La mia prima Sega Ep. #2 (non è un racconto erotico)


Segue da [Ep.#1]  Quelli che aspettavano la Sega Mega Drive

Shock the Monkey – Peter Gabriel (1982). Nel caso di cui qui si va a raccontare le parti sono invertite: “shocked by the monkey”
Una fottuta scimmia di nome Hype

La “scimmia” era ormai scatenata e, saldamente aggrappata sul groppone, non faceva che urlarmi “Sega Mega Drive! Sega Mega Drive!“.

Non prendetemi per pazzo, ma questa scimmia esiste per davvero ed è nota alle aziende seriamente intenzionate ad assicurarsi che i nostri quattrini migrino dai nostri conti bancari ai loro. Questa scimmia è istruita e allenata dai reparti di marketing e comunicazione pubblicitaria, il suo nome è Hype.

“Hype” è un termine dello slang statunitense con una lunga storia, difficilmente traducibile con un unico termine nella nostra lingua senza perderne le sfumature. Sono infatti tanti e vari i significati che emergono e scompaiono nel corso degli anni che è difficile identificare l’etimo con assoluta certezza. Tuttavia la più accreditata origine è nel termine “hypodermic (needle)”, i comuni aghi ipodermici per le siringhe.

Una delle prime variazioni nel significato è del 1924: si utilizza per indicare un tossico-dipendente da eroina o morfina; nel corso degli anni assume un numero di significati notevole: truffa (1925), un improvviso e solitamente temporaneo rialzo dei prezzi al dettaglio (1926), una storia raccontata con esagerazione e allo scopo di ingannare (1938), una campagna o annuncio pubblicitari aggressivi (1958).

Utilizzato come aggettivo assume il significato di “fraudolento” (1978) o “impressionante” e “straordinario” (1989); come verbo, ingannare o imbrogliare (1914) e, nella forma “hype up”, iniettare con ago ipodermico (1938), rendere più eccitante qualcosa (1942) o più eccitato qualcuno (1946), sovrapprezzare una merce (1950), promuovere aggressivamente (1959).

Fonte e più dettagli in: Origin of "Hype"

Il significato associato a esagerazione, promozione aggressiva e comportamento maniacale o sovraeccitato è il ritrattto sputato della scimmia che avevo in groppa: non si sarebbe certo placata lanciandole banane o arachidi. A meno che fosse stata istruita da Ciquita o dall’Uomo del Monte.

Solo io potevo sentire questa fottuta scimmia e non potevo condividerne il peso con nessuno dei miei familiari.

A casa già erano in pianta stabile due console, Mattel Intellivision e CBS ColecoVision e, dopo la dipartita del Coleco Adam a causa di un improvviso “burn in”, un computer Commodore Amiga 500.

Quest’ ultimo aveva causato parecchi attriti con i miei genitori, convinti che fosse l’ennesimo videogioco e quindi superfluo visto che già ne avevo due: il fatto che fossero obsoleti e superati da almeno un paio di generazioni chiaramente non era un argomento spendibile.

La battaglia fu lunga e aspramente combattuta, una battaglia di logoramento con improvvisi quanto feroci assalti. Per quanto fosse forte il mio impeto, non credo di avere minimamente scalfito le “posizioni” dei miei genitori, tuttavia alla fine si giunse alla pace con l’acquisto di un’Amiga 500: è stata sì una magnifica piattaforma per i videogiochi, ma anche un formidabile stimolo per imparare l’inglese (senza costosi corsi) e arricchire la mia formazione informatica, iniziata con l’Adam, grazie al Basic, simile all’Applesoft, e allo Smart Logo, un linguaggio progettato espressamente per la didattica di programmazione, con cui realizzai il mio primo e unico videogioco.

Grazie all’Amiga 500 appresi i primi rudimenti di grafica al computer e anche di creazione e montaggio video (con riversamento su VHS). Azzardai anche la programmazione in un linguaggio più evoluto e complesso, il Lattice C, spendendo un importo rilevante per un voluminoso manuale fotocopiato con elegante rilegatura a spirale (di plastica) e un certo numero di dischi blu con etichetta rifinita a mano con autentica grafia del negoziante. Non riuscii a tirarci un bit dal circuito e compresi che l’informatica non sarebbe stata una “strada del mio futuro”, a meno di volerci letteralemnte finire “per strada“.

Avete presente  il ragioner Ugo Fantozzi prima delle elezioni?

Ed arrivarono le elezioni, naturalmente anticipate. Fantozzi che sentiva molto quel suo diritto-dovere di cittadino partecipò come sempre nell’incertezza, nell’indecisione, nella paura di sbagliare un’altra volta! Si mise allora a leggere di tutto: dall’estrema destra all’estrema sinistra.

