I, I wish you could swim


Ippocampo di fumo (Foto by RedBavon)

Like the dolphins, like dolphins can swim

Though nothing, nothing will keep us together

Il tabagista dell’Amore, un tossico di questo sentimento, quel fumoso figuro che lascia dietro di sé un odore acre  e qualche cicca qua e là, è stato colto dalla più grande delle sfighe per un fumatore: sigarette finite? No, entrare in acqua e dimenticarsi il pacchetto di sigarette nella tasca del costume.

In mezzo a un mare in tempesta, una tempesta mai vista, una tempesta mai immaginata.

La nave scricchiola, batte e sbatte contro le onde, il naufragio è la naturale conclusione tra l’incontro della Forza più grande della Natura e la presuntuosa opera dell’uomo. Miseria e disperazione.

Sott’acqua.

Respiro, affondo, riaffioro appena, respiro, di nuovo sotto, annaspo, recupero il pelo dell’acqua, aria, ancora sotto.

Annegherò tra i flutti del mare di errori che ho commesso e anche se hai deciso di andare via, ti prego, resta ancora un po’ tra queste righe: non chiedo di insegnarmi a nuotare, insegnami come respirare.

Impossibile recuperare, troppo tardi per correggere la rotta, la nave ha sbandato, si è inclinata su una fiancata, le onde tumultuose si sono accanite sulle mura opposte, ha imbarcato acqua ed è colata a picco. Impossibile nuotare, posso solo cercare di tenere su la testa e respirare.

Non mi rimane molto di te, lo terrò stretto mentre affondo. Non voglio che mi abbandoni, lo tratterò il più possibile, più dell’aria nei miei polmoni. Non lo lascerò andare via nemmeno quando l’ultima bolla d’aria abbandonerà la mia bocca. Affondo, vado giù. La calma subacquea sotto le onde tumultuose. Dentro il mare. Affondo. Silenzio. No.

Bum bum

Sento un bum bum. Ovattato. Bum bum. Ritmico. Bassi sparati a frequenze selvagge da un subwoofer di un “rave”, potenti, ritmici, bum bum, ovattati come provenienti da una cassa sul fondo all’abisso sottostante. Allora sprofondo. Verso quel suono. Bum bum.

I, I wish I could swim

Like the seahorses, like seahorses can swim

Though nothing, nothing will keep us together

Seahorses (Radiodervish – Beyond the Sea)

C’è dell’altro: un suono di pianoforte.

Semi-indistinto, ovattato, dolce il suono di note musicali da un pianoforte.

Nette, le vibrazioni del martelletti sulle corde giungono all’orecchio perfettamente distinguibili attraversando la massa d’acqua: onde sotto altre onde. Un pianoforte nell’oceano già l’ho incontrato nei miei viaggi, non mi meraviglia: il suo suono è una pericolosa malìa. Mi attira sul fondo, sempre più in profondità, come il richiamo di una sirena: ogni residuo di volontà annullato, ogni ipotesi di resistenza spazzata via.

Un invisibile filo di pentagrammi intrecciati e note musicali intrappolate come pesci in una rete, mi (at)tira verso il basso. Ecco si aggiunge un coro che culla la mia lenta discesa, il suono emesso dalla foglia stretta tra le labbra nei nostri giochi di bambini. Un coro, qui? Sirene! Saranno le sirene! Dove sei mia Piccola Venere?

Mia Piccola Venere, sirena bella e maledetta, dove sei? Mostrati, fatti vedere!

All’improvviso, spuntano dal nulla cavallucci marini, tanti, tantissimi, impossibile contarli: cento, mille, diecimila, centomila, un milione, sono tantissimi.

Mi circondano, mi passano sopra, sotto, da ogni lato, danzano!

Danzano al suono di una fanfara di fiati, trombe e tromboni, festosi come quelli della banda del paese nelle sagre del patrono; piatti, tube e grancasse sostengono il ritmo al tempo del bum bum. Ancora cavallucci marini, ancora accorrono altri, l’acqua tutta intorno ribolle di cavallucci marini! Sono bellissimi. S’intrecciano le loro traiettorie, compiono cerchi, spirali, ellissi intorno a me. E ancora altre figure che la geometria non conosce, ma il loro istinto sì.

Una fisarmonica!

Il suono che strugge dal suo mantice soffia nei miei polmoni bolle d’aria. L’aria tende a salire, la gravità spinge verso il basso: il mio corpo, conteso da queste forze opposte, rallenta la discesa, Continua a suonare la fisarmonica e ondeggio lateralmente, cullato in sincrono con l’aprirsi e il chiudersi del suo mantice. Un po’ più leggero, rallenta la discesa rallenta, appena appena, più lenta sì, ma ineluttabile, campanelli ora scandiscono il mio movimento verso il basso.

