Dopo avere sfiorato la superficie del fenomeno della “chip music” nell’episodio precedente di Bit+Beat, facciamo un passo indietro.
Riavvolgiamo il tempo al momento in cui i videogiochi non sono più relegati nelle vituperate sale-giochi, luoghi spesso maleodoranti per una miscela mefitica di fumo di sigarette e sudore. I videogiochi si diffondono nelle case: console e computer iniziano ad apparire sotto il televisore del salotto oppure nelle stanze da letto degli adolescenti.
I primi chip sonori sono assai limitati sia nel numero di canali audio sia nella loro gestione, rendendo di fatto possibile la riproduzione di poche tonalità ed effetti sonori campionati. Le melodie sono particolarmente limitate nella complessità dei suoni, anche a causa dello scarso spazio disponibile sui supporti ovvero le cartucce, le cassette a nastro e i floppy disk. A titolo di esempio, un floppy disk da 5¼ pollici a singola faccia, utilizzato dal Commodore 64, ha una capienza da 170 kilobyte.
Pertanto, le musiche dei videogiochi dei primi home computer possono risultare gracchianti e fastidiose all’orecchio dell’ascoltatore non abituato a questo tipo di suoni. Qualsiasi giocatore dell’epoca avrà ricevuto dai propri genitori un rimprovero per il lungo tempo trascorso “attaccato a quel coso” e l’invito ad abbassare il volume di quei suoni e rumori così cacofonici e ossessivi.

Il SID, il chip audio del Commodore 64, è una specie di “miracolo” per l’epoca, tanto da essere tuttora utilizzato dagli artisti di “chip music” e non solo. Tuttavia, è con le piattaforme 16-bit che avviene il balzo in avanti.

Con l’introduzione dell’Atari ST. fornito di una porta MIDI (Musical Instrument Digital Interface) si diffonde questo standard per l’interazione degli strumenti musicali elettronici tramite un computer. L’Atari ST è il computer più a basso costo per produrre musica a livello professionale.

Dopo avere perso il confronto diretto con il Commodore Amiga come migliore piattaforma per i videogiochi, l’Atari ST ha successo tra i musicisti e gli aspiranti tali, sopravvive perfino alla stessa Atari, che nel 1993 dichiara pubblicamente il suo ritiro dal mercato degli home computer.

Il Commodore Amiga, pure essendo sprovvisto di porta MIDI, ha al suo interno un chip rivoluzionario per le musiche e i suoni generati da un computer: il suo nome è Paula.
La particolarità, che rende unico nel suo genere il chip Paula, è di riprodurre il suono campionato dalla memoria impegnando marginalmente l’unità centrale di elaborazione (CPU).
La CPU “comunica” a Paula dove è memorizzato il campionamento nella memoria RAM, per quanto tempo lo deve eseguire e a quale velocità. Quindi Paula è in grado di riprodurre il suono nella sua interezza senza alcun intervento da parte della CPU, a meno che, per qualche motivo, il suono non debba essere interrotto.
Negli altri computer, sprovvisti di questo chip, la CPU può eseguire solo una compito (“task”) alla volta, quindi l’esecuzione della musica e dei suoni rallenta in modo significativo la CPU.
In altre parole, immaginate di essere la CPU: volete preparare una torta e ascoltare allo stesso tempo della musica, perciò inserite un CD nel lettore e premete il tasto “Play”.
Se siete una CPU Amiga, potete dedicarvi alla preparazione della torta fino a quando è pronta per infornarla senza alcuna interruzione perché il CD suonerà, dall’inizio alla fine. La riproduzione della musica è infatti gestita da Paula.
Le CPU sprovviste di Paula dovranno invece interrompere la preparazione della torta poiché occorre premere il tasto “Play” affinché la riproduzione della musica possa continuare.
Quest’ultima è un’estrema esemplificazione del concetto di “pre-emptive multitasking”, supportato da sistemi operativi che fino all’avvento del Commodore Amiga erano fuori dalla portata della maggior parte degli utenti a causa del costo elevato dell’hardware e della licenza. Per chi volesse saperne di più sul “pre-emptive multitasking” rimando alla pagina Wikipedia.
