The Cure, influenze musicali e ritorno in Italia


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★ The Cure tornano in Italia con quattro date! ★

Quattro occasioni per assistere al concerto della band inglese e un breve excursus di artisti per cui vi sfido a immaginare la loro musica senza che siano mai esistiti i The Cure.

Tranquilli, mettetevi comodi perchè c’è tempo. Ahimè si parla della fine del 2016.

Le date sono:

  • 29 ottobre 2016 Unipol Arena, Casalecchio di Reno (BO)
  • 30 ottobre 2016 Palalottomatica, Roma
  • 1 e 2 novembre 2016 Mediolanum Forum, Assago (MI)

Nota positiva visto che solitamente l’Italia non è considerata nei tour delle grandi band: spesso unica tappa è Milano, transito tra le “piazze” più importanti dell’Europa Continentale. L’ultimo grande tour europeo della band inglese è del 2008, le tre tappe italiane sono parte di un grande tour di 30 concerti in 17 Paesi.

I biglietti sono già in vendita da ieri, 24 novembre…Beati voi che sapete tra un anno dove sarete 😉

Esperienza consiglia comunque di non attendere molto perchè – data l’anzianità della band – il concerto è atteso sia dalle vecchie cariatidi, grintoso gruppo in cui mi fregio di appartenere, sia dai ccciofani desiderosi di ascoltare dal vivo un gruppo che, nel bene e nel male, con alti e bassi, tra paranoie di “scioglimenti” e stati depressivi dell’ indiscussa guida spirituale di Robert Smith ha ispirato e influenzato molto e molti.

Ascoltiamo la musica di questi artisti immaginando che The Cure non siano mai esistiti: Smashing Pumpkins, Massive Attack, Dinosaur Jr (con tanto di cover di Just Like Heaven), Muse, The Rapture…

…Ascoltate la bellissima Take me somewhere nice di Mogwai: è onirica e malinconica quanto le migliori ballate cantate da un Robert Smith ispirato come non mai.

Gioco musicale: Scoprite le differenze, anzi le somiglianze!

Take me somewhere nice – Mogwai ★

Radiohead con Climbing Up the Walls sembra una traccia eliminata dall’album Disintegration! 

★ Climbing Up the Walls – Radiohead ★

Gli islandesi Sigur Rós  nella ninna nanna Bíum Bíum Bambaló mescolano alla tradizione nordica un fondo di cupezza e malinconia che mi ricorda il feeling onirico di Lullaby; nell’incipit di Olsen Olsen sembra che l’attacco della voce sia fatto apposta per la voce di Robert Smith

Olsen Olsen – Sigur Rós

E ritroviamo The Cure ancora nella musica di: Tricky, nel suo stile sussurrato e cupo, con un omaggio con la cover di Lovecats; M83 (quel piccolo capolavoro pop di Run into the Flowers...); i  riff degli Slint hanno più di una reminescenza The Cure style; Big Black e le chitarre distorte in Bad Houses,

A riconoscimenti come quello deI cofondatore di Sonic Youth, Thurston Moore, che considera Robert Smith tra i più accalamati “parolieri”, fa da contraltare il “riconoscimento” a The Cure di avere creato l’humus per le band “emo” che inperversarono, grazie a MTV, per tutta la prima metà degli anni 2000. Nel cambio repentino dei Blink 182 nell’omonimo album del 2003 c’è lo zampino di Robert Smith, che canta insieme alla band statunitense in All of This.

Dopo l’album Wish (1992) la band ha dato segni di cedimento a una vena quasi consolatoria e di compiacimento nostalgico dei “bei tempi andati”, risultando incapace di proporsi di nuovo come “estrosi visionari, persi al labile confine tra i sogni e gli incubi, tra la solitudine e l’amore, tra il peccato e l’innocenza” (cit. “Cure – L’innocenza perduta” di Lorenzo Salzano per ondarock.it).

Tuttavia, nel mio sconsiderato caso, The Cure mi hanno segnato. Li ho seguiti anche nelle vicende musicali più recenti, riconoscendo l’originaria “scintilla” solo a tratti e in alcuni brani. Ho assisitito a due concerti dal vivo e non rimpiango un solo minuto impiegato ad ascoltare la loro musica. Mi prenoto per il 2016 e condividere la gioia di questo ritorno del tutto insperato. Non posso trattenermi dal suggerire di fare altrettanto.

Se questo blog poi prende il titolo da una canzone di The Cure, ci sarà anche un motivo…o forse due.

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