Correte correte, cavallucci, nuotate nuotate, cavallucci portate in groppa questo mio sentimento nel più profondo dell’abisso, portate questo tesoro dove nessuno mai potrà scoprirlo, dove nessuno mai potrà portarlo via.

Danzano ancora un po’intorno a me e, come sono apparsi, così scompaiono in un tintinnio di campanelli, la fanfara si allontana, ovattata, sempre più distante, fino a divenire un’eco distante, ricordo sbiadito di luoghi lontanissimi e meravigliosi, visti da pochi e ormai (r)esistenti solo nei racconti dei nonni intorno ai focolari di una volta.

Affondo sempre più. Si sente solo: bum bum. Sembra che mi stia avvicinando. Bumbum. Lo sento distintamente – bum – sempre meno ovattato – BUM –…ma? Ma sono io!…sono io? Sono io. Viene da dentro me.

Dal mio petto.

Cresce, sotto le costole, vado giù.

Cresce, tra i polmoni, sprofondo ancora più giù.

Cresce, è il mio cuore.

È il pensiero-di-te che batte.

BumbumBumbumBumbumBumbumBumbumBumbum.

Buonanotte all’incertezza e all’amarezza, sento crescere la voglia, la pazzia, l’incoscienza e l’allegria di annegare d’amore insieme a te.

La voglia la pazzia (Ornella Vanoni – Vinicius De Moraes – Toquinho – La Voglia La Pazzia L’Incoscienza L’Allegria)

(d)Istruzioni per l’(ab)uso: i più attenti avranno notato che il testo entra ed esce, scivola, affonda, è trapassato da tre canzoni: Heroes (David Bowie), Seahorses (Radiodervish), La voglia la pazzia (Ornella Vanoni). Provate a leggere fermandovi ad ascoltare Seahorses. Terminata la canzone, continuate a leggere: affonderete meglio.

Leggi le altre Storyette del Tabagista dell’Amore e la sua piccola venere

15 pensieri su “I, I wish you could swim

  1. Il Tabagista è decisamente in forma. Presentagli i miei più sinceri complimenti e un pensiero affettuoso è per te, che ci rendi partecipi di parole e musiche così ammalianti.
    Proprio la scorsa domenica ho ascoltato i Radiodervish dal vivo, pensa un po’ il caso!
    Un abbraccio Clà 🙂

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    1. Grazie Mela, il ritorno del Tabagista accolto da tanto affetto e apprezzamento mi è assai gradito. Il Tabagista è stato il primo personaggio che è entrato in questa webbettola e ha imperversato per diverso tempo tra le righe di altri, un “mood” – come lo chiamano i fighi e gli anglofili – costante di alcuni periodi, ciclicamente recursivo nel rispuntare tra le pieghe più profonde. Prima di Batmancito, prima dell’Oste, prima di tanti altri – credo anche di Narciso – il Tabagista è entrato in questa grande famiglia di racconti poco intelligenti, ma scritti con cuore e passione grandi cOsì!.

      Non sono ancora riuscito ad ascoltare dal vivo i Radiodervish, un paio di volte ci sono andato vicino ma poi non ne ho fatto più nulla. La loro musica ha segnato un certo periodo e ormai sono stabilmente infissi dentro di me.
      I racconti del tabagista devono molto ai Radiodervish,perché la vera protagonista è la sua Piccola Venere.
      Piccola Venere è nel testo di una loro bellissima canzone, L’Esigenza.
      La conoscerai sicuramente, ma te la lascio al volo. Besos

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    1. Stavo sorseggiando il caffè prima che la giornata inizi per davvero. Rileggo questa storyetta alla ricerca di refusi (che ho punrualmente trovato) e il tempo di rispondere a chi ha graziosamente lasciato un commento…Spunti tu, la musica di Seahorses trionfante della grancassa….Grazie Gionni.

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        1. Il Duca e, in particolare Heroes e Under Pressure, ce le ho tatuate nel cuore, ma all’interno del miocardio, che devi aprilo per scoprirne la tessitura che si mescola con le apparato circolatorio che ne diparte. Tornano ciclicamente nella ragnatela dei miei racconti e dei pensieri-prima.del-racconto. Quando i nani dormono, c’è una pace…angelica.

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    1. Perdona, ma eri finita in spam senza nessun motivo apparente.
      Grazie per la visita. Ho fatto un rapido giro sul tuo blog e ho visto che parli di viaggi, che è un argomento per cui spesso mi trovo a scrivere. Ti farò visita con un po’ più di calma al più presto. Intanto, accetta le scuse per l’anti-spam maleducato e il mio benvenuto: come dice l’Oste – che è un figuro che si aggira tra queste pagine – “Mi casa es tu casa”.

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