Tempi di strummoli, strummulilli e funicelle corte


Relazioni n.4 di Roberto Sanchez [immagine da http://www.museominimo.it%5D
S’è aunito ‘u strùmmolo a tiritéppete e ‘a funicella corta

Questo modo di dire nel dialetto napoletano è da un po’ di tempo che ronza nel mio retro-cranio. Il periodo che volge al termine dell’anno porta con sé, sia a livello lavorativo sia a livello personale, un’accelerazione in avanti e un occhio alle spalle, come se un treno stesse per investirmi. Tempo di bilanci consuntivi e di “budget” ovvero bilanci previsionali. Con i primi non sono andato mai d’accordo, con i secondi per motivi professionali ogni anno s’adda fa ‘sta crianza.

Tempo di budget: stime, numeri a cascate, matrici immaginarie, cerca-verticale, indici-confronta e pivot che l’incrocio magico del reggiseno Criss-Cross è un gioco uscito dalle sorprese delle patatine Crik Crok, scenari futuri che Mago-Silvan-datti-all’ippica, un bouquet di avemmaria e pater noster affinché l’anno prossimo ti dica un pizzico di culo in più. Perché se ci si mette la sfiga, un presidente degli USA&rigetta che gioca a Risiko con una mano e spara minchiate su Twitter con l’altra, le prossime elezioni in salsa rosa(tellum), l’ennesima “discesa in campo” di un ottantenne per ridare slancio al Paese, non c’è stima che tenga: ti deve dire culo.

“S’è aunito ‘u strùmmolo a tiritéppete e ‘a funicella corta” è l’espressione in napoletano per indicare che a una cosa avviata male, si è aggiunta un’altra che va ancora peggio.

La lingua napoletana è una cosa meravigliosa.

E vi dico il perché.

Buonanima di papà mi raccontava che, quando era bimbo, giocava con lo strmmolo nel dedalo di stradine e vicoli che dal Rettifilo, dove abitava, si allungano fino a lambire il mare. Mi sembra di percepire un’eco, un sottofondo nei miei pensieri mentre fluiscono sui tasti, che si mischiano al tiritappete della battitura, di quegli schiamazzi, lacerati da urla, esplodere in un generale coro di voci che si sovrappongono, sfumare in lontananza, rimbalzare tra i vicarielli, i panni spasi e il nero lastricato della strada. Non potete vederlo e neanche io, ma la mia muscolatura facciale me lo fa capire con assoluta certezza: sul mio volto è affiorato spontaneamente un sorriso perché tra quelle voci-di-dentro sicuramente c’è quella del mio caro papà.

Lo strùmmolo è una piccola trottola di legno a forma di pera, munita di una punta metallica al vertice. Tenendola con la punta verso l’alto, vi si avvolge intorno un filo di spago, la si capovolge per lanciarla e farla ruotare il più a lungo possibile. Sicuramente molto diffusa ai tempi del mio papà, fino al dopoguerra, oggi la si può trovare come oggetto “vintage” o in qualche negozio di giocattoli creativi che presentano un’offerta diversa dalla norma.

La diffusione della trottola ha anticipato di qualche millennio la globalizzazione: dagli Inuit del circolo polare Artico ai nativi americani prima che Colombo scoprisse il “nuovo mondo”, dal Giappone alla Cina, dal Borneo alla Nuova Guinea. I Greci e i Romani hanno lasciato testimonianze scritte, citazioni sono presenti in: Iliade di Omero, La Repubblica di Platone, Gli Uccelli di Aristofane, L’Eneide di Virgilio; ce ne parla Callimaco e anche Catone. Nei nostri musei sono esposte trottole romane ed etrusche.

Due persone giocano con una trottola. Scene di vita quotidiana in Iraq nel 1595-1155 A.C (periodo Ittita)

Il gioco della trottola, però, ha origini ancora più antiche: le trottole sono tra i giocattoli più antichi scoperti dagli archeologi. In Iraq sono state ritrovate punte di argilla nell’antica città di Ur con una datazione a partire dal 3500 A.C.  Trottole di ceramica e terra cotta sono state disotterrate in Turchia nel sito di Troia (3000 A.C.). Trottole di legno intagliato sono state trovate in Egitto risalenti al 2000-1400 A.C. In figura è ritratta quella trovata nella tomba di Re Tutankhamon (1300 A.C.)

