Continua da Pioggia di ricordi #2 – Taeko, una ragazza non “normale”
Fin dal suo titolo, Pioggia di ricordi evoca prepotentemente la nostalgia.
La traduzione italiana è più fedele al titolo originale, Omohide poro poro, di quanto lo sia quella anglosassone, “Only Yesterday”(“Solo ieri”).
“Omohide” (おもひで) è infatti un termine arcaico che significa “ricordi” (in giapponese moderno, “omoide”); “poro poro” (ぽろぽろ) è il suono onomatopeico delle gocce di pioggia che cadono.

“Nostalgia” è un vocabolo, denso di concetti sfumati e complessi, che deriva dall’unione di due termini greci: nόstos e άlgos.
Sebbene l’etimo greco possa fare pensare a un’origine antica, “nostalgia” è una parola moderna, di origine lessicale assai specifica: la scienza medica moderna.
Johannes Hofer, studente di medicina all’Università di Basilea, il 22 giugno del 1688 presenta una dissertazione dal titolo De Nostalgia o Heimweh, in cui appare la parola “nostalgia” come definizione di una patologia da cui sembrano affetti i soldati svizzeri in forza all’esercito francese, ovvero una patologica «tristezza ingenerata dall’ardente brama di ritornare in patria».
Il termine “nostalgia” quindi nasce come esigenza medica per identificare una malattia, riscontrabile empiricamente, ma ancora priva di un profilo e valore scientifici.
La sua origine porta con sé un significato di condizione fuori dai parametri normali. Il successivo dibattito filosofico, letterario e psicoanalitico è intenso e articolato.
La posizione kantiana nei confronti della nostalgia è una radicale critica antropologica contro un sogno illusorio dal quale occorre liberarsi.
Così secondo il pensiero illuminista, l’umanità deve liberarsi dalla nostalgia, come stampella rappresentata dall’idea astratta di un’età dell’oro rappresentata dall’infanzia.
Arthur Schopenhauer, diversamente da Kant, insiste sulla dignità filosofica del desiderio nostalgico.
In tempi più recenti, lo psicanalista Aldo Carotenuto vi individua «un riconoscimento volto a favorire nuovamente lo stringersi del legame con una esperienza distante dall’attuale esistenza» (cit. Il tempo delle emozioni, Bompiani, 2003)
Dalla diagnosi originaria di tentativo di fuga da un luogo, la nostalgia via via viene riconosciuta principalmente come un tentativo di fuga da un sistema: un’ansia oscura, sfuggente, ambigua e capace di paralizzare, pericolosa poiché tentativo di evasione che mette in discussione i caratteri della modernità.
La nostalgia illude, falsifica o ha il potere di rivelare qualcosa?
La nostalgia è spesso su un crinale ambiguo e sdrucciolevole.
Nostalgia e speranza, per esempio, sono due sentimenti in apparente contrasto: la prima è abbarbicata al tempo passato, la seconda si proietta nel tempo futuro. È l’assenza dell’oggetto che ne determina l’insorgere: per la nostalgia, qualcosa che non è più; per la speranza, qualcosa che non è ancora.
A ben vedere invece entrambe hanno in comune il carattere di “sospensione”: l’assenza dell’oggetto determina uno sguardo distaccato sul tempo presente, una mancata adesione alle circostanze, una prospettiva che non si riduce all’orizzonte del visibile.
Altrettanto ambiguo è il concetto della nostalgia delle origini, ovvero il desiderio di tornare in un luogo e in un tempo dell’armonia e della stabilità.
Il mondo paradisiaco dell’origine si contrappone al mondo presente, caratterizzato dall’instabilità, dal mutamento e dalla paura.
La nostalgia dell’origine plasma una concezione del presente come un esilio decadente che ci tiene lontani da una patria originaria e perfetta.
La nostalgia rimanda a un’umanità anteriore ai mali della società civilizzata, in uno sfondo di spontanea bellezza e selvaggia grandiosità in cui la Natura regola il ritmo della vita.
