Chi ha paura dei videogiochi? #10 – GTAttila, flagello diDDdio! [rev. 2]


GiTtiA‘!

G come GiUoco elettronico (come lo chiamano ancora alcuni politici)

doppia T come Terremoto e Tragggedia

A come Adessovengolì e ti scasso le corna!

Nell’ottobre 2001 Take Two Interactive pubblica per PlayStation 2 un videogioco sviluppato dalla newyorkese Rockstar Games: Grand Theft Auto III.

Grand Theft Auto, nota come “GTA”,  è una serie che inizia nel 1997, anche se è solo con questo terzo episodio che viene raggiunto il successo: oltre tredici milioni di pezzi venduti per PlayStation 2.

Se siete avvezzi a joystick, joypad e videogiochi, conoscete sicuramente la sigla “GTA”. Se non vi interessano i videogiochi è possibile comunque che ne abbiate sentito parlare a causa della ribalta mediatica che ha dato fiato alle trombe di Gerico, additandolo come “videogioco dalla violenza inaudita”, un po’ per sbattere il mostro in prima pagina e un po’ per un coscienzioso servizio pubblico (?!) per mettere in guardia i genitori dal rischio che corrono i propri figli.

GTA III – Corri Claud! Corri! Vogliono farti fuori sia dentro sia fuori dal videogioco!

Ogni volta che cito GTA mi viene da sorridere mentre affiora il ricordo di un episodio accadutomi in uno dei miei consueti giri alla ricerca dell’“affare” e del “prezzo più basso”, in altri termini per ottimizzare lo sperpero della sudata pecunia in balocchi video-ludici. Se avessi avuto una figlia in tenera età, mi avrebbe cantato il ritornello di quella famosa quanto lacrimosa canzone degli anni Trenta, che fa più o meno così:

“Papà”, mormora la bambina mentre pieni di pianto ha gli occhi,
“per la tua piccolina non compri mai balocchi,
Papà, tu compri soltanto i giuochi elettronici per te”.

In un vecchio post avevo raccontato questo episodio, di seguito lo propongo rivisto, limato e corretto dagli immancabili refusi, che come i coriandoli si riproducono autonomamente; i coriandoli per partenogenesi, i refusi devo ancora capirlo.

Marzo 2010, in un negozio di una nota catena di noleggio e vendita di film e videogiochi (ormai defunta).

Con lo sguardo scorro rapidamente le confezioni di videogiochi allineate sullo scaffale: copertine, colori, titoli e prezzi si mischiano nel cervello in un caleidoscopio di immagini, lettere e numeri, che vengono registrati e confrontati con quelli dei siti di commercio online, fornitori ufficiali della mia dose mensile di video-metadone. Più implacabile del T-1000 in Terminator nello scovare i pochi sopravvissuti umani; più veloce della cassiera al supermercato nel passare i pacchi di pasta e i barattoli di conserva sul lettore ottico!

Nell’esercizio di questo voyeurismo (ognuno ha le sue perversioni), sono ormai prigioniero della frustrante sensazione di “vedere-e-non-(trovare da)comprare”, quando la mia attenzione viene attirata da un simpatico siparietto tra una donna sull’abbondante quarantina e suo figlio, abbondante di punto vita, sulla dozzina di anni.

Mamma, alludendo a un gioco oggetto del desiderio del bimbo sbavante:

Ma è violento? <tono minaccioso misto a rimprovero> Perché se è violento, non te lo compro!”.

Bimbo, senza scomporsi e con un’aria ingenua e al contempo professionale come da scafato venditore porta a porta di aspirapolvere o enciclopedie:

No, mamma, è un gioco di macchine, tu scegli l’auto e giri per la città, fai le missioni.È figo!.

L’espressione nello sguardo del bimbo è quella tipica dei cani con la palla in bocca che vogliono giocare e ti guardano con gli occhi pieni di tenerezza, la coda che mulina all’impazzata nell’aria e sembra dirti “Eddai!Eddai!Eddai che ci divertiamo!Eddai!”.