Trottola ritrovata nella tomba di Re Tutankhamon (1300 A.C.) [immagine da http://www.eternalegypt.org/%5D
È talmente antico il gioco della trottola che il termine italiano per “giocattolo di forma conica che si fa girare vorticosamente su se stesso” è paleo [pa-lè-o]. L’etimo è sconosciuto ma, ritraendo l’accento, la parola pàleo fa riferimento a qualcosa di molto antico, uno stadio originario. 

Per un oggetto così antico non stupisce che il termine dialettale strùmmolo abbia un origine altrettanto antica: dal greco στρόβιλος (stròbilos) cioè “corpo girante su se stesso”, στρóµβος (stròmbos) che originariamente indica il guscio a chiocciola di un mollusco gasteropode, da cui turbine e ancora paleo, trottola. Entrambi i termini sono collegati al verbo στρέφω (strèpho), “volgere, rivolgere, fare girare, dare diversa o contraria direzione, fare dare volta, rimandare”.

Strombus alatus – La parola “strummolo” viene veramente da lontano [immagine da Wikipedia]
La trottola come gioco resiste ancora, ma è stata sostituita da oggetti di plastica. Lo strummolo come giocattolo è scomparso, ma è ancora vivo nella lingua napoletana e in alcuni modi di dire che hanno un fascino fantastico (nel senso che liberano la fantasia e l’immaginario), con radici in tempi antichissimi e una solida tempra semantica.

Dovremmo recuperare un po’ di queste origini dei dialetti contro lo stupro dell’italiano dei “petaloso”, della scrittura smangiucchiata nella messaggistica istantanea, barbarismi perfino nei titoli delle leggi nazionali (“Jobs Act”) e neologismi inascoltabili come “backappare”, “schedulare” o “brifare”.

Lo strùmmolo a tiritéppete indica che la trottola ruota irregolarmente e sobbalza, anche se è stata lanciata con perizia; il motivo delle rotazioni irregolari, infatti, è causato da un difetto del corpo in legno della trottola, non da imperizia del lanciatore.  Il movimento della trottola può essere ulteriormente compromesso se lo spago è corto (‘a funicella corta) e quindi, al lancio, non è sufficiente per generare un’armoniosamente calibrata forza rotativa.

Lo strùmmolo, oltre che a tiritéppete, può anche essere scacato. ‘U strummolo scacato è invece la trottola che gira male a causa di un errore umano al lancio.

Chi commetteva questo errore doveva subire un tentativo di scugnare da parte dei suoi compagni di gioco: l’avversario può infatti provare a incastrare, con un colpo preciso e violento, la propria trottola su quella scacata. Se il colpo riesce, la punta metallica si conficca nel corpo di legno della trottola bersaglio e la scogna, cioè la rompe e la rende inservibile.

Scognare si riferisce, infatti, alla pratica contadina di battere il grano e i legumi, per fare saltare fuori il grano dalla spiga o i legumi dai baccelli. Da scugnare viene anche la parola scugnizzo in quanto questi ragazzi che vivevano per lo più in strada erano abili scugnatori nel gioco della trottola. Ma sugli scugnizzi ci ritorniamo in un’altra occasione.

Un esempio di ricchezza di sfumature del napoletano viene anche da una modalità del gioco della trottola: a spaccastrommola.

Lo scugnare non è esclusivamente una “penalità” subita da chi ha lanciato uno strummolo scacato, ma si può anche scugnare per gioco, per divertirsi a spaccastrommola. 

Si tira a sorte e il primo sorteggiato lancia la trottola, tutti gli altri giocatori lanciano la propria cercando di spaccare la prima o sbalzarla via con violenza; si genera chiaramente una grande confusione. L’espressione a spaccastrommola viene usata anche per indicare un modo di agire assai confuso, disordinato, denota un estremo caos.

Quindi per restare in tema ad apertura di post, si può dire anche che le cose vanno alla spaccastrommola.

