Batmancito [Ep.#29] – Regalo di Natale


Segue da [Ep.#28] – Natale, l’attesa

L’automobile arancione, infine, si ferma proprio davanti le scale del portico di El BaVon Rojo. È la copia esatta del Generale Lee, l’automobile usata dai cugini Bo e Luke nella serie TV The Dukes of Hazzard. È una Dodge Charger del 1969, verniciata di colore arancione, sul tetto è dipinta la bandiera degli Stati Confederati d’America e ai suoi lati la scritta “General Lee”, sulle fiancate appaiono i numeri “01” , ha perfino i cerchi in lega American Racing modello Vector!

Luz è senza parole e non riesce a staccare lo sguardo dall’automobile con un sorriso che va da un estremo della guancia all’altro: zompetta sul posto senza tregua tenendosi con entrambe le mani alla balaustra del portico. Narciso non può credere ai suoi occhi: il Generale Lee in questo lugar de mierda?!


Quando la portiera opposta a quella del pilota si apre, Narciso ha la conferma che che non è l’originale Generale Lee, ma una sua copia sputata. Il Generale Lee ha, infatti, le portiere saldate ed è possibile entravi e uscirvi soltanto con un gesto tra l’atletico e il funambolico.
Non fa in tempo a realizzare questo pensiero che anche la portiera del pilota si apre e ne spunta un borsalino familiare: Ulysses!
Dal lato opposto trotterella fuori la sagoma scura e inconfondibile di Honda.

Sono tornati! Ulysses e Honda sono tornati a casa!

Narciso scoppia in una fragorosa risata e inarca la schiena all’indietro tanto che rischia di cappottarsi come una tartaruga sul suo carapace. Luz evita che rovini a terra, afferandolo per un braccio e Narciso riesce così a fare leva per riportare il suo peso in avanti.
Ora a ridere a crepapelle sono almeno in tre: Narciso, Luz e Ulysses.

Ripreso fiato dalle convulsioni della risata, Narciso allarga le braccia e urla:

“Signor Nessuno, bentornato! Vieni qui che devo stritolarti in un abbraccio…”.

Luz squadra divertita Narciso incapace di immaginare come il nanerottolo possa riuscire ad abbracciare, figuriamoci affettuosamente “stritolare”, quel pezzo di marcantonio del nuovo arrivato.
Honda è il primo a raggiungere i due appollaiati sulla balaustra del portico. Ulysses si attarda a disperdere la folla di bambini intorno all’automobile.

Il molosso nero non è mai stato prodigo di feste alla maniera canina: un’annusata, una squadrata al bipede di turno e, se gli va a genio, resta immobile per il tempo di lasciargli fare un paio di carezze, non una di più. Poi scondinzola e ritorna a fare i fatti suoi. Con Luz e Narciso è un’altra storia: si avventa sulla ragazzina e per poco non la scaraventa a terra per lo slancio. Si ferma appena in tempo e inizia a mulinare coda e lingua nell’aria, dispensando in uguale misura leccate e frustate. Sbava più del suo abbondante solito e infila il suo muso umido in ogni parte del corpo di Luz, che alla fine caracolla morbidamente a terra, seguita da presso da Narciso in un groviglio festoso di abbracci, leccate, pacche, grattini e musate.

“Ehi, ehi c’è rimasto qualche abbaccio per Nessuno? E magari un bacio da questa bella señorita di cui non conosco il nome…” tuona Ulysses che ha raggiunto i tre e si sta godendo dall’alto la festosa rissa in corso sul pavimento del portico.
Luz scatta in piedi, liberandosi a fatica ma con determinazione dal groviglio di mani e zampe. Sgranando un sorriso che farebbe arrossire anche il più smaliziato dei gigolò, esplode il suo nome con uno squillante ‘Yo soy Luz!” e si lancia tra le braccia del gringo spilungone. La barba ispida punge sul viso della piccola e perciò decide di piantare un bel bacio con lo schiocco al centro della fronte di Ulysses.

Ulysses la stringe in un caloroso abbraccio, la bacia delicatamente sulla testa prima di farla toccare con i piedi di nuovo terra.