La mamma, per niente intenerita (con molta probabilità non sopporta nemmeno i cani), guarda il bimbo con una diffidenza che l’italiano medio non riserva nemmeno allo sconosciuto per strada che gli offre un iPhone da seicento euro al prezzo di soli cento euro perché, con tutta probabilità, lo ha appena rubato (ma è ricettazione!).

La mamma rigira tra le sue mani la confezione del gioco come un artefatto alieno caduto da un UFO proveniente da Betelgeuse, la capovolge, scorre le immagini delle schermate, legge il testo sul retro della copertina per cercare di capirne di più. A questo punto, il marketing dell’editore del videogioco si gioca tutto. Ma la mamma continua a non capire di cosa si tratti. La mamma non ci capisce nulla di videogiochi e nulla possono fare capire quelle quattro piccole foto e una descrizione da bignami in carattere troppo piccolo anche per i suoi occhiali.

Sbuffa spazientita, maledicendo tra i denti ‘sti giochini e mi lancia un’occhiata in quanto sono l’unico adulto lì accanto. Da una parte si fionderebbe alla cassa pagando qualunque prezzo per “quel c@~&?!?gioco”, ottenendo due obiettivi: togliersi di mezzo la petulanza del figliolo; tornare a casa che “ha un sacco di cose ancora da fare”. Dall’altra, la vocina interiore che l’ammonisce dal comprare un videogioco, che già “sono soldi buttati”, ma se è pure violento, potrebbe addirittura vanificare in poche ore i dieci anni di educazione, così faticosamente trasmessa, e trasformerebbe il suo figliolo in un omicida seriale, rapinatore di vecchiette e impenitente puttaniere.

I nostri sguardi si incrociano per pochi istanti e tuttavia percepisco che le è baluginata l’idea di chiedere un consiglio. Ho un sussulto, se socchiudo appena le labbra ne verrebbe fuori un sermone sulla “violenza nei videogiochi”, che per la donna si tradurrebbe nel lusinghiero risultato di due petulanti invece che uno.

La mamma, quasi avverta il pericolo dell’imminente logorroico pistolotto, sfugge il mio sguardo come la mangusta sfugge il morso del cobra, inquadra sulla copertina il bollino PEGI che riporta “18(anni)” e Zzzac! Azzanna dietro al collo il serp…bambino:

È violento! Non te lo compro.”.

Il videogioco tra le mani della mamma è Grand Theft Auto IV, pubblicato all’epoca di questa storiella già da un paio di anni.

Frontespizio e retro della copertina di GTA IV

In ogni episodio di GTA il protagonista, nonché nostro avatar, è una mezza-calzetta di criminale o un disgraziato travolto dalla consueta catena di sfortunati eventi. Per vendetta o riscatto sociale – una scusa vale l’altra – l’obiettivo di ogni GTA è guadagnare soldi e reputazione nel modo più veloce possibile. Così al giocatore vengono proposte varie attività, non sempre lecite, sotto forma di “missioni” sparpagliate per la città. Alcune “missioni” sono utili a proseguire la storia principale, molte sono solo secondarie. Per raggiungere i vari punti della città sono disponibili i più disparati mezzi di trasporto ed è possibile “prendere a prestito” qualsiasi veicolo da guidare fino a destinazione. Ogni mezzo è lecito, letteralmente.

Forse ho preso in “prestito” l’auto sbagliata…

GTA è una delle prime serie a utilizzare con efficacia e successo la struttura “sandbox” (sabbionaia), cioè una struttura aperta di missioni che possono essere eseguite in un ordine deciso con un certo grado di discrezionalità dal giocatore.

Per raccontare una storia Rockstar Games ha, infatti, compreso che il linguaggio del cinema e dei libri male si adatta ai videogiochi: il rischio è di un’eccessiva linearità e prevedibilità, ovvero di trasmettere al fruitore la sensazione di essere su un “binario” e non avere alternative al di fuori di quelle stabilite dai programmatori. La sospensione dell’incredulità dipende quindi  dalla qualità della narrazione e dell’interazione video-ludica, nonché  da come i “confini” e le “regole” dell’universo ludico siano state  integrate e celate nell’esperienza del giocatore. The Last of Us è un esempio perfetto di eccellente narrazione e interazione che trasporta il giocatore a seguire la trama senza forzature o avere la sensazione di essere confinato in un ristretto spazio di sperimentazione e di narrazione.

