Chi ha paura dei videogiochi? # 4 – La paura fa (anni) Novanta


Segue da Chi ha paura dei videogiochi? #3 – Mortal Kombat

Perché videogiochi come Night Trap e Mortal Kombat generarono nella società americana il panico morale?

I motivi sono essenzialmente due:

  • l’elevato tasso di criminalità e una serie di eventi di cronaca nera
  • l’applicazione della grafica e audio digitalizzati nei videogiochi

Tra il 1990 e il 1993 il tasso di criminalità negli Stati Uniti è a livelli elevatissimi. I mass media producono un flusso continuo di notizie di crimini e storie di violenza; gli americani ne sono sommersi.

La percezione del cittadino americano è di vivere in un contesto assai insicuro. In questo frangente, il progresso tecnologico è percepito come una minaccia ai “valori tradizionali” della società; i videogiochi entrano nelle case e abituano i figli alla violenza: la famiglia è minata alle sue fondamenta.

Nel 1993 la violenza è una delle maggiori preoccupazioni della società americana. Non stupisce perciò che la violenza rappresentata sugli schermi nelle frequentate sale-giochi o addirittura nelle proprie case abbia scoperchiato il vaso di Pandora e scatenato i “demoni”.

Come mostra il grafico tratto da Statista è proprio a partire dal 1993 che il tasso di criminalità inizia a ridursi per poi continuare a declinare fino al 2009. Alla fine del 1993 la percezione di insicurezza negli americani risente dei più alti tassi di criminalità degli anni precedenti e quindi è comprensibile la preoccupazione collettiva e la massima attenzione ai fattori potenzialmente generatori di violenza.

In tale situazione di insicurezza si inseriscono l’informatica, i computer diventati (quasi) alla portata di tutti e le prime console di videogiochi.

“Se i Personal Computer sono per tutti, come mai hanno prezzo che possono permettersi in pochi? Il Commodore 64 a meno di 600 dollari.” (pubblicità da Compute! – agosto 1983)

Nei primi anni Ottanta possono distinguersi le prime avvisaglie del conflitto tra “entusiasti” e “apocalittici” che tuttora esistono sul tema degli effetti delle nuove tecnologie sulla società. Tron (1982) e WarGames (1983) sono rappresentativi di questo conflitto, seppure nelle sue fasi embrionali.

Termini come “intelligenza artificiale”, “cyberspazio”, “realtà virtuale” non sono più confinati nei laboratori di ricerca universitari più all’avanguardia, nei libri o nei film di fantascienza, ma entrano nel lessico comune.

Imprenditori entusiasti spingono la loro visione oltre e investono in progetti fino ad allora considerati “fantascientifici”: nel 1987 VPL Research realizza il DataGlove,  uno dei primi prodotti di realtà virtuale messi in commercio.

il DataGlove è un guanto cablato a un computer e permette di tradurre i gesti di chi lo indossa in manipolazioni di oggetti virtuali e trova applicazioni in vari campi, dal videogioco alla chirurgia, al controllo remoto.

Scientific American, Ottobre 1987 – In copertina il DataGlove di VPL Research

Scientific American dell’ ottobre 1987 mostra in copertina il DataGlove. A pagina 26 l’articolo “Interfaces for Advanced Computing” a cura di James D. Foley entra nei dettagli: attraverso l’interfaccia del guanto, il computer riconosce i movimenti delle dita e genera un ritorno tattile appropriato; un sensore rileva la posizione della mano e il suo orientamento. Il computer al quale è interfacciato il DataGlove è prodotto da Symbolics Inc., che è importante anche per un altro motivo: la società registrò il proprio dominio symbolics.com il 15 marzo 1985, diventando così il primo dominio .com nel mondo.

In una società sofferente e afflitta da una percezione della violenza elevata, oltre che a oggettivi tassi di criminalità elevati, e alla ricerca di un “responsabile”, non sorprende l’attenzione si sia spostata verso i media. Oltre a riflettere la violenza nella società dandone una copertura spesso sensazionalistica, i media ne diventano anche la causa. Tra i media ce n’è uno nuovo: i videogiochi.

Tra l’ottobre e il dicembre 1993 esiste una sequenza di eventi che spiega come mai il senatore Lieberman riuscì a portare sul “banco degli imputati” i videogiochi.

