In questo periodo l’ultimo episodio di Star Wars ha catalizzato la mia attenzione, ma se non ci fosse stato questo evento, la ribalta in questa webbettola sarebbe stata sicuramente per un evento assai meno popolare e, anche nel suo ambito, conosciuto da pochi. Il 14 dicembre scorso è stato pubblicato da Freebird Games, un piccolo sviluppatore “indie” canadese, un videogioco da me molto atteso: Finding Paradise.
Finding Paradise è il secondo episodio della serie iniziata con To The Moon, una delle storie più intense, toccanti, meglio scritte e mai raccontate in un videogioco. Se amate i videogiochi o se vi fanno ribrezzo, giocate To the Moon. Alla fine della storia potrebbe venirvi perfino da piangere, come è accaduto a me.
To The Moon è un’esperienza da provare, alla stessa stregua di un film o un libro o un disco che il vostro amico di fiducia sta spacciando per capolavoro.
A sei anni di distanza, dopo il brevissimo spin-off A Bird Story, incontriamo di nuovo il Dottor Neil Wyatt e la Dottoressa Eva Rosalene, che cercano di aiutare una persona in fin di vita impiantando nella sua mente il ricordo, fittizio ma che a lui apparirà reale, del desiderio più grande che abbia mai avuto e non sia mai riuscito a realizzare. Una storia che racconta della vita e della morte, dell’amore, del dolore, della compassione, dell’esperienza del vivere con il fardello della memoria dei momenti peggiori e l’abbraccio confortante dei ricordi dei momenti più belli.
Per stessa ammissione dell’autore, potete riconoscere influenze da film come Eternal Sunshine of the Spotless Mind (da noi intitolato “Se mi lasci ti cancello” ), Up, Memento e, per certi versi, anche Guida galattica per autostoppisti.
To The Moon, per tutta la sua durata di scarse cinque ore, riesce a toccare corde assai profonde e raggiungere ricordi molto personali attraverso la vita virtuale dei personaggi principali.
Videogiochi come questi che puntano a suscitare emozioni o esperienze, piuttosto che azione adrenalinica, sono sempre più frequenti, in particolare tra gli “indie” (abbreviazione di “independent”).
Gli “indie” sono videogiochi sviluppati da un gruppo di persone assai limitato: Freebird Games, per esempio, ruota essenzialmente intorno a una persona, Kan Gao.
A causa anche di risorse economiche assai limitate, lo sviluppo ha come priorità le proprie scelte creative piuttosto che gli aspetti tecnologici. Il videogioco “indie”, spesso, non ha un editore, che investe sulla produzione o, al limite, si occupa di aspetti comunque strategici come la distribuzione e la promozione. Le vendite del prodotto “indie” (e la sopravvivenza dello sviluppatore) si fondano sul modello della “distribuzione digitale” sui propri siti e sulle piattaforme più diffuse, nonché sul passa-parola nei forum, blog e riviste online.
Freebird Games appartiene a questo modello “fai-da-te”; vi sono tuttavia casi di sviluppatori “indie” che riescono ad avere visibilità grazie a un contratto con un editore: è il caso di Thatgamecompany e il suo bellissimo Journey distribuito da Sony (vedi la recensione in Life is (a) Journey)
Finding Paradise, To The Moon, Journey e molti altri sono la prova che il medium, largamente diffuso (ma non altrettanto accettato), sta evolvendo. La platea è ormai adulta, l’età media del videogiocatore è 35 anni (fonte: ESA – 2017 Essential Facts) e pertanto il “prodotto” non deve essere relegato ai soli bambini e adolescenti.
Se si è appassionati di videogiochi, non ho nessuna esitazione a definire To The Moon come un capolavoro, anche se un adolescente, con tutta probabilità, lo troverebbe noioso data l’oggettiva limitata interattività.
Inserisco To The Moon nella categoria dei videogiochi “fertili”, nel senso che ti lascia diverso rispetto a quando hai iniziato a giocarci. Ti fa commuovere nel senso più stretto dell’etimologia del termine ovvero dal latino commovēre «mettere in movimento, agitare, commuovere».