GTA è differente ed eleva il concetto di libertà d’interazione a potenza.

Rockstar Games ha sviluppato GTA considerando che il Videogioco è un medium partecipativo e, perciò i giocatori devono essere incoraggiati a esplorare, provare strade alternative, in una parola, partecipare alla costruzione della storia. Nessun autore di storie (scrittore, regista, sceneggiatore) si assumerebbe il rischio di perdere il controllo creativo sulla propria “creatura”; Rockstar Games, invece, lo ha fatto!

Ogni GTA è basato su un equilibrio tra missioni con obiettivi prestabiliti e simulazioni di situazioni, inteso come spazio per sperimentare. Per ogni “mondo” di GTA, Rockstar Games ha fissato alcuni confini e un certo numero di regole, ma ha anche avuto fiducia nelle capacità creative del giocatore, affidandogli il controllo sulla propria “creatura” arricchendo l’ambiente di gioco con un numero enorme di eventi, personaggi e situazioni. La città di Liberty City pullula di vita (virtuale), che si svolgerebbe indipendentemente dalla presenza e attività del giocatore; il giocatore ne è semplicemente parte. Un concetto nei videogiochi non nuovo: Little Computer People nel 1985 già aveva provato a farlo su scala assai ridotta (una casa e i suoi componenti) e con una grafica elementare.

Little Computer People per Commodore 64 © 1985 David Crane per Activision
Il nemico è dentro i nostri PC e console…
(Little Computer People per Commodore 64 © 1985 David Crane per Activision)

GTA ha finalmente risorse per realizzarlo con una rappresentazione grafica verosimile e ampliarne le dimensioni a un’intera città e ai suoi abitanti.

GTA V – Traffico nella spettacolare versione per PC Windows

I videogiochi che utilizzano questa struttura sono noti come “open world” e la definizione è quanto mai precisa. È una formula che ha riscosso un successo enorme ed una delle più utilizzate nei videogiochi dell’attuale e scorsa generazione.

L’”open world” dà l’illusione di libertà e la discrezionalità garantita al giocatore può andare a scapito del ritmo e della profondità della narrazione. Per quanto possa essere ampio l’universo di gioco, è essenziale renderlo “vivo” e verosimile. Gli “open world” che falliscono in questo obiettivo restituiscono un’esperienza di gioco diluita e piatta, delude  un’abbondante porzione del nostro cibo preferito che però si rivela insipida e scialba.

Dopo il successo di GTA III sono trascorsi sette anni prima di potere giocare a GTA IV, ma nel frattempo Rockstar Games non è stata certo a spolverare le tastiere e ha sviluppato altri capitoli della serie:

Grand Theft Auto: Vice City (2002), ambientato nella città fittizia di Vice City, largamente ispirata a Miami

Grand Theft Auto: San Andreas (2004), ambientato a San Andreas, uno Stato americano fittizio e ispirato alla California e al Nevada. Lo Stato di San Andreas, infatti, si compone di tre città metropolitane: Los Santos (Los Angeles), San Fierro (San Francisco) e Las Venturas (Las Vegas).

Grand Theft Auto: Liberty City Stories (2005) ambientato nella città fittizia di Liberty City ed è un “prequel” di GTA III.

 Grand Theft Auto: Vice City Stories (2006), pubblicato prima per la console portatile Sony PSP e poi pubblicato in edizione rimasterizzata per PlayStation 2, è ambientato nuovamente a Vice City.

No, non sono stato io, non c’entro nulla…io non ci volevo venire in questo blog

Nel 2008 Grand Theft Auto IV, attesissimo sulle console di nuova generazione XBox 360 e PlayStation 3, non delude le attese, sbriciolando ogni record di vendite precedenti nell’intera industria dell’intrattenimento elettronico: nel primo giorno vengono vendute 3,6 milioni di copie con ricavi per oltre trecento milioni di dollari; in una settimana raggiunge sei milioni di copie e cinqucento milioni di dollari di ricavi. In totale, GTA IV ha venduto oltre 22 milioni di copie tra PC, PlayStation 3 e XBox 360.