Time ed. USA, 20 dicembre 1993 – “Enough!” (Basta!). E’ ancora attuale.

Nell’ottobre 1993 gli americani sono scossi da due fatti di cronaca.

Un bambino di cinque anni, Austin Messner, ha appiccato il fuoco al suo letto e nell’incendio divampato è morta la sorellina di due anni. Secondo la madre, il bambino è stato spinto a tale gesto poiché in una puntata del cartone animato Beavis and Butt-head in onda su MTV, i personaggi dicevano che il fuoco è divertente (fonte: Cartoon on MTV blamed for fire, The New York Times, 10 ottobre 1993).

Ad agosto, un capo dei pompieri in una città dell’Ohio occidentale, Sidney, aveva puntato il dito sempre contro Beavis and Butt-head per un incendio che tre ragazze avevano appiccato dopo aver visto il programma.

Il secondo fatto di cronaca investe invece il cinema, in particolare il film The Program. In una scena del film il protagonista sfida la morte insieme a tre amici, sdraiandosi di notte nel mezzo di una strada ad alta percorrenza e velocità. Due ragazzi in Pennsylvania e un altro a Long Island rimangono uccisi emulando il protagonista del film. (fonte: Not Like the Movie: A Dare Leads to Death, The New York Times, 10 ottobre 1993).

Infine, il 7 dicembre, su un treno di pendolari della Long Island Rail Road, Colin Ferguson apre il fuoco uccidendo sei persone e ferendone diciannove. Colpisce la freddezza metodica con cui l’autore della strage percorre i vagoni sparando e ricaricando la sua pistola Ruger P89 9mm (fonte: 1993 Long Island Rail Road shooting,Wikipedia).

Dopo la televisione e il cinema, il 9 dicembre è il turno del più nuovo tra i medium, il videogioco.

Night Trap, Mortal Kombat e, in ultimo, Lethal Enforcer sono ritenuti videogiochi violenti e pericolosi perché rivolti a un pubblico di minori e, quindi, possono spingerli a maggiore ragione verso comportamenti violenti.

Perché questi videogiochi e non altri?
Night Trap, Mortal KombatLethal Enforcer utilizzano la grafica digitalizzata per rappresentare figure umane.

Questa scelta estetica, unita a effetti “splatter”, sangue ed effetti sonori campionati dà l’impressione di potere usare quella violenza rappresentata su schermo su un corpo in carne ed ossa.

A Street Fighter II ci si picchia virtualmente come i fabbri battono il martello sull’incudine, ma la percezione della violenza è apparentemente assente poiché la grafica è disegnata in stile cartone animato.

Street Fighter II Turbo -Bruciare vivo un uomo si può (basta che sia disegnato)

Questa novità nell’utilizzo della grafica e suoni digitalizzati ha influito significativamente sull’opinione pubblica e sull’ondata di “panico morale” che ne è seguita.

La novità dei film interattivi si esaurì rapidamente a causa della scarsa qualità dei prodotti e della scarsa interazione. Night Trap ne seguì il declino.

Mortal Kombat ha, invece, avuto numerosissimi seguiti ed è una delle serie più vendute con oltre 35 milioni di copie vendute. Street Fighter conserva ancora il podio con 41 milioni di copie. Entrambi hanno ispirato dei film e serie TV “live action” (per lo più inguardabili) o a cartoni animati.

Tempesta d’Ossa (Bonestorm) ovvero Mortal Kombat

Mortal Kombat viene citato nell’undicesimo episodio della settima stagione dei Simpson, “Marge non essere orgogliosa”: Bart desidera per Natale il nuovo videogioco “Tempesta d’Ossa”, ma non avendo i soldi, decide di rubarlo, prendendo a esempio altri ragazzi che fanno altrettanto al supermercato. Chiaramente i detrattori puntarono il dito sul fatto che i videogiochi stimolano gli adolescenti a delinquere. Data l’impostazione dissacrante della famosa serie, dubito che questo fosse l’intento degli autori dell’episodio.

Tanto rumore per nulla, allora?

Un risultato concreto tuttavia è stato raggiunto e oggi lo abbiamo sotto gli occhi ogni volta che acquistiamo un videogioco.

