Guida la(i)conica di Napoli #1 – Puozze scula’


Napoli da Mergellina [foto by RedBavon]
Una parola, una frase in napoletano, un motivo per visitare Napoli

La Guida la(i)conica di Napoli vuole invitare a visitare Napoli, prendendo spunto da una sola parola o una singola frase del dialetto partenopeo.

“Laconico” il suo spunto, “iconica” nell’immagine che ambisce a trasmettere. La Guida la(i)conica di Napoli non è altro che l’ennesimo (in)trip(po) mentale in un momento di irresponsabile megalomania di chi scrive. Anche perché dopo questo capitolo ne ho pronto un altro e poi c’a Maronna m’accumpagne. Potrebbe essere la guida di un logorroico grafomane più laconica di sempre.

Non proprio una prefazione ortodossa , ma Napoli non è una città “ortodossa”: conformità e stretta adesione alle regole non appartengono, nel bene e nel male, né alla storia della città né ai suoi abitanti.

La frase scelta per questo primo capitolo non è sicuramente un inizio “ortodosso”.

“Puozze scula’!”

Letteralmente: “Che tu possa colare!”

I napoletani che hanno letto questa frase saranno subito sobbalzati. Il resto degli abitanti del pianeta – ve l’ho detto che ero in modalità “Megaloman” – avranno stretto le spalle, inarcato le labbra verso il basso, le sopracciglia hanno seguito il movimento dei muscoli facciali, portandosi appresso il tessuto epiteliale.

Chi non è napoletano ed non ha staccato il proprio sguardo dallo schermo può essere stato colto: A) da paresi (sono ammessi scongiuri di rito) B) da – più salubre – curiosità.

Da un’espressione apparentemente senza senso e innocua, non ci si aspetta però che sia una delle maledizioni più pesanti che un napoletano possa proferire.

“Puozze scula’!”, infatti, è un’invettiva di morte. Tema comune a molti altri dialetti, in particolare al romanesco che è noto per l’espressione di rara efficacia e versatilità: “li mortacci tua”. Espressione nota ai più e sdoganata da moltissimi film.

Per quanto tale espressione sia inflazionata e ormai una sorta di intercalare, per un romano si tratta di un insulto pesante. “Puozze scula’!” va oltre.

In due sole parole, con una sintesi che fa apparire come l’opera monumentale di un logorroico quella micragna di 140 caratteri di un cinguettio su Twitter, il napoletano augura al destinatario di morire, ma non solo.

L’invito al destinatario di raggiungere prematuramente il Creatore non è così immediato: il napoletano, infatti, gli augura di morire e di trovare la pace eterna sotto un metro di terra, solo dopo avere attraversato un processo di inumazione in uso tra il IX al XVIII secolo nelle chiese di Napoli, per le persone del popolo. I ricchi disponevano di cappelle e sepolcri privati.

Nelle chiese con ipogei ampi quanto gli edifici superiori, le ossa venivano raggruppate negli angoli dei sotterranei dotati di finestrelle o sfiatatoi per la ventilazione. Ricordo che il decreto imperiale di Napoleone sulle Sepolture, più noto come l’editto di Saint Cloud, risale al 1804, nel XIX secolo quindi. L’editto prevedeva  la sepoltura in tombe poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali. In Italia, l’editto fu applicato due anni dopo. Permettete una nota a margine: da allora a oggi, non è cambiato nulla.

Per fugare la vulgata che Napoli sia una città allergica alle leggi, sia chiaro quindi che tra il IX al XVIII secolo a Napoli per le sepolture si applicava la regola.

Lo spazio è una dimensione limitata: in una città così densamente popolata, gli spazi sono ridotti per i vivi, figuriamoci per i morti. Se vi aggiungiamo pestilenze ed epidemie, che decimavano periodicamente la popolazione, la sepoltura dei morti poteva rappresentare un significativo problema. Consideriamo che, nel XVII secolo, Napoli fu colpita, prima da un’eruzione del Vesuvio, la più devastante dopo quella del 79 d.C., poi dalla peste che ridusse la popolazione napoletana da 400 mila abitanti a soli 160.000.

