L’infanzia in un tag


Sono stato tirato in ballo da Zeus nella catena di tag per cui al nominato spetta citare cinque giochi/oggetti della sua infanzia e allungare le maglie della catena ad altri blogger inconsapevoli di cotanta benedizione.
Data la veneranda, non ancora venerabile, età di quest’Oste, indefesso servitore in questa webbettola, per vostro dileggio e compiacimento (no pietre, grazie) mi armo di badile e vado a scavare in quella scatola umidiccia del mio cranio tra ragnatele di rimembranze e bauli polverosi di ricordi.
Sia fatta la volontà di Zeus e che Sant’Antonio mi metta una mano sulla tastiera.

1. Super Santos
Questo è il mio pallone, ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio pallone (e se mi fate girare le balle, me lo porto casa, il pallone è mio e ci gioco io)

Il Signore ha messo inimicizia tra la Madonna e il Serpente così come inimicizia esiste tra me e il calciare una pallone. Tuttavia, chi non ha mai tirato un calcio a un pallone? A parte il dato statistico che Il Super Santos è il pallone più diffuso in Italia (fonte: Wikipedia), il Super Santos è IL pallone della mia infanzia, di quella dei miei cugini e amici di cortile. Quella sfera arancione non era un granché come pallone, ma costava poco e funzionava bene. In verità, c’era un altro pallone, il Super Tele, e per la diatriba rimando al post dedicato a questo oggetto sacro dell’infanzia: Super Santos VS Super Tele.

2. Soldatini scala “HO”
Giochi per bambini guerrafondai (Nota per le Associazioni di Genitori: ho commesso genocidi di plastica ma sono un convinto pacifista)

Ho iniziato a raccontarmi storie fino da piccolo e il mio teatrino preferito erano i soldatini in scala “HO”, cioè i “soldatini piccoli” come li chiamavo io. Ne avevo anche di quelli più grandi, ma la mia passione era per quelli “piccoli”: due centimetri scarsi. Per le mie storie erano sufficienti questi stampi in plastica monocolore e dettagliati alla buona. I film di guerra come “il Giorno più lungo”, “I Cannoni di Navarone” o “I Quattro dell’Oca Selvaggia” hanno tutti ricevuto una mia personale edizione in miniatura. Alcuni miei “film” non troveranno mai un produttore cinematografico: troppo audaci, tipo la Carica del 7° Cavalleria (quello del generale Custer) contro i carri armati Leopard 1 del nostro esercito. Credo di avere fatto schiattare Custer e il suo 7° Cavalleria più di quanti bisonti ha abbattuto quell’infame di Buffalo Bill!
A contatto con questo argomento, il Lato Oscuro della Scrittura scorre potente tra le mie dita e avverto che potrei continuare per parecchio ancora, perciò stronco qui la mia logorrea in salsa retromelò. Tanto sono certo che non vi andrà meglio di seguito. A questo gioco d’infanzia dedicherò un post a(p)post(a).

3. Modellini di aerei
Che emozione! Ho ritrovato sul web la scatola del mio primo modellino!

Questo gioco, che ho coltivato fino all’età di venti anni, è legato strettamente alla buonanima di papà. Fui iniziato da lui a questa arte del montaggio ed è anche merito suo se oggi ho una passione per la Storia e l’Aviazione.
Ricordo il primo modellino: marca Airfix, un aereo che mi appariva stranissimo, diverso da tutti quelli che avevo visto nei libri, nei film e disegnato. Molti anni dopo scoprii che si trattava di un ricognitore della Seconda Guerra Mondiale, Focke Wulf Fw-189 in forza alla Luftwaffe. Roba da pazzi: iniziare il modellismo con un aereo che al massimo ha sparato…fotografie!
Sarà che costava meno di altri, sarà che l’assortimento di modellini in quella cartoleria era davvero risicato, sarà che il negoziante, il Signor Catalano, un uomo che ricordo altissimo, esile e con i baffi, sarà riuscito a mollare a papà quell’aereo che nessuno comprava perché non aveva nulla del mito dei caccia e dei bombardieri. Solo il mio papà sa perché lo scelse.

