Lo slalomista. Gigante? Sì, la sua idiozia.


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Automobilisti maleducati e indisciplinati, davvero brutte bestie. E il mio anatema si è già abbattuto con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno sugli “sciacalli” in scia alle ambulanze e agli stabilmente parcheggiati in doppia fila, ora è il turno degli “slalomisti”. La Mala Educaciónde carretera. Parte tercera.

Roma, 6 novembre che il Signore manda duemilaequattordici anni dopo che suo Figlio è stato trucidato su una croce. Nonostante tutto, il Signore manda questo giorno. La furia degli elementi fuori dalla finestra è segno evidente che lo manda proprio perché si è ricordato di questo increscioso fatto.

Allarme meteo per “bomba d’acqua” (ci attaccano con i gavettoni?!?).

Chiuse le scuole, le autorità sconsigliano l’utilizzo dell’automobile se non strettamente necessario. Io ne ho strettissima necessità: non m’infilo sotto-terra nella metropolitana perché non sono pronto a fare la fine del topo annegato; aspettare l’autobus mentre si scatena il monsone non mi pare un’idea brillante. Infine, data la distanza da percorrere per giungere sul luogo di lavoro, non ho incertezza alcuna nel contravvenire i paternalistici avvertimenti della solerte amministrazione comunale, invero preoccupata di non bissare la figura di mmm…elma della precedente quando la neve mise in ginocchio la città.

M’imbacucco, dico addio alla mia compagna, bacio i bambini, prendo un ombrello con il manico a forma di muso d’anatra (?!) ma – Deo gratias – dai colori sobri. Faccio tanto (poco) per entrare nella parte socialmente accettata di dignitoso “colletto bianco” che si reca al lavoro e poi esco con un ombrello pescato normalmente a caso nel mucchio e che, all’apertura, rivela colori celestino-sbiadito e verde-malattia, ravvivati da una fantasia zig-zagante interrotta da una scritta cubitale “Cassa di Risparmio della Valle del Bisagno”. Non fa “pendant” con nessuna lecita associazione cromatica del vestiario. Johannes Itten si sta rivoltando nella tomba.

Resto sull’uscio del possente portone in legno massiccio. Manovro per aprire l’ombrello mentre con un piede trattengo la pesante anta dal richiudersi rovinosamente sul mio corpo, rendendolo adatto a una pubblicità di famosi prodotti del nonno nazionale Rana (pasta sfogliavelo) o dell’americana Kraft (sottilette). Nel mentre cerco di aprire l’arnese senza che il brutale scatto automatico faccia saltare qualche stecca, un’altra figura si staglia sull’uscio. Un altro inquilino…o Noè.

C’è un muro d’acqua oltre il portone, tutto è immerso in un’ oscurità ovattata e grigia, a terra c’è tanta di quell’acqua che ricorda l’allagamento del’Agro Pontino da parte dei tedeschi nel gennaio del ’44 per rallentare l’avanzata degli Alleati.

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Agro Pontino allagato dai tedeschi (1944)

Provo a condividere il momento con il sopraggiunto inquilino con cui affronterò il guado del giardino fino al cancello di uscita. Cameratismo piovasco.

Sottolineo l’ovvietà della copiosa precipitazione e provo a sdrammatizzare ponendo ad alta voce il dubbio di ritornare vivi a casa-base. La risposta dell’incappucciato inquilino non si fa attendere e, con tono del tipo “che ne sa lei di previsioni meteo e anticicloni?!?”, così si pronuncia: “È solo un acquazzone autunnale, un normale acquazzone autunnale”.

Non molto convinto dalla sicumera mostrata dall’inquilino, muovo i primi passi verso l’uscita. I pantaloni si bagnano nell’esatto istante in cui scendo i gradini, che vanno dal portone al giardino. Varcato il cancello, ai lati della strada, a destra scorre la Dora Baltea e a sinistra la Dora Riparia. Evito pertanto il guado per guadagnare il marciapiede, considerando che dalle grondaie si abbatte sul marciapiede una quantità d’acqua che mi ricorda un viaggio di qualche anno fa: Mosi-oa-Tunya, il fumo che tuona, Victoria Falls.