[…] Poi si dette malato e si chiuse in casa nella stanza della televisione.

[…] Dalla mattina a notte fonda non perse una tribuna politica né un comizio elettorale né un dibattito a quattro né un ping-pong né una tavola rotonda! Su tutti i canali esistenti, pubblici e privati, e su tutti e tre i televisori di casa.

In quel periodo, come Fantozzi prima delle elezioni, leggevo di tutto: riviste italiane, britanniche e statunitensi dedicate ai videogiochi e al computer.

Primo numero della rivista statunitense Sega Visions con tanto di strillo in copertina “Sega per gli anni Novanta: la nuova generazione”. La sega è un “must” per ogni generazione.

L’Europa era l’ultimo mercato a essere raggiunto dalla distribuzione e l’Italia era l’ultimo Paese dopo Regno Unito, Germania e Francia. In questa distribuzione asincrona, prosperavano i cosiddetti “importatori” ovvero negozianti che importavano dal Giappone e dagli USA le novità che non sarebbero state mai giunte oppure anticipando i tempi della distribuzione ufficiale. Gli importatori sono belve assatanate di soldi e la fottuta scimmia è la loro migliore amica quanto lo si dice dai tempi antichi del cane per l’uomo: tono suadente come Kaa e maestri nell’arte di scatenare la fottuta scimmia, li ho visti persuadere certi giovani (e ricchi) virgulti di un paio di carte da centomila lire per una cartuccia di un gioco di ruolo esclusivamente in lingua giapponese

A sinistra il negoziante “importatore” (Kaa), a destra il giocatore (Mowgli) preda dell’hype sapientemente alimentata dal negoziante e dalle riviste.

Le riviste, specialmente quelle britanniche, tessevano le lodi di questa nuova console della Sega. Scritta così suona come un’azienducola di poco conto, ma Sega negli anni Novanta è una delle aziende più prestigiose del mercato “arcade”. Sulle pagine delle riviste, le immagini delle schermate di videogiochi “arcade” convertiti come “(quasi) uguali al bar” scatenavano quella fottuta scimmia con la stessa isteria delle ragazzine ai concerti dei Duran Duran.

Per scrollarmi di dosso la scimmia, la soluzione è una. Non esiste metadone: il confronto tra le conversioni per Amiga e Mega Drive dello stesso videogioco “arcade” è spesso impietoso per la macchina Commodore, anche se entrambe le piattaforme condividono un’architettura 16 bit.

Un esempio su tutti è la conversione di Ghouls ‘n Ghosts , sviluppato da Capcom per le sale-giochi, convertito per Mega Drive da un team di Sega: la versione Amiga, sviluppata dai britannici Software Creations, per quanto non fosse un disastro, anzi graziata dalla colonna sonora di un Tim Follin in grandissima forma, veniva annichilita dalla versione per Mega Drive.

Per saperne di più:
- Ghouls ‘n Ghosts. Storie di fantasmi e cavalieri in mutande

- Good Old Games Ads #2: Ghouls ‘n Ghosts
Ghouls ‘n Ghosts Sega Megadrive [by RedBavon]

Distribuita nel 1988 in Giappone, l’anno successivo la console Sega giunge negli Stati Uniti, dopo due anni di attesa e hype alle stelle, alla fine del 1990 è il turno dell’Europa (e del Brasile). La scimmia alimentata dalle riviste è al suo massimo di molestia.

Il Natale del 1990 è quindi la prima occasione per acquistare la mia prima console Sega. Ma il Natale del 1990 fu particolarmente difficile.

Continua a [Ep. #3] La prima Sega non si scorda mai

Indice degli episodi:

- Ep.#1 Queli che aspettavano la Sega Mega Drive

- Ep.#3 La prima Sega non si scorda mai

- Ep.#4 Marketing geniale VS marketing segaiolo

29 pensieri su “La mia prima Sega Ep. #2 (non è un racconto erotico)

        1. Sono sempre più convinto che dietro al linguaggio storpiato e a tirare-via nei social e nella messaggistica istantanea, unito all’azione censoria a membro di cane del correttore telefonico vi sia un complotto di una nazione nemica così da annichilire l’utilizzo della lingua italiana nel nostro Paese a tale punto che non capiremo più un emerito c@zzo tra di noi. Il principio di ogni invasione è infatti l’azzeramento delle capacità di comunicazione dell’attaccato: riduce di molto la sua capacità di difesa.

