Viva il Messico! Ep.#29 – Alla ricerca di Pacal Il Grande


Palenque . Tempio delle Iscrizioni, sepolcro di Pacal Il Grande [foto di RedBavon]
Segue da Ep.#28 – Las ruinas de Palenque

11° dia: alla ricerca di Pacal Il Grande

Lasciato alle spalle lo splendido e più turisticamente noto Yucatan, siamo in Chiapas a Palenque: ne ho scritto quattro episodi e mi accingo a scriverne un quinto (e ultimo) prima di partire alla volta di San Cristóbal de Las Casas.

Legittimo è il dubbio che i quattro caballeros, protagonisti di queste ventinove cartoline messicane, si siano fermati a Palenque come si dice che Cristo si sia fermato a Eboli.

Esiste un punto di contatto con il celebre libro di Carlo Levi nella sua prefazione a cura dello stesso autore:

“Come in un viaggio al principio del tempo, Cristo si è fermato a Eboli racconta la scoperta di una diversa civiltà […]”

Per Levi i contadini della Basilicata; per noi quattro i Maya del Chiapas.

Las ruinas de Palenque sono immerse in un’aura che – a tanti anni di distanza – posso definire “magica”, senza il rischio di iperbole o retorica alcuna.

Al mattino, vi è una foschia che avvolge questi luoghi, probabilmente effetto dell’evaporazione dell’acqua dei tanti ruscelli e rivi presenti nella zona (il nome originario di Palenque è Lakam Ha, traducibile in “grandi acque”).

Palenque – Tempio delle Iscrizioni nella foschia [foto di Andy Mumford su trover.com]
Questa foschia che avvolge le ruinas sembra potersi popolare dei fantasmi degli antichi abitanti. A Palenque la sensazione di calcare una terra antica e popolata dai Maya è più vivida che in altre parti che abbiamo visitato. Considerando anche l’incontro di Frank con il munaciello maya, questo luogo ha lasciato un segno indelebile nella nostra memoria ed esperienza.

La giornata a Palenque si rivelerà intensa:

  • visita delle meravigliose vestigia Maya descritte nel precedente episodio
  • passeggiata naturalistica nella fitta foresta che circonda le ruinas
  • visita al vicino Museo de Sitio de Palenque “Alberto Ruz Lhuillier”
  • bagno nel piccolo corso d’acqua tra il museo e il sito archeologico.

Il Tempio delle Iscrizioni, uno dei quattro edifici più importanti e imponenti dello Yucatan e Guatemala, è purtroppo chiuso per lavori di restauro.

Nel 1952, dopo quattro anni di ricerche, all’interno del tempio, è stata rinvenuta dall’archeologo Alberto Ruz Lhuillier, una cripta che ospita il sepolcro del re Pacal Il Grande: al suo interno giacevano i resti del re, adorno di una favolosa maschera di tessere di giada, oltre che ad anelli ed altri gioielli che ne confermavano l’elevato lignaggio. Il sarcofago è coperto da un’enorme lastra di pietra decorata con incisioni raffiguranti Pacal in viaggio verso il regno dei Morti.

Nel 2003 l’accesso alla tomba di Pacal è stato definitivamente chiuso al pubblico a causa dell’ormai noto fenomeno della pericolosa modifica delle condizioni di umidità dovuto al via vai di visitatori.

Non è possibile nemmeno salire sulla torre del Palacio poiché l’accesso è stato chiuso in seguito alla morte di una turista austriaca. La guida ci ragguaglia dell’incidente mortale e, tutto sommato, avendo già dovuto buttare un paio di mutande semi-nuove dopo la discesa della piramide di Cobà, la rinuncia alla vista dall’alto, di certo mozzafiato, è una perdita sopportabile.

Di seguito alcune fotografie degli scavi del 1953 durante il quale fu ricostruita la torre del Palacio (fonte: Estudios de Cultura Maya)

Per una modica somma di pesos, la guida propone di portarci nel folto della foresta che circonda e, per certo, ricopre ancora gran parte dei resti della città di Palenque.
Mio fratello, ormai in modalità “botanico-entomologo”, non se lo fa ripetere due volte; Frank non fa una piega, ma per certo dissimula il proprio “sfastidiamento” (trad. napoletano: sensazione strisciante, tuttavia assai persistente, di fastidio) vista la sua ben nota avversione a tutto ciò che striscia; Diego e io ci accodiamo.

Palenque – Passeggiata nella foresta. Non fatelo da soli! [foto di RedBavon]
Durante la passeggiata naturalistica, mi sono reso conto di quanto avesse ragione la nonna di Cappuccetto Rosso nel dirle di non lasciare il sentiero nel bosco.