Nel febbraio del 1994 Lieberman ottiene con il Video Game Rating Act la creazione di un’apposita commissione che entro un anno ha il compito di:

  • stabilire di concerto con gli operatori di mercato un sistema che informi gli acquirenti e gli utilizzatori sui contenuti dei videogiochi;
  • verificare se i criteri di valutazione proposti dagli operatori del mercato siano adeguati per avvisare gli acquirenti e gli utilizzatori sui contenuti di violenza e sesso presenti nei videogiochi
  • stabilire se le risposte dell’industria dei videogiochi è adeguata.
La commissione ha un mandato fino al 31 dicembre 1996 o, comunque, termina novanta giorni dopo avere comunicato il raggiungimento degli obiettivi stabiliti.

L’industria, intanto, istituisce l’Interactive Digital Software Association (IDSA), oggi Entertainment Software Association (ESA), un ente non-profit e di autoregolamentazione autonoma e indipendente.

L’ESA sviluppa l’Entertainment Software Ratings Board, un sistema basato su una codifica a lettere che assegna valutazioni ai videogiochi così che i genitori possano fare delle scelte consapevoli.

È legittimo che sorga qualche dubbio sul “conflitto di interessi”, ma – per i dimostrati pregiudizi di certa politica e parte della comunità scientifica – è un bene per tutta l’industria e gli appassionati che l’ESA rimanga indipendente e sia espressione di un’autoregolamentazione dell’industria stessa.

I criteri di valutazione ESRB considerano l’età, il contenuto e gli elementi interattivi, stabilendo prima della pubblicazione un’etichetta che viene apposta sul frontespizio della copertina.

Sul retro della confezione lo stesso simbolo viene spiegato da una più dettagliata illustrazione dei contenuti.

Appuntamento al prossimo episodio di Chi ha paura dei Videogiochi? Sempre che non abbiate paura.

17 pensieri su “Chi ha paura dei videogiochi? # 4 – La paura fa (anni) Novanta

  1. Liza

    Aaaaaahhhh ecco ora si spiega…
    Sono una delinquente violenta perche’ ho ho visto sia Tron che War Games e ho giocato a Mortal Kombat per un ventennio..(oddio quando mi scappa l’istinto omicida rispolvero con la progenie malefica anche Doom)!!!!!
    MA MI FACCI IL PIACERE!!!!

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    1. Uheeee’ Liza querula mia! Siamo due bruttissime persone, violente e rissose. Tutta colpa di questi giochi diseducativi! Ma vaglielo a spiegare la soddisfazione di imbracciare una motosega!(giusto in Doom potrei, perché con quella vera rischio di portarmi via un braccio, per quanto sono impedito!)

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  2. Splendido excursus di una mania a cui ho assistito senza però “prendere appunti”. Ricordo molto bene i TG che gridavano contro “The Program” e avvertivano la popolazione che chi lo vedeva sarebbe morto di colpo. Ovviamente questo spinse parecchio un film totalmente insignificante, che quando finalmente ho visto sono rimasto a bocca aperta: ma che è ‘sta cacchiata? Se non fosse entrato nella lista dei falsi scandali, nessuno l’avrebbe mai visto 😛

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    1. Analogo discorso per Night Trap. Via via che ripercorro a ritroso questi eventi è sempre più evidente l’inconcludenza, la contraddizione e la ripetizione di certi meccanismi sociali che vengono sintetizzati dal concetto di “panico morale” e dei suoi cinque attributi.
      Si applica a tutti gli ambiti.

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    1. Se non conosci The Program è normale. Come scritto da Lucius, il film sarebbe destinato all’oblio se non per tale ribalta mediatica. Sembra quasi una costante questa di prodotti scadenti che vengono criticati non già per ciò che sono (film scadenti in questo caso), ma per aspetti del tutto infondati e assenti. Night Trap ne è l’omologo tra i videogiochi.

      Il sistema ESRB e l’europeo PEGI aiutano chi non toccherebbe un videogioco nemmeno con una pertica lunga due metri e lo salva da imbarazzi quando ne è costretto all’acquisto. I videogiocatori non lo guardano nemmeno di striscio.
      Se non lo hai letto e ti può interessare l’argomento, puoi leggere la Terza Tavola fuorilegge della convivenza videoludica ovvero PEGI, chi era costui?

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  3. Questa cosa di gente che si dà alla piromania a causa di Beavis & Butthead mi ha ricordato certe robe degli anni ’80 / ’90: la storia della bambina che sarebbe stata aperta dal fratello – ispiratosi a un gioco di biopsia aliena – e quella della bambina che sarebbe stata ammazzata di botte giocando ai Power Rangers.
    Il codice di classificazione dei giochi non mi disturba. Mi dà più fastidio il bollino siae in mezzo alla copertina 😛

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    1. Sembrano leggende metropolitane per quanto sono senza alcun fondamento, logica e al limite del grottesco. E’ rappresentativo del rifiuto del fallimento, dello “scarica barile” delle proprie responsabilità; i primi tutori di un minore sono i genitori. Senza poi considerare che Beavis & Butt-head sono chiaramente rivolti a un pubblico almeno adolescente. E quando ha dato fuoco al letto lo ha fatto con il napalm? Dove era la madre al principio dell’incendio?
      Insomma, banalità che però vengono totalmente ignorate.
      Concordo con te che il bollino SIAE sia fastidioso, sopratutto quando è apposta, non di lato, ma in mezzo alla copertina. Se poi la applicano sulla carta della copertina e non sulla plastica, parte un treno di improperi.
      Perché mandare in vacca l’impegno di un grafico con questa tassa, basata sul presupposto che esiste chi copia e allora penalizziamo chi compra originale?
      Chiaramente, solo in Italia.

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  4. Anche io non ho mai sentito parlare di The Program e anche io approvo l’etichetta. Non tutte le persone possono avere il tempo e la mentalità per capire di cosa stiamo parlando e quindi di cosa c’è sugli scaffali, infatti solitamente vedo che ci si affida all’omino GameStop di turno.
    In questa epoca ci sono una miriade di vantaggi (4K a parte… ahahah), perché, a parte la competenza (più o meno) di cui sopra, ci sono i gameplay su youtube e sul web si riesce a capire se stai regalando un Mortal Kombat a tuo figlio/nipote.
    Dio salvi il bollino stile banane ! 🙂

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    1. Oggi c’è davvero tanta possibilità di informarsi e decidere anche senza necessità del PEGI. Il problema è che nella maggiore parte dei casi non interessa. I titoli più venduti sono GTA e COD, e per i numeri che macinano è inverosimile che siano solo gli adulti a giocarli. È poi naturale per i più giovani essere attirati da titoli “bollati” con il 18+. I genitori dovrebbero partecipare di più alle passioni dei propri figli. L’educazione è la formazione passa attraverso il loro esempio e non attraverso censure o divieti imposti. Discorso che non si applica solo ai videogiochi, che dopotutto sono una forma di intrattenimento ( a parte il pazzo come me che ritiene siano una fonte di arricchimento)

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    1. Non concordo sull’obsolescenza del PEGI. Ai videogiocatori non serve, ma prova a metterti nei panni di chi non ne sa nulla e vuole acquistare un videogioco come regalo per il proprio figlio o quello di altri. È un’indicazione di massima, che assolve per questi acquirenti una funzione rassicurante. Ripeto: noi videogiocatori non l’abbiamo mai presa in considerazione, ma il PEGI non è rivolto a noi. Para il “didietro” all’industria.
      Non è il PEGI o l’ESRB a creare panico morale, ma è l’ignoranza, la disinfornazione e il pregiudizio a esserne l’hunus. Il PEGI quantomeno avvisa che i contenuti non sono adatti a una certa età. Che poi ogni individuo si rapporta alla sua età in maniera diversa, questo devono saperlo i decisori di acquisto, cioè i genitori.

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  5. Ovviamente sottinteso, Ma si parte dal presupposto che qualora un genitore o chi che sia pensa a fare un regalo del genere come minimo detiene il dovere di informarsi verso persone competenti come negozianti, amici, conoscenti ecc ecc (non gamestop eheheh). Cioè faccio fatica a pensare che una qualsiasi persona estranea a questo universo, acquisti (per esempio) su amazon un gioco per un nipote per sentito dire. Non è come andare a comprare un paio di scarpe, il senso è questo. In ogni caso, dal mio punto di vista, la classificazione che divide il videogame in base all’età è logoro e in disuso proprio perchè nessuno se lo fila. Potrebbero benissimo utilizzare metodi commerciali diversi per l’imitare l’abuso di chi compra senza guardare. Basta guardare altre forme d’intrattenimento come il cinema. Il medium videoludico necessita di una legge ad hoc. Poi guardi il rovescio della medaglia prendendo il mercato del tabacco e si ride alla grande.