Per chi non è abituato al linguaggio dei videogiochi provo a spiegarlo così: pensate all’ultimo film che vi ha commosso, siete rimasti imbambolati a fissare lo schermo per tutta la durata dei titoli di coda fino a quando non avete realizzato che la proiezione è davvero finita perché nella sala si stanno aggirando gli inservienti per le pulizie tra uno spettacolo e l’altro; uscite dalla sala che ancora rimbombano echi di pensieri accavallati a sensazioni, ma una certezza l’avete: siete più ricchi, fosse anche di una sola emozione.
To The Moon compie questo miracolo.
Finding Paradise, anche se è un secondo capitolo delle avventure del Dottor Wyatt e della Dottoressa Rosalene, è un’avventura a sé stante e non richiede di avere terminato il primo capitolo. Già dall’evocativo trailer e accompagnamento musicale, è difficile non avvertire un brivido d’emozione.
Finding Paradise è disponibile per PC e Mac per circa 9 euro su Steam e Gog.
Se vi ho incuriosito, fino al momento della recensione di Finding Paradise, potete leggere di seguito la recensione di:
To the Moon. Un groppo alla gola per la commozione
Ecco appunto, parlavo di Up di là :).
Curiosissimo di leggere la tua recensione sul seguito di questo videogioco molto particolare (e veramente interessante)
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Sicuramente un caso raro sopratutto per i temi adulti e un’estetica assai semplice. Rara anche le tante emozioni che lascia durante il gioco e alla fine di tutto.
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oh, mi piace, ci sono arrivata
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Questi sono i titoli di cui abbiamo davvero bisogno!
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Parole sacrosante, fratello di Joy-con 😉 ma per cortesia non chiamateli “videogiochi d’autore” (come ho letto già), la spocchia di certi registi e ambienti “culturali” lasciamola ad altri, queste sono distillati di emozioni in pixel!
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Ogni tanto c’è chi si attenda da intellettualoide a cui piace definite le sue cose “cose d’autore”
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Ero meravigliato che non conoscessi questo titolo e né quello precedente, sai quanto adori gli indie, poi però ho capito, è solo per PC e io videogiocheggio solo su console.
Sto rosicando, senza aver visto immagini o video ma solo con la tua descrizione, so che lo amerei!
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Ahimè non esiste su console. To The Moon è stato pubblicato anche per IOS e Android ma non amo le portatili, figuriamoci giocare su tablet o telefono.
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To The Moon è stato uno dei giochi più commoventi ed emozionanti su cui abbia messo mano in vent’anni di gaming. Mi ricordo di aver fatto tutta una run dopo averlo acquistato su steam per qualcosa come un euro e spiccioli. Forse il miglior affare videoludico della mia vita.
Nutro molte aspettative per il seguito e non sarà facile essere all’altezza del primo capitolo. Confido in una scrittura che sappia sorprendere e giocare con le emozioni (oltre alla solita colonna sonora esagerata).
Vogliamo poi parlare del trailer geniale (antecedente a quello postato in questo articolo, intitolato “To The Moon 2”) con il non troppo velato riferimento alla questione delle loot boxes?
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To The Moon è un videogioco di quelli rari. Commuovermi così mi è capitato solo quando Aeris è morta in Final Fantasy VII, credo che sai cosa intendo. Ma a parte il magone, è la scrittura e il “montaggio” interattivo – invero limitato quasi a farlo somigliare a una visual novel con grafica a 16-bit – sono cesellati nei dettagli. La fine è qualcosa di eccezionale. I finali dei videogiochi solitamente sono un po’ a tirare via e in tanti anni di videogioco ricordo pochi finali di videogiochi, mentre ricordo perfettamente la fine di tanti libri e tanti film. In questo caso è impossibile dimenticare quel bip delle apparecchiature del supporto vitale che termina quando marito e moglie si prendono per mano e poi va a nero.
Questo è un linguaggio, un “montaggio” cui siamo abituati con i film, mentre l’autore riesce ad avere lo stesso effetto con una manciata di pixel.
Sarei curioso di sapere cosa ne pensi della recensione di To The Moon (il link lo trovi alla fine di questo post): raro trovare non solo un appassionato che abbia anche giocato a To The Moon.
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PS: ho acquistato Finding Paradise subito, per dare anche un supporto allo sviluppatore. Confido che riesca a bissare la “magia”, d’altronde le premesse anche dal trailer che hai citato, ci sono tutte.
To The Moon lo acquistai anche io per tre euro insieme alla colonna sonora, che è un portento.
Benvenuto e grazie per il commento.
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