Storie sgangherate #5: Risiko e migranti – Fear the Walking Íslendingar


La Kamchatka, mia costi quel che costi!

A volte le storie nascono per caso.

Domenica, il pomeriggio dei giorni festivi con i miei nanerottoli può essere sfidante più di qualsiasi ambizioso obiettivo aziendale. Caricati per natura con uranio arricchito, lo sfogo naturale è lasciarli allo stato brado su un prato, lanciandogli una palla o altro trastullo che abbia caratteristiche sfuggenti quanto quelle di un capitone per il cenone natalizio.

Quando però all’esterno, dopo avere pranzato, la canicola frigge la pelle anche se sei all’ombra di un ontano (non chiedetemi la ragione di questo piuttosto che di un altro albero), la pratica di lasciarli per le verdi praterie al galoppo è sconsigliata.

Le controindicazioni non sono per le eventuali insolazioni delle loro testoline o per l’abbondante secrezione sudorifera dei loro corpicini al profumo di cinghiale selvatico o, ancora, per la loro attrazione per fanghiglia e pozze putride nonché abilità nel ridursi come un “maiale rotolato nel fango”; piuttosto per le scarse possibilità di reazione da parte dell’adulto così da esercitare l’opportuna super-visione. I giovani virgulti, infatti, per la loro innata curiosità e ingenuità, hanno la tendenza a mettere il muso, le mani, le braccia in luoghi e situazioni che urlano “pericolo!” da lontano e che anche un lemming eviterebbe. Anche perché la storia del suicidio di massa dei piccoli roditori artici è una fesseria, i lemming ci tengono alla loro pelliccia, mentre i bimbi sembrano essere sprezzanti, sopratutto se interviene il genitore a vietarlo.

Quante volte ti ho ripetuto che non devi dare retta a un pagliaccio dentro a un tombino?!?…No, i palloncini non te li compro!

Se pensate di partecipare ai loro giochi sotto la canicola, dopo pranzo, è consigliabile prepararsi a fare visita al Pronto Soccorso per intervenute complicazioni polmonari o  cardiache o per traumi cranio-ortopedici assortiti. Se fate uso abituale di cocaina o di altre sostanze dopanti, potete prendere in considerazione quest’ultima alternativa.

La premessa mi viene giù dalle dita allungandosi come la sfoglia attraverso i rulli paralleli della macchina per la pasta all’uovo e potrebbe rivelarsi più lunga della storiella sgangherata che vado a raccontare. Abbiate pazienza oppure potete esercitare – a vostro insindacabile giudizio – il super-potere dell’indice sul tasto del mouse e chiudere il browser, blog, baracca e burattini. In alto a destra. “In fondo a destra” è un classico dei cessi, “In alto a destra” è per mandare al cesso questa pagina web. Che strana coincidenza.

Domenica, dopo pranzo, ho avuto la meritoria idea di coinvolgere i miei due nanerottoli di sette anni a un classico della rissa domestica: il gioco del Risiko!

In verità, la genitrice di haec ornamenta mea si era sdraiata sul divano e con la scusa di volere vedere un programma televisivo era sprofondata in un sonno che mi ricordava Doraemon nel pieno della sua siesta.

La strategia della mia consorte è parecchio più subdola:

  1. oKKupare la sala da pranzo
  2. impedire lo spiegamento del tridente maschile sul divano in formazione “joypad-Uno-per-tutti-Tutti-contro-tutti”
  3. vanificare la mia strategia che usa i videogiochi come diversivo d’intrattenimento per i due nani (e per me).

Preclusa la via video-ludica a causa dell’inevitabile allegra baldoria che avrebbe impedito il sonno alla genitrice, esclusa anche la via didattica del giovane muratore a marchio Lego a causa di un’intensa sessione di montaggio appena conclusa il giorno precedente, urge trovare una soluzione che concili l’intrattenimento con la didattica, in scia allo slogan di una famosa industria spacciatrice di merendine e sorpresine, + latte, – cacao.