Questo fu il primo e il ricordo del suo montaggio con papà mi fa scalpitare le dita (aridaje…) per dedicargli un racconto a(p)post(a). Ne seguirono molti altri, per lo più aerei, qualche nave, una portaerei, un disastroso esperimento con un aereo di balsa; ne perfezionai la tecnica, mi cimentai con quelli in scale 1:48 (ingombranti per una mensola), imparai a dipingerli.
In un paio di scatole in un ripostiglio a casa di mia madre, conservo ancora quelli che sono sopravvissuti allo spolvero della mensola da parte della mamma. Ne ha abbattuti più lei con un panno di cotone che tutta la Flak tedesca durante i bombardamenti alleati sulla Germania.

4. Corsa di tappi
Datemi un tappo e faccio vedere i sorci verdi pure a Hamilton!

Durante i torridi pomeriggi estivi, quando i miei cugini Dario e Carlo, mio fratello e io riuscivamo ad eludere il dictat del riposo pomeridiano, avevamo escogitato un’originale gara che si svolgeva lungo il perimetro della nostra casa al mare: il tracciato era costituito dai vialetti intorno alla casa con una doppia variante Ascari intorno alla piscinetta (con funzioni estetiche, al massimo adatta a ospitare dei pesci rossi). Da molti anni è stata interrata, ma il percorso della nostra gara è ancora distinguibile. I migliori anni ho consumato su quel selciato.

Non lasciatevi ingannare dal particolare della piscina, la gara non era il Gran Premio di Monaco con il suo contorno di principi, principesse, top-model, rock-star e ricchi sfondati: era una gara pezzentissima.
I nostri veicoli, infatti, erano dei tappi, dei volgarissimi tappi di metallo trafugati a bottiglie di birra, che all’epoca non apprezzavamo per il loro biondo contenuto né tantomeno ci era permesso di berne. Sarebbe accaduto molto tempo dopo con effetti molesti, divertenti, chiassosi e confusi. Forte mal di testa il giorno dopo.
In questi tappi facevamo colare della cera fusa e, prima che si solidificasse, applicavamo un’immagine di un’automobile ritagliata da una pubblicità di Topolino. In mancanza, vi disegnavamo con i pennarelli una bandiera oppure, se proprio non tenevamo genio (in napoletano: non avere davvero voglia di fare nulla, ma proprio nulla) si correva sponsorizzati dalla marca della birra: Peroni contro Nastro Azzurro, il derby della birra.

I tappi sfrecciavano veloci sul selciato di travertino, a volte fermati da un ostinato ciuffo d’erba che si era fatto largo tra le pietre sagomate irregolarmente, a volte deviati da falso piani impercettibili a camminarci sopra, ma rampe di lancio per un piccolo tappo. Per aspera, ad astra!
Vietato tagliare le curve attraversando il prato che circondava il tracciato, si procedeva a suon di schicchere e una volta usciti si ritornava al punto da cui si era tirato. Che gare! Tirate fino all’ultimo lancio! Tutta l’emozione di un Gran Premio di Formula 1.
Oggi, ho riprovato a replicare quelle gare di tappi con i miei due nanerottoli di sei anni: ci vuole il fisico per stare chinati a quattro zampe per tutta la gara.

5. Pongo e DAS

Pongo e DAS sono i succedanei dell’argilla ammessi in casa dalla mamma: l’argilla è simile al fango, immancabile “ospite” di ogni bambino di ritorno a casa dopo i giochi in cortile o al parco, quanto le piattole di un frequentatore di bordelli nell’Ottocento. Le mamme odiano il fango quanto Caino odiava Abele e quindi l’argilla deve essere esclusa da un utilizzo ludico domestico, a meno di essere figli di vasai. Ma ve la sentite di tarpare il genio artistico e creativo del vostro pargolo?
Il DAS e il Pongo sono una genialata politicamente corretta!

Io preferivo di gran lunga il Pongo al DAS.

Aspiranti vasai cercasi. No perditempo.

Il DAS poteva dare soddisfazioni maggiori in mani esperte, ma tendeva a seccarsi rapidamente. Una volta finita la tua creazione, potevi colorarla con le tempere, ma il VerniDAS, ovvero il fissante del colore specifico per il DAS, mi ha sempre dato la nausea. Secondo me, era tossico quanto il Crystal Ball. Le mie creazioni con il DAS avrebbero fatto cadere le braccia anche al fantasma di Sam Wheat in “Ghost”. Patrick Swayze, buonanima, riposi in pace.

Patrick, ti ringrazio ma con me non c’è speranza…E poi non sono nemmeno il tuo tipo.

Con il Pongo era tutta un’altra storia e piena di grandi soddisfazioni.