07_Romba! (Victoria Falls)
Cascate Vittoria, fine agosto 2008, fine della stagione “secca”…vorrei ritornare nella stagione delle piogge per vedere l’effetto che fa. Vengo anch’io. No tu no.

Raggiungo l’auto in condizioni che, al mio confronto, Calimero si sarebbe sentito talmente figo da proporsi come modello per il magazine Abercrombie & Fitch Quarterly. L’entrata in auto so che avrà l’impatto di un gavettone a tradimento, mentre sei steso al sole sulla battigia. Chiudo l’ombrello e tento un numero alla David Copperfield, cioè l’osmosi tra il mio corpo e lo sportello dell’auto. Fallisce miserrimamente. La trasmissione sinaptica va in tilt come un flipper, apro la portiera, chiudo l’ombrello, guadagno con scatto felino l’interno dell’auto, richiudo la portiera più rapidamente di un crotalo, ma di detto serpente rimane solo il tradimento di biblico retaggio: l’ombrello non si chiude completamente, resta quel tanto aperto da incastrarsi nella portiera e così procurare agli interni dell’auto, me compreso, un lavaggio gratis.

Le strade sono semi-deserte. Per buoni dieci minuti non riesco a pensare ad altro: sono in uno di quei film apocalittici dove tu sei l’unico fesso per strada a bordo che della tua bella Chevrolet convertibile del ’70, ignaro dell’imminente bombardamento nucleare mentre il resto della popolazione è nel bunker anti-atomico. KA-BOOOM! Mai, mai scorderai l’attimo, la terra che tremò, l’aria s’incendiò e poi…silenzio.

Il muro d’acqua è compatto, una nebbia che però ha una consistenza fisica e fa rumore mentre l’attraversi. A terra, in alcuni punti è palude Stigia: luogo di pena dantesca per  gli iracondi e gli accidiosi e, se l’Alighieri fosse vissuto nel 2014, ci sarebbero finiti ipso facto tutti gli automobilisti.

Caronte avrebbe qualche grattacapo nel traghettare un’ automobile utilitaria oltre le pozze d’acqua che vanno formandosi. Lo confesso, ho un auto disprezzata dai più, resa impopolare dal parcheggio selvaggio di mamme che accompagnano i propri bimbi a scuola nonché di parvenu che soffrono di dismorfofobia peniena, cioè la “Sindrome da spogliatoio” o sindrome del pene piccolo. Ho un “Suv”, Toyota RAV4, quindi dell’acqua alta me ne potrei fregare. Tuttavia, procedo lentamente e con una palpabile ansia alla guida.

Giungo all’altezza di un punto nevralgico del quadrante nord est della Capitale, il “Ponte Lanciani”: è un viadotto che attraversa la Tangenziale Est e immette su un’altra strada ad alta percorrenza, Via dei Monti Tiburtini. Diverse rampe consentono una diminuzione del volume di traffico sulla tangenziale stessa e un migliore collegamento con la viabilità locale esistente. Balle istituzionali da discorsetto inaugurale del Ponte Lanciani, in realtà è un punto in cui il traffico si fa drammaticamente più intenso. Aumentando la densità di automobilisti per metro quadrato, aumenta la probabilità della presenza di autentici geni al volante. E come il tuono tenea dietro al baleno, ho uno di questi geni a ore 6, attaccato al paraurti. Appartiene alla categoria degli “slalomisti”.