La nostalgia mostra il lato oscuro che si nasconde dietro l’artefatta decenza e la fasulla affabilità degli uomini civilizzati in contrapposizione alla «semplicità dei primi tempi» (cit. Discorso sulle scienze e sulle arti, J.-J. Rousseau, 1750)
Nel pensiero di Rousseau la nostalgia non è solo retorica sulla felicità perduta del passato, ma un’analisi e una spietata critica del presente. La nostalgia non appartiene solo alla sfera individuale, ma assume il carattere di un’esigenza sociale, etica e politica.
L’autentica nostalgia si racchiude nel concetto di nostos, ovvero nel “ritorno” degli eroi nei poemi epici: significa fuga dalla morte, approdi sicuri, ritorno a casa dalla guerra. Dopo questo pericoloso ritorno, una volta a casa gli eroi vengono celebrati e ottengono il kleos, “gloria”.
Così per la società civilizzata il nostos corrisponde al ritornare a essere se stessi, ritornare a essere uomini, ritrovare la propria autentica natura, seppure nascosta in profondità.
Rousseau, quindi, fa appello a un desiderio collettivo, a una nostalgia che non è statica o paralizzante, ma attiva e tendente a ottenere un cambiamento del presente.
Il riferimento all’età dell’oro e allo stato di natura, quindi, si pone come un
ideale che mira a mettere in discussione una società che si crede felice, ma che è
dominata solo dall’apparenza.
La nostalgia, termine in origine coniato per l’esigenza scientifica di definire una malattia, con Rousseau soddisfa un’esigenza diametralmente opposta. Per curare a livello individuale e collettivo una malattia che piaga il presente, la nostalgia è una terapia, una terapia che si rivolge all’“altrove”: un altrove storico, utopico o morale.
Pioggia di ricordi rappresenta sullo schermo questa ricerca di una terapia per lacerare il velo dell’apparente felicità presente e finalmente muovere i primi passi in direzione dell’autentica felicità. È una ricerca che avviene su due livelli: quello individuale per la protagonista Taeko; a livello collettivo nella critica al conformismo della società.
È proprio questo intreccio che, nonostante le differenze di cultura e di tempo, permette di connettersi con l’essenza emotiva dei ricordi di Taeko.
Il viaggio di Taeko alla scoperta di sé durante il film mette in evidenza l’importanza dell’introspezione per la crescita personale: è il nostos per giungere al kleos.
Non è un gioco al massacro in cui i ricordi rimandano a una disillusione del presente e lasciano che si sprofondi in un tempo passato. I ricordi invece fanno parte del presente e indicano una nuova via da seguire.
I ricordi sono come le antiche pietre miliari.
Le pietre miliari, in epoca romana, posti ai lati delle grandi strade indicavano la distanza progressiva dall’inizio di tutte le strade, Roma.
I ricordi sono pietre miliari lungo un percorso al contrario: verso il “centro” e non lontano da esso.
Sono pietre miliari che, ai lati della via della vita, indicano la distanza progressiva dalla felicità, sempre che accettiamo di camminare in avanti e non restare invischiati in un presente di apparenza o, peggio, intrappolati nel passato.
Crescere è un percorso difficile: possiamo perderci, mettendo da parte i sogni e le aspirazioni che ci rendevano felici da bambini. Taeko dimostra che abbiamo bisogno di fermarci e guardare indietro per capire cosa desideriamo veramente per il nostro futuro: attraverso la voce del bambino interiore, spontaneo e senza costrutti, possiamo scoprire il guizzo, il coraggio e la forza per perseguire ciò che ci rende felici.
Pioggia di ricordi pone in evidenza l’importanza della predisposizione all’ascolto, attitudine oggi in disuso e considerata solo ai fini di arricchire fasullamente un curriculum perché “competenza relazionale” ben valutata dalle aziende. Eppure la predisposizione all’ascolto è una pietra angolare per creare sinergia e armonia tra le persone e anche con l’ambiente che ci circonda.
Pioggia di ricordi disattende le aspettative per il genere dei film di animazione ed esplora temi con una ricchezza di sfumature e con una profondità che di solito ci si aspetta da film “live action” di registi di successo consolidato o film “d’autore” o, a volte pretenziosamente, “dessai”.
Come buona parte dei film d’autore, il ritmo del film può risultare “lento”, tuttavia non è imputabile al montaggio o alla regia, ma è naturale conseguenza di ciò che il regista desidera rappresentare sullo schermo.