Se lo strummolo evoca ricordi fanciulleschi e strappa un sorriso, state attenti invece al suo diminutivo, che sembra una carezza mentre, secondo il tono, può diventare una mazzata: strummulillo.

Molti lo definiscono come un diminutivo di strummulo. Ma lo strummulo  è già una trottola di piccole dimensioni. Secondo alcune fonti, perciò, strummulillo non ha alcun riferimento alla trottola di legno, ma è un eufemismo per definire rifiuti organici del nostro corpo, insomma un sinonimo di strunzo, ‘nu strunzillo. 

La lingua napoletana è una cosa meravigliosa.

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NB: la bella foto in apertura di post che ritrae lo strummolo, le chiocciole di mare (strombi) e uno scorcio del golfo di Pozzuoli è Relazioni n.4 di Roberto Sanchez che ho trovato a questo link. Trovo sia una sintesi perfetta della storia dello strummolo.

35 pensieri su “Tempi di strummoli, strummulilli e funicelle corte

      1. Ho ancora le foto, andai a trovare un amico e sono andato ad una mostra dell’università Federico II. E già che c’ero sono andatoa vedermi i due Caravaggio di Napoli. Insomma, ci sono stato poco ma me la sono goduta. (E avevo anche un mal di denti assurdo.)
        Ah, dimenticavo: ci sono stato la settimana dell’11 settembre 2001… e il mio amico abitava a due passi dalla base americana. Diciamo che è stata una settimana molto ricca ^_^

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        1. E allora ti devo portare in giro per il mio tour cultural-gastronomico dal Chiostro di Santa Chiara a Napoli Sotterranea, passando per Cappella San Severo. Pizza da Di Matteo, caffè a Piazza Bellini, passeggiata a Via Toledo fino a Piazza del Plebiscito (se gliela fai). Sfogliatella da Pintauro, il “giochetto” di riuscire a passare tra due statue camminando in linea retta a occhi chiusi e se perdo la scommessa paghi tu il caffè da Gambrinus (sempre che il cassiere ti faccia pagare eh)

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    1. Grazie Moz! “Lezione” però mi fai sentire un saccentino. Ho letto molto, scavato nella rete e nei mei ricordi e poi assecondato la mia naturale inclinazione a condividere ciò che ho scoperto e mi ha meravigliato.
      Sugli scugnizzi ci ritornerò perché ho raccontato solo una parte. C’è dell’altro.

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    1. DiBaVazioni mi piace, ma meglio il contributo della storia di tuo nonno . Il gioco ha resistito più di 5.000 anni e ora in poco più di 50 va scomparendo…quando dico che la memoria non è solo nostalgia, ma un modo per tenere “in vita” certa tradizioni.

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      1. Ci sono alcune associazioni culturali che tengono in vita la memoria dei giochi antichi, proponendoli durante le manifestazioni. Ieri ero di passaggio in una città toscana e c’erano un sacco di bambini che giocavano ai birilli, a trottola, a mondo…. cerca su Internet, magari ci porti i BaVcuccioli 😉

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  1. Sono andata a ritroso per leggere i post sulla lingua napoletana. Avevo iniziato a scrivere una storia e avevo trovato online un dizionario italo- napoletano. Mi sa che invece so a chi chiedere. Che bello sapere delle particolarità sulle proprie zone.

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    1. Quando vuoi. Non che sia un esperto, ma mi diverto a studiare e a cercare i significati e le origini. Non sempre facile sulla Rete perché il napoletano scritto è alquanto difficile. Lo trovi quasi sempre storpiato da chi lo scrive come lo sente pronunciare o lo pronuncia. Comunque sei la benvenuta. Domanda e io proverò a rispondere.

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  2. Grazie. Intanto mi leggerò il continuo dei tuoi post su Napoli che ho avuto modo di visitare. Stupenda è dire poco. Adoro le canzoni che canto; non di certo come un napoletano, ma mi prende molto quella musicalità e passione che fuoriesce. Devo lavorare al racconto. Te lo invierò per leggerlo appena sarà terminato, anche se non ho idea di quanto possa essere lungo. Oppure ti chiederò se è corretta la frase scritta. Grazie per ora.

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