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    1. Gli adulti che non conoscono i videogiochi sono “guidati” dai figli o nipoti, chiedono al negoziante di Geimestò, che ormai è l’unica catena diffusa sul territorio che abbia qualcuno dietro al bancone che in teoria ne dovrebbe sapere consigliare all’occorrenza. Dal punto di vista dell’adulto “estraneo” sarebbe meglio andargli a comprare le scarpe: almeno il numero lo conosce 😉 In questo caso tende a brancolare nel buio e va sul sicuro se indirizzato dal minore oppure, se non ha l’imbeccata o reputa il desiderio espresso come “troppo violento” (tipicamente guarda le schermate dietro la confezione) cerca alternative chiedendo al commesso. Il successo della linea Lego è basata sia sulla qualità di gioco sia sul fatto che non comunicano violenza, anzi sono prodotti conosciuti e rassicuranti per gli adulti. Il PEGI è – a mio avviso – un fattore importante per la decisione di acquisto da parte di questi acquirenti, verso i quali è rivolto. il PEGI è nato per rendere più consapevoli gli adulti nella scelta dei videogiochi adatti ai propri figli. Poi se un adulto acquista GTA con un bollino 18+ sulla copertina per suo figlio di 12 anni è una sua scelta.
      Sinceramente, vista la disinformazione della nostra classe politica sui videogiochi una “legge ad hoc” mi farebbe paura. I divieti al cinema non esistono praticamente più. Sta al buon senso e al passa parola, ma tutti sono immensamente più confidenti con il cinema come medium rispetto ai videogiochi. Più che legge, ci vorrebbe più partecipazione degli adulti con i propri figli così che sviluppino anche consapevolezza e una certa “maturità” nelle scelte come accade per il cinema.
      Al tabaccaio è vietata la vendita delle sigarette a un minore; te lo vedi il commesso di Gheimstò che alla richiesta di GTA di un genitore, chiede quanti anni ha il figlio e quando gli risponde che è un minore, si rifiuta di venderglielo?
      Vorrei essere lì a vederal questa scena.

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  6. Rieccomi in ritardo… e ancora devo recuperare il secondo episodio 😢
    I guanti sembravano qualcosa di futuristico e invece poi sono finiti nel dimenticatoio, fatta eccezione, in ambiti di finzione come per Johnny Mnemonic e Heavy Rain… questa cosa la sto notando ora con te e non voglio una risposta qui, esigo un post apposito!!!
    Ho trovato sempre idiota incolpare un cartone per la violenza, come i genitori che censurano le parolacce o non fanno frequentare i figli con altri bambini che ne fanno liberamente uso… te lo scrive uno che ha dato svariati esami di psicologia dello sviluppo (in parole povere è la pedagogia ma per tutte le età), le parolacce prima o poi le sentiranno, non ha senso tappare loro le orecchie! Bisogna far capire che è sbagliato pronunciarle, con un bel ceffone sulla bocca. Io le conoscevo tutte ma per dire a mia madre una parolaccia dicevo “ha detto vaffan… sedere”, se mi scappava un’altra parolaccia mentre giocavo, passavo la seguente mezz’ora a scrutare in alto, se mia madre si fosse per caso affacciata e avesse sentito. QUESTA È EDUCAZIONE! La caccia alle streghe è una cosa assurda che andrebbe condannata come una qualsiasi persecuzione razziale!
    De I Simpson adoro Ammazza Che Mazza, di quell’episodio.
    Invece io, lunedì scorso ho ripreso due titoli citati ne I Griffin, che gioca sui bug invece che sulla violenza dei videogiochi.
    L’etichetta sul retro è un’altra cosa da imputare a genitori disattenti che fanno provare qualsiasi titolo ai propri figli, incriminando certi titoli che loro stessi hanno procurato, fregandosene dell’avvertenza. È come far vedere un film vietato e incazzarsi perché venga trasmesso in TV, probabilmente in seconda serata ma anche se in prima, nell’era del parental control!
    Abbiate la decenza di controllare voi stessi ciò che capita sottomano ai vostri bambini, prima di scagliare la pietra contro la strega!

    p.s. scusa per il commento logorroico ma quando mi altero…

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  7. Pingback: RedBavon – Intervista – PlayGamesItalia

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