GTA V – I tre protagonisti: Michael De Santa a sinistra, Franklin Clinton a destra e Trevor Philips all’estrema destra.

Nel 2013 segue Grand Theft Auto V e l’anno seguente viene pubblicata la versione migliorata per la generazione attuale di console. Ci si aspettava l’ennesimo successo di vendite ed è andata oltre ogni aspettativa.

GTA V è il più veloce prodotto di tutta l’industria dell’intrattenimento ad avere raggiunto ricavi per un miliardo di dollari: sono stati sufficienti tre giorni. Nelle prime tre posizioni vi sono altri due videogiochi della serie Call of Duty, uno spara-tutto in prima persona, sempre più rivolto al gioco multiplayer online.

Solo a partire dalla quarta posizione sono presenti dei film e con un distacco davvero notevole: al film di James Cameron, Avatar, ci sono voluti diciassette giorni per raggiungere il milione di dollari di ricavi.

Grand Theft Auto V è il terzo gioco di tutti i tempi a superare i 100 milioni di pezzi venduti,

Un successo del genere non può che destare le attenzioni dei media e le reazioni non si sono fatte attendere.

Appuntamento al prossimo episodio di Chi ha paura dei Videogiochi? Sempre che non abbiate paura.

18 pensieri su “Chi ha paura dei videogiochi? #10 – GTAttila, flagello diDDdio! [rev. 2]

    1. Alla domanda posta dalla mamma potrei rispondere in due modi.
      Se davanti a me trovo una persona che di fatto ha già deciso e non è disposta ad ascoltare un parere differente dal suo pregiudizio, passo alla modalità sintetica e sbrigativa (tendente anche allo scontroso): Non vede l’etichetta “18” sul frontespizio? Sul retro della copertina ci sono altri simboli. Indicano chiaramente contenuti violenti (il pugno chiuso), linguaggio scurrile (il fumetto con i simboli) e – qui la aiuto io – l’icona della siringa indica “droga”.
      Se fosse disposta a saperne di più, provare a capire e poi decidere allora alla domanda farei un’altra domanda:
      “Suo figlio ha visto Romanzo Criminale o Gomorra o C’era una volta in America? Ha visto una serie TV come Suburra, Narcos o le stagioni televisive di Romanzo Criminale? Se anche una sola risposta è sì, allora può acquistare qualsiasi GTA senza nemmeno guardare l’etichetta “18”. Sì perché questi film e serie TV al massimo sono sconsigliati ai minori di 14 anni o a un pubblico adulto con una piccola scritta persa in mezzo alla marea di informazioni sul retro della copertina; sulle locandine nei cinema o nelle pubblicità in TV non appare mai questo avviso. Per esempio quel capolavoro di Sergio Leone, C’era una volta in America addirittura ha un bollino “Film per tutti”.

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        1. Esattamente. Dipende dal grado di “consapevolezza” e dal tipo di contenuti che il fruitore può “elaborare”. A 18 anni auspico che temi come il sesso, la violenza, la droga siano stati già da tempo affrontati, che si sia letto libri e visto film con tali contenuti altrimenti siamo in presenza di un altro tipo di problema assai più grave. Un divieto tassativo di 18 anni è assurdo e il motivo della sua esistenza sulla confezione di GTA è solo una “paraculata” di protezione da parte dell’industria che si adegua alle evidenti lacune conoscitive di una platea recalcitrante a informarsi e a partecipare.
          Il limite dei 14 anni è più coerente, anche se è figlio di una nomenclatura della censura dei miei tempi. Ritengo che siano cambiati i tempi ed è probabilmente obsoleta. Tuttavia mi sembra un buon compromesso. Comunque a un dodicenne io inizierei a spiegare che cos’è la droga e ai miei di 7 anni spiego già come comportarsi per evitare ciò che noi adulti chiamiamo “bullismo”.
          Insomma, se sui libri tutti i genitori esercitano un tutoraggio sui contenuti adatti, perché non dovrebbero farlo con i videogiochi che interessano così tanto i propri figli?

