A spasso con l’Alieno #4 – Primi passi nei videogiochi


I primi passi degli Alieni nella letteratura, nel cinema e nei videogiochi

E se gli alieni fossero giunti sulla Terra in pace?

Nei videogiochi, questa ipotesi non è lontanamente presa in considerazione. Almeno per buona parte dei suoi inizi.

È il 1978 e la società giapponese Taito Corporation distribuisce nelle sale-giochi Space Invaders.

Space Invaders non è il primo videogioco in cui si spara, è di gran lunga più famoso e il più giocato.

Progettato al MIT tra il 1961 e il 1962, in Spacewar! vince  il “round” il primo che riesce a colpire l’avversario con un missile. Questo videogioco rimane confinato nell’ambiente accademico e raggiunge le sale-giochi solo nel 1977 con il titolo Space Wars.

Ispirato a Spacewar!, nel 1971 Computer Space è il primo cabinato a gettoni. In questo gioco il giocatore controlla un’astronave con l’obiettivo di colpire una coppia di dischi volanti, evitando al contempo il loro fuoco. 

Computer Space è anche il primo videogioco ad apparire in un film: nel 1973 in Soylent Green è presente un cabinato, unico esemplare di colore bianco mai prodotto, presentato come un oggetto del divertimento del futuro (il film è ambientato nel 2022). Tuttavia Computer Space non è un successo commerciale.

Computer Space nel film Soylent Green, ma come videogioco non fu un successo commerciale

Nel 1978 Space Invaders viene distribuito in Giappone e negli Stati Uniti d’America. L’anno dopo invade anche i nostri lidi, distribuito da SIDAM con il titolo troncato, soltanto “Invasion”. Il mio primo contatto con questi invasori alieni è stato d’estate all’esterno di un bar di un lido balneare, l’unico presente per diversi chilometri di lungomare. È stato il mio “D-Day” da videogiocatore.

Space Invaders ha un enorme successo dovunque e diventa in breve, non soltanto un’icona dei videogiochi, ma anche un’icona della cultura popolare.

Space Invaders in esposizione al MOMA, “A Collection of Ideas”, Feb.15, 2014–Jan.11, 2015. IN2276.17. Photograph by Thomas Griesel

Anche chi non ha mai giocato al cabinato originale, si è imbattuto sicuramente in uno dei suoi tanti cloni. Tra questi ultimi è da citare Pepsi Invaders, il primo esempio di “advergame”, cioè un videogioco progettato appositamente per fini pubblicitari.

Pepsi Invaders è un videogioco per la console Atari VCS commissionato ad Atari da The Coca Cola Company e distribuito esclusivamente in una riunione della sua forza vendita nel 1983. In Pepsi Invaders il giocatore deve distruggere una formazione di “invasori” che hanno però un aspetto familiare: sono le lettere che compongono la scritta “PEPSI”. Le centoventicinque copie prodotte fanno di Pepsi Invaders  uno dei videogiochi più rari in assoluto.

Pepsi Invader è un videogioco creato per motivare la forza vendita della Coca Cola

Il primo contatto con l’alieno nei videogiochi non è dunque dei migliori.

In Space Invaders il messaggio è elementare quanto lo è la grafica: l’unica opzione è spazzarli via dallo schermo.

Se nella letteratura e nel cinema esistono motivazioni, più o meno dettagliate, dell’invasione, in Space Invaders non ve n’è traccia: il giocatore sa solo che gli invasori devono essere distrutti, sparare e distruggere è ciò che conta.

Se nella letteratura e nel cinema l’esito del conflitto è spesso a favore dell’umanità, in Space Invaders si ritarda solo l’inevitabile: il  giocatore può solo difendersi fino a esaurire la sua scorta di cannoni. 

Nella letteratura e nel cinema si assiste a un’evoluzione sia del concetto di alieno sia del primo contatto o delle successive interazioni: dapprima di natura prettamente competitiva e conflittuale, poi di comunione e reciproca collaborazione. I videogiochi che seguono Space Invaders, da Star Raiders a Galaxian, da Defender a Galaga, da Moon Patrol a Phoenix e Scramble, non accennano nemmeno a una tregua temporanea: è un genocidio di pixel!