“Piacere di conoscerti, Luz! Che bel nome e non sai quanto ce ne sia bisogno in questa sgnagherata stamberga.”.

Rivolge uno sguardo a Narciso in cerca di una conferma silenziosa, ma il nanerottolo riccioluto è ancora intento a sfilarsi da sotto la mole del mastino. Ulysses si inginocchia sul pavimento di fronte a Luz, che gongola compiendo senza sosta delle piccole torsioni sul busto. Gli occhi le brillano. Se non fosse solo dodicenne e l’evidente differenza d’età tra i due, si avrebbe l’ennesima conferma che il colpo di fulmine in amore esiste e capita quando meno te lo aspetti. Luz è follemente innamorata del Signor Nessuno.

“Non so come sia potuta capitare una bella ragazza come te in questo posto così male frequentato – indica con lo sguardo divertito Narciso alle spalle della ragazzina – però, visto che ho avuto la fortuna di ritornare a casa e trovare questa magnifica sorpresa, voglio fare una sorpresa anche a te! Ecco! Questa è per te!”.

Dalla sacca sdrucita che pende sul suo fianco sinistro estrae una splendida collana di pietre dure: pietre di turchese e ambra si alternano separate ognuna da piccoli cubi d’argento, le cui facce sono incise finemente.

Luz salta di gioia: “È…è per me? Davvero?”.

Ulysses le fa cenno di voltarsi e mentre gliela cinge al collo continua:

“Certo, è proprio per te! Quando me l’hanno offerta in un mercato, non pensavo di averne bisogno. Non ho nessuno cui regalare una collana così né io ne indosso. Il mercante ha insistito e mi ha perfino inseguito: quando mi sono voltato per scacciarlo in malo mado, mi sono ritrovato questa collana davanti agli occhi e mi sono bloccato. Non so perché, ma ho capito che quella collana era per qualcuno che dovevo ancora incontrare. Era stabilito che succedesse. Non sapevo quando, non sapevo chi. Ora lo so.”.

Luz si volta, abbassa la testa verso la collana e la rialza verso Ulysses, tocca e ritocca le pietre, le accarezza con il palmo delle mani. Non è nella pelle per la felicità. La collana splende magnificamente intorno al suo collo lambendo l’acerbo seno. Nulla al confronto dello splendore del suo sguardo radioso.
Il suo innamoramento è talmente evidente che, prima di arrossire, fugge abbassando lo sguardo e ridendo istericamente.

“Muchas gracias! Muchas gracias!Torno subito.Scusate, torno subito! Ho una cosa importante da fare. Muchas gracias! Muchas gracias!”

Ancora in ginocchio, Ulysses segue con lo sguardo la ragazzina sparire oltre la porta della taverna, avverte un’altra presenza molto vicina e con la testa fa una torsione in senso anti-orario: di fronte a sé trova ad attenderlo il faccione compiaciuto di Narciso.

“Oy compadre, la smettiamo di fare il cascamorto con le belle messicane?”

L’abbraccio tra i due dura almeno cinque minuti di assoluto, sacrale silenzio.

“Te ne sei andato così in fretta e senza il tempo di scambiare due parole se non di saluto y buena suerte. Ora ritorni con questa – indica l’automobile – e hai pure un regalo per le “senoritas”. Stai mettendo la testa a posto o l’hai persa definitivamente?”.

Ulysses non fa in tempo a replicare che Narciso aggiunge:
“L’accendino che mi hai lasciato prima di andartene, ce l’ho ancora io. L’Oste non si è svegliato, quindi non gliel’ho potuto regalare come mi avevi detto. L’Oste non si è risvegliato, ma è ancora tra noi.”.

Ulysses aveva lasciato a Narciso il suo accendino, compagno di una vita, non un accendino qualunque, ma quello di Adolf Galland, il più famoso asso della Lutwaffe, che amava accendersi un Havana ogni volta di ritorno da una missione vittoriosa sui cieli della Gran Bretagna. L’Oste, appassionato di volo e storia, lo avrebbe apprezzato moltissimo. Aveva deciso di separarsene a patto che l’Oste si fosse risvegliato. Ma così non era stato.