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      1. Se è per questo i blocchetti Lego possono essere generatori di violenza.
        Quando i miei due nanerottoli vengono alle mani per i soliti futili motivi, il lancio del blocchetto ben assestato può causare ferite sopratutto nel’orgoglio e una rissa dei peggiori bar di Caracas.
        Quando di notte, ti alzi rintontito dal sonno per andare in bagno a espletare sopravvenuti e impellenti bisogni fisiologici e nel raggiungere il locale della ritirata al buio ti si conficca nella pianta del piede un blocchetto di plastica, a parte il turpiloquio conseguente, ti viene da chiamare il Telefono Azzurro e anticipargli l’imminenza di un atto violento nei confronti di un minore, anzi due 😉

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    1. La violenza nei videogiochi non è tendenzialmente “gratuita”. Dai tempi di Space Invaders, la giustificazione all’annichilimento della razza aliena pigmentata a fosfori verdi è stata “Vogliono invadere il nostro pianeta”. La violenza nei videogiochi ha uno scopo, sempre. Se è “gratuita” cioè senza scopo, il videogioco fallisce nel suo obiettivo di intrattenere: videogiochi mediocri come il violentissimo e cruento Postal non si diffondono come GTA o come Doom perché semplicemente fanno schifo come giochi. Così come nei film gli spettatori trovano interesse nel conflitto, l’ansia, la suspense e nell’azione che ne segue. la sintesi di tutti questi elementi è nella scene di violenza. La violenza comunica tangibilmente “un risultato” a schermo.

      Altrettanto, anzi in maggiore misura nei videogiochi: spostarsi, prendere la mira e sparare rappresenta uno dei primi “Ciak! Si gira!” dei videogiochi (sempre Space Invaders) e continua fino a oggi con una grafica e complessità elevate a potenza. Quest’insieme di atti che si manifestano nella sintesi di un atto violento sono gli ingredienti necessari per un buon videogioco, cioè abilità, strategia, un obiettivo chiaro il cui conseguimento ha un’immediato riscontro sullo schermo e una “gratifica” emotiva che spinge ad andare avanti fino al prossimo obiettivo.

      Nel post Genocida di Pixel trovi questo e molto altro sul motivo per cui la violenza esiste nei videogiochi.

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  1. Povero dodicenne sovrappeso, in cerca di un modo per sfogare l’aggressività…
    Come sai gioco a GTA dalla primissima versione, quella dall’alto, e già in una certa misura era una specie di “open world”: non ho mai fatto una missione prima di Vice City, mi limitavo a girare per la città, ammazzare gente e vedere quanto resistevo inseguito dalla polizia! Nel primo GTA c’erano i punti e se investivi un poliziotto con la sua stessa auto facevi bingo! 😛
    L’open world è perfetto per chi, come me, non è interessato alla storia o non è capace a portare a termine le missioni. Passeggi, vedi bei posti, rubi belle macchine e via così 😛
    San Andreas era già pesante per PC ma si poteva fare: da GTA IV il gioco è diventato titanico e pesa così tante decine di giga che su PC non vale proprio la pena…
    Ah, te lo ricordi GTA London 1969? Giravo in mini in mezzo si simboli del british dell’epoca 😉