La motivazione di tanta brutalità contro l’alieno è nelle dichiarazioni di Tomohiro Nishikado, il creatore di Space Invaders:

“It wasn’t Star Wars that led to the outer space theme,” he explains. “Initially I started with tanks, then tried warships and warplanes – but the movement and animation didn’t match the game. After much trial and error, by far the best match were soldiers, but shooting people was frowned upon. It was at this time, while I was stuck for an alternative, I chanced upon Star Wars and realised I could use aliens because no one would complain about shooting them. For the actual design of the aliens, I took inspiration from HG Wells’s octopus-like Martian design.”

Estratto da: Space Invaders at 40: ‘I tried soldiers, but shooting people was frowned upon’, The Guardian, 04/06/2018

Non è stato Star Wars a ispirare il tema dello spazio “, [Tomohiro Nishikado] spiega. “All’origine ho iniziato utilizzando carri armati, poi ho provato navi e aerei da guerra, ma il movimento e l’animazione non erano adatti al gioco. Dopo molte prove ed errori, la migliore scelta possibile era utilizzare dei soldati, ma sparare a delle persone era malvisto. È stato in quel momento, mentre ero bloccato nella ricerca di un’alternativa, che mi sono imbattuto in Star Wars e ho capito che potevo usare gli alieni perché nessuno si sarebbe lamentato di sparargli contro. Per il design degli alieni, mi sono ispirato al design delle piovre marziane di H.G. Wells. “

A partire da Space Invaders, nel nome del Videogioco, gli alieni sono stati mandati al massacro su uno schermo più di quanto abbia fatto la Chiesa con le masse di fedeli per liberare la Terra Santa. All’alieno calza a pennello la canzone Pietre, presentata con successo al Festival di Sanremo del 1967 da Antoine e Gian Pieretti:

Tu sei buono e ti tirano le pietre
Sei cattivo e ti tirano le pietre
Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai,
sempre pietre in faccia prenderai

Un punto in comune tra videogioco, cinema e letteratura però esiste: così come in questi ultimi media l’alieno è spesso un espediente per la rappresentazione delle paure più profonde dell’uomo, altrettanto lo è Space Invaders per l’America e l’Occidente in generale.

La pubblicazione di Space Invaders è l’inizio di un’invasione reale: un’invasione culturale ed economica di Stati Uniti e Occidente da parte del Giappone; un’invasione “aliena” a tutti gli effetti poiché alcuni aspetti della cultura giapponese, così differenti dal canone occidentale, sono considerati “alieni” da molti europei e statunitensi.

Due culture apparentemente inconciliabili, l’individualismo americano contro il forte senso di collettività della cultura giapponese. Una tensione che si manifesta anche nei media: nel 1986 il film Gung Ho, diretto da Ron Howard, è una commedia che affronta i temi delicati della diversa concezione della vita e del lavoro. È la storia di una fabbrica di automobili di Hadleyville in Pennsylvania in una crisi così grave da minacciare la sopravvivenza stessa della città. Gli americani giocano il tutto per tutto cercando di convincere un’importante azienda giapponese a rilevare lo stabilimento e ridare il lavoro ai dipendenti americani.

Gung Ho (1986), diretto da Ron Howard, con protagonista Michael Keaton

Gung Ho è la dimostrazione del sentimento anti-giapponese ancora radicato nell’immaginario collettivo europeo e specialmente statunitense, alimentato da una riproposizione senza soluzione di continuità dell’immagine bellica del Giappone come nemico spietato.

Un antico adagio recita “pecunia non olet” e trova applicazione anche nei videogiochi: l’americana Atari utilizza il gioco giapponese Space Invaders per vendere la propria console agli americani.

“Nessun altro videogioco è all’altezza di Atari”. Per dimostrarlo, tra i tantissimi giochi disponibili, sullo schermo è mostrato Space Invaders

Dopo Space Invaders, il mercato dei videogiochi viene trainato dalle produzioni giapponesi, che sviluppano enormi ricavi e attirano una moltitudine di aziende nella produzione di videogiochi.

Space Invaders è il videogioco più venduto e il “prodotto di intrattenimento” con i maggiori incassi dell’epoca: nel 1982, si stima abbia incassato 3,8 miliardi di dollari con un utile netto di 450 milioni di dollari. Adeguato all’inflazione, si stima che tutte le versioni del gioco fino al 2016 abbiano incassato oltre tredici miliardi di ricavi totali, rendendolo così il videogioco con il maggior incasso di tutti i tempi.

