Good Old Games Ads #2: Ghouls ‘n Ghosts


Ghouls ‘n Ghosts

Platform, 1989, Capcom / US Gold / Software Creations
If Ghost ‘n’ Goblins scared you out of your mind…This’ll scare you out your skin!
da Computer + Video Games (UK), ottobre 1989

 

Questa la pagina pubblicitaria che annunciava la pubblicazione di Ghouls ‘n Ghosts da parte di U.S. Gold, editore britannico tra gli anni 1984 e 1997, anno di acquisizione da parte di Eidos Interactive (oggi parte della giapponese Square Enix). Due parole sulla U.S. Gold vanno dette per capire come mai ‘ogni volta che nomino “U.S. Gold” bestemmio e ringrazio l’Alto dei Cieli insieme’.

La missione originaria di U.S. Gold era quella di portare i videogiochi Atari in Europa, con il passare degli anni si è specializzata nelle licenze di videogiochi arcade per gli home computer, dagli 8-bit fino ai 16-bit. U.S. Gold  era croce e delizia (più “croce”) dei videogiocatori in quanto i risultati ottenuti dai vari sviluppatori sotto etichetta U.S. Gold erano molto altalenanti, dall’ottimo Forgotten Worlds all’inguardabile Out Run (versioni Amiga). Insomma, sopratutto nel periodo dei 16-bit, quando U.S. Gold annunciava di avere acquistato la licenza di un famoso videogioco arcade e che la versione casalinga era in lavorazione, dovevi incrociare l’incrociabile e rassegnarti il più delle volte a roderti il fegato guardando cosa gli sviluppatori giapponesi erano riusciti a fare sulle console con la conversione dello stesso videogioco. Un esempio su tutti: Strider.

La conversione di Strider per Amiga fu osannata dalle riviste dell’epoca (leggevo anche quelle inglesi e non esisteva Metacritic), lo acquistai senza pensarci due volte e le mie attese non furono deluse, portandolo a termine con soddisfazione. Qualche tempo dopo, la conversione di Strider atterrò nello slot del mio Sega Mega Drive: un altro gioco! Un capolavoro assoluto, “arcade perfect” per quanto possibile all’epoca su una console. La versione Amiga era la sorella-poverella di quella Mega Drive, nonostante la potenza computazionale e dei chip grafici paritaria alla console Sega e i chip audio nettamente superiori. Non so chi curasse la grafica delle confezioni, ma la mia collezione di videogiochi U.S. Gold va dall’orrida cafonata (Strider, ancora) al decentemente accattivante (Black Tiger). E non è che non esistesse di meglio: riprendo in mano per il solo gusto di rimirarle le confezioni della Psygnosis.

I videogiochi della U.S. Gold, forse proprio per la consapevolezza di non essere così allo “stato dell’arte”, beneficiavano di un elevato battage pubblicitario sulle pagine delle riviste specializzate. Questa pagina pubblicitaria di Ghouls ‘n Ghosts è rappresentativa dell’iconografia e stile grafico della comunicazione promozionale dell’editore britannico: in una parola, coloratissima, ricca e tendenzialmente pacchiana. La pubblicità consisteva nel ritrarre la copertina delle confezioni del videogioco (all’epoca erano belle scatole di cartone), accompagnate da un testo più o meno accattivante e coerente con l’ambientazione del gioco, un paio di schermate di esempio che normalmente venivano ritoccate come i sederi delle modelle o, al limite della truffa, mostravano la versione della piattaforma su cui davano il meglio.

Ghous ‘n Ghosts per Commodore Amiga (U.S. Gold. 1989)

Grazie a U.S. Gold, correva l’anno 1989, per la contenuta cifra di 25.000 lire, riuscii a mettere finalmente le mani su Ghouls ‘n Ghosts senza dovere dilapidare un patrimonio in monetine. Le gesta su schermo di questo cavaliere in mutande, viste per la prima volta nel cabinato Ghosts ‘n Goblins, mi avevano già irrimediabilmente irretito in sala-giochi e l’apposita gettoniera aveva ingurgitato un obolo di mie monetine molto maggiore di quanto non avessi versato in tutta la mia vita nelle cassette delle candele in chiesa (motivo per cui da piccolo andavo con piacere a messa). Avevo già ampiamente sbavato sulla versione di Ghosts ‘n Goblins per Commodore 64 a casa di mio cugino e era rimasta relegata nei miei sogni la versione per NES, non potendo permettermi l’acquisto della console Nintendo.