Già l’avevo notato dallo specchietto retrovisore da un po’, è apparso sul mio radar di navigato(re) automobilista come le luminarie della festa del Santo Patrono del paese: autore di un paio di zig-zag tra alcune auto che procedevano lentamente a causa della scarsa visibilità e del rischio di aquaplaning. Lo “slalomista” tipicamente approfitta della distanza di sicurezza che ogni automobilista dovrebbe mantenere per sacrosanta prudenza; lavora di cambio e marce basse, pestando l’acceleratore e il freno a strappo, provando quasi un orgasmo quando riesce a superare, categoricamente sulla destra, scartare a sinistra per rientrare davanti all’avantreno della macchina che un attimo prima lo precedeva e inchiodare a un paio di dita di distanza dal paraurti dell’auto davanti, ferma in coda al semaforo. Il tutto tassativamente senza utilizzare l’apposita leva che attiva un intermittente segnalatore luminoso atto a indicare l’intenzione di cambio di corsia o l’imminente svolta. Freccia? “Arma da getto, in uso dalla più remota antichità a tutto il medioevo, sino all’introduzione delle armi da fuoco, e ancora oggi presso popolazioni primitive e nello sport del tiro con l’arco […]” (cfr. Vocabolario Treccani)

Lo “slalomista” già pregusta la sua prossima vittima allo scattare del verde. Quale verde? Gli basta lo scatto del rosso pedonale per ripetere la stessa schizoide manovra ad alto rischio di tamponamento e relativa catena de li mejo mortacci sua.

Lo inquadro nello specchietto, guida un’utilitaria, carrozzata e motorizzata da sportiva. Quando ero giovane c’era la (Fiat) Uno Turbo, l’unica su cui sperimentare l’emozione della velocità a curvatura. Quando “entrava” di botto il turbo, sembrava di essere alla fine di un episodio di Star Trek: sul ponte dell’Enterprise quando il capitano Kirk ordina tutto soddisfatto a Sulu: “Signor Sulu, velocità warp!”. Ma se volevi sentirti veramente un fighetto, l’auto da scegliere era la Peugeot 205 GTi 1.9, 130 CV sotto il piccolo cofano, da 0 a 100 Km/h in 7,8 secondi: un discreto numero di questa piccola sportiva era sistematicamente stampato contro i pali della luce ai bordi delle strade del mio quartiere. Succedeva a metà degli anni Ottanta, ma l’idiozia non ha data di scadenza.

Sono il primo della fila, lo “slalomista” è pronto a scartare sulla mia destra, ma sono deciso a dare battaglia; infatti, come chi parcheggia in seconda fila o s’infila in scia all’autombulanza a sirene spiegate, lo “slalomista” appartiene a una delle genie del traffico metropolitano, bersaglio delle mie più potenti maledizioni e gratuite volgarità che non oserei ripetere davanti a miei genitori causa sicuro diseredamento e perenne interdizione all’utilizzo dei cognomi di entrambe le famiglie, persino sulla lapide funeraria. Nonostante tale profusione di energie negative, il mio Karma rimane positivo, tale è la potenza catartica di cotanto turpiloquio: è taaanto libbberatorio!

Alla sua rabbiosa accelerazione corrisponde, un mio leggero allargamento sulla destra, a causa di un’improvvisa e improrogabile esigenza di cambiare stazione radio e contemporaneamente accendermi la sigaretta. Vanifico il suo primo tentativo di sorpasso e accelero. Finalmente quel polmone del mio diesel ingrana e ho uno spunto dignitoso in accelerazione. Lo tengo dietro ma ancora per poco, a meno di decidere che è ora di…cambiare corsia. Sto per mettere la freccia a destra, quando scorgo in rapido avvicinamento una massa d’acqua dall’estensione di un piccolo lago di montagna.

Rallento, mantengo il volante dritto e ben saldo tra le mani, scalo la marcia, il freno-motore mi fa rallentare ancora un po’ e mi preparo serenamente a guadare l’improvvisato lago. Lo “slalomista” scatta in avanti, ignaro del trappolone d’acqua. Sul mio viso appare un ghigno sadico. La piccola sportiva di colore bianco non fa in tempo a rallentare, arriva ancora in accelerazione, lo “slalomista” si accorge troppo tardi che, pure con tutti i super-poteri di Mosè, non sarebbe riuscito a separare le acque in tempo e passarci in mezzo.

Mi sorpassa troppo veloce, già lo vedo scivolare sull’acqua come Esther Williams in “Fatta per Amare”, ma senza la sua eleganza. Un aquaplaning che potrebbe finire in una carambola devastante contro il guard-rail di cemento, tale da rendere l’auto irriconoscibile anche alla (casa-)madre e, sopratutto, tale da indurmi a riconsiderare gli “Eventi Schianto” di Burnout Revenge adatti a un bimbo da 1 a 4 anni, quanto un set di (s)montaggio Lego Kids.

Ma il buon Signore quel giorno, oltre a mandare l’acqua come solo Lui sa comandare, invece di fulminarlo come mi sarei aspettato da Giove Pluvio, ne ha pietà e lo ispira a non fargli toccare il freno, a tenere il volante dritto e, non senza una botta di incredibile (para)culo, a evitare uno sfracello di lamiere, che avrebbe irrimediabilmente mandato a ramengo le meritorie intenzioni dell’assessore nel discorso inaugurale di questo Ponte Lanciani, aumentato il volume del traffico sulla tangenziale e mandato in tilt la viabilità locale. L’avevano detto di non prendere l’automobile…

L’auto del soggettazzo plana senza conseguenze, all’entrata nella pozza l’impatto la rallenta vistosamente, alza due ali d’acqua quanto un’orca che spancia sulle onde dopo un poderoso balzo predatorio. Infine, ne esce con una velocità moderatissima. Sopraggiungo in quel momento nella pozza, alzo le mie belle ali, che tanto vorrebbero essere dell’Angelo Sterminatore, ma sono soltanto d’acqua e lo innaffio con l’effetto del richiudersi del Mare Rosso al passaggio del Faraone e del suo esercito.

L’ho visto per pochi istanti ancora nel mio specchietto retrovisore: procedeva a rilento. Credo che abbia visto la sua vita scorrere velocemente davanti agli occhi e i suoi morti scorrere altrettanto velocemente sulle sue labbra.

“Voglio trovare un senso a questa storia
Anche se questa storia un senso non ce l’ha”

Sai che cosa penso?

Questa giornata di pioggia è dedicata a tutti gli “slalomisti”

Onda sonora consigliata: That’s what a rainy day is for (Tony Martin ed Esther Williams in “Easy to Love /Fatta per amare”)

Nelle puntate di versamento di bile precedenti:

La Mala Educaciónde carretera ep.1: Lo sciacallo

La Mala Educaciónde carretera ep.2: Specchietto catafratto

Per chi ama le folli velocità e il suo “sogno nel cassetto” è aprire un’attività di sfasciacarrozze, consiglio una cura a base di Burnout Revenge.

6 pensieri su “Lo slalomista. Gigante? Sì, la sua idiozia.

  1. Fabrizio

    …Sottoscrivo, ovviamente, tutto…Come sempre sei un MITO! E quando anche io riesco(spesso) a mantenere il karma sul segno positivo, riesco perfino a divertirmi con gli slalomisti. Come? Bè, un po’ di anni di esperienza ci son voluti… a riuscir ad adoperare il “sinistro” per frenare….anni ed anni di : ” Colin Mcrae Rally” docet (un bacio lassù). Dapprima con ps1, poi passato alla pratica ( molto precocemente direi… la mejo gioventù “rallysta”… che tempi!!!) …Quindi, ritornado a quella volpe dello slalomista, alla visione(azione) del dito medio, ci fu la reazione, spontanea direi, di adoperare contemporaneamente tutti e due i piedi, mentre vidi dallo specchietto lo sciatore che andò a raccogliere le “racchette” a destra e gli “sci” a sinistra…con la speranza di non trovar più il dito medio….magari andato a finire in qualche tombino…ih…ih..
    p.s. …che mi hai ricordato… QUELLA 205 è stata la mia terza auto…Quando sono andato per fare il passaggio di proprietà per venderla volevo fare “sega”……come non mai! Besosssssss

    F.