Tale nobile finalità in realtà è un bieco espediente per racimolare qualche punto in più per migliorare la mia stabile posizione di fondo classifica nella gara “E tu che cosa fai per la famiglia?”, soggetta a insindacabile giudizio della giuria riunita a sezioni unite nella persona della mia consorte. Diciamo pure che ho iniziato il campionato con una forte penalità e la giuria è in odore di combine con l’antagonista.

Hic sunt leones. Dovrei affiggere questa iscrizione sull’architrave della porta della camera dei nanerottoli.

Nei giorni festivi, la camera dei bimbi è indistinguibile dal Vietnam, dopo un bombardamento a tappeto dei B-52. In effetti, il napalm sarebbe una soluzione. L’ho chiesto al ferramenta vicino casa mia. Ci vado con piacere perché è uno dei pochi che ha resistito all’assalto di quegli immensi luoghi di perdizione e del fai-da-te (e poi non vi lamentate se diventate ciechi) come i Lulù-Marlene. Eppure ero convinto che fosse una cantante e invece è un ferramenta. Il mio ferramenta però è differente (la mia banca invece no, applica delle commissioni assurde come tutte le altre): il napalm non l’aveva a scaffale, ma mi risposto che lo ordinerà e mi avviserà per andarlo a ritirare. Strana coincidenza: il giorno dopo, si sono presentati a casa due Carabinieri chiedendo di me. Quando hanno visto i due nanerottoli devono avere mangiato la foglia e da quel giorno non ho più notizie né dei Carabinieri né del ferramenta.

Di necessità virtù, non c’entra nulla, ma ci stava bene per prendere tempo, e così ho fatto: ho preso tempo. Ho chiesto ai nani cosa volessero fare con la flebile speranza che mi rispondessero con un “Bi.O.Acca” (si pronuncia: boh) che sta per ammissione di resa incondizionata alla patria potestà; a questo punto li avrei indirizzati a un gioco del tipo “disegna il mostro più brutto che c’è, prendendo spunto dalla foto di mamma” oppure al bastardissimo “gioco del silenzio”. Insomma, tutte attività che necessitano un minimo contributo da parte mia a causa di una situazione post-prandiale tendente alla posizione orizzontale con tanto di bolla al naso. A proposito, se conoscete un adulto che è riuscito a convincere dei bambini per più di cinque minuti al “gioco del silenzio”, voglio nome, cognome e codice fiscale perché lo propongo a Cavaliere di gran croce decorato di gran cordone, scrivendo di mio pugno al Presidente della Repubblica.

All’unisono le vocine della coppia – nana in statura, gigante in molestia – giunge forte e chiaro:

“Vogliamo giocare insieme a te”

Sono in trappola! Ora devo trovare per forza una soluzione. E anche velocemente, altrimenti si finisce a darsi mazzate (per finta): io sotto, entrambi i nani sopra, che mi cavalcano selvaggiamente come una puledra inseguita dall’orda di guerrieri comandati da Kocis dopo che ha scoperto che sei andato a letto con la moglie.

Non c’è nulla da fare: l’umanità nella condizione di estrema disperazione riesce ad attingere a risorse insospettabili e trovare una soluzione geniale.

+ latte,  cacao

+ geografia, mazzate (almeno fisiche)

=

Risiko!

Così si inizia una partita a Risiko!

Tempo addietro, ho già iniziato i nani a questo gioco che è l’anti-fair-play per eccellenza, generatore di liti i cui strascichi possono perdurare per decenni e decenni senza diminuire di intensità, seconda causa – dopo i divorzi non consensuali – di separazioni traumatiche tra persone che si ritenevano unite da legami affettivi. Fu una breve sessione “esplorativa”. Questa volta si fa sul serio.

La scelta delle “armate” di carri armati procede con insospettata armonia:

  • Diego sceglie le armate verdi
  • Jacopo le armate blu
  • Io scelgo le armate gialle con un criterio totalmente arbitrario e cioè, la busta più vicina.

Trova conferma una regola-non-scritta: le armate viola non le vuole nessuno.