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    1. Perfetta interpretazione all’Arancia Meccanica o I Guerrieri della Notte. Perché no? Il bello degli open world è che il giocatore ha il controllo. A me piacciono le storie e per me l’open world risulta dispersivo. Data le rarefatte sessioni di gioco (e data l’età), non ricordo mai a che punto sono e inizio a girare per la mappa come un bovino al pascolo.
      Come se non ricordo i primi GTA! Fa quasi tenerezza rivedere quelle immagini e quelle “macchinine”. GTA London è un’espansione del primo GTA ed è evidente “figlio” delle origini di Rockstar: i due fondatori sono britannici e la divisione Rockstar North, che ha sviluppato GTA 1, GTA London e GTA 2, è l’ex-DMA Design, uno studio famosissimo ai tempi dell’Amiga i cui giochi venivano pubblicati da Psygnosis, tra cui sparatutto impossibili come Menace e Blood Money, puzzle/paltform come Lemmings e uno dei miei giochi preferiti per Amiga: Walker.
      A questo proposito, Walker è un videogioco di rara violenza: è il primo e unico sparatutto 2D a scorrimento orizzontale (con l’anomalia che il movimento è da sinistra a destra) in cui si comanda un gigantesco walker (chiaramente ispirato ai bipedi meccanici in Star Wars), puntando con il mouse un mirino per lo schermo e mitragliando qualsiasi cosa, ferma o in movimento. E’ la distruzione totale di mezzi di terra e cielo nonché di orde di piccoli omini massacrati a mucchi con tanto di splat rosso sangue. Si spara anche a dei cavalli che trainano dei mezzi in fuga…Roba che oggi insorgerebbe una qualsiasi Associazione animalista! Uno dei più bei giochi su Amiga! Brutalmente epico come la scena di Pulp Fiction in cui Jules recita il passo di fantasia biblica, Ezechiele 25:17.

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    1. Te ne sono grato e ti rendi merito per il fatto che tu legga questi pistolotti senza essere videogiocatore. Molti non sono interessati e passano avanti. Legittimo, molti però pure non avendone alcun interessa, non risparmiano giudizi o pareri a vanvera e magari sull’onda del panico morale. Troppo spesso chi dovrebbe informarsi non è videogiocatore come te, ma entra in contatto con i videogiochi a causa dei propri figli e per il loro bene dovrebbe prendere parte alle loro scelte, come per altre fonti di formazione e intrattenimento. Tuttavia non lo fa e preferisce censurare, vietare, sminuire.
      Perciò grazie per il tuo “mi piace”.

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  2. Denis

    Tra l’altro G.T.A 3 e l’ultimo che potevi mettere la visuale a volo d’uccello come i capitoli 2d, ho giocato G.T.A 3, Vice City e il prequel Vice City Stories, San Andreas, IV e espansioni il V, l’ho scambiato perchè mi si bloccava in una missione che non caricava, avevano fatto un gioco troppo pesante per Xbox 360 e Ps3 non l’ho trovato molto bello, sarebbe mediocre come gioco di guida e sparatutto in terza persona, minigiochi dalla giocabilità mediocre ma l’unione di tutti gli elementi con trama curata,ottime musiche e doppiaggio di alto livello e l’estensione enorme della mappa ne fa un must.
    Intendevi Postal? perchè ho Portal 2 ma è un capolavoro come puzzle game.

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    1. Ho scritto “Portal”, ma intendevo chiaramente “PoSTal”. Portal 2 è favoloso e io non amo molto i puzzle game. Vado a correggere.
      —-
      GTA V per la scorsa generazione di console non è stato evidentemente ottimizzato, io l’ho giocato (non fino alla fine) su PS4 e nel confronto con altre produzioni tripla A perde parecchi punti, come è sempre stato per un GTA che non ha mai brillato per eccellenza tecnica o meccaniche raffinate. Come ben scrivi, è l’insieme di tante piccole attività, la libertà di scegliere tempi e modi di interagire in un universo di gioco davvero vasto, che diventa vincente. Non ho mai trovato così interessanti le storie dei vari personaggi di GTA a parte Nico Bellic in GTA IV. Ho sempre preferito le storie più guidate di Mafia, L.A. Noir e Max Payne. Max Payne 3 è stato sviluppato da Rockstar Studios, i cui dipendenti dopo la chiusura sono stati integrati in Rockstar Toronto, responsabile di GTA IV, forse per tale motivo GTA IV è il capitolo che preferisco.
      Oltre agli elementi da te citati, aggiungi anche una mostruosa selezione musicale come tassello del successo di GTA.
      Grazie ancora per avermi segnalato la svista. 🤧

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