La conversione di Ghouls ‘n Ghosts per Commodore Amiga fu per me una vista meravigliosa come la Palestina per gli Ebrei dopo il viaggio nel deserto. 

I giudizi delle riviste specializzate erano positivi e mi avvicinai alla singolar tenzone armato di nero joystick a microswitch (riparato un numero esorbitante di volte) e un rosso pulsante di “fuoco”, pronto a dare al Gran Satanasso la lezione che merita e fare da ruffiano tra Sir Arthur e la Principessa Prin Prin (ma poteva anche chiamarsi Genoveffa la Racchia…).

La confezione contiene: due floppy da 3 pollici e mezzo, rigorosamente di colore blu, uno striminzito foglio di istruzioni del tipo “pieghevole che una volta steso nel ripiegarlo smadonni almeno quattro-cinque volte perché non ne vuole sapere di ritornare piegato come era prima”, scritto nelle più diffuse lingue europee in carattere “lo so che sei un pischello e leggi ancora l’ultima riga della tavola dell’oculista”. Roba da non credere, tra le lingue c’è anche l’italiano.

Ghouls ‘n Ghosts per Commodore Amiga [foto By RedBavon]

Inserito il primo disco nel drive , il ‘grattare’ tipico del drive dell’Amiga 500 è un soave suono che mi prepara alle meraviglie di pixel tanto anelate. Cosa significhi questo ‘grattare’ del disk drive, chi non ha vissuto i pomeriggi davanti a un’Amiga non può capirlo, ma per me è un unicum, inseparabile da molti ricordi ed emozioni, non strettamente collegati ai videogiochi, nonché a diverse maleparole di mio fratello che non riusciva a dormire durante le mie sessioni video-ludiche in notturna inoltrata.

Alla resa del joystick, Ghouls ‘n Ghosts rientra nel mio personale Olimpo dei Videogiochi per Amiga e so di andare in contro-tendenza.

Software Creations, lo sviluppatore responsabile di tutte le conversioni per U.S. Gold, in realtà eliminò molti dettagli presenti nel coin-op. Un taglio perfettamente giustificato sulle macchine 8-bit, già non all’altezza del primo Ghosts ‘n Goblins, ma non altrettanto sulle nuove piattaforme 16-bit, Atari ST e Commodore Amiga, molto più performanti: sprite più piccoli, animazioni zoppicanti, rendering dei colori differente dall’originale, ridottissimi dettagli dello scenario, scrolling in parallasse assente, area di gioco più limitata, frame-rate a singhiozzo.

Ghouls ‘n Ghosts per Amiga

In particolare gli “amighisti” insorsero in massa perché la versione per Amiga era palesemente un “porting” dall’inviso concorrente Atari ST, tecnicamente inferiore alla macchina Commodore. E non avevano tutti i torti, U.S. Gold colpiva ancora.

Ancora oggi, su qualche sito di retrogaming è possibile leggere infuriati commenti di una “schifezza” di conversione di un meraviglioso coin-op. In effetti, la versione Amiga non regge il confronto non solo rispetto all’originale in sala-giochi, ma perde a mani basse anche al cospetto delle versioni Mega Drive e Super Nintendo (che potete leggere qui).

I videogiochi per Amiga hanno una grafica nitida, graziata da una palette di colori più ampia di tutti gli home computer dell’epoca, e può tranquillamente rivaleggiare con le console 16-bit Sega e Nintendo. Inoltre l’Amiga è in grado di gestire egregiamente diversi livelli di “parallasse”, che non è un concetto di astronomia o fisica quantistica, ma una delle tecniche in auge nei videogiochi bidimensionali, che li elevavano a videogiochi di alto rango. La tecnica del “parallasse” consiste nel realizzare diversi livelli di sfondo che si muovono a velocità differenti: l’effetto dona profondità di campo, un po’ come accade a teatro con la scenografia a pannelli o nei libri pop-up per i bambini. Immaginate un primo livello che rappresenta il terreno e le piattaforme con cui l’avatar del giocatore interagisce, un secondo livello con gli alberi di una fitta foresta, poi un terzo livello con alte montagne e la silhouette di un incombente castello, infine un quarto livello con nuvole e cielo in tempesta. Ogni livello si muove più lentamente del precedente e sempre nella stessa direzione. Al giocatore che si muove lungo il livello di gioco sembrerà di essere immerso in un magnifico mondo pseudo-tridimensionale, grazie ai particolari presenti su ogni livello di parallasse aggiuntivo.

Questo lavoro immane che gravava sulla CPU era già utilizzato ai tempi del Commodore 64 e il suo migliore esempio è Hawkeye della Thalamus che riusciva a muovere due (dico “due”) livelli di parallasse e ciò faceva urlare al “O’Miracolo!” (era il 1988). Nell’era dei 16-bit, l’effetto “parallasse” entrò nella sua Età d’Oro: come oggi un videogioco viene idolatrato e lapidato se ha una risoluzione di 4K e una grafica realistica, così all’epoca si giudicava la miticaggine di un videogioco in base al numero di livelli di parallasse. Più ne aveva, più era figo: indipendentemente dall’effettiva giocabilità.  L’Amiga, al suo interno aveva un vero “ciuccio di fatica”, un vero energumeno di bit, nel Copperun coprocessore in grado eseguire un programma in parallelo con la CPU principale, utilizzato per varie operazioni che richiedono sincronizzazione con l’output video e audio. Grazie a un sapiente e creativo uso del Copper, alcuni team di sviluppo come DMA Design (oggi Rockstar North del famoso GTA) e Factor5 (ahimè defunta) hanno creato delle pietre miliari su Amiga e il loro nome ha un’eco ancora oggi: Shadow of the Beast e Turrican, per citarne un paio. Il seguente video di Shadow of the Beast mostra quanto fosse efficace la tecnica del “parallasse”.

L’Amiga, se utilizzato bene, poteva competere ad armi pari (a livello tecnico) con le nuove concorrenti Mega Drive e Super Nintendo. Sia inteso, erano due concetti diversi di gioco, due scuole diverse: Europa-USA/home computer Vs Giappone/console. Non contrapposte, ma si completavano. Molti, anche non videogiocatori incalliti, si ricordano Sonic the Hedgehog, mascotte di Sega nata per dare del filo-da-torcere a Mario.  Nel 1991, il primo videogioco con protagonista il porcospino blu atterra sul Sega Mega Drive e presenta 2 livelli di parallasse a sedici colori; su Amiga, già due anni prima, Shadow of the Beast (sviluppato da DMA Design e pubblicato da Psygnosis) presenta 12 livelli di parallasse (c’era il trucco, ma funzionava benissimo…).

Dopo questa diversione per cui credo ormai di essere rimasto a parlare da solo di Ghouls ‘n Ghosts, possiamo senz’altro affermare che non è corretto comparare la versione Amiga con quella Super Nintendo o Mega Drive: erano sostanzialmente giochi differenti. Ciò non fa comunque di Ghouls ‘n Ghosts per Amiga una “schifezza”.

La grafica era alquanto impastata, non orrenda, ma sotto la media delle migliori produzioni sviluppate su Amiga; la risposta agli input e la giocabilità era un passo indietro rispetto al coin-op e alla fluidissima versione Mega Drive. La musica differente, ma graziata da un Tim Follin in grandissimo spolvero: lontano da capolavori del calibro di Agony, ma vincente nella sua originalità, coerente con quel mix di gioco tra il serioso e la parodia più della colonna sonora originale del coin-op e capace di donare un corretto tono onirico a tutta l’avventura. La musica di Tim Follin è davvero una delle migliori suonate dai chip di Amiga e che non disdegnerei di fischiettare ancora oggi.

Il vero problema è che questo gioco su Amiga presenta una difficoltà addirittura più elevata rispetto al coin-op e alle versioni per console 16-bit, che sono famose non per il rischio di epilessia fotosensibile, ma per il rischio di un raro caso di ‘glossolalia bestemiatrix’ ovvero di tirarti fuori bestemmie in lingue sconosciute sia a te, sia al resto della popolazione del pianeta.

La prova è che successivamente acquistai la conversione per Mega Drive e poi quella per Super Nintendo, portandole a termine con relativa minore difficoltà e con uno scarico di bestemmie, sì ben collaudato, ma nei limiti di qualche blocchetto di “indulgenze-gratta-e-vinci” e non del solito abbonamento formula flat.