Si distribuiscono le carte “obiettivo”, decidendo sempre in totale armonia di giocare con le carte scoperte, dichiarando cioè l’obiettivo così da potere indirizzare meglio il gioco dei due condottieri alle prime armi.

La prima occasione per esercitare la patria potestà è al momento della lettura degli obiettivi:

  • Diego deve conquistare 18 territori presidiandoli con almeno due armate ciascuno
  • Jacopo deve conquistare la totalità dell’Europa, del Sud America e di un terzo continente a scelta
  • Claudio devc distruggere le armate verdi, cioè mio figlio Diego.

Prendo una decisione in una frazione di secondo: butto la mia carta “obiettivo” sotto il mazzo, senza comunicare nulla agli altri giocatori e ne estraggo un’altra:

Conquistare la totalità dell’Asia e dell’Africa

Hai detto cotica!

Non mi pento della decisione: ispirato probabilmente da Salomone invece che da Erode, non potevo accanirmi sulle armate verdi di mio figlio Diego. Non avrebbe mai compreso il sadico godimento (legittimo a Risiko!) nello spazzarlo via dalla faccia del mondo, inseguendolo in ogni continente, scaraventandogli addosso mucchi di carri armati a ogni tris di carte.

Chiariti gli obiettivi di ciascuno, ricordato loro che per vincere occorre completarli come descritto sulla carta, accennato in parole semplici alla possibile strategia, è chiaro dall’inizio che Diego è favorito, Jacopo ha qualche probabilità, io sono inguaiato, praticamente rovinato con le mie stesse mani.

Conquistare l’Asia è già un’impresa titanica, aggiungere l’Africa è un’impresa alla stregua di quelle di Alessandro Magno. I nani sanno fare di conto e colgo sui loro volti un barlume della goduria sadica che s’impossessa di un qualsiasi giocatore di Risiko! quando un mucchio di carri armati va a sbattere contro uno, un solo, bastardissimo, ostinatissimo carro armato che resiste fino all’ultimo tiro di dado (e non è nemmeno sul Giappone). Se ci si mette anche la sfiga ai dadi, potrebbe anche succedere l’impossibile nella Storia: la cavalleria polacca sbaraglia le Panzer Divisionen naziste.

Spiegati quindi il livello di difficoltà degli obiettivi di ciascuno, i due nani sghignazzano alla notizia che il genitore è a mal partito. La figura di Erode andrebbe rivalutata.

La seguente distribuzione delle carte “territorio” è anche l’occasione per un ripasso delle regole di base. Segue il posizionamento dei trentacinque carri armati sullo scacchiere mondiale. Affido agli imberbi geografi il compito di esplorare la mappa alla ricerca dei territori assegnati, facendo leva sulle recenti capacità di lettura sviluppate nell’appena conclusa prima elementare.

Il dispiegamento si svolge senza particolari intoppi, a parte dei momenti di ilarità causati dalla lettura con accento casuale, storpiamenti vari e, soprattutto, le conseguenti espressioni sul viso dei due nanerottoli:

  • l’Alberta fa pensare a una compagna di scuola e non a un’area geografica del Nord America
  • l’Ontario potrebbe essere un roditore di grosse dimensioni della regione dei laghi del Canada
  • Quebec è il verso di una specie di anatra rarissima
  • la Groenlandia, pronunciata ‘groe-eeee<suono incomprensibile>dia’, è chiaramente uno scioglilingua degli Inuit per non congelarsi la bocca nei freddi inverni
  • il Magadascar…il Magdacascar…il Ma-DA-GA-scar ha i suoi bei problemi di pronuncia, che mi ricorda i professori all’appello della mia compagna di classe Schnideritsch (Snideric con la ‘c’ dolce)
  • Siam è la prima persona plurale del verbo essere, tempo presente, usata nelle filastrocche, nelle canzoncine e…Noi Puffi siam così…e dai Puffi, naturalmente.
  • la Nuova Guinea (pronunciata all’inglese: ghiinea) è talmente lontana anche sulla plancia di cartone che per i due nanerottoli è stata una scoperta come avvenne tra il 1526 e il 1527 quando l’esploratore portoghese Jorge de Meneses battezzò questa terra Ilhas dos Papuas (“isole dei capelli crespi”).