Ulysses sgombra dal viso l’ombra di questi pensieri sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi:

“Narciso, ho un regalo anche per te!”

Da un’altra sacca legata alla cintola, estrae un piccolo scrigno decorato con una foglia d’argento a sbalzo da cui risaltano i visi minacciosi di alcune divinità Maya. Lo appoggia sul tavolino più riparato (e nascosto) sotto il portico, fa cenno di aspettare, sbircia in una finestra all’interno della taverna e poi intorno a sé.
Si siede e fa cenno a Narciso di prendere posto accanto a lui.
Pone la mano destra sul coperchio decorato, mentre con l’altra tiene fermo lo scrigno. Lancia un ultimo sguardo guardingo tutto intorno.

“Luz non è nei paraggi, giusto?”

Narciso guarda alle sue spalle e ai suoi lati, ripete l’operazione e replica:
“No, credo di sapere cosa è corsa a fare…sta preparando un dolce per stasera. Stasera dovrebbero esserci tutti i compadres in taverna.”.

Ulysses: “Una gran fortuna a tornare a casa proprio oggi!”

Narciso:”Fossi in te mi preoccuperei per questa botta improvvisa di fortuna…”

Ulysses:”Il solito ottimista eh?”

Narciso: “Beh allora che aspetti? Il regalo posso averlo a Natale come tutti oppure devo aspettare il prossimo passaggio della cometa di Halley?”.

Ulysses apre il piccolo scrigno e ne riversa il contenuto sul tavolo: dodici orecchie di lupo.

Narciso, dapprima viene assalito da un’onda di ribrezzo alla vista di quei macabri trofei, poi inizia a contare velocemente ad bassa voce, aiutandosi con un dito. Una, due, tre, quattro…fino alla dodicesima. Sospira profondamente ed esclama con evidente soddisfazione:

“Grazie, Ulysses! Hai compiuto giustizia! Avrei tanto voluto esserci anche io…”

Ulysses lo interrompe: “L’Oste ha bisogno di te qui, mai come in questo momento. Non potevi fare altrimenti. Hai fatto bene a restare. Lo confesso – sorride con un ghigno – mi sono sentito un’egoista a prendermi tutto il piacere di porre fine alle loro vite né di uomini né di animali, ma qualcuno doveva pure farlo. Ero in buona compagnia: Honda e Batmancito mi hanno aiutato a regolare i conti in sospeso. Ecco qui le due orecchie di ognuna di quelle immonde bestie che credevano di averla fatta franca.”.

Narciso domanda: “Dodici orecchie, sei licantropi? Ma non erano cinque gli scampati al massacro di quella maledetta notte?”.

Ulysses: “Cinque? Sei sicuro? Erano cinque… – lo sguardo assorto e il dito indice che picchietta nervosamente sul labbro – mmmh è passato del tempo e non mi sento di ritornare con il ricordo a quegli eventi. Cinque – si gratta la testa – dici che erano cinque..”.

Tira fuori una sigaretta da un pacchetto stropicciato apparso dal nulla nella sua mano destra, la accende e porge il pacchetto a Narciso, che accetta l’offerta con un “E fumammoce o’calumet della pace.”.

Ulysses aspira un tiro profondo, la brace in punta arde consumando rapidamente un terzo della sigaretta ed espelle una densa nuvola di fumo dal naso:

“Li abbiamo seguiti per qualche giorno, abbiamo studiato i loro movimenti per cogliere il momento più adatto e anche per non attirare l’attenzione dei federales. Erano tutti degni dell’Inferno da cui sono venuti, ti assicuro. Cinque e va bene! Vuole dire che uno è in omaggio.”.

I due si abbracciano e sorridono: un capitolo di questa lunga storia è almeno chiuso. Una sensazione di compimento e liberazione che non avvertivano da molto tempo.

Rimessi all’interno dello scrigno i dodici trofei, Ulysses lo consegna a Narciso, domandandogli: “E ora che ne farai?”

Narciso risponde prontamente: “Elementare, Signor Nessuno. Una collana, no?”.