I programmatori, già esperti del SID, trovano nel Commodore Amiga una piattaforma perfetta per realizzare tappeti musicali più complessi senza dovere scendere a compromessi che ne minino significativamente la qualità.

La musica esplode letteralmente dallo schermo, il videogiocatore viene sorpreso tanto da non credere alle proprie orecchie.
La prima volta che rimasi a fissare lo schermo in preda al dubbio di ricorrere con urgenza alle cure dell’otorino, è stata con un videogioco di combattimento spaziale in grafica vettoriale, che si ispira all’arcade Star Wars, catturandone con successo sia la velocità sia la frenesia: Starglider, sviluppato da Argonaut Software e pubblicato da Rainbird Software nel 1986 per Atari ST e nel 1987 per Amiga e altre piattaforme.
Quindici secondi di totale meraviglia quando dagli altoparlanti della TV si diffonde una melodia sintetizzata su un tappeto di batteria elettronica, cui si aggiunge una voce che intona:
Starglider…by Rainbird
Cala un religioso silenzio come ad avere assistito a un evento soprannaturale, che la razionalità stenta ancora a elaborare, eppure i sensi comunicano che è veramente accaduto.
Nota nostalgica per gli "Amighisti": il video è registrato dal mio Amiga collegato a una vecchia (ma resistente) TV a tubo catodico Sony Trinitron. Alla fine è distinguibile anche il tipico "grattare" del disk drive.
Un suono e una voce campionata di così elevata qualità, possibile fino ad allora se riprodotta da una trasmissione televisiva, dalla radio o dallo stereo. Un computer non può farlo. Almeno fino all’avvento del Commodore Amiga.
Il videogioco Xenon 2 Megablast di The Bitmap Brothers è il primo videogioco a utilizzare un brano famoso della scena “underground” senza sminuirne la qualità, grazie a un superbo adattamento di David Whittaker. Ascoltare il brano di Bomb The Bass che pompa dalle casse dello stereo con la consapevolezza che è prodotto da un dischetto blu inserito nel disk drive dell’Amiga è un’esperienza unica per il 1989.
Nella schermata di inizio di Agony, pubblicato da Psygnosis nel 1992 per Commodore Amiga, suona un pianoforte con una qualità eccelsa, tanto da farti pensare che il pianista si sia intrufolato di soppiatto in camera tua con tanto di pianoforte a coda e abbia iniziato a suonare alle tue spalle.
Il brano composto da Tim Wright è atipico per uno sparatutto quale è Agony: è un brano strumentale di pianoforte a tema classico. Nel 1996 il gruppo musicale symphonic black metal norvegese Dimmu Borgir ha pubblicato nell’album Stormblåst la canzone Sorgens Kammer, che adatta il brano strumentale di Tim Wright senza darne credito all’autore. In seguito alle legittime accuse di plagio mosse da Tim Wright, la canzone è stata esclusa nella riedizione successiva dello stesso album nel 2005.
Per la prima volta, provo l’urgenza di collegare il computer a un impianto stereo per ascoltare la musica dalle due grandi casse che troneggiano sul pavimento. All’epoca, mio fratello suonava una tastiera Korg collegata a una cassa Montarbo di ottima qualità: requisita all’istante per collegarci l’Amiga.
Fino all’epoca dei 16 bit la musica era di fatto “chip tune”, tutta generata dai circuiti del computer. Comporre musiche per i videogiochi era oggettivamente complesso: il compositore doveva avere talento artistico e conoscenze tecniche.
Quell’epoca è finita.
Nel 1995 accendo la PlayStation, inserisco il disco di Wipeout e dalle casse del televisore suonano The Chemical Brothers! La musica dei videogiochi non è più sintetizzata dalla macchina, ma è eseguita direttamente dal CD, la qualità audio è indistinguibile da quella dell’impianto stereo.