A est dell’Ucraina (inclusa) è il delirio totale: Afghanistan, Urali, Jacuzia (per molti, la patria delle vasche idromassaggio), Cita (da bimbo avrei pensato sicuramente a una scimmia, quella di Tarzan), infine il capolavoro: la Kamčatka! Se non fosse per Risiko! nessuno conoscerebbe la Kamčatka.

Onde evitare che nomi, nemmeno di Stati ufficialmente riconosciuti, fiacchino la curiosità per la geografia dei due nanerottoli e lo slancio bellicoso, li aiuto a piazzare le proprie armate quando alla lettura stentata del nome segue un’espressione di smarrimento.

Jacopo azzecca il Brasile subito (una sua compagna di classe viene da lì), Diego trova l’Argentina altrettanto velocemente (la cosa non mi stupisce), in Europa entrambi vanno piuttosto spediti, esitano solo alla carta “Scandinavia” (propongo di bruciarla per futili motivi calcistici); l’Africa non presenta particolari problemi a parte il Magadascar…il Magdacascar…il Ma…mavafan…

Date le ultime indicazioni su come giocare e sul tiro dei dadi, raccomandato loro che è essenziale conquistare almeno un territorio a turno, avvisandoli che una condotta suicida simil-lemming, è inutile e rovina il gioco agli altri, è tempo di dare fuoco alle polveri.

Tiro del dado per decidere chi inizia: io sono il primo, Jacopo il secondo, Diego è l’ultimo e – come dicono a Roma – è andato in puzza.

Si inizia.

Quella che segue è una storia sgangherata di immagini e didascalie, nata spontaneamente osservando la plancia di gioco e notando delle imbarazzanti analogie con temi di attualità politica e dei migranti. Mentre si svolgeva la partita, sono rimasto sorpreso quanto quel mondo di carta stesse assumendo l’immagine di quello reale, con la differenza che in quest’ultimo sono gli esseri umani che stanno diventando di cartone: da gettare quando “usati”, guappi di cartone e silhouette spesse quanto un foglio di carta velina.

Paura dei migranti? Sta arrivando il pericolo giallo!

E’ destino! Tu guarda chi avrei dovuto distruggere? Non nascondo la mia allergia a camicia e foulard verdi.  Io sono terrone, Oui, je suis emigrante. Nulla di personale. C’è scritto sulla carta e – si sa – “carta canta”.
Risiko ama il Sud!

Il pericolo giallo dilaga in Africa. Europa avvisata.

Questa situazione giallo-blu mi ricorda qualcosa?

Ah già, i giallo-blu del Frosinone sono di nuovo in serie A!…

No, questa marea giallo-blu deve essere qualcosa d’altro…

E io che pensavo che la legge elettorale fosse una vaccata totale! Adesso ho capito da dove viene il Rosatellum! L’ho sempre detto che Risiko! è un gioco educativo, a tratti rivelatore.

Paura dei migranti dall’Africa? Io mi preoccuperei degli islandesi!

Fear the Walking Íslendingar(*)

(*) Íslendingar’ è il termine con cui gli islandesi si chiamano nella loro lingua.

Storie perché così sgangherate? 

Storie sgangherate per bimbi insonni e papà stanchi sono racconti sgangherati, versioni rimaneggiate, strappate, lacerate, sbilenche, sgrammaticate e con la punteggiatura sparsa come le spighe rimaste sul campo dopo la mietitura. Se volete leggere una Favola scritta bene andate sui libri, quelli veri, di carta e inchiostro. Se decidete di continuare, non mi resta che augurarvi buona…anzi, brutta lettura!