Pertanto, per risparmiare spazio nella sepoltura (il napoletano esercita l’arte di arrangiarsi pure dopo la morte!), si applicava un metodo particolare: il corpo della “buonanima” veniva inumato, collocandolo in posizione seduta in apposite celle chiamate “cantarelle”, nicchie a forma di sedie con un vaso sottostante. Per i domenicani la terra, essendo un dono di Dio, non andava macchiata con i resti dell’uomo peccatore: gli umori, nel colare, dovevano essere raccolti in un vaso sotto la “buonanima”.  La testa veniva inserita in una fessura scavata nel tufo. Per favorire la fuoriuscita degli umori, il corpo veniva inciso, bucherellato, a volte anche schiacciato (da qui anche: “schiattamuorto” per indicare il becchino).

Con il tempo gli umori e i liquidi del corpo colavano via e il corpo si essiccava, riducendosi così significativamente di volume, e finalmente veniva seppellito.

Da questo procedimento di “asciugamento per colatura” deriva “Puozze scula’!”.

In sole due parole, il napoletano scatena, non una maledizione secca, ma esplode nell’ordine: la maledizione di morte, l’inumazione, lo “schiattamento”, la colatura, l’essiccazione, e, infine, dona loro l’eterno riposo.

Questa apparentemente innocua espressione vira all’agghiacciante: devi morire, devi rimanere seduto in una nicchia attendendo lentamente che i tuoi liquidi colino via, prolungando così il tuo passaggio al Regno dei Cieli, fino a che il tuo corpo non sia ridotto a un mucchio di ossa secche e mummificate.

Questa pratica non è soltanto napoletana, ma diffusa in tutto il Meridione, tanto che i “putridarium” sono presenti dalla Campania alla Sicilia.

Se volete vedere una Napoli diversa da pizza-e-manduline o siete amanti del mistero a tinte fosche, se avete un’inconfessabile devianza al macabro o credete nelle anime dei defunti oppure volete sperimentare ciò che Totò descrisse nella sua magnifica poesia ‘A Livella e cioè che una volta morti siamo tutti uguali, potreste apprezzare una visita alle chiese che ospitano nelle loro fondamenta questi “putridarium”.

Non fatevi impressionare dal tema macabro: sono luoghi dove l’esistenza Terrena si incontra con una fase intermedia, di passaggio, appena prima di quella Celeste. Al livello del suolo: lo sfarzo delle architetture delle chiese, la bellezza delle opere d’arte all’interno, le voci dei fedeli nelle liturgie, i turisti che si aggirano come spettatori esterni, l’immancabile vecchietta che recita il rosario; al di sotto del livello del suolo, l’essenziale e il silenzio delle celle.

Ipogeo di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco

Andate a Napoli e visitate:

Per accedervi occorre recarsi alla basilica di Santa Maria della Sanità  La Madonna della Sanità è accreditata come la più antica raffigurazione mariana di Napoli. Potete ammirarla sia sotto forma di uno splendido affresco sia di statua di legno.  Oltre a vedere le “cantarelle”, nelle catacombe sono presenti notevoli affreschi e mosaici.

Non potete perdervi nemmeno:

  • la Basilica santuario di Santa Maria del Carmine Maggiore in Piazza del Carmine: è un grandioso esempio di barocco e ha delle origini assai lontane, di monaci perseguitati dai saraceni, ed è legata a una serie di miracoli. La struttura antica – la datazione non è certa, ma si fa risalire al XII secolo – era costituita solamente a una cappella superiore e da una sotterranea, cosa che le fece guadagnare il nome di “Santa Maria della Grotticiella”. La costruzione della basilica è, infatti, di un secolo più tardi.
  • la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco su Via dei Tribunali. La facciata è decorata con elementi raffiguranti teschi e ossa, che hanno un certo effetto sul passante di questa via molto nota anche perché nella zona frequentata dai turisti a Natale per le botteghe di artigiani dei presepi e dei pastori.