La vegetazione è rigogliosa come ci si può aspettare, alti fusti svettano da un fitto sottobosco di piante a loro volta di dimensioni ragguardevoli

Palenque – Foresta. Francesco (a sinistra) e Diego sotto una pianta “ornamentale” detta “Orecchie di elefante” [Foto di RedBavon]
Mio fratello è in brodo di giuggiole: ogni pianta attira la sua attenzione, di tanto in tanto si blocca e richiama l’attenzione di tutti: riesce a scorgere degli insetti perfettamente mimetizzati nella vegetazione. La genuina passione naturalistica di mio fratello e la sua missione divulgativa s’infrangono però contro il rintuzzo cazzeggiante da parte di Diego e mio. Se avete presente i due vecchietti del Muppet Show seduti nel loggione, avete un’idea precisa dello scambio di battute che seguiva ogni volta che il buon Lucio tentava di erudirci su un tale insetto o una certa pianta.

A un tratto, un ruggito risuona nella foresta e ci scuote dal di dentro. Circondati da un compatto muro verde e in assenza anche di un indizio su quale sia la direzione corretta per ritornare alle ruinas, già ci consideriamo come il buono-pasto per il giaguaro che abbiamo per certo udito.
Qualcuno osa domandare: “C-c-cos’è?”
La risposta della guida è per certi versi rassicurante:
“Es un mono aullador! A monkey, howler monkey.”. È una scimmia urlatrice.

Di seguito un video girato proprio a Palenque in cui potete ascoltare il verso del primate. Dopo averlo ascoltato, mi è ritornato vivido il ricordo: una cosa è essere lì e un’altra essere dietro a uno schermo. Ve lo assicuro.

Una scimmia? Una scimmia emette un verso del genere? Sono stato sul punto di intonare il mio ultimo pater noster ed è “solo” una scimmia?
Non voglio sapere come ruggisce il giaguaro e, date le premesse, eviterei anche l’incontro con il primate.

Palenque – Foresta. Mio fratello Lucio (a sinistra) e Francesco. Da notare l’espressione provata di mio fratello: l’umidità è davvero pazzesca [foto di RedBavon]
La gita naturalistica termina con soddisfazione di tutti: mio fratello per avere arricchito la sua conoscenza di piante e insetti; Frank, Diego e io per avere portato via la carcassa intera.

Prima del commiato, la guida ci raccomanda la visita al museo che è a poca distanza dalle ruinas: vi sono conservati i reperti archeologici ritrovati nell’area tra cui l’enorme lastra di pietra che ricopre la tomba di Pacal e la sua maschera di giada. Si tratta di riproduzioni, in quanto l’originale della maschera è custodita nel Museo di Antropologia di Città del Messico, mentre la lastra di pietra è inamovibile dalla cripta poiché l’accesso è attraverso una stretta scalinata interna e la piramide vi è stata costruita sopra.

Palenque – interno Tempio delle Iscrizioni. Il sepolcro di Pacal è in fondo alla scalinata interna (evidenziata in giallo)

Contrariamente a quanto ci si può aspettare vista l’importanza del sito di Palenque, il museo è di piccole dimensioni. Sicuramente meriterebbe di essere più grande e di custodire i reperti trovati in loco, così da beneficiare di una maggiore affluenza e permanenza di turisti con un conseguente maggiore sviluppo di quest’area del Chiapas.

All’interno del museo, la riproduzione della lastra sepolcrale del re Pacal è spettacolare e dà la possibilità di rendersi conto delle imponenti dimensioni dell’originale! La pietra è di forma rettangolare, misura tra i 245 e 290 millimetri di spessore, è larga 2,2 metri e lunga 3,6 metri per un peso totale di sette tonnellate.

Il video che segue è un vecchio filmato in formato RealMedia che ho trovato in un sito web abbandonato:  l’immagine è sgranata a causa di una risoluzione originaria infima rispetto all’attuale standard, ma rende bene l’idea di dove è il sarcofago e come ci si arriva.

All’interno della piramide di Kukulkan a Chichen Itza, avevamo sperimentato la sensazione di essere “sepolti vivi” a causa di un improvviso black-out.

Chichén Itzá – L’interno della Piramide di Kukulkan. Rende l’idea di quanto sia stretto e basso. Il flash ha illuminato a giorno, ma è più buio di quanto appare.

L’idea di infilarsi all’interno del Tempio delle Iscrizioni e scendere una scalinata molto più lunga con un tasso di umidità sicuramente allucinante, con il senno di poi, mi fa ritenere ampiamente soddisfatto di avere goduto della vista della sola riproduzione.

La pietra è molto famosa in tutto il mondo a causa della raffigurazione che vi è scolpita o, meglio, di ciò che alcuni hanno voluto o creduto di vedervi.

Palenque, Sarcofago di Pakal: il viaggio del Re Pacal verso gli inferi (foto da web)

Pacal è ritratto a cavalcioni di quella che è apparsa ad alcuni come un’astronave. Senza entrare nel merito delle discussioni sorte in seguito a tale interpretazione, la verità è chiaramente diversa.
Tuttavia, alla vista della colossale pietra è forte il fascino di tale fantasiosa suggestione.