Tutti desiderano acquistare la console americana Atari VCS perché vogliono giocare alla versione domestica di un gioco giapponese: Space Invaders.

Mattel Electronics, concorrente di Atari, non essendosi aggiudicata i diritti di utilizzo di Space Invaders, non può fare a meno di pubblicarne un clone per la sua console Intellivision: Space Armada.

Appena qualche anno più tardi, nel 1983 sopraggiunge una profonda crisi che mette in discussione la stessa sopravvivenza di questo giovane medium. Delle tre aziende statunitensi leader del mercato del videogioco domestico, cioè Coleco, Mattel Electronics e Atari, sopravvive a stento solo quest’ultima.

Dopo due anni, nel 1985, è ancora un’azienda giapponese, Nintendo, a “invadere” le case degli americani (e non solo) con la console Famicom, distribuita come “Nintendo Entertainment System” (NES). Nintendo, grazie anche a un idraulico di origini italiane, diventa sinonimo di videogioco e il mercato decolla definitivamente. Oggi è un medium noto e diffuso quanto la letteratura e il cinema.

Pong, Breakout, Space Invaders e Pac-Man sono le pietre-miliari del moderno videogioco.

Pong e Breakout sono addirittura poco noti con i loro titoli: tuttavia, se vengono citati come “il gioco del tennis” o “il gioco dei mattoncini” immediatamente sono riconosciuti anche da coloro che hanno vissuto quel periodo senza nutrire alcun interesse per i videogiochi. Space Invaders e Pac-Man sono archetipi che hanno originato un numero elevatissimo di videogiochi per moltissimi anni a seguire. Entrambi sono giochi di origine giapponese.

Nella letteratura e nel cinema, i primi passi mossi dall’alieno sono stati timidi, incerti: sono stati necessari diversi anni perché prendesse forma il concetto stesso di alieno;  nei videogiochi il contributo degli alieni è fin dall’inizio importante, essenziale.

In passato e in altri media, l’invasione degli alieni ha prediletto luoghi come gli Stati Uniti e il Regno Unito, generando distruzioni, un’umanità sull’orlo dell’estinzione e perfino reali ondate di panico. Nel passaggio ai monitor e alle televisioni, l’invasione ha origine in Giappone e si diffonde in tutto il mondo, generando uno stuolo di improvvisati eroi solitari a bordo di astronavi o altri avveniristici mezzi con una potenza di fuoco sempre più devastante, lo sterminio senza alcuna pietà di intere generazioni di pixel alieni e la prosperità di molte aziende nel mondo reale.   

Alla  fine degli anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta la fantascienza con protagonisti gli alieni vive un momento di particolare grazia: 

Il passaggio dal grande al piccolo schermo, così come accade dalla carta alla pellicola, genera risultati non sempre esaltanti, soprattutto nel passaggio della versione da sala-giochi (“arcade”) a quella da casa.

Gli “arcade” di Star Wars (1983)e di Empire Strikes Back (1985), prodotti da Atari, restituiscono con buona approssimazione le emozioni del combattimento a bordo di un caccia stellare visti nei film. Nei due anni successivi seguono le conversioni per numerose console e home computer. Soltanto quattro anni dopo, nel 1987, le versioni per home computer Commodore Amiga e Atari ST riescono a restituire un’esperienza simile a quella della sala-giochi.

Star Wars di Atari sfoggia una grafica vettoriale – per l’epoca – da urlo.

L’universo di Star Trek è rappresentato nei videogiochi fin dal 1971, spaziando per ogni  genere possibile, dall’azione frenetica ai più pacati ritmi dell’avventura. I risultati sono altrettanto assortiti. Il primo videogioco “arcade” con licenza ufficiale della saga è Star Trek: Strategic Operations Simulator, pubblicato dalla giapponese Sega nel 1983.

La conversione per console Colecovision è uno dei miei preferiti in assoluto di quell’epoca pioneristica del videogioco domestico, tanto da vedere immortalato su una famosa rivista di videogiochi dell’epoca il mio nome accanto al record nazionale (leggi: Momenti di gloria videoludica #2: I miei record!).