# 0 – Presentazione e indice della rubrichetta

#1 – Ulisse con il senno di poi

#2 – Il Piccolo Cocomero

#3 – A.D. 2828. The Twins Society

#4 – I ragnetti Prot-Prot e Lo Stupido Inutile Viaggio di Andata-e-Ritorno [parte I] e [parte II]

56 pensieri su “Storie sgangherate #5: Risiko e migranti – Fear the Walking Íslendingar

    1. Sospiro di sollievo. Non proprio una lettura “facile”, volutamente salterina (sgangherata), con una lunga premessa (corrispondente alla realtà della preparazione del gioco), solo alla fine si riesce a capire dove vuole andare a parare. Se sei arrivato alla fine e ti è anche piaciuto, allora obiettivo raggiunto! A me la carta Territorio!
      Le coincidenze sono state davvero inquietanti, certo forzate da una mia personale lettura, non condivisibile da altri, ma resta il fatto che è stata la partita più “realistica” che abbia mai fatto a Risiko.
      Grazie Pup!

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    1. E come darti torto. Combattuto dalla onesta bastardaggine che il Risiko richiede per interpretarlo come si deve e l’amore paterno; combattuto dall’orgoglio macho contro altri due esemplari dello stesso genere e l’educatore attento a non deludere gli allievi. Il Risiko è una prova, mette a dura prova un “mestiere” già difficile di suo 😂
      I nani poi era attentissimi, ma sempre sul filo di esplodere in rissa per futili contese di confine (oibo’ come i “grandi”).
      C’è stato un momento di tensione quando Diego si è accorto che il fratello lanciava 3 dadi anche quando difendeva con 2. Non per malizia, ma per congenita distrazione di Jacopo, al quale ripeto spesso che tene ‘a capa pe’ spartere ‘e recchie. Jaja’ è di una congenita distrazione e ingenuità dell’”artista”. Insomma esperienza da ripetere…anche perché sono riuscito a conseguire l’obiettivo che non ero mai riuscito in una vita di Risiko: Africa, Oceania, Europa e Asia, una marea gialla! Bella forza con due bambini di 7 anni, starai pensando, ma Erode fece di peggio 😂😂😂

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  1. Avrei voluto commentare ad minchiam, come di solito faccio. Ma non posso. Non posso perché ho letto un autentico pezzo di letteratura: ironico, metaforico, fluido, con un incastro domestico-politico esilarante e una scrittura tanto vera che mi ha fatto sentire l’odore di cinghiale che trasuda dall’epidermide dei nani. In ordine: 1) io gioco a Risiko e sono piuttosto bellico, eccetto quando c’è da attaccare la Cham… Kac… Kamčatka (copio e incollo, che faccio prima), quando rinuncio perché non so pronunciarne il nome; 2) il giallo-blu è una puntuale metafora politica, e tu hai anche i nani di Arcore come ciliegina sulla mort… port… torta!; 3) La Svizzera (leggi consorte) ovviamente si è dichiarata non belligerante, penso che (al di là di quel che è accaduto sul tappeto di gioco) la partita l’abbia vinta lei. Come tra i giallo-blu, se guardi bene c’è qualche non belligerante (Farinetti e company) che sta portando a casa la vittoria.

    Bello, bello davvero questo pezzo. G.