Napoli è piena di chiese abbandonate o, comunque, chiuse al pubblico. Tra queste, la Chiesa di Sant’Agostino alla Zecca, una delle più grandi chiese della città, ma è chiusa a causa dello stato di abbandono e degrado.

Buona visita e salutatemi con estrema devozione o’ Capitano.

102 pensieri su “Guida la(i)conica di Napoli #1 – Puozze scula’

  1. Ecco ! Da una settimana mi rivolgo ad un butel augurandogli non dico la morte ma sicuramente non grandi fortune (già possiede la dote di essere bello e di conseguenza mi soffia da sotto al naso la butela che sognai anzichéno). Grazie al tuo articolo posso aggiungere “puozze scula’” ai miei “mannaggia a chi ti muerto”, “va rumpiti i cuorna”, ecc. ecc 🙂

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    1. Ottima integrazione del nutrito repertorio. Questa napoletana è però davvero potente e viene usata davvero per augurare una fine bruttabrutta, non è un intercalare. Diciamo che è quando vuoi sparare con un cannone da 88mm a bruciapelo avendo il bersaglio a 2 metri. Chiaramente sono benvenuti interventi e collaborazioni di altri dialetti.

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  2. Il tuo scritto mi fa tornare alla mente il film su Leopardi che ho visto qualche tempo fa. Un film che sprofondava le immagini proprio di quella Napoli tu racconti con tanta maestria e dovizia di particolari: segreta e misteriosa, ricca di quei punti che si collocano nella zona grigia tra la vita e la morte…
    I miei omaggi compadre per questa fantastica dissertazione su Napoli…..

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    1. Uaneme d’o Priatorio! Esclamazione che ci sta a pennello visto che invoca le anime del Purgatorio per esprimere estrema meraviglia. Grazie compadre. Il tuo lusinghiero è sempre generoso commento mi gonfia di gioia perché ho reso onore alla mia terra. Io che non vivo più lì, mi sento sempre un po’ un figlio irriconoscente.

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        1. È un senso di appartenenza, indipendente dalla tua volontà. A maggiore ragione per me, che napoletano di nascita ma molto meno per vissuto, sono diventato consapevole razionalmente – per scelta oltre che per nascita – della bellezza di questa città.

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          1. Ti capisco: ci sono idealità che si fanno affinità elettive. E che quindi bisogna che abbiano il loro spazio nel nostro cuore. Io mi ritengo più un apolide, nel senso che mi sento a mio agio nel mondo. E’solo del mondo che provo un senso di appartenenza. Di conseguenza mi piacciono tutte le regioni, anche se ho delle preferenze particolari. Ma ciò è dovuto essenzialmente ad una sorta di immaginario……

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            1. Ti capisco e anche io, quando viaggio e quando ne racconto, mi sento che, con tutte le differenze del caso, apparteniamo al mondo, come contenitore degli svariati miliardi di esseri umani. Quando sbatto contro i separatismi, le etichette idiote, i cliché sulla mia regione, divento una furia. Contro l’ignoranza non riesco a…ignorarla. Voglio urlargli in faccia le cose che non conosce eppure si sente di sentenziarci su, voglio dargli tuttavia un’opportunità di conoscere e poi di farsi una sua idea. Ritengo che le nostre origini abbiano un ruolo fondamentale all’inizio, poi razionalizzando e assumendo maggiore consapevolezza possiamo prenderne le distanze per essere cittadini del mondo. Se ciò succede, un debito di gratitudine e l’amore per la nostra terra d’origine è naturale.

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              1. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, compadre: io sono siculo e dalla Sicilia mi arrivano i ricordi dell’infanzia. Ma è anche dal resto del mondo che ho tratto la materia per costruirmi per quello che sono adesso. Il problema fondamentale sono gli stereotipi e i pregiudizi. Proprio oggi sentivo degli svizzeri che richiedono il certificato penale agli italiani che vanno lì a lavorare, ma non ai francesi: questo sbatterei in faccia agli imbecilli che si sentono più forti e civilizzