIL AFFINCHE’ TUTTI POSSIATE CAPIRE…..

Anche l’utente Esperto si fa un baffo della Netiquette – e dire che dovrebbe conoscerla – e spara a tutti il suo sbraito in lettere maiuscole, un punto interrogativo piantato a caso, parole senza accento, il solo  “p.s.” in minuscolo (vai a capire il perché, ma nel farlo potrei morire pazzo), un congiuntivo azzeccato – Dio esiste! –  e infine un numero di puntini di sospensione multiplo di tre. Il suo “Post Scriptum” è un capolavoro di altruismo. E poi non dite che la Rete è pericolosa e ci gira gente poco raccomandabile.

La miccia dei mail bomber è ormai accesa da un pezzo e nessun novello Pietro Micca digitale è riuscito a interromperne la sua ardente corsa fino alla detonazione finale.

L’utente Principessa del Foro rispunta con un messaggio perentorio: una minaccia formale e circostanziata.

Gentilissimi

Non ho inviato alcuna email.

Provvederò alle denunce del caso, vi chiedo quindi di farmi sapere se qualcuno, utilizzando illecitamente i miei dati personali, sta cercando di effettuare operazioni economiche.

Se non riceverò risposta entro 48 ore provvederò a una denuncia anche nei vostri confronti.

Cordiali saluti

Alla faccia dei “gentilissimi” in apertura e dei “cordiali saluti” in chiusura! In quanto a “buona educazione” ci siamo almeno, il testo indica che la misura è colma e una risoluta volontà di fargli pagare il fio di tanto disturbo: entro un termine tassativo di “quarantotto ore”. E perché non immediatamente senza attendere?

Il Garante della Privacy lo prevede espressamente al punto 6 di Spamming. Regole per un corretto uso dei sistemi automatizzati e l’invio di comunicazioni elettroniche – 29 maggio 2003 [29840]:

“Anche ai fini dell’esercizio di tali diritti, deve ritenersi che l’invio anonimo di messaggi pubblicitari senza l’indicazione di un mittente identificabile concreti già oggi un trattamento illecito di dati personali, a prescindere da quanto dispone il citato d.lg. n. 70/2003 sul commercio elettronico (come si è visto, fuori della materia della protezione dei dati personali) e da quanto, in riferimento ai dati personali, sarà previsto con il recepimento della direttiva n. 2002/58/CE (la quale non consente l’invio di messaggi pubblicitari quando l’identità del mittente viene camuffata o addirittura celata e quando non viene fornito un indirizzo valido che consenta al destinatario di richiedere la cessazione delle comunicazioni: art. 13, par. 4, dir. cit.)”.

Ma il migliore di tutti, l’utente che ha interpretato in modo più efficace e stringato tutta la faccenda, addivenendo a una, univoca, inattaccabile, incrollabile sicurezza e conclusione è un utente con dominio Hotmail, una donna a giudicare dal nome dell’account di età intorno alla quarantina (se nell’account inserisci l’anno mi stai già fornendo un dato personale).

La conclusione è tombale:

Da:  Utente Hotmail
A: utente Tizio (e resto del mondo spammato)

Avete rotto er cazzo

Inviato da iPhone

E adesso so che sei de’Roma e hai anche un telefono Apple.

Comunque vada, la GDPR sarà un disastro.

 

41 pensieri su “Spamming da sbellicarsi dalle risate!

  1. ahahah Allora: malware, spyware, phishing… quante brutte parole che evocano la precarietà di quella cosa che chiamiamo vita. Cara, ho preso un malware; ecco fatti una scansione antivirus e vieni a letto. E ancora: hanno fatto phishing nella mia mail (al di là dell’intenzione criminale, non è bello che uno sconosciuto vanga a fare phishing a casa nostra). La Rete non è troppo diversa dalla vita, anche nella lingua: l’intenzione è la stessa (promettere di moltiplicare le monete), i fessi crescono di numero (e credono alle favole), le parole hanno un’impronta simile a quella dei sobborghi malfamati di Kamagasaki. Tuttavia anche noi ci stiamo adeguando: Dove ci vediamo? Aspetta, ti do l’indirizzo ip; comunque è di lan. Il mio username è questo, però ti avverto: non amo il pishing e i malwares. Lo sapevo che eri in digitale, netiquette che non sei altro. Anche in Rete è come nel quotidiano: i maschi si credono dei webmasters e le femmine continuano ad essere considerate a banda larga. Ora c’è il (o la?) Gdpr e non so davvero, Clà, quanto possa servire (ma chissà, boh), la mia impressione che abbia l’efficacia di un preservativo bucato. Però boh, chissà. (Sei in forma, articolo da Mad Magazin) 🙂

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    1. Grande OnGiancà! La tua assenza dalla blogosfera è una perdita ancora sanguinante almeno per questa webbettola malfamata, che eri uso frequentare e, sopratutto, per questo scrivano che traeva spunto e combustibile per il suo motorino a dieci dita dai tuoi funambolici commenti.
      Dopo un’intro melanconica e dal sapore vagamente melodrammatico “powered by” scenneggiata napoletana, veniamo al nostro usuale e mutuale battito di tastiere e scambio di pensieri, opinioni, impressioni, sfoghi, rigurgiti e – scusate se scappano – anche rutti.
      Come hai ben incastrato nel tuo commento, il gergo anglofono (anche se molti sono e restano anglofobi) si presta magnificamente a essere interpretato senza snaturare la natura del tema principale e degli attori-protagonisti di questa sit-com dalle risate a denti stretti:
      spazzatura.
      Sul phishing ho tuttora un contenzioso aperto con mia moglie: non so perché, ma in casa siamo in tre maschi di cui due di statura minima, ebbene sono sempre il maggiore indiziato del phishing fuori dalla tazza quando invece è assai più probabile che siano i due nani che mentre phishano, fanno altre millemila cose tranne che tenere l’arnese non-ancora-riproduttivo puntato in basso e centrato.
      Sui malwares, purtroppo cè ggggente che fa tanto malwares al prossimo e non si accorge che lo fa a se stesso e al mondo intiero (questa è una Pillola-dell’Ovvietà)
      Non ho nulla contro le donne webmasters e secondo me è giusto che abbiano le stesse opportunità dei maschi. Però, sono onesto e sarò impopolare: le Quote Rosa della banda larga, no! Allora perché non di tutti i colori del cuccuzzaro?
      Concordo sulla constatazione di difetto di qualità sulla GDPR e le conseguenze che ti porti appresso tutta la vita. Ma almeno nel caso del preservativo, puoi godere di qualche attimo di felicità.
      L’Angolo dell’Accedemia della Crosta:
      La GDPR (se la coniughi con l’acronimo inglese in quanto si riferisce a “Regulation”) o il GDPR se traduci “Regulation” in “Regolamento” all’italiana. Per me pari sono, ma al femminile suonava molto meglio, perciò è una scelta dettata per compiacere Eustachio in totale armonia con l’arbitrio sfuso e l’anarchia linguistica che contraddistinguono questi tempi veloci di la messaggistica istantanea.
      Grazie OnGiancà,, torna sta casa’spetta a tte!
      Firmato RedMerola

      PS: la citazione di MAD è un colpo basso. Foss’a Maronna! Grandissima citazione. Ne sono entusiasta. Grazie!

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      1. “Più che delle pulizie di casa, io mi occupo della gestione logistica della polvere.” (Non è mia, ne, ma si presta bene.) Il problema è che la cronologia non la puoi cancellare del tutto, e anche le tracce dell’enuresi rimangono. E se una cosa è destinata a restare, è una cosa buona. A meno che naturalmente tali tracce non finiscano nelle mani dei delinquenti, o di un domestico animale in pantofole che brandisce lo scopettone. Meglio i primi forse. Grazie per il cruscaceo (o crusco?) chiarimento. E grazie per il tenero amicale incipit. Ci sentiamo presto al tel. Gianni

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    1. No, cara. L’attacco è stato ai nostri server aziendali. Il mio indirizzo di posta gestito dal server è stato carpito e in ogni caso è finito in una lista degli spammer. Cosa assolutamente probabile vista anche la mole di e-mail che smazzo giornalmente. Di spam ne ricevo giornalmente, con tutti i filtri del caso, ma di queste proporzioni è stata la prima volta.
      In tutti i casi, ripeto: mai rispondere. MAI. A maggiore ragione che non li conosci.
      Il “trucco” è guardare anche l’account originale, ovvero l’indirizzo completo xyz@gmailqualcosa.
      Il phishing lo sgami subito così come gli account “strani”. Se non lo conosci ed è “strano”, cestina pure.
      Queste sono precauzioni elementari di buon senso, non è necessaria nessuna conoscenza specifica.

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  2. L’avvocata che denuncia a caso è come la professoressa che sente casino e mette una nota a tutti. Ma qualcuno le ha poi spiegato la situazione?

    Tra l’altro questo pozzo di delirio mi ha ricordato il compianto Io e gli Utonti, dove un autentico eroe che lavorava nell’IT raccontava le sue esperienze quotidiane con i clienti.

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    1. Il lato tragi-comico della situazione è che se si tratta di un utente “poco pratico” che ti chiede – come mi è capitato – con quante “VU” (“v”) si scrive www.(indizzodelnostrositoweb) è un episodio, ma quando invece è una massa di utenti che si incarta ed entra in uno stato di delirio come questo, non è più un'”esperienza”, ma un fenomeno di massa o una massa di “fenomeni”, 😉
      Se poi consideriamo che anche dei professionisti che di privacy dovrebbero masticarne, quantomeno di diritto civile, allora è l’apoteosi.
      Con un’utenza così non c’è GDPR che ti possa salvare o garantire.

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    1. Almeno sono riuscito a farvi ridere. Caro Pup, quando mi sono accorto del delirio che stava succedendo tra quelle e-mail dall’italiano sgraziato, mi è apparsa la storia da raccontare. L’ho scritta ridendo e spinto dall’irrefrenabile voglia di condividerla con voi per vedere-l’effetto-che-fa.
      Anche nella spazzatura puoi trovare qualcosa di buono. E ora a lavarsi le mani che la tastiera poi mi guarda schifata.

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  3. con un doppio filtro di spam ne arriva poca. Il mio client di post, Thunderbird, ne butta via un bel numero, perché l’ho addestrato a mettere nello spam la posta indesiderata. Un misero filtro lo fa il mio provider e alla fine è ben poca cosa quello che sfugge.
    GDPR un disastro? Veramente i disastri li combiniamo noi mettendo spunte a casaccio sia su carta sia in rete. Io mi rifiuto di firmare alla cieca ma la maggioranza firma tutto, compresa la carta igienica.
    Oggi primo giorno… a parte le richieste di confermare la volontà di ricevere mail, che ho cestinato senza problemi, giornata tranquilla.

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    1. Per la posta privata basta quanto dici, per quella aziendale, soggetta ad attacchi del tipo descritto è chiaramente insufficiente: se questo mailbombing avesse puntato alla mia posta personale, l’avrebbe sdraiata non so per quanto tempo.
      La GDPR disastro? No, la mia era una battuta. Il disastro sono gli utenti protagonisti involontari e a loro insaputa di questo mio racconto.
      Per i motivi che hai citato, naturalmente.

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      1. il mailbombing? Basta un programmino che si trova in rete, almeno fino a poco tempo fa. Si chiama, tanto per non smentirsi ‘mailbomb’ e confeziona indirizzi di posta in apparenza perfetti ma che tradiscono essere spam. Un’azienda che non spende in sicurezza, prodotti efficienti antispam, ci sono, è giusto che sia martellata come dici.
        Ricordo a dicembre di aver ricevuto un messaggio spedito dal FBI che era sfuggito allo antispam. Era evidente qualcuno che voleva introdursi nel mio PC. Ma è stato tradito da due dettagli. Il primo era arrivato nella casella di posta errata per quello che scriveva. Due aprendo la testata ora e anno erano improbabili. Ovviamente marcato come spam non è arrivato più nulla.
        Comunque le aziende italiane spendono poco in sicurezza informatica.

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        1. Sì, ci vuole appena un po’ di accortezza e buon senso. Dalla testata dell’e-mail ci vuole poco per accorgersi che si tratta di spam o phishing e nel dubbio cancellare e inseire nel filtro anti-spam non fa male.
          La GDPR andrà avanti come un rullo compressore, nonostante il nostro italiDiota approccio. Molti mi dicevano “tanto sarà la solita normativa che derogheranno e rimanderanno”, la mia risposta è stata sempre: “Ci girano troppi soldi e ne gireranno ancora di più con la GDPR, non ci saranno rimandi”. Ora le aziende dovranno per forza aggioranare i loro sistemi e, sopratutto, novità di questa normativa, fare in modo che siano sempre aggiornati.
          Sono molto fiducioso che questa normativa apporterà dei benefici a tutto il sistema europeo, rendendolo non tanto più sicuro, ma più reattivo alle minacce e ai cyber-attacchi.

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          1. Come ex gestore della vecchia normativa mi sembra che sia più stringente per due motivi. Il primo è essendo europea sarà più complicato derogare. Il secondo è che chi volesse fare il furbo rischia di più . La partenza falsa purtroppo è comune. Italia e Europa perché le regole accessorie da introdurre entro il 21 maggio non sono all’orizzonte.

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            1. Le sanzioni sono pesanti e gli obblighi previsti nei confronti degli utenti presuppongono un’organizzazione dei dati che non può essere demandata all’artigianalità o all’improvvisazione. Si parla di “grace period” di 6 mesi a partire dal 25 di maggio, come da indicazioni dei francesi. Come al solito, si è scatenata una schiera di improvvisati esperti della privacy con offerte commerciali dall’importo ridicolo. Se la si vuole affrontare seriamente (e come tu scrivi non ci sono margini di deroga), occorre investire non solo in aggiornamento hardware/software ma anche nella ri-progettazione dei processi e gestione dei database. E non è finita: occorre garantire che siano sempre aggiornati e “compliant” con la normativa ISO. Non basta, come in passato, semplicemente avere gli strumenti per garantire la sicurezza, ma manutenerli.

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  4. Ahahah 😂 la conclusione è fantastica!
    Questo giro di email cc mi capitava negli anni 2000, quando le cose divertenti giravano per email e non con post sui social o messaggi whatsapp, qualche volta andavo a leggere la sfilza delle vecchie email e qualcosa che faceva ridere mi capitava 😁

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