I nomi di artisti e gruppi musicali famosi appaiono come compositori delle colonne sonore dei videogiochi: David Bowie e il suo chitarrista Reeves Gabrels per Omikron – The Nomad Soul; Trent Reznor, fondatore e lead vocalist di Nine Inch Nails per Call of Duty: Black Ops II; Chris Vrenna (Nine Inch Nails e Marylin Manson) ha collaborazioni in numerosi videogiochi, tra cui i temi musicali di American McGee’s Alice, Quake 4 e Doom 3; Stewart Copeland, batterista di The Police ha composto le musiche di tutta la serie Spyro The Dragon e di Alone in the Dark: The New Nightmare; Beck ha collaborato per Sound Shapes; Paul Mccartney ha scritto una canzone per il videogioco Destiny.
A trenta anni di distanza posso affermare che videogiochi come Starglider, Agony e Xenon 2 Megablast mi hanno lasciato un ricordo unico, denso di quella meraviglia di chi è testimone di un evento per la prima volta in assoluto.
La musica nei videogiochi ha assunto ormai un ruolo essenziale al pari di quanto accade per le colonne sonore dei film. La musica dei videogiochi è uscita dal suo “recinto” culturale e inizia a diffondersi, anche se fa ancora specie ammettere che possa piacere, perché figlia di un medium considerato “minore”.
Accade anche un brano musicale non creato per un videogioco raggiunga il successo commerciale grazie all’associazione con un videogioco: la canzone di Eminem Till I Collapse, pubblicata nel suo quarto album The Eminem Show nel 2002, entra nella classifica del Regno Unito sette anni dopo: nel 2009, dopo essere stata utilizzata nella campagna pubblicitaria del videogioco Call of Duty: Modern Warfare 2.
La musica per i videogiochi è utilizzata anche in serie TV: la musica del videogioco The Sims è in Rich House, Poor House, programma di Channel 5 della TV britannica (quattro stagioni tra il 2017 e 2018) in cui famiglie di condizioni economiche e contesti sociali molto differenti si scambiano abitazioni per una settimana e provano a vivere con il bilancio familiare dell’altra.
Nel 2017, tra le venti colonne sonore più ascoltate nel servizio di musica in streaming Spotify , quattro sono quelle di altrettanti videogiochi: The Witcher 3: Wild Hunt; Horizon Zero Dawn; The Elder Scrolls V: Skyrim; Assassin’s Creed Revelations.
Il prestigioso Grammy Awards ha premiato anche delle musiche di videogiochi.
Nel 2010 il premio per “Migliore arrangiamento strumentale e accompagnamento vocale” è stato assegnato Christopher Tin per il brano Baba Yetu (“Padre nostro” in lingua Swahili), che è contenuto nell’album del 2009 Calling All Dawns. Il brano è stato composto originariamente per il videogioco Civilization IV, pubblicato nel 2005.
Nel 2013 la colonna sonora composta da Austin Wintory per il videogioco Journey – una libera interpretazione in byte del libro “Il Viaggio dell’Eroe” di Christopher Vogler – è tra le migliori colonne sonore per i media visivi. Per tutti i dettagli su questo videogioco assai atipico, rimando al mio articolo Life is (a) Journey.
Da principio considerate come un fastidio per le orecchie, le musiche dei videogiochi sono entrate nel quotidiano di molti. Alla fine degli anni Ottanta non avrei scommesso nemmeno una cassetta smagnetizzata che oggi, mentre guido, lo avrei fatto anche ascoltando le colonne sonore di Halo, The Legend of Zelda od Ori and the Blind Forest.
Nel prossimo episodio di Beat+Bit racconto di come le colonne sonore dei videogiochi siano oggi considerate valide forme di musica classica contemporanea.
mmm… mi hai fatto venire in mente che tempo fa cercavo (e cerco tutt’ora) dei semplici programmini gratuiti per far suonare il computer come fosse ad esempio una pianola… se qualcuno ne conoscesse qualcuno affidabile, gliene sarei grato se me lo indicasse… sennò me lo cerco da solo, eh…
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Se intendi un programma di tastiera virtuale, ve ne sono parecchi. Basta digitare “virtual piano keyboard” in Goggle. Alcuni sono applicazioni web, altri puoi scaricarli.