Fantasie impiastrate dai mille colori (qualcuno di meno, in verità)

Il Pongo era disponibile in vari colori, che una volta venuti a contatto, tendevano a mischiarsi in sfumature di colore che sovvertono le leggi della quadricromia, le tavole del Pantone e le teorie di buonanima di Johannes Itten, tutte insieme. Il Pongo era immensamente più malleabile, plasmabile e non si seccava mai. In TV imperversavano i primi grandi robot dell’animazione giapponese, Goldrake, Il Grande Mazinga e Jeeg Robot: con il Pongo riuscii a modellare, pezzo per pezzo, un Jeeg Robot ai miei occhi magnifico. No, Venus non l’ho costruita: un vero peccato, sarebbe stato istruttivo il modellarle quei due stupendi missili fotonici!
Oggi vedo in vendita delle stupende e dettagliatissime scatole di montaggio di Mobile Suit Gundam: si stava meglio quando si stava peggio. Vuoi mettere il Jeeg Robot auto-costruito con un Gundam industriale!

I cinque giochi dell’infanzia previsti dalle regole del tag li ho esauriti, ma devo citarne almeno un altro paio:

6. Subbuteo

Se al calcio giocato ero una frana, mi trovavo molto più a mio agio a questo calcio giocato su un panno di tessuto verde,ventidue miniature, una pallina, due porte e due dita. Sfide epocali con mio fratello, tornei fino a notte con i miei cugini, campionati inter-condominio su due campi in contemporanea. Farei un torto a dedicargli solo qualche riga. Mi ci vuole un post intero. So di fare cosa gradita a non andare oltre. Intanto se proprio non ne avete abbastanza, potete leggere: Subbuteo Street Kick-Off

Vista a volo d’uccello sul campo improvvisato

 

7. Fumetti

Oggetti sacri dell’infanzia gli albi della Sergio Bonelli Editore in primis, DC Comics e Marvel, ma anche di altri editori minori. Tex, Zagor, Akim, Comandante Mark, Il Piccolo Ranger, Mister No, la collana Rodeo, L’Uomo Ragno, i Fantastici Quattro, Batman e un mitico albo di Turok, che avrò letto un milione di volte, rappresentano la pietra angolare che ha stimolato la mia voglia di “volare”, scoprire nuovi “mondi”, raccontarmi storie da raccontare. Passione e piacere della lettura dei fumetti che ho continuato fino a qualche anno fa: Martin Mystère e Nathan Never sono le ultime collane che ho seguito con continuità, acquistando ogni albo mensile. Dylan Dog non ha mi ha mai appassionato. Oggi lettore occasionale, ma non ancora domo.
Ho scatole piene di ogni genere di albo in vari ripostigli con la sua etichetta “Tex”, “Zagor” e via eroe scorrendo. Mi piange il cuore tenerli al buio e mi piacerebbe vederli tutti in fila oridinati su una libreria. Dovrò “corrompere” i due nanerottoli alla Sacra Scuola del Fumetto e appaltare la loro camera a libreria (ssshhh, non ditelo alla madre)

Il mitico albo Spada di Turok, tutto a colori. Lo avrò letto un milione di volte!

Blogger cui (ri)lancio il tag, perché non ho visto da quando li seguo un post simile e sopratutto ritengo che possano apprezzare il giochillo senza usare la catena per frustarmici:
Vincenzomobys
Conte Gracula
Pupazzovi
Johnny Cornerhouse
The Butcher e Shiki

Onda sonora consigliata: Figli delle Stelle di Alan Sorrenti

107 pensieri su “L’infanzia in un tag

  1. Mooooolto ma mooooooollllto istruttivo: così il nostro oste imberbe brancicava opp… pardon, pongo, modellini, fumetti e quant’altro contribuirono a far di lui un ometto…
    A parte gli scherzi: riesci ad avvincere sempre, anche con i soldatini e i modellini d’aereo…
    Ottimo post compadre…

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    1. Ah compadre mi sollevi l’animo di un peso. La salsa retromelo’ ha sempre un retrogusto amarognolo e induce sonnolenza (lo avrei dovuto indicare in un apposito avviso).
      In verità ci ho preso gusto e le parole mi sono venute giù a shrapnel e – perseverare è diabolico – ho parecchio materiale in rullaggio.
      Grazie compadre

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    1. Tutte tutte? OnPaolobello allora la fratellanza virtuale si sta facendo sempre più reale. Se questo è l’inizio, come il vino (buono), invecchiando dovrebbe andare meglio. Un Cheval Blanc del ’61 al mio fratello OnPaolo!
      Narci’…l’hai portato ‘sta bottiglia o sei andato a cogliere le uve?
      ….
      Come sarebbe a dire che non parli il francese?!?
      Narci’ se trovo quella bottiglia vuota, inizia a prenotarti un viaggio per Marte. Solo Andata.