La programmazione “a tirare via”, certamente non accurata come sarebbe dovuta essere, contribuisce a creare dei problemi aggiuntivi nell’interazione e un ricorrere più “random” dell’errore. Non c’è nulla che fa più infuriare di una “morte” causata non per un tuo errore, ma da uno scrolling che all’improvviso singhiozza oppure un salto che non è arrivato al momento giusto nonostante l’input sia stato dato in tempo. Se una siffatta variabile di “morte ingiusta” si inserisce all’interno di un gioco dalla difficoltà già elevata, genera frustrazione: la frustrazione è il Nemico Numero 1 della giocabilità e  il videogiocatore-medio è un tipo decisamente competitivo, permaloso e non indulgente con chi gli ha rovinato il “sogno” di avere quel gioco-da-bar proprio a casa sua.

All’epoca, per me Ghouls ‘n Ghosts fu una sfida emozionante, una conversione casalinga adeguata alle mie aspettative, un valore adeguato al prezzo pagato (25.000 lire=13 euro). A parte l’eccezionale musica di Tim Follin, sicuramente poteva essere un gioco migliore, ma quando fu pubblicato non c’era conversione casalinga di Ghosts ‘n Goblins o Ghouls ‘n Ghosts migliore di questa che U.S. Gold ci mandò.  Troppo facile, sia ieri sia oggi, accanirsi e, per giunta, per le ragioni sbagliate.

Perciò sono orgoglioso di avere giocato a questo pezzo di storia dei videogiochi per Amiga e possedere quella scatola, pacchiana quanto volete, con su un cavaliere in un’armatura che sembra un maniaco sado-maso in calzamaglia argentata.

Voglio leggere un altro articolo di Good Old Games Ads! (Respect joybro’)

Onda sonora consigliata: Ghouls ‘n Ghosts OST per Amiga di Tim Follin

34 pensieri su “Good Old Games Ads #2: Ghouls ‘n Ghosts

  1. Ho visto cose che voi umani …. ho posseduto tutte le PlayStation, tutte le versioni di Xbox (e ovviamente avrò la X al dayone), ecc ecc ma quei dischetti blu… caro Red… cosa erano le pile di quei dischetti blu ? Quando perfino i negozi copiavano all’impazzata, la vita era più facile e si potevano mangiare anche le fragole. Anche io ero felice di strapazzare il mio joystick con un gioco visto in sala giochi ma poi arrivò Kick Off e a quel punto tutto tacque …. gli augelli smisero di volare, le cicogne smisero di partorire, la luna si nascose dietro il sole e il sole dietro Saturno. Fu il mio miglior periodo da videogiocatore. Si ora c’è il VR, c’è il 4K, ma quanto valeva quel simbolo che appariva quando si accendeva l’Amiga ?

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    1. Parole sante e non è questione di nostalgia (forse in dose giusta) ma è stata un’epoca dorata, la rinascita del videogioco dopo gli anni bui della crisi Atari che trascinò tutta il mercato. Con l’Amiga è iniziato il tempo dell’home computer per tutti (il PC era roba da ricchi e faceva anche pena dal lato audio-video). Quella manina e il Workbench, il Guru Meditation e lo swapping dei floppy, le cataste di floppy blu (quando scoprii gli originali non li ho più mollati), i primi pirati e i primi gruppi organizzati di hacker (i tedeschi facevano paura! Altro che integrità germanica!). Cinemaware. Psygmosis, Ocean, Gremlin, Core Design, Microprose, LucasArts e un’infinità di altri software house hanno gettato le basi del videogioco come è oggi. Infine, Dino Dini e il suo Kick Off e mettiamoci pure i Sensible Software con Sensible Soccer. Fifa sarebbe arrivato dopo su Mega Drive. Io so aggiustare solo una cosa: il joystick a microswitch. Requisivo molle dovunque fossi. Se non credessi ai Grandi Complotti potrei pensare che le aziende produttrici di joystick diedero dei soldi sottobanco alla Anco per pubblicare Kick Off! Che mazzate con mio fratello!
      This is REALLY 4 The Players!