Le iscrizioni sono state un preziosissimo riferimento per conoscere una parte importante della storia di Pacal, ma anche di tutto il Mesoamerica del periodo.

Due anni fa è stato scoperto un sistema di nove canali d’acqua lunghi diciassette metri che scorrono al di sotto del Tempio delle Iscrizioni e della tomba di Pacal. Ciò ha fatto pensare che la tomba e la piramide sono state intenzionalmente costruite sopra a questa fonte d’acqua e che i tunnel sono stati creati per condurre l’acqua sotto la camera funeraria per guidare lo spirito di Pacal nel mondo dei Morti. A sostegno di tale tesi vi sono anche delle incisioni su un paio di orecchini di pietra, che dicono che un dio “guiderà i morti verso gli inferi, immergendoli nell’acqua in modo da essere ricevuti lì”.

L’idea dell’astronave, già parecchio balzana di suo, è confutata dagli studi dell’epoca e anche dai più recenti. Tuttavia sul web Pacal è un tema ampiamente trattato da siti esoterici e anche da certa letteratura di Archeologia misterica. Se l’obiettivo di Pacal era di essere ricordato dai posteri, l’obiettivo è stato ampiamente raggiunto.

Palenque, così immersa nella foresta, esercita un fascino particolare: come una donna che veste un abito che lascia esposte alla vista solo alcune parti del corpo, così Palenque espone solo una parte di sé e tuttavia è bellissima, affascinante, magnetica.

Non serve essere degli esperti per capire che Palenque è differente da quanto abbiamo visto fino a oggi: le testimonianze Maya, infatti, sono più simili a Tikal nel vicino Guatemala piuttosto che ai più noti siti dello Yucatan. Infine la storia di Pacal è indubitabilmente fonte di un’aura assai carismatica di questo Re, che nonostante l’osteoporosi e l’artrite scoperta dagli esami istologici dei suoi resti, fu capace di un lascito così importante.

Palenque – Francesco, ovvero il Grande Uxmal al cospetto del Grande Pacal: due miti di assoluta grandezza. [foto di RedBavon]
Dopo la visita al museo, si risale verso le ruinas: a metà strada circa abbiamo già adocchiato un piccolo ruscello in trovare ristoro dal caldo che ormai picchia come un fabbro. Vi sono già alcune persone in acqua, quindi escludiamo che vi siano bestie feroci in agguato sul fondo. Poco più a monte, scopriamo che vi è una piccola cascata dove parecchi indigeni stanno godendosi la frescura delle chiare acque.

Una liana si protende da un alto fusto: è perfetta per un tuffo in stile Tarzan.  Penzolare dalla liana e lasciarsi cadere in acqua ha il suo perché. Con tutta probabilità è la prova definitiva che discendiamo dalle scimmie più di quanto pensiamo. A Darwin servì girare mezzo mondo, noi lo scopriamo a Palenque.

Dopo il bagno ristoratore, ci avviamo verso l’albergo. Forse è rimasto il tempo di un altro cocktail in ammollo nella piscina più bella in cui mi sia mai immerso (leggi: Ep.#26 – Palenque, l’arrivo).

Nel tardo pomeriggio, zaini in spalla, si parte nuovamente. Ci aspetta un altro lungo viaggio in corriera con destinazione San Cristóbal de Las Casas, un altro luogo che ci rimarrà nel cuore.

E chi non viene con noi a San Cristóbal, possa Pacal venirgli in sogno e, spacciandosi per Pascuàl, millanti di essere un famoso fantasma napoletano che dà i numeri al Lotto così che costoro, una volta svegli, si fiondino al più vicino banco del Lotto, si giochino tutto, pure le mutande, e perdano tutto.

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7 pensieri su “Viva il Messico! Ep.#29 – Alla ricerca di Pacal Il Grande

    1. Muchi gusto compadre. Muchi gusto. Riuscire a trasmettere l’arricchimento ricevuto da questo viaggio è la priorità del mio volerlo raccontare. L’effetto su di te che hai viaggiato così a lungo per quei luoghi non può che riempirmi di soddisfazione e gratificare i miei sforzi. A partire da Palenque il diario amanuense si interrompe per lasciare spazio a una sintesi riepilogativa dell’ultima fase. C’è un taccuino scritto da Frank ma la sua ortografia è davvero da interpretare con la stele di Rosetta sotto gli occhi. Procedo nel racconto quindi sui “fumi” dei ricordi a partire da questo episodio in poi, perciò intervieni pure con qualche tuo contributo quando puoi. Sarà sicuramente un catalizzatore anche dei miei ricordi come è successo con la foschia a Palenque. E i mosquitos.

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