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                    1. Mi sto accappottando dalle risate a immaginare la tua faccia con su stampato un sorriso beffardo e sornione.
                      Dai allora facciamo i fuochi a mare così siamo contenti tutti. Tu, comunque porta il phon…non si sa mai….E non fare come l’altra volta con le pile che ti sei dimenticato!

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        1. Ah mi spiace davvero! Ora non dovrebbe più capitare visto che ho approvato il primo, potrai commentare liberamente e vedere il commento apparire subito. A me capita in alcuni siti di andare in moderazione dopo avere lasciato decine di commenti…WordCess è uno schizoide asociale.
          Porto tutto insieme o preferisci o’cccafe’ alla fine?

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  2. Zeus

    Ok, ne ho solo un paio eheheh… fumetti, DAS/pongo, soldatini (ma non di quella marca, erano versioni diverse… ma l’afrika korps regnava sovrana insieme ad una divisione di marine americani direttamente da Guadalcanal). Il Super Tele è già stato discusso.
    Avevo anche io i modellini da costruire. Mi ricordo una Ferrari e poi un carro armato, non mi ricordo se uno tedesco o avevo aspettato e optato per uno più recente.
    Anche io dipingevo i soldatini.. eheh

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    1. No avevi gli Atlantic?!! Miscredente, infed…ahem dimenticavo che sei un Dio, pardon.
      I soldatini io li lasciavo al naturale con quella colorazione terribile (gli Afrika Korps erano invece di quel beige che faceva tanto deserto). Io dipingevo gli aerei e con il pennello. Mai avuto un aerografo. Per il camouflage tropicale tedesco e italiano usavo la…carta igienica per tamponare e fare l’effetto “sporco” lungo gli scarichi del motore e sulla carlinga. Come oggi sono un gran casinista non mi capacito: per i modellini avevo la certosinita’ dei Padri Certosini.

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      1. Zeus

        No, non credo 😀 Io dipingevo non quelli piccoli, ma quelli simil-Warhammer, perciò più grandi e più semplici da maneggiare. Tutto, ovvio, con pennelli e via dicendo.
        Non so dove trovassi la pazienza e lo zen per farlo..

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        1. Sei poi giovane di me e si vede da questa cosa; ai miei tempi (leggere con voce tremula!e pronuncia impastata dalla dentiera lasca), gli unici che dipingevano erano nerd ante-litteram che si cimentavamo e miniature di piombo come il Pinturicchio.
          Warhammer e similari erano lontani anche nell’immaginario.

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                    1. Si può fare…tocca organizzasse, però. SauronFB ultimamente pare sia uscito dai cancelli neri del web in forze. E gli Elfi ormai si sono imbarcati tutti. Speriamo che non abbiamo incontrato la “guardia” costiera libica…

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  3. ahahaha hai scritto un pezzo da enciclopedia, straordinario. Vedo che abbiamo avuto la stessa infanzia, la mia forse un po’ più morbosa causa sorella a cui molestavo (per dire) le bambole spinto più dall’ormone che dalla curiosità. Anche nei fumetti mi ci ritrovo, più Zagor che Tex però e i Marvel no, non mi appassionavano. Gli Alan Ford o Gruppo TNT, quelli mi facevano morire dal ridere. Ancora oggi quando mi faccio il bagno leggo del povero Bob Rock che somigliava stranamente al suo disegnatore Magnus. E niente, puoi immaginare che il mio bagno dura delle ore. Oltre al bagno schiuma (vabbè lo dico) ho anche una paperetta che metto nella vasca e ehm la faccio nuotare come i bimbi. Ora mi leggo anche il tuo Subbuteo Street Kick-Off…