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    1. Grazie per questo commento al sapor di “Gioventù bruciata”. Scrivere per se stessi è liberatorio, mi dà soddisfazione, provo piacere, ma il vero godimento è quando riesco a tirare fuori da chi legge la sua esperienza, le sue idee, le sue emozioni, i suoi ricordi! Fabrizio – te lo devo dire – mi ha fatto godere ‘a bbbestia! Se ci cimentiamo a Colin McRae (alludi sicuramente a Colin McRae 2.0 e su PC faceva davvero faville all’epoca, comprai un volante appositamente…) posso tenerti testa, ma quando andiamo nella pratica devo inchinarmi alla tua grande esperienza e conoscenza motoristica. Quando tu eri alla terza auto (mitica 205 anche per me), io potevo guidare l’auto di famiglia, un altrettanto mitica Golf primo modello colore sabbia (cioè beige cammello) Targata NA(poli) N8…da cui il soprannome “NANotto”. Resistenza da tank tedesco di fine ’45, ma prestazioni pure da tank. Quando vuoi fare un sfida a Colin McRae 2.0, lo installo sul PC, monto il volante e scaldo il divano.
      Per farti venire voglia, un paio di immagini della versione PC (la versione PS1 era decisamente inferiore come resa grafica)

      Colin McRae 2.0 (PC): la mitica Lancia Delta
      Colin McRae 2.0 (PC) - Impreza, Focus e mi pare di vedere un angolino rosso di una Peugeot

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  2. Fabrizio

    Su PC non ho mai avuto il piacere…. bè effettivamente un’altra resa. Mi accontento di molto poco anche se ora la ruggine avanza trasformandosi in “ruzza” e quella di (cricchetto) mi fa un baffo….ma mi riprenderò, promesso a me stesso….
    La Golf è sempre la Golf…praticamente, per certi versi , un punto d’arrivo.

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    1. Non sottovalutare Cricchetto & soci. Se un joypad è conteso da un bimbo e un adulto, si applica la 4 regola del decalogo descritto in tempi non sospetti: I bambini piccoli sono…piccoli, non fessi.
      Sono serenamente rassegnato a infilare in una console un “gioco delle macchine” come CARS 2 pure di riappropriarmi del joypad ed evitare che la console prenda solo la polvere e diventi un “costoso, ingobrante, inutile e pure brutto soprammobile” (letto nel pensioero della consorte). Il “gioco per bambini” sta al videogamer come il metadone sta al tossico dipendente.

      Nota da golfista: grande auto, nulla da dire a parte il colore che ci venne imposto dal concessionario dopo che aspettammo mesi e mesi. Il colore scelto all’unanimità dalla famiglia era un rosso scuro Bordeaux. Mio padre si arrese – suo malgrado – al colore “sabbia” poco prima dell’estate. La Golf ha il mio massimo rispetto anche perchè è stata la prima che ho guidato, per giunta nel caos del traffico di Napoli. Niente servosterzo, niente finestrini elettrici, niente ABS all’epoca: spartana al punto che pure gli spartani ci avrebbero messo qualche optional.

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  3. Caro Red questo racconto mi ha fatto molto sorridere all’inizio, come solo tu riesci.
    Poi mi ha ricordato il motivo per cui non guido, troppa ansia, troppa rabbia, gli occhi che non bastano mai. Mi è sembrato di vederti nel tuo ghigno finale : non cattivo ma con una buona dose di “cazzimma” napoletana, quello sì 🙂 la malaeducation è intorno a noi… per fortuna c’è il dio dell’universo che ci osserva.

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    1. No cattiveria, no! La cazzimma neanche, quella ce n’è in questo post della stessa rubrichetta:

      Specchietto catafratto

      Ma veniamo a questi ggggenio. Il lago in mezzo alla strada è la prova che Dio c’è e a volte gli gira male pure.a lui: la punizione per l’arroganza del faraone, le acque si richiudono al suo passaggio Il Signore da’, il Signore toglie, ma il Signore è immensamente buono e lo salva, anche perché mica era il faraone, era solo un disgraziato, un grandissimo disgraziato.
      Il tuo sorriso è grande ricompensa per questo scribacchino. Toda! Shalom!

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