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    1. Tutto il rispetto per i nuovi arrivati, il videogioco ha fatto passi da gigante da quei tempi (e qualche passettino falso), ma il divertimento puro, con limitate risorse tecniche, ha la sua origine qui, in questi giochi che chiamano retrogaming. Sono dei Classici e in quanto tali tutti i videogiocatori dovrebbero provarli. Vedi pure i commenti tra Vincenzo e me

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  2. Ho letto floppy e il mio cuore ha sobbalzato di malinconia… Ho letto delle istruzioni che non si richiudono MAI! … E son cappottata dal ridere…
    A “pop-UP” ho messo su gli occhi a forma di cuore…
    Non so una cippa di quello che è l’argomento del post ma mi è piaciuto come una carriola piena di caramelle! 😁

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    1. E questo è un grande successo di questo piccolo post! Quello che hai scritto mi gonfia di orgoglio e soddisfazione per essere riuscito a trasmettere questa mia passione anche a una miscredente 😉 Non riuscirò mai a vederti con un joystick in mano, ma almeno non mi guarderai come uno sfigato Peter Pan che rifiuta di crescere. Il tuo è un commento da incorniciare.

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      1. Ma sai, in realtà a me i videogiochi son sempre piaciuti, solo non era una passione che mi teneva stretta così tanto e per abitudine, carattere, ambiente passavo le mie giornate a fare altro.
        Poi io amo il gioco, giocare e i giocattoli se qualcuno ti da del Peter Pan io faccio Wendy e gli lego mani e piedi!

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    1. Ti “inquini” nel senso che ti cospargi il capi di rifiuti tossici in segno di totale prostrazione e ammirazione? Ahhahahah dovremmo fare conoscere i nostri correttori ortografici del dumbfonino, ci ammazzeremmo di risate!
      Tornando a G ‘n G, a guardare gli schermata, ti confesso che lo ricordavo migliore. Non un esempio di grafica da fare vedere agli amici (come si faceva una volta), ma considerata la qualità media dei prodotti U.S. Gold e del mercato, ci stava per 25 carte da mille. I giochi Cinemaware e Psygnosis, lo Stato dell’Arte Divina su Amiga, costavano il doppio e anche qualcosa di più: ancora ricordo Lords of The Rising Sun della Cinemaware (gioco che adoro ancora oggi!), sessantanovemila lire!
      La parte inferiore dello schermo occupata da quella specie di pannello posticcio è uno di quelle magagne che sono servite a Software Creations per ridurre l’area di gioco e quindi avere meno “cose” da muovere. Sprite e fondali sono portati pari-pari dall’Atari ST, anche la palette di colori (più elevata su Amiga) è similare se confrontata con G ‘n G sulla creatura di Jack Tramiel quando passò da Commodore ad Atari (e si portò dietro i progetti dell’Amiga ….)
      La difficoltà più elevata è dovuta a qualche magagna tecnica e anche dal sistema di controllo, cioè il joystick. L’input da joypad (MD e SNES) è perfetto, con un tasto salti, con un tasto spari, la combinazione dei due è facile e rapida nell’esecuzione…Il joystick dell’Amiga aveva solo un tasto di fuoco per sparare, spingere la leva in alto e in diagonale alta per saltare…In certe situazioni un delirio coordinare occhio-mano.
      Ora puoi alzarti e non usare più i rifiuti tossici, basta la cenere. Altrimenti non ti crescono più i capelli 😉

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    1. Vale la pena se riesco a tenerti incollato alla pagina e alla fine ti strappo un sorriso. Il joystick è solo uno “strumento”, è solo un pretesto per raccontare una storia e qualcosa di me. Mi casa es tu casa fino a che ti piacerà. Grazie perché per un non-videogiocatore che legge i miei svolazzi di parole, vuole dire che il tempo impiegato nei videogiochi ha un senso oltre il puro divertimento e la mia viscerale passione.

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  3. The Butcher

    Fantastico! Questi sono proprio i tipi di giochi che apprezzo. Quelli “giocosi” che riescono a divertire.
    Io comunque prediligo anche quelli che hanno una sceneggiatura molto curata ma che non devono dimenticarsi di una cosa importante: essere giocoso.

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    1. Diciamo che all’epoca una sceneggiatura abbozzata potevi trovarla nelle avventure punta e clicca, qualche RPG, poi c’erano i giochi della Cinemaware il cui obiettivo era riportatate l’emozione del cinema sul monitor. Magari ne faccio un post, ma anche due. Non so se li conosci…

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  4. Pingback: Good Old Games Ads #10.2: Alien 3, le recensioni | 30 anni di ALIENS

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