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    1. Non avevo una sorella, ma non disdegnavo di giocare con una bimba un po’ più grande di me che abitava al piano di sopra. Oh non è che mi piacevano all’epoca le MILF! Giocavamo con le bambole: la sua famiglia era ricca e la bimba aveva Barbie di tutte le maniere “fescion” immaginabili. Paris Hilton ante-litteram (ma potevano risparmiarcela anche dopo). Provava ad affibbiarmi quel mammalucco di Ken o come diamine si chiamasse tanto era amorfo che potevano anche battezzarlo “Coso” e stamparlo sulla scatola. Alle mie proteste e minacce di ritornarmene a casa a giocare con i soldatini (pensa tu che fesso…”al dottore” dovevo rilanciare come gioco!), mi concedeva una Barbie. Lo confesso: mi piacevano le sue tette (ora mi chiameranno sessista), mi attiravano da morire. Vai a capire perché (ho capito dopo…molto dopo)
      Chiudo con Alan Ford perché il solo citarlo mi fa schizzare le dita sulla tastiera come una muta di cani appresso a una lepre. Un mito assoluto: sia inTV nella favolosa trasmissione SuperGulp! (Nick Carter lo rivoglio!) sia per i fumetti, che divoravo. Superciuk? Non puoi non ricordarlo! Il Cartivo più figo dell’Universo!
      Azz! Pure tu giocavi a Subbuteo?

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  4. La mia intervista sui fumetti mi ha permesso di scoprire questa nuova sezione della blogosfera, situata non so a quanti anni luce da quella in cui navigo io. Ottimo!
    Avendo un blog collegato a questi temi, ho apprezzato moltissimo questo meme. Che cosa mi ha ricordato, poi! I soldatini scala H0, a cui non rivolgevo più un pensiero da decenni.
    D’accordo anche sul pongo e sui tappini… poesia pura. E pure io ho posseduto un albo di Turok, anche se non so più dire quale.

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    1. Ciao Ivano e benvenuto nella mia webbettola! Ancora complimenti a te e a Lucius per la stupenda intervista, anche se è riduttivo chiamarla così.
      Il Turok che vedi in questo post è esattamente il mio. C’è l’ho in bella mostra sulla libreria accanto a un Tarzan e a un albo dei Vendicatori, insieme a più recenti fumetti (non riesco a chiamarli graphic novel) che ho razziato in una libreria dedicata in un mio viaggio a New York. Uscendo dall’Empire State Building, giro l’angolo e mi si para davanti sul lato opposto del marciapiede il Paese della Cuccagna fumettistica. Un solo cenno alla mia consorte ed entrò senza aspettare risposte. Diamine quanto ho voluto essere un bambino americano in quel momento!
      Grazie per la visita

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        1. Alcune cose sono scomparse come i giochi in cortile, ma altre possiamo portarle avanti. La corsa dei tappi è un gran successo con i due nanerottoli.Al Subbuteo lo ho iniziati come puoi leggere al link Subbuteo Street Kick-Off , ai soldatini pure. Ai fumetti e al modellismo arriverà il tempo. Speriamo di riuscirli ad appassionare

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              1. Nel cortile della vecchia casa si faceva la pista con montagne e discese. Poi dalle figurine dei ciclisti si ritagliava la faccia che si infilava nel coperchio della birra, dell’acqua, ecc e si facevano i grandi giri con tanto di tappe e gran premi della montagna. Coppi, Bartali, Magni, Gaul, Bobet, Koblet, Robic.
                Sì, ci sarebbe da scrivere un romanzo

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  5. gelsobianco

    Io sono nata bambinA… senza fratelli maschi., bambinA tenuta troppo “segregata”…
    Avevo una grande immaginazione, sognavo, ma troppo non conoscevo.

    Ogni infanzia è un romanzo comunque (da raccontare)

    Ti ho letto con grande piacere.

    🙂
    gb

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    1. Ogni infanzia è un romanzo, ce lo dicevamo con un altro caro blogger tra questi commenti.
      E guardando i commenti di ognuno, il mio post è solo una porticina che si apre per trovarsene di fronte tantissime altre. Mi è venuta la curiosità di aprirle tutte.

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  6. Eoni prima di te….anch’io ho fatto corse, coi tappi e con le biglie, su piste tracciate nella terra battuta del cortile. E poi c’erano quelli che adesso si chiamano giochi di ruolo… a volte ispirati al Corriere dei Piccoli, che leggevamo in due o tre. So di aver interpretato la Regina Taitù (scusa se è poco) ed un’altra regina africana di nome Galifurù (non so se sia storica o no) e svariati personaggi del lontano Oriente. Tutto diventava personaggio: oggetti, rami, alberi, a volte anche insetti… ricordo uno scarabeo che in un’occasione era il mio nobile destriero.Facevamo teatro, con una riga tracciata in terra che divideva la platea dal palcoscenico…e una cassetta da frutta che simulava il botteghino, con tanto di cassiera…
    E poi libri, montagne di libri….
    Grazie, Red. Bellissimo post.

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    1. Beh posso dire senza nessun dubbio che questa “catena” è senz’altro positiva. Molti hanno contribuito con commenti straordinari come il tuo ad allargare l’orizzonte e a farci “giocare” insieme, ancora una volta.
      Grazie per avermi fatto ricordare quelle cassette che si animavano di storie e il Re-Scarafaggio. Bellissimo!

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    1. Ah e le tende degli indiani fatte di canne è un lenzuolo datoci dalla mamma, le guerre con la pompa dell’acqua e le bacinelle, le corse con le bici…Mi vuoi fare annegare in una pozza di nostalgia? Ma si! Tanto so nuotare benissimo.

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    1. Attendo che l’attesa aumenta il piacere.
      PS: se non conosci già il blog di Licius Etruscus e quello di Ivano Landi vai a farti un giro che per chi ama i fumetti sono il Paese della Cuccagna.
      L’intervista (in più parti) a Ivano è da non perdere!

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          1. Ma daiiiiiiii. Il battito animale a quei tempi era un cult ma anche Ti pretendo non era malaccio. Comunque è così, non ci sono troppe regole quando l’istinto chiama 🙂
            Comunque Venus aveva un suo fascino e anche Jeeg Robot. Non so, sarà che sono cresciuta insieme a quei cartoni animati anche se il mio prediletto era Lady Oscar.

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            1. Lady Oscar, il cartone più censurato dalla nostra TV bacchettona! Lo seguivo e ho la sigla che occupa una cella della mia memoria stabilmente e parte ogni volta che viene nominata. Però c’era qualcosa che non mi quadrava in quel personaggio, in quella storia…non riuscivo a capire non so che cosa…a quel tempo alcune “cose” non mi erano chiare…Che razza di bacchettoni e discriminatori, oggi le cose sono migliorate, ma c’è ancora parecchia strada da fare….eeeeleeeedi leedi leeedi Oscar…prapppapaparapa’

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              1. Ecco qua basta un niente e parte la brocca. Lady Oscar in effetti era un personaggio particolare. Ohibo, in particolare cos’è che non era chiaro? Le “cose” pratiche? Scusa ma io sono na tipa curiosa (puoi comunque rispondermi fatte i fatti tuoi). Comunque la cara Lady credo sia rimasta nella memoria di molti sia fanciulli che fanciulle. Una volta mi ricordo a Carnevale mi travestii proprio da lei ma mi mancava il suo fascino…

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                1. Il cartone fu censurato con l’accetta perché aveva contenuti che oggi chiamiamo LGBT. Lady Oscar è il primo personaggio dei cartoni animati in Italia a essere omosessuale. All’epoca quest’argomento era totalmente tabù’. E a quel l’età non avevo strumenti per comprenderlo. Oggi ho eliminato la parola “gay” e “omosessuale” dal mio vocabolario: non ho bisogno di sapere che preferenze sessuali hai, mi interessa come sei, cosa senti, cosa hai da condividere con me.
                  Ecco, spero di avere fatto chiarezza

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                    1. Concordo al 200%. Di recente mi sono scontrata con una collega che diceva (come forma di vanto): “io ho tanti amici gay”, io le ho risposto “io ho tanti amici”. La mia affermazione non era di esclusione, ma inclusiva. Perché specificare? Quando mi presento mica dico: Piacere, sono Claudio Bava, maschio eterosessuale. Che diamine di importanza ha?!! Eppure è ancora così per molti e – ciò che è peggio – pensano di “essere aperti”. Io li aprirei con una mazza ferrata! (Esagero eh, non lo farei mai, svengo a vedere il mio di sangue figuriamoci quello di altri!)

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                    2. Si, hai ragione ma credo sia un retaggio culturale. Il concetto di omosessualità per alcuni è ancora simbolo comunque di qualcuno di diverso. Devo essere sincera con te: non ho niente con gli uomini e le donne omosessuali eppure non riesco ad essere totalmente aperta ma generare discriminazione, questo no. Mi hai fatto sorridere con l’operazione mazza ferrata!

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                    3. Discriminare – e vale per la religione, il colore della pelle e via discorrendo – aumenta la distanza. Rende impossibile un confronto. Quindi già non discriminato con infatti e non a parole (come nell’aneddoto citato) ci sarebbero le basi di un miglioramento, quantomeno di una possibile comprensione reciproca.
                      PS: La vecchia buona mazza ferrata, una garanzia, na botta e via!

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                    4. Oh mmmmio Ddddio è passata la mezzanotte! Sto per trasformarmi in zucca….porc…zozz…maledetta di una fata turcomanna…’ste scarpe tacco 14 mi doveva dare…io porto il 43 e mezzo…ci credo che inciampo nel vestito e me le perdo per strada…
                      …Notte che mi sa che sono arrivato pure io…;)

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              2. Sai che ci sono stati cartoni più censurati? Un’amica mi passò una fanzine con tutte le censure su un cartone di amoretti adolescenti, in originale intitolato Marmalade Boy (da noi Piccoli problemi di cuore): ci son voluti tre numeri della fanzine, per parlare di fermo immagine strategici, scritte tradotte, episodi non trasmessi e scene cambiate.
                Subito dopo ci metterei forse Sailor Moon.
                Lady Oscar ha avuto comunque un pessimo trattamento: ogni anno lo replicavano, ogni anno tagliavano un minuto in più!

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                1. Sapevo di censure ma non così nello specifico. Ne ho appreso nel bella intervista di Lucius a Ivano…mi meraviglio che Gigi La Trottola lo abbiano trasmesso: il bimbo rattuso è eccezionale!
                  PS: “rattuso” in napoletano indica una morbosità pruriginosa tipicamente di vecchi sbavanti appresso a gonnelle troppo giovani.

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                  1. Le censure pesanti hanno iniziato a esserci davvero negli anni ’90, quando la Mediaset ha iniziato ad avere il monopolio, o quasi, degli anime: dal 2000 in poi, la cosa è andata scemando, soprattutto perché Mediaset si è interessata sempre meno agli anime.
                    Ma intorno al ’96/’97, era famosa – per esempio, l’operazione cerotto: niente sangue, fotogrammi tagliati o virati sul filtro sepia per non mostrare il rosso, salvo lasciare i fotogrammi al naturale nel riassunto, alla puntata successiva.
                    Tra la dabbenaggine (es: dieci episodi della 4a serie di Sailor Moon trasmessi in ordine inverso) e e la volontà malevola degli adattatori, era uno scempio!

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                    1. Guardavo ogni puntata di Goldrake (il primo cartone di robot e c’era solo quello) e per anni, decenni, sono riamasto sospeso perché ho creduto di avere perso l’ultima puntata. Poi ho scoperto, oltre a tagliare il minutaggio ogni episodio (pure pesantemente), hanno interrotto brutalmente la serie. Prova di quanto il cartone animato sia stato sfregiato, maltrattato, usato male…prova a tagliare qualche fotogramma a un film di qualche regista imposto dalla “critica” come quei libri a scuola di cui scrivevi? Aaaah sacrileggggio!
                      Fossi stato Go Nagai li avrei mandati tutti a…nnnagai!

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                    2. Potremmo aver ereditato l’edizione francese, già sul titolo Atlas UFO Robot ci sono aneddoti 😛

                      L’ultima puntata? Ricordo che Actarus e la sorella bella tornavano al loro pianeta per ricostruirlo, ma essendo gli unici sopravvissuti… incesto? -_- ‘

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  7. Cose da V

    Questo giochino è veramente bello. Anche io preferivo il pongo. Mia madre lo detestava e non so per quale terribile vendetta decise di regalare pongo a tutti i miei cugini per la gioia delle loro mamme! Ahh, troppi post nostalgici oggi. 😦

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    1. Il Pongo in verità si azzeccava a qualsiasi cosa. Rimanevano residui sulla superficie di qualsiasi cosa venisse a contatto. Da pulire era in castigo di Dio. Se poi tu ne facevo un uso “alimentare”, forse la mamma era preoccupata per gli effetti…;)
      Certo che fu una crudeltà.
      “Nostalgia nostalgia canaglia” cantavano Al Bano e Romina..e dopo questa fine citazione musicale mi sa che ho perso una cara lettrice.

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  8. Pingback: Memorie di un Conte pulcino, ovvero: tag dei 5 oggetti dell’infanzia – La cupa voliera del Conte Gracula

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