Per esempio Virtual Piano Keyboard ti permette di “suonare” da qualsiasi PC usando il mouse o la tastiera.
KBPiano invece è un software shareware per Windows che va installato.
Virtual Piano è sullo store Microsoft ed è gratuito.
Se hai un Mac, Garage Band che dovrebbe essere già installato ha tutto quello che chiedi e molto di più.
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beh, meglio di così! grazie mille per i suggerimenti! 😉
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da non appassionato di videogiochi e di musica ho trovato molto interessante questo post, ma anche gli altri a dire il vero. Complimenti.
O.T. domanda come hai realizzato Continua a leggere gli altri episodi di Bit+Beat
perché lo vorrei usare per raccogliere le mie schifezze che posto.
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Mi rallegro di essere riuscito a “contagiarti” così come è accaduto a me mentre ricercavo conferme di ciò che già conoscevo grazie alla mia passione e di ciò di nuovo in cui mi sono imbattuto.Grazie per avermelo fatto sapere.
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PS: ho utilizzato il “tag”. Inserendo il tag “Bit+Beat” in tutti i post in cui tratto di questo argomento, creando un link al tag (guarda nell’url e noterai /tag/bitbeat/).
E’ un utile “scappatoia” anche per creare delle voci del menu che rimandano a uno specifico tema, senza dovere aggiornare manualmente il menu (che è un castigo di Dio se hai molti contenuti).
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Articolo davvero interessante. Tutte queste informazioni mi aiutano parecchio ad aumentare la mia conoscenza in questo campo. Ormai per me tu sei diventato una specie di Wikipedia.
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Una specie di Wikipedia! Ottimo risultato se ti spingo a considerare i miei post come in pagina di partenza per la tua libera esplorazione di spunti e approfondimenti. Nonostante non ci vada leggero con il numero di parole, ti assicuro che è una sintesi estrema di ciò che ho letto e approfondito. Per quanto mi faccia delle mie idee e interpretazioni, ambirei a stimolare il lettore a farsene delle sue e, magari, metterle a fattore comune se similari o in discussione, se divergenti. A volte, succede; a volte, no.
Ora però mi sento la tua responsabilità sul groppone, Butch! 😂
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Ti capisco bene. Anch’io vorrei tanto avere qualche discussione interessante su ogni articolo che pubblico. A volte preferisco i pareri contrari ai miei perché creano discussioni molto divertenti e intelligenti. E comunque non devi sentirti nessuna responsabilità sulle tue spalle! Sei una persona che rispetto molto e ogni articolo che fai ci metti passione e professionalità. Continua sempre così.
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Sai, a volte mi prende la voglia di ascoltare certo vecchiume, anche in formato tutt’altro che sinfonico ^^
Tu non avrai scommesso sulla possibilità di ascoltare in viaggio il tema di Zelda o altri, io me lo suono nella testa sin dal primo momento in cui l’ho sentito – e vale pure per altro 😉
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Zelda è tra le colonne sonore che ascolto in automobile nei miei viaggi quotidiani casa-lavoro-casa, insieme ad Halo e Ori al momento. Se clicchi sulla videoclip del concerto Videogame Live ho configurato il lettore proprio sull’esecuzione orchestrale di un tema di Zelda. Ho anche una cassetta a nastro su cui avevo registrato le musiche più belle dei giochi Amiga. Sulla chiptune ho scritto un paio di post fa è sicuramente i vecchi motivetti bitonali hanno un loro perché, non per forza legato alla nostalgia.
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Paul McCartney ha anche composto la colonna sonora di uno dei film più belli nella storia del cinema, Stanno tutti bene. Ecco uno splendido brano da lui scritto in quell’occasione:
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