Storie sgangherate #4 – Parte II: Raganàbasi


Storie sgangherate per bimbi insonni e papà stanchi sono racconti sgangherati, versioni rimaneggiate, strappate, lacerate, sbilenche, sgrammaticate e con la punteggiatura sparsa come le spighe rimaste sul campo dopo la mietitura. Se volete leggere una Favola scritta bene andate sui libri, quelli veri, di carta e inchiostro. Se decidete di continuare, non mi resta che augurarvi buona…anzi, brutta lettura!

Segue da Storie sgangherate #4

I ragnetti Prot-Prot e Lo Stupido Inutile Viaggio di Andata-e-Ritorno.

Parte II – Raganàbasi

Il giorno dopo “Il Giorno del Grande Marrone” iniziarono i preparativi in seguito alla più sofferta decisione che un ragnetto Prot-Prot possa mai prendere nell’arco della sua vita: partire per un viaggio.

Quando si dice “non riuscire a cavare un ragno dal buco” si allude proprio al fatto che non si riesce a tirare fuori un ragnetto Prot-Prot dal suo buco di casa nemmeno con le bombe.

Anche se i Prot-Prot assomigliano a dei ragni, non sono operosi e certosini come questi animaletti che tessono una tela così precisa. La loro pigrizia è tale che se possono evitare di fare qualcosa, si danno da fare per evitarla.

Il trasloco è una di quelle cose che anche noi uomini non amiamo. Augurare a qualcuno un trasloco, potrebbe sembrare un augurio di andare a vivere in una casa nuova più bella e più comoda, mentre invece è una maledizione terribile, perché la casa non ruba, ma nasconde benissimo e, per tutto l’anno dopo il trasloco, ti ritrovi a mettere ancora a posto scatoloni e scatolami.

I ragnetti Prot-Prot questo lo sanno. Sono proprio come i bambini: sono piccoli, mica fessi. La decisione d’intraprendere il viaggio ormai era stata presa. Ora occorreva capire cosa portarsi dietro.

Dopo che tutti ebbero abbandonato l’Assemblea raMagna, s’infilarono ognuno nelle proprie case o meglio ciò che ne era rimasto visto che quell’alluvione di fanghiglia marrone non accennava a diminuire.

Dopo cinque minuti, non più di cinque minuti, si ritrovarono tutti, ma proprio tutti fino all’ultimo dei ragnetti Prot-Prot, al centro della PiazzAracne, la più grande piazza della città di Chiappetta dove di solito a ogni inizio di stagione si celebrava la Festa della Ragnacca.

Tutti si guardarono gli uni le zampe degli altri, il che scatenò una grande confusione di sguardi persi in mezzo a una foresta di zampe (ogni Prot-Prot ne ha sei…). Così tutti si resero conto che nessuno, ma proprio nessuno aveva portato con sé qualcosa: una valigia, una borsa, uno zaino. Niente di niente.

Fu un momento importante: i Prot-Prot con orgoglio e soddisfazione avevano preso consapevolezza di essere uniti, di essere una grande famiglia o, come direbbero gli adulti, di essere una Comunità. Così presero coraggio e s’incamminarono per quel viaggio che battezzarono Raganàbasi,  Non sapevano ancora che l’avrebbero poi chiamato “Lo Stupido Inutile Viaggio di Andata-e-Ritorno”.

Oltrepassare la Foresta Nera fu facile perché i Tarzangrilli che vi abitavano gli diedero aiuto e consigliarono il percorso più facile per arrivare oltre.

Ora, davanti ai loro occhi vi erano Le enOOrmi Montagne: era una bella salita, non troppo difficile da richiedere le abilità di un alpinista, ma il percorso s’inerpicava sulle pendici dall’inclinazione morbida fino alla cima altissima, rotonda e spoglia. Non vi nasceva infatti nemmeno un pelo né sulle pendici né sulla cima. E poi quale delle due montagne scegliere per la scalata? Tagliarono la testa al toragno e coerentemente con la loro pigrizia scelsero: nessuna delle due.

Le zampette dei Prot-Prot erano già doloranti anche se erano appena all’inizio del viaggio così decisero di proseguire in pianura, sempre dritto fino a che la valle stretta tra le due enOOrmi Montagne arrivasse alla fine. Sempre che una fine ce l’avesse.