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    1. Fa piacere che hai colto il filo nascosto sotto la prima superficie di lettura. Anche la citazione del ragionier Ugo è dei primi anni Ottanta, dal quarto film “Fantozzi subisce ancora”. Ho voluto “stendere” una scenografia come a teatro, è lì dietro, sembra che sia decorativa e invece aggiunge verosimiglianza alla scena e facilità l’immersività. Non vorrei essere responsabile dello scucimento degli ottanta euro, senza averla prima provata. Vedrai che alla fine di questa Mini sAga-della-sEga, mi convincerò da solo ad acquistarne una. Mai sottovalutare la scimmia!

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    1. In effetti il significato nello “slang” italiano non aiuta l’azienda giapponese. Per un italiano, per giunta adolescente, leggere magari dall’inglese espressioni come “Sega Visions” e “Sega Power” era una miniera di risate e battute.
      D’altronde anche Nintendo con Wii fu al centro di sberleffi perché il suono ricordava in inglese la “pipì”. Non mi pare abbia impedito alla Nintendo di asfaltare le concorrenti per giunta con un hardware infimo.
      Il distributore italiano della Mega Drive, Giochi Preziosi, consapevole del significato attribuibile, decise di cambiare pronuncia alla parola e contribuire alla consolidata tradizione degli italiani di non parlare le lingue (a tratti, nemmeno la propria). Ma su questo aspetto mi ci scatenerò nell’Episodio 4 perché ho un conto aperto con la Giochi Preziosi 😉

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  1. Denis

    La canzone di Gabriel mi fa venire in mente un film con Matthew Broderick, Fuga dal futuro quello con le scimmie esposte a radiazioni mentre si allenano ai simulatori di volo.
    Di Ghouls n’Ghost ho finito la versione su Gb advance che sarebbe la versione Snes, quando usci nel ’91 il Snes da noi mi sembra di ricordare che era un titolo di lancio assieme a Super Mario World, Final Fight, F Zero, mentre del Megadrive mi ricordo la pubblicità di Jerry Calà con immagini di Castle of Illusion, Moonwalker, Fargotten World e forse Space Harrier.
    Hype si potrebbe tradurre con pompare.
    Si come dice Metal Gear V togliendo una lingua ha una nazione gli si toglie la propria identità, come in questo film di Noyce, Generazione rubata dove bambini mezzo sangue aborigeni e inglesi furono sottratti dal governo alle famiglie e spediti in centro di rieducazione.

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  2. A me è capitato di provare un’hype pazzesca per alcuni film: avevo intuito con largo anticipo sulla data di uscita che sarebbero stati strepitosi, e quindi contavo i giorni che mi separavano dal momento in cui avrei potuto finalmente vederli al cinema. Ad esempio, vidi il trailer di Bent – Polizia criminale 15 giorni prima dell’uscita, e capii fin dal primo istante che sarebbe stato un film gigantesco. Di conseguenza quei 15 giorni di attesa furono più snervanti che mai, e quando alla fine arrivai in sala ero contento come un bambino la mattina di Natale. Il film ripagò in pieno le mie altissime aspettative, e tuttora ritengo che sia uno dei migliori polizieschi che abbia mai visto.
    Una situazione simile mi capitò con L’eccezione alla regola, ma in quel caso l’attesa durò addirittura per mesi. Comunque ne valse ampiamente la pena di aspettare per tutto quel tempo. E’ capitato anche a te con qualche film?

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    1. Hype è una scimmia onnivora. Vale anche per i film e qualsiasi prodotto o servizio per cui si voglia persuadere di un valore superiore rispetto alla concorrenza e – spesso – del prezzo che realmente vale. Puoi sopravvivere alla scimmia o soccombergli. Nel tuo caso le aspettative create sono state all’altezza della scimmia. Nel mio caso, in tema videogiochi dietro la scimmia spesso si cela un inganno, qualche magagna: ce ne sono esempi a bizzeffe.
      In campo cinematografico, ingaggio battaglia con la scimmia con i film di Star Wars. Gli effetti del “prima” e del “dopo” li trovi sparsi per queste pagine. Un buon esempio di controllo e smorzamento dell’hype è la serie semiseria (o semi-comica?) di commenti al trailer di Episodio VII o nel post Episodio VIII – Ansia da prestazione.