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    1. Meno male! Perché se fosse stato un accapponante raccatto di testo e immagini non me lo sarei mai perdonato per avertelo anticipato manco fossi l’Anacagis!
      OnGianca’ mi hai fatto rotolare sul divano per le risate con la Kamchatka (cazzo! Il correttore l’ha preso da solo, pensavo ci avrei messo dieci minuti per convincerlo a scriverlo nella forma meno sminchiata possibile!).
      In seconda battuta, io vorrei capire come fai…come fai a leggermi così bene che io mi chiedo “cazzo, non sono solo (non Han o Ian)”. Diamine il correttore non mi corregge manco le parolacce (quelle le ha imparate subito come quando si viaggia in terre straniere senza sapere una parola)(il che è una parte divertente del viaggio, ma con la storia che l’inglese è fondamentale per il CV, abbiamo salutato pure questo aspetto esotico).
      Lo hai capito ormai che ti sto mettendo alla prov(ol)a con questo florilegio di incidentali, sacrilego per la madre-lingua. Ma so che tu non perderai la Fede in questo scrivano (in odore di crisi mistica e megalomania).
      I nani di Arcore sono un colpo basso…e ci sta: i due sgherri non arrivano al metroevventi. Ma almeno non vanno a zoccole e se ne vantano pure.
      La Svizzera a Risiko non c’è altrimenti sarebbe il mio bersaglio fisso, anche fuori dagli obiettivi…e anche fuori di metafora perché la mia consorte la “guerra” con le truppe diversamente alte la combatte ogni giorno e in prima linea. Io sono nelle retrovie e arrivo tardi a casa…Onore delle armi.
      FarineLLi & co. mi hanno sinceramente stancato (ritorno alla buona creanza di tastiera): sembrano quei bambini che per il solo fatto di possedere il pallone, decidono di non giocare perché qualcuno li ha contrariati esordendo con una delle frasi più bastarde dell’Universo ovvero:
      “Il pallone è mio e ci gioco io”. I miei nani non l’hanno mai pronunciata questa frase, certi parlamentari si!
      Torna presto, ‘sta casa aspetta atte!

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  2. arrivato fino in fondo in assoluta apnea. Che fiato che ho.
    Insomma questa partita a Risiko come è finita, visto che dopo un bla-bla degno di mister Ruspa, arrivato alla fine ho capito che devo guardarmi dagli islandesi coi giapponesi alle porte. A proposito di giapponesi nostrani mi sembrano quelli delle giungle asiatiche che non hanno capito che la guerra è finita. E va bene…
    Insomma ho capito che state ancora giocando

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    1. L’evocare la ruspa mi ha fatto un certo effetto visto che – in tempo di pace – è omologabile a un carro armato. Cingolati entrambi, distruttivi entrambi. Nell’affrontare certe tematiche, infatti, la “ruspa” nel linguaggio dei verdi foulardati non è pars costruens, ma destruens ovvero suggerisce la via per eliminarle.
      Voglio però chiarire che il “pericolo giallo” non è un riferimento ai giapponesi, ma alla potenza economica cinese.
      Come è finita la partita?
      L’ho scritto in qualche commento più su, ma ti lascio riprendere fiato e lo riscrivo:
      Schiacciante vittoria delle armate gialle che sono dilagate conquistando nell’ordine Africa, Oceania, Europa e infine Asia, completando una delle carte Obiettivo più rognose di tutte.
      Ho fatto capire ai due nani chi è che a casa porta i calibro 88.

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      1. I commenti non li leggo, perché altrimenti ero ancora in fase di lettura 😀
        I gialli uguale cinesi? Sono un vecchio che non vede il nuovo – cinese – che avanza. Dovrai perdonarmi.
        Hai insomma infierito sui nani per far capire chi porta la calibro 88.
        A parte tutto mi sono divertito nel leggere il post

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  3. Risiko!!!! Ho giocato una sola volta, in adozione serale da amici, con figli e nonni… la nonna è quella che mi ha fatto più ridere in assoluto! ;D
    Per il resto cosa si può dire: nulla che non sia già stato detto ( ma io arrivo sempre in ritardo, perdo treni e giovedì come piovesse!). Sei bravo e mi piace sempre il tuo modo di raccontare senza scrivere, un po’ di nascosto ma quando trovi il senso… mannaggialapapera se escono i vaffa! 😀

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    1. Ehi! Attenzione ci sono dei bimbi 😉
      Potrebbero rimanere traumatizzati dal mannaggialapapera.
      Vedere una nonna giocare a Risiko mi manca. Nonostante la fantasia sembra non mancarmi (così mi dicono alcuni…)(…altri scuotono il capo per i risultati), non riesco proprio a immaginarmelo. Un’esperienza da raccontare…direi.
      “raccontare senza scrivere, un po’ di nascosto”…Mi piace assai e mi ci ritrovo! Semmai finissi a parlare del mio libro o film da Marzullo, prima di abbattermi usando la pietà e la risolutezza che si ha nei confronti di un cavallo azzoppato, mi rivendo questa frase come mia.
      Già me lo vedo.
      L’uomo-con-la-messa-in-piega-al-naturale mi fa una delle sue domande in cui non capisce un cazzo nemmeno lui dove mai potrà andare a parare, ma che in sintesi vuole dire:
      “Descriva il suo stile”

      A quel punto, fingerò di pensare lungamente alle parole da dire, di pesare attentamente ogni parola per dare credibilità a qualsiasi cosa possa pronunciare di lì a poco (tanto la platea è rincoglionita dal sonno e sta bestemmiando l’insonnia che lo costringe a vedere quella trasmissione…)(…purtroppo il telecomando ha deciso di smettere di funzionare, anche la sostituzione delle pile non ha sortito effetto, niente da fare: bloccato su quel canale)
      Finalmente decido di dire la mia massima:
      “Il mio – alzo gli occhi al soffitto per simulare un pensiero che cala dall’alto come unto dal Signore – il mio stile è…è… come dire…Ecco! E’ un raccontare senza scrivere, un po’ di nascosto…”
      Applausi, mi faccio gli applausi da solo!
      Grazie TatuzzellaBella!

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        1. A me vien da ridere solo a pensarci, figurati a stare lì.
          Mamma – semmai leggessi queste mie – non ti preoccupare: si scherza.
          E comunque se vado in TV da Marzullo, la prima cosa che faccio è quella di mandarti un bacio in diretta.
          E chiaramente non macherò di salutare la mia amica Tati.

          PS: mi sono spuntate un po’ di malsane idee su un’ipotetica intervista di Marzullo al RedBavon scrittore/film maker di (in)successo. Se riesco a tirarne fuori un coacervo di fesserie coerenti, pubblico. Non garantisco nulla, ma prometto che ci…ahem…lavoro.

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          1. Ahahahah! Red da Marzullo!!! Non vedo l’ora!
            Perchè so già che prima o poi capiterà, io lo so… 😉
            … allunghiamo la scena: faccio la telefonata, tu inizi a scassarti dal ridere sulla poltrona, il Marzullo non capisce che sta succedendo e poi io appaio dietro le quinte e ti faccio le boccacce ma nessuno mi vede, solo tu!!!

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  4. Ahahah sono sempre più propenso a comprare dei guinzagli quando avrò dei figli! La cocaina già la escludo, già costa tanto mantenere i figli, figuriamoci anche lo spacciatore.
    Tanto di cappello a tua moglie che riesce a chiudere occhio con due mini belve inferocite!
    Il gioco del silenzio è una proposta sempre vana, si perde in partenza… ha qualche possibilità in più il gioco dell’uva, perché se non dai retta ai genitori che vogliono tornare a casa, son botte!
    Io adoro il viola (come si può vedere dal mio blog) ma non ho mai giocato a Risiko (ne ho sentito solo parlare dai miei genitori, di quando erano ventenni e le storie d’amore di ogni coppia del loro gruppo, era sempre a rischio in quelle serate – però stranamente dopo 40anni nessuno si è separato, c’è stata solo una vedova – no, non ha ucciso il marito per questo gioco, è una storia più triste ma molto vecchia, quindi sorridiamo!), nonostante ciò sono riuscito a seguirti e a ridere di gusto 😄

    p.s. grazie per essere passato così in fretta nel post sull’E3, so quanto tu sia impegnato, quindi doppio piacere! Stavolta ho tardato io, ti ho risposto il giorno dopo…

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    1. E io che credevo che il Risiko fosse un gioco giocato da tutte le generazioni dopo la mia! Scopro che i più giovani (e anche qualche “vecchierello”) non l’ha mai sperimentato. Allora questo post ha ancora più “importanza” perché è stato letto da chi di Risiko ne ha una vaga idea. È un gioco fantastico e per questo lo propino alle mie dolci belve.
      Comunque non ti fare spaventare dai miei racconti, è molto peggio! 😂😂😂😂

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