“Non dici sul serio, Narcì?! Con quella ragazzina qui in giro…”

Narciso batte una poderosa pacca sul braccio dell’amico, facendoglielo ciondolare ampiamente avanti e indietro lungo il fianco. Subito dopo esplode in una chiassosa e sguaiata risata, che attira l’attenzione di Luz. La porta della taverna si apre anticipando di poco i due, Luz appare sull’uscio e domanda:

“Oy,¿qué pasó? Mi sono persa qualcosa?”

“No, mi pequeña, Narciso è il solito saltimbanco sbruffone. Gli piace scherzare e gode a prendermi in giro, ma quando l’Oste ritornerà – perché ritornerà – finirà di fare lo smargiasso. Ora rientriamo che, se ho inteso bene, stasera attendiamo molti ospiti.”.

“Claro que si! Ho finito di preparare la mia torta. Volete assaggiarne una fetta?”

Narciso e Ulysses rivolgono lo sguardo l’uno all’altro, poi all’unisono si girano verso Luz:

“Una sola fetta? Noi la finiremo tutta!”

La porta della taverna si chiude dietro i tre in un vociare serrato che via via sfuma:

“No, non potete mangiarla tutta: è anche per gli altri compadres!”

“E chi se ne fotte. Narciso, torta libera tutti.”

“Io ho una fame da lupi…”

“Ulì, hai il senso dello humor di una blatta a zampe all’aria!”

“No dai, non fate così. Una fetta a testa, bella grande magari.”.

“Vabbuò datemi la pala.”

“Non ti azzardare a prenderti la fetta più grande, Narcì!

“Non fate così, non litigate por favor.”.

“Ma questo chi lo ha chiamato? Ulì, ma non te ne potevi stare in giro per almeno un’altra decina di anni come il tuo lontano parente omonimo?”

“Narcì, quant’è vera ‘a Maronna…”

“Muy bien, continuate a fare i bambini e sapete che vi dico? La torta è mia e non ve la dò più!”.

“Narcì, ‘a piccerella è già a tua immagine e somiglianza: corta e male incavata eh?”

“Uggesù, questo inizia a parlare in napoletano e quest’altra piccerella caccia ‘a capa fore d’ o’sacco! Non c’è più il Santo Natale di una volta!”

Continua a [Ep.#30] – Homo lycantropi lupus

giaguaro-pipistrello-maya

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32 pensieri su “Batmancito [Ep.#29] – Regalo di Natale

    1. Non sparo i botti da moltissimi anni e pensare che quando ero adolescente eravamo in dodici a “sparare” a Capodanno per un’ora filata. Nessuno si è mai fatto nemmeno un graffio. Basta stare attenti e usare fuochi d’artificio legali.

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    1. Bene era proprio ciò che volevo comunicare. Un clima di famiglia in una non-famiglia, almeno non ortodossa. ‘Mi casa ed tu casa’, il mantra dell’Oste è il vero protagonista. L’Oste, anche se non è presente, c’è!
      Mi meraviglio da solo nello scoprire che l’Oste, anche se assente da molte puntate, è parte ancora della storia, un’impronta non facilmente cancellabile. Un po’ è ciò che ognuno cerca di trasmettere ai propri figli o affetti. Siamo destinati a scomparire, ma non possiamo provare a lasciare almeno un buon ricordo, l’ombra del nostro passaggio. Ne sono particolarmente fiero, compadre. Lo dico senza modestia perché so che tu non la considererai presunzione da parte mia.
      Auguri, tantissimi auguri.

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      1. Splendide parole compadre: è la bellezza del narrare, quella di fare sentire una presenza senza nemmeno citarla. E’un po’ come un attore su un palcoscenico che, senza proferire parola, comunque fa percepire al pubblico il suo esserci e per giunta determinante la sua nonazione…

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        1. Esempio calzante davvero. Narrare è meraviglioso perché dai vita a personaggi che vivono solo delle parole scritte dall’autore e, sopratutto, da quelle raggiungono il gentile lettore. È un contagio virtuoso: lega “untore” e “vittima” in un abbraccio di una febbre buona.

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