Pure essendo uno sparatutto in cui conta rapidità e precisione di fuoco, per la sopravvivenza è essenziale la gestione di molteplici aspetti: gli scudi, i siluri fotonici, la velocità “Warp” e la scelta della sequenza delle navi Klingon da distruggere. Si tratta di un accenno di strategia coerente con lo spirito “arcade”: valutazione della situazione sullo schermo a colpo d’occhio e scelte fatte in pochi secondi.

Anche la pietra miliare del genere “sci-fi horror”, Alien, riceve le attenzioni degli sviluppatori di videogiochi e nel 1982 si contano almeno tre giochi che vi si ispirano:

Quale dei tre può fregiarsi del titolo di primo videogioco della saga di Alien?

In tutta onestà mi rendo conto che è una domanda di archeologia video-ludica la cui risposta interessa a pochi, anche tra i videogiocatori. Tuttavia, la ricerca è stata inaspettatamente ardua e i risultati si sono rivelati assai interessanti: è uno di quei casi in cui le informazioni sono di difficile reperimento a causa di una stratificazione di “sentito dire” e “opinioni personali”, che a furia di “copia e incolla” senza ricercarne la fonte, sono diventate “autentiche”.

Seguitemi e scoprirete la verità sull’origine video-ludica dello xenomorfo più famoso dell’Universo e il vero orrore nascosto tra i bit di questi vecchi giochi.

Nel prossimo episodio di Escono dai fottuti pixel!  farò luce su questo mistero di archeologia video-ludica.  

29 pensieri su “A spasso con l’Alieno #4 – Primi passi nei videogiochi

  1. Mmmmm sai che se chiudi il pezzo promettendo una ghiotta ricerca mi mandi a nozze!!! Solo che ora la voglio subbbbito! ^_^
    Scherzi a parte, bel viaggio e sai che non riesco a decidermi su quale versione di “Space Invaders” ho giocato fino allo sfinimento sul Commodore64? A caldo ti avrei detto l’originale, ma la schermata che mostri di “Space Armada” mi fa dubitare. Però la parola “armada” non la ricordo, credo ci fosse scritto “invaders” ma parliamo di quasi quarant’anni fa e non posso esserne sicuro.
    Credo anche mi sia passato per le mani il gioco di Star Trek, ma quel tipo di avventura grafica proprio non lo sopportavo: malgrado io sia nato trekie, temo di averlo mollato subito. (Il mio primo gioco trekie vero è stato nel 1991 con “The 25° Anniversary”, avventura cerca e clicca in cui non ero capace ma la grafica era eccezionale!)

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    1. La ricerca non ti deluderà. Ma saremo in pochi ad apprezzarla perché è veramente archeologia video-ludica. Poiché riguarda anche il nostro xenomorfo preferito ho fondati motivi che ti appassionerà come lo ha fatto con me. Peraltro, dopo avere trascorso molto tempo a scandagliare la Rete, permettimi la presunzione che non ce n’è una così dettagliata e che giunge a conclusioni quantomeno ragionate e mediate da più fonti. Insomma, un’anteprima mondiale, tiè crepi l’umiltà! 😉
      Space Invaders su C64 ha avuto una miriade di cloni. Dal cenno del titolo, potrebbe essere Invade-A-Load o, più probabilmente, Invaders 64, gioco pubblicato in edicola nelle cassette-rivista. oppure potrebbe anche essere il clone “ufficiale” prodotto dalla stessa Commodore: Avenger, pubblicato prima su cartuccia per VIC-20 e poi per C64.

      Sui giochi di Star Trek considera che la cartuccia per Colecovision di cui ho scritto rimane per lungo tempo l’unico gioco di azione, con licenza ufficiale, in cui sei al comando dell’Enterprise. Star Trek: Starfleet Academy viene infatti pubblicato nel 1997.
      Nel mezzo una moltitudine di dimenticabili avventure, per lo più testuali, fino a quelle “punta e clicca” di ottima qualità e fedeli allo spirito trekkiano, che hai anche citato, cioè Star Trek: 25th Anniversary e la successiva Judgment Rites. In pratica dieci anni di nulla video-ludico per una delle saghe più importanti della fantascienza.