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      1. A proposito di commenti: ieri ho sfornato un nuovo post (uno dei più intimi e personali che abbia mai scritto), e nei commenti ho inserito il video di 2 canzoni quasi sconosciute, ma di una bellezza e di una profondità senza pari… spero che ti piacciano! 🙂

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  3. la scimmia sulla spalla… sembri un tossico di videogame 😀 ma forse lo eri 😀
    Io mi accentavo più modestamente dello ZX Spectrum 48k e poi del QL. Però è stato il QL l’oggetto più gettonato e usato nel tempo. Per le console… proprio ero negato.
    Continua il racconto sulla scimmia che ti ha spinto verso Sega Mega Drive

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    1. Ti trattavi bene con il QL! Non ebbe fortuna, che Sir Clive Sinclair si era fissato con i tricicli a motore o roba del genere. Arrivò in ritardo e privo del supporto che aveva invece decretato il successo dello Spectrum. Ricordo che aveva una bella linea la tastiera, elegante.
      Sulla tossico-dipendenza da videogiochi ti voglio rassicurare: non ho mai fatto del male a nessuno essere vivente o appropriato indebitamente di proprietà altrui pure di procurarmene una dose. Anzi data la cronica “spending review” vigente in famiglia la penuria di tali trastulli mi spingeva a giocarli alla massima difficoltà (per farli durare di più) e a conservarli come una reliquia sacra imparando ad apprezzare così anche il valore dei sacrifici altrui (ero studente e i miei soldi venivano sempre dal conto dei miei genitori). Un tossico se li sarebbe sparati di un botto per poi andare a venderli a quattro spicci al negoziante-importatore e acquistare l’ultima novità.
      Che poi i miei vecchi ogni tanto mi davano del “drogato” è una frase che qualunque giocatore ha sentito dire dai suoi genitori almeno una volta.

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    2. Nota a margine: la storia continua (in realtà era già pronta), ma mentre andavo di lima e tasto “cancella”, si è inserita la scimmia prepotentemente e così ho scritto un testo totalmente nuovo. Praticamente una versione “hyped up” del post originale. La scimmia non perdona. 😂

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  4. Come sempre applauso in standing ovation: in un mondo orale, fatto di pagine web scritte per sentito dire, mi sfoggi una storia etimologica della parola “hype”. Sono commosso ^_^
    Per fortuna non avevo problemi di scimmie, altrimenti conoscendomi avrei accettato le lusinghe di qualsiasi importatore senza scrupoli.
    Ah, e anche per me i tempi dei computer casalinghi sono stati una palestra d’inglese eccezionale: e devo sentire questi gggiovani d’oggi, coi loro giochi tradotti, che in epoca pre-internet eravamo tutti ignoranti di inglese! 😀
    Scherzi a parte, non ho mai provato alcun interesse per la Sega (quella maiuscola!) quindi mi sto godendo una storia appassionante, visto che parla di cose a me ignote 😉

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    1. Faccio l’inchino in segno di ringraziamento all’applauso del gentile e così generoso pubblico. La vera scimmia è l””intruso” etimologico, che potrebbe stare in un testo che parla di videogiochi Sega come un professore di filosofia sessantenne in un “rave party”. Ci ho messo un po’ per “addomesticarla” senza che desse l’impressione di darsi le arie del secchione della classe. D’altronde la vulgata sul secchione è che dedichi troppo tempo ai libri e poco ad andare dietro le gonnelle; da qui anche la probabile nomea di essere un impenitente sega-iolo. Forse era meglio che mi fossi fermato all’inchino 😉
      Gli importatori erano assai scaltri, imprenditori e appassionati insieme, si arricchivano conoscendo bene i punti deboli delle vittime, già preparate dalle riviste dell’epoca che per la maggiore parte erano un megafono dei PR degli editori e distributori, una fabbrica di hype con dei casi ecaltanti di “toppe” tra cui cito la mai commercializzata console Konix, tanto osannata dalla stampa senza che nessuno la avesse mai vista e provata.
      Aggiungo che all’epoca la distribuzione ufficiale non era tempestiva e capillare come oggi: non tutti i prodotti venivano considerati adatti al mercato europeo (agli americani andava meglio perchè il loro mercato era il più redditizio), la distribuzione italiana poi era a macchia di leopardo sopratutto al Sud, affidata ai negozi di giocattoli (quelli di computer erano per lo più spacciatori di “pirateria”); i giochi su cartuccia avevano il “region lock” e quindi fuzionavano solo nel rispettivo mercato (per quanto ci fossero modi per aggirare tale limitazione).
      Ottima osservazione quella sull’assenza di traduzione nella nostra lingua. Non ci crederai, ma tra i commenti di note testate specializzate in Rete vi sono dei videogiocatori che sbraitano e dichiarano di non acquistare perché tale gioco non è stato tradotto in italiano. Il “sovranismo”, qualsiasi cosa significhi, fa danni anche tra i videogiocatori. Imparare l’inglese divertendosi va contro l’dentità culturale e i sani(?)valori italiani? ^_^
      Alla prossima rimpatriata tra falegnami! 😉

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