Isao Takahata, infatti, utilizza il medium per catturare l’essenza dell’ordinario e ci riesce in pieno: la vita quotidiana è fatta di esperienze per lo più banali, reiterate, ricorrenti, di necessità; tuttavia, restano interessanti perché, grazie a una complessa capacità psichica e neurale di assimilazione, vi leghiamo dei ricordi, che ci accompagnano lungo la nostra esistenza.
I ricordi sono un prodotto del nostro passato, modellato non solo da eventi esaltanti o traumatici che alterano la vita, ma anche da una miriade di piccoli, banalissimi eventi quotidiani che nessun altro ricorda, ma sono importanti solo per noi.
Nonostante sia consapevole che è un film alquanto ostico a causa di riferimenti alla cultura e alla storia giapponese e dal ritmo che può risultare “lento”, lo ho apprezzato immensamente e ho sentito l’esigenza di scriverne così diffusamente proprio per via dell’apparente banalità degli eventi della vita, che invece sono importanti nella nostra personale esperienza e formazione. Un esempio di quanto affermo potete leggerlo in Io non ho paura…dei draghi.
Non è una canaglia ma è una brutta bestia ugualmente la nostalgia, di cui si è fatta qui una bella analisi. Comunque i ricordi sono effettivamente imprescindibili, belli e/o brutti.
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Rischia di essere una brutta bestia.Si muove su un terreno insidioso, sdrucciolevole. Come in tutte le cose, sta a noi compiere i passi nella direzione giusta. Farsi impalare nel passato o provare a cambiare il presente per migliorare.
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Sarà anche una brutta bestia, ma credo di non poterne fare a meno. E se non vi sembra troppo folle (e non credo che sia un principio filosofico, perdonate l’ignoranza) io credo anche che la nostalgia possa (e forse debba) alimentare la speranza. Grazie sempre, Red!
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Buono spunto questo del rapporto tra nostalgia e speranza. Infatti, apparentemente sono in contrasto. Se la nostalgia diventa paralisi del presente e ricordo fermo nel passato, non c’è…speranza. Se invece la nostalgia diventa motivo di rimettere in discussione il presente, diventa un motorino di avviamento della speranza. Grazie a te di essere sempre presente e lasciare un commento.
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mescolato con doti riferimenti è un bel post su questo titolo.
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Così per la società civilizzata il nostos corrispond une al ritornare a essere se stessi, ritornare a essere uomini, ritrovare la propria autentica natura, seppure nascosta in profondità.
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Claudio carissimo, sapevo benissimo , ero certa che ciò che avevi scritto mi avrebbe fatto male. Sarei stata colpita e sarei affondata. E allora ho indugiuato fino ad oggi. Mi sono detta che ero pronta ad attraversare il fuoco come una salamandra. Come ho fatto altre volte; non ero predisposta, non ero pronta, ciò che sto vivendo ora, in questo periodo.. mi avrebbe provocato dolore e ” messa in discussione”.
Ma stasera ho deciso che ero pronta a vederlo fino alla fine. Nella sua lentezza ma non di scelta cinematografica piuttosto un’ accompagnarti verso la soluzione a piccoli passi, in piena coscienza. Per ricordare la strada che hai fatto, per ricordare la promessa che hai fatto alla te stessa da bambina, o se vuoi nel mio caso da adolescente. Ché poi nel tempo dimentichi, soffochi con la convenzione del sapere stare nella società, saper rispondere al mondo del lavoro: dove ingoiare è quasi più semplice del lottare per il proprio personale desiderio, obiettivo, immagine di sé. Il proprio personale posto nel mondo diviene saper stare al mondo. È la tua vecchia te ti viene sistematicamente a cercare attraverso odori, gesti e visioni apparentemente impercettibili. Ma il cuore non mente. Mai! Fino alla fine ho sperato che lei tornasse indietro, tornasse alla versione più autentica, se vuoi infantile, ma corrispondente , sincera, intima e profonda di se stessa. e mi ci sono rivista tutta. Ne ho ricevuto l’impatto di due schiaffi, ché è tuttta la vita che non smetto di mettermi in discussione ed eppure di essere fedele a me stessa.
Grazie red
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