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      1. Da “ricercatore nella Rete”, condivido pienamente: ci sono dei buchi enormi, fatti di gente che cita robe solo per sentito dire e quindi è facile scoprire che nessuno ha mai fatto seriamente una ricerca ragionata, che non si basi su voci di corridoio. A volte rimani a bocca aperta: un argomento di interesse mondiale che però nessuno ha mai approfondito! Com’è possibile? E’ la triste forza del ripetere a pappagallo: succede alle biografie dei grandi nomi della storia, figuriamoci in argomenti minori 😛
        Andare a cercare una data ufficiale e confrontarla con le altre date è una pratica ignota, e non parlo di archeologia: a volte basta premere un tasto, ma non ce la fanno. Ancora oggi, 2020, ci sono giornalisti accreditati che scrivono su riviste specialistiche patinate di grande tiratura che il teschio alieno nella nave di “Predator 2” ha dato vita al fenomeno al fenomeno “Alien vs Predator”: ma davvero le minchiate su Wikipedia sono diventate fonte attendibile? È così facile confrontare le date che bisogna essere pigri totali per non farlo, ed è proprio ciò che sono i giornalisti! 😀
        Figuriamoci per questioni molto più sottili e di difficile reperimento.

        La memoria non mi aiuta, non so da dove arrivasse la mia copia di Invaders, quasi sicuramente l’ho copiata da qualche compagno di scuola elementare: gli acquisti di giochi in edicola era pratica estremamente rara per me, non avendo all’epoca neanche una paghetta. Io ricordo la scritta “Space Invaders”, ma potrei benissimo aver costruito un ricordo falso in anni successivi…

        Ho molto amato Star Trek 25° ma non come gioco, visto che ci ho messo tipo un anno per completare il primo livello e non sono più riuscito ad andare avanti, ma come grafica: muovevo i primi passi nella grafica, da Paintbrush a Paint Shop Pro fino a CorelDraw! e le schermate di quel gioco le ho molto lavorate. Kirk a quadrettoni era mitico ^_^
        Star Trek è una saga strana, è famosa ma solo a chiacchiere: appena vai a fare una ricerca un po’ più serie – come mi è capitato in questo periodo – scopri che c’è il vuoto totale: c’è solo una massa di fan ciechi e pigri che ripete cose a casaccio senza avere la minima idea di ciò che sta dicendo. Malgrado una finta apparenza di “universo” (dove però ognuno dice quel che gli pare, altro che continuity!) c’è solo tanto qualunquismo e ben poche informazioni sicure da parte di fonti ufficiali. Non mi stupisce che dal punto di vista video-ludico sia alquanto carente: un estraneo come me ha visto passare decine di giochi di Star Wars, ma non ricordo un solo gioco trekie dopo il 25°! Mi sa che non fanno molta pubblicità…

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        1. Sì, anche io rimango sorpreso delle evidenti incongruenze od omissioni che con un minimo di “metodo critico” vengono a galla nel mare magnum della Rete. Nella stesura di Batmancito, alla ricerca di fonti e informazioni sul pantheon maya, per esempio ho trovato delle differenze tra le stesse pagine di Wikipedia, che è ormai più accreditata della Treccani dei tempi (nostri) delle voluminose e pesanti enciclopedie immancabili sulle librerie. Se non avevi un’enciclopedia ti sentivi un “minus habens”, era un acquisto obbligato per la formazione dei propri figli per qualunque genitore. Ebbene le pagine in spagnolo si sono rivelate una fonte ricchissima di informazioni e link da esplorare e utili per verificare le fonti. Pure non parlando spagnolo, grazie agli strumenti in Rete e a un po’ di studio, riesco a capire la gran parte dei contenuti. Le pagine Wikipedia in inglese dello stesso argomento sono meno ricche e precise, tendono a una sintesi e in qualche modo ne danno una versione filtrata. Nelle stesse pagine in italiano, si ha una sintesi estrema, omissioni e in alcuni casi errori marchiani di traduzione o interpretazione del testo (dall’inglese). Dei giornalisti arruffoni e pressapochisti, se non addirittura in malafede, sai già come la penso visto che mi hai seguito nella mia lunga serie di post sulla presunta istigazione alla violenza dei videogiochi. Se vuoi. è proprio questa superficialità e mercenarismo dei giornalisti che ne ha decretato il loro declino in termini sia di vendite di giornali e riviste, sia di credibilità (“reputation”) a favore della Rete e dei social network. Praticamente si sono fatti un autogol e continuano a farlo citando alla cieca come fonti i vari FaceBook, Twitter e compagnia “asociale”.
          L’universo di Star Trek per me è una base fondamentale della fantascienza, è quel cambiamento evolutivo nell’approccio all’alieno, non più “competitivo” ma “collaborativo”, di inclusione e integrazione, che avviene nella letteratura e nel cinema e che io ho vissuto a partire soprattutto dagli anni Ottanta. Sebbene non sia un appassionato di tutte le serie e film di Star Trek, è una pietra angolare della mia formazione. La storia dei videogiochi di Star Trek è influenzata essenzialmente da una questione di diritti di utilizzo e liti legali. I videogiochi di Star Trek si concentrano in un quinquennio, tra il 1997 e il 2003, per lo più RTS e strategici-gestionali 4X. Il secondo Star Trek: Elite Force, uno dei rari FPS di Star Trek, è del 2003. Da tale anno a oggi, una manciata di titoli mediocri e solo due soli titoli degni di menzione, ma unicamente per il videogiocatore trekker “a rota”: Star Trek Legacy, un RTS che vira all’azione, e Star Trek, avventura in terza persona ambientato tra i film di J.J. Abrams, Star Trek e Star Trek Into Darkness. Quest’ultimo è del 2013. Sono trascorsi altri sette anni con il nulla in mezzo. Un potenziale video-ludico elevato, ma poco e male sfruttato nella pratica. Paramount evidentemente non crede in questo medium. Star Wars, tra alti e bassi, ha avuto sicuramente migliore fortuna e successo nei tanti adattamenti video-ludici.

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          1. Parole sante, sui giornalisti, che ormai ripetono solo quello che leggono su Wikipedia rendendo ancora più inutile tutto ciò che scrivono.
            Da ex Wikipediano d’annata non posso che dispiacermi per il livello di qualunquismo raggiunto dalla versione italiana, che ignoro quasi sempre – mi è comoda giusto per l’ordine degli episodi delle serie TV, ma anche lì non è mai affidabile! – preferendo quella inglese per le cose inglesi ma sempre solo come trampolino, poi per fortuna ci sono tanti buoni database e fonti molto più precise da consultare, per non parlare degli appassionati, che fanno lavori di ricerca che pure la Treccani si sognerebbe! 😀

            E’ un peccato che Star Trek non abbia sfruttato l’epoca gli sparatutto: la Total Conversion di Doom era deliziosa, i fan hanno fatto ottimi lavori al posto delle fonti ufficiali!
            Forse alla Paramount non andava di impelagarsi coi diritti per i giochi, e preferiva i libri, anche perché la Pocket Books era dello stesso proprietario! Forse per questo esiste un oceano di libri di Trek, che dal 1970 ad oggi non si è mai fermato, costati sicuramente meno di pochi grandi giochi fatti bene.
            Ogni tanto mi arriva la pubblicità di un’app di un gioco di ruolo Trek, ma i giochi per app per lo più sono modi per chiederti soldi e mi sono stufato di seguirli 😛

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            1. “Pochi ma buoni” si applica agli sparatutto in prima persona di Star Trek.
              Per iniziare l’ottimo Star Trek Klingon Honor Guard: rimane nei miei ricordi tra i migliori FPS di fine anni Novanta.
              Nei primi anni Duemila altri due FPS: Star Trek Voyager Elite Force e il successivo Star Trek Elite Force II (ambientato nell’universo di Next Generation). Sono entrambi validi rappresentanti del genere FPS. Il primo in particolare è sviluppato sul motore grafico di Quake III Arena da Raven Sofware, uno sviluppatore esperto dei motori grafici di id Software (oggi è uno dei team principali della serie plurimilionaria Call of Duty)
              Paramount non è interessata a entrare nel mercato dei videogiochi: perché investire e rischiare, quando invece può ottenere profitti vendendo diritti e licenze. Dal 2008 Paramount ha una divisione dedicata ai videogiochi, ma è focalizzata sui segmenti “casual”, portatile e mobile.

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  2. Pepsi Invaders mi è nuovo! Comunque è stato molto interessante questo articolo, sembra letteralmente un estratto di una tesi sul mondo dei videogiochi. Ho trovato anche interessante il motivo per cui nel videogioco vennero messi gli alieni: sparare agli umani no ma ad altre forme di vita intelligenti va benissimo. C’è qualcosa che non quadra in tutto ciò XD
    Anche se in realtà capisco il ragionamento visto anche i tempi. Ottimo articolo è scusa se non sono stato molto presente nel tuo blog!

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    1. Prima di tutto non c’è motivo di scusarsi, davvero. Mi fa molto piacere che sei ritornato a leggere e commentare. Da una parte mi lusinga il fatto che lo consideri “un estratto di una tesi”, dall’altra dici che sto diventando troppo “serio” o perfino pedante? 😉
      Per la serie quanto ce ne frega se gli alieni schiattano, ricordo un gioco per Amiga: Better dead than alien. Rende l’idea della strada in salita per l'”emancipazione” aliena nei videogiochi.

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    1. Pepsi Invaders, per la sua genesi di “advergame”, non destinato alla commercializzazione, per il numero esiguo di copie prodotte, per essere un puro clone di Space Invaders, è poco più di una “curiosità” video-ludica. Una “spigolatura” per parafrasare la rubrica della Settimana Enigmistica. Insomma, prodotto dimenticabile e dimenticato, che vive solo grazie a degli scriteriati che sono disposti a spendere oltre mille dollari per un clone di Space Invaders su cartuccia.

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    1. Grazie cara, non smetterò mai di ripetere che la mia più grande gratifica è riuscire a trasmettere la passione dei videogiochi a chi invece ne è estraneo. Non intendo “convertirlo”, ma soltanto trasmettere informazioni che evitino pregiudizi.
      Non so se una raccolta gioverebbe alla lettura, probabilmente scatenerebbe un’onda di sbadigli. Un gettone alla volta, si entra nella “Hall of Fame” e magari si può aspirare al “Top Score”. Grazie mille!

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  3. Denis

    Forse il primo gioco che cita la parola Alien e questo Arcade da bar giapponese Heiankyo Alien che venne un port nel 1990 su Gameboy.
    Il primo dei tre Alien degli anni’80 e quello giapponese Uchuu Yusousen Nostromo per NEC PC-6001 uscito il 31 dicembre del 1981 sicuramente solo in Giappone.

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    1. Non rovino la “sorpresa” rispondendo, ma ti dico solo che quella data del 31 dicembre 1981, riportata da più fonti sulla Rete, non è precisa perché esistono due versioni di Nostromo, una antecedente al dicembre 1981 e una posteriore.
      Heyanko Alien contiene la parola “alien” ma ha un blando riferimento al film (hanno modificato gli sprite da “scarafaggi” ad alieni in concomitanza con la proiezione del film). È la storia di un’ invasione aliena e il giocatore ha il compito di fare quello che può per combatterla. Ha più punti di contatto con Space Invaders che con Alien. Nostromo, per quanto rozzi (nel senso di non rifiniti per limiti tecnici) ed elementari, presenta elementi che colgono lo spirito del film. Al prossimo post tutti i dettagli.

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  4. Attendevo questa puntata con trepidazione e finalmente ho avuto il tempo giusto da dedicare alla lettura. Ottimo approfondimento come sempre. Quando parli di archeologia videoludica non sbagli perchè è l’operazione che ha fatto Baricco nel suo saggio The game e scavando scavando ha trovato proprio il cabinato di Space Invaders. Ed è proprio da lì che fa partire la cosiddetta società digitale. Ma questo è un altro discorso. Se non sbaglio nel nuovo documentario High Score su Netflix c’è proprio una puntata dedicata alla campionessa mondiale di Space Invaders.

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    1. Mi fa piacere che non ho deluso le aspettative. Si Space Invaders si è scritto tantissimo e ho perciò voluto dargli un “taglio” differente, il punto di vista dell’alieno, il suo primo contatto con i videogiochi, che a sua volta è un primo contatto del medium. L’impatto in effetti è stato di portata epocale e concordo con la tua citazione di Baricco. Il libro “Japansoft. An oral history” raccoglie una serie di interviste agli sviluppatori giapponesi dalle quali è evidente l’influenza di Space Invaders, che li spinse a interessarsi di programmazione e a creare i primi videogiochi. Il successo di Space Invaders ha avuto un’influenza assai più ampia, non solo nei videogiochi. Insomma dobbiamo ringraziare anche gli alieni 😜.
      Non ho ancora visto High Score, ma a breve colmerò questa lacuna.

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