Così camminarono giorni e giorni, fino a che arrivarono su una grande e larga pianura al cui centro vi era una catena di basse collinette disposte in fila indiana, una di seguito all’altra, a intervalli regolari, come dei piccoli bozzi che venivano fuori dal fondo piatto di quel luogo.

Un’altra cosa che i Prot-Prot non sopportano sono i grandi spazi aperti: tendono a vagare senza meta, si spingono sempre più in là alla ricerca degli altri ragnetti e così si perdono definitivamente. E a nessuno passa per la testa, neanche lontanamente, di andarli a cercare. Troppo pigri, davvero pigri.

Non ci misero molto a decidere di aggirare la Spianata Bitorzoluta, così la chiamarono.

Giunsero così a un punto in cui iniziava una leggera salita. Un’altra montagna? Non proprio, piuttosto sembrava una grossa collina. Si passarono un po’ di ragnarappa per darsi coraggio e, soprattutto, non sentire dolore alle zampe e continuarono per la nuova meta.

In effetti, si trattava di una collina rotondetta e bella grande. La più grande collina che avessero mai visto. Risalendo dovettero fare un po’ più di fatica perché vi cresceva un sottobosco di peli, non alti e fitti come quelli nella Foresta Nera, ma comunque abbastanza intricato da valergli il nome di La Panciuta Pelosità. Arrivati sulla cima qualche Prot-Prot, che aveva bevuto troppa ragnarappa o perché voleva vedere il panorama da lassù, si era spinto il più in alto possibile…ed era caduto giù in un buco.

Nascosto tra i peli, proprio sulla sommità della collina, il terreno collassava all’improvviso creando un buco a forma di mandorla, il cui fondo era a malapena visibile: vi si intravedevano come dei solchi lievi e un punto centrale bitorzoluto e sporgente. L’interno era completamente privo di peli e sembrava bello comodo e calduccio. Neanche a dirlo, tentare di tirare fuori i ragnetti Prot-Prot da quel buco non era nelle intenzioni di quelli che erano accorsi alle grida di quelli finiti dentro. Capitò, invece, un fatto strano: i ragnetti caduti nel buco si accorsero che, sebbene non fosse un posto grandissimo, ci si stava comodi anche grazie a una lanuggine che cresceva rigogliosa e creava dei batuffoli caldi e morbidi in cui ripararsi.

Considerando la fatica accumulata fino a quel punto della Raganàbasi, il dolore alle zampette e la naturale pigrizia, i Prot-Prot caduti dentro il buco iniziarono a chiamare quelli della propria famiglia per stabilirsi proprio lì dentro.

Fu così che una piccola parte di ragnetti Prot-Prot decise di mettere su casa in quel buco, che diventò un piccolo villaggio che chiamarono Lanuragna.

La grande massa di Prot-Prot iniziava a essere stanca e insofferente, posto per tutti nel buco lanuginoso non c’era. Mentre discutevano in quale direzione andare, ma in realtà non volevano andare da nessuna parte, un giovane ragnetto di nome Ragnoforo Ragnombo iniziò a urlare a squarciagola e a indicare con quattro zampette in due direzioni:”Guardate là! Guardate là! Guardate tutti là!” al che si avvicinò uno dei Ragnetti-Molto-Anziani e gli chiese:”Guarda là, ma dove? Di ‘qua’ – seguendo la coppia di zampe che puntava lontano sull’orizzonte alla sinistra – o di ‘là’?” seguendo l’altra coppia di zampe che puntava sull’orizzonte alla destra.

Ragnoforo Ragnombo insistette: “Con tutto il rispetto, RagOn Helob, deve guardare in entrambe le direzioni”. Poi si rivolse a gran voce a tutti gli altri: “Seguite le mie zampe e guardate là…e… là…in fondo, dopo quelle due collinette gemelle, poste a una certa distanza l’una dall’altra…in mezzo c’è una foresta di peli… Quelle piccole colline con una specie di punteruolo sopra…”.

Un mucchio di antennine con su due occhietti si spostarono tutte insieme da una parte e poi dall’altra, per due, tre, quattro volte, in assoluto silenzio.

Da un punto non precisato della folla dei Prot-Prot si sentì una voce: “Sì, ecco le ho viste!” e poi un’altra voce ancora “Sì, Sì!” e un’altra “Anche io!” e a queste se ne unirono altre, una dopo l’altra fino a creare un’assordante quanto gioiosa confusione che neanche i bambini riescono a fare quando escono da scuola alla fine delle lezioni.

RagOn Brodo, il più anziano dei Ragnetti-Molto-Anziani, si issò su una pila di ragnetti che erano saliti uno sull’altro nel cercare di vedere meglio ciò che indicava Ragnombo. Dall’alto tuonò:

E che è?!? Ordine, ordine, ordine!”.

RagnOn Gnam si lasciò scappare: “Ordino una ragnizza e una bella pinta fresca di ragnirra”.

RagOn Brodo fece finta di non avere sentito, non tanto perché non l’avesse fatto ridere (anzi, si dovette fare forza per trattenere una grossa risata), ma perché parlare di pizza e birra a tutti quei ragnetti stanchi e affamati avrebbe creato un disastro peggio del Grande Marrone da cui erano scappati. Sarebbe stato il Ragnordello ovvero il più alto livello di rumore, chiasso, baccano e confusione che può creare un Prot-Prot e che porta i ragnetti in uno stato di furia e rimbambimento insieme, che ci vogliono tre giorni per riportarli alla normalità.

“Orsù, grande popolo dei Prot-Prot, facciamo un altro piccolo sforzo e concentriamo le nostre forze per trovare un posto perfetto per tutti noi. Fate parlare Ragnoforo Ragnombo così che racconti a tutti cosa hanno trovato le sue vispe antenne!”

Dopo tanta presentazione da parte del più importante dei Ragnetti-Molto-Anziani, a Ragnombo sembrava di volare. E cosa avrebbe dato per un paio di ali! Ohi ohi, quanto gli facevano male le zampette.

Buttò giù un sorso di ragnarappa per schiarirsi la voce e spiegò a tutti cosa aveva visto.

Dall’alto di quella collina, s’intravedevano altre due collinette più basse, molto più basse, separate tra loro da una foresta fitta di peli. Si distinguevano non tanto per la loro altezza, ma perché la cima, di colore più scuro rispetto al colore rosa che dominava tutto il panorama intorno, era un punteruolo dritto che puntava in alto.

La vera scoperta, però, era appena al di là di quelle collinette.

Due enormi caverne, sormontate da una volta gigantesca, rigogliose di peli più alti e fitti di quelli della Foresta Nera. I Tarzangrilli si sarebbero fiondati in quel paradiso.

Le caverne, oltre a essere abbastanza grandi per accogliere tutti i ragnetti Prot-Prot, erano addirittura due! Il posto era perfetto: riparato, sicuro, rigoglioso e sicuramente caldo. Finalmente erano in vista delle Buca Promessa e addirittura erano due.

Si levò un grido altissimo, udendo il quale i ragnetti che erano più indietro di tutti e che non avevano visto bene le caverne né avevano sentito granché della spiegazione di Ragnombo, pensarono che fosse successo qualcosa di brutto a quelli davanti; non era la prima volta, infatti, che qualcuno fosse finito dentro un buco e non ne fosse più tornato. Visto che il grido si faceva sempre più forte e più vicino, i ragnetti più indietro spingevano per portarsi più avanti e, via via che i ragnetti guadagnavano una posizione per vedere meglio, il grido diventava sempre più intenso. In breve, tutti si resero conto che stava accadendo qualcosa di eccezionale.

Di bocca in bocca, passò e si diffuse la notizia della scoperta e di lì a poco si sentì risuonare dappertutto un unico grido: “Le Buche Promesse! Le Buche Promesse!”

To Be Continued

Segue da Storie sgangherate #4

31 pensieri su “Storie sgangherate #4 – Parte II: Raganàbasi

        1. Quale paura? Non sono bellissimi a vedersi, sia chiaro. Basta che non decidi di guardarti addosso con il microscopio…anche perché se ti beccano a guardarti con il microscopio certi posti dove i Prot-Prot abbondano, prima ti danno un premio come “Fenomeno del Contorsionismo” e poi ti ricoverano.
          Quindi non fare come quei maledetti che per venderti prodotti anti-acaro, te lo ingrandiscono che Godzilla sembra un nano-ballerino….Tu lasciali vivere e vivrai meglio.

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        1. Ehm ehm nel punto più basso della Valle tra le due enOOrmi Montagne, naturalmente. Che si mettono a scalare il punto più alto per piantare la bandiera? No, non gliel possono fa’. Ivan Graziani si è ispirato a loro per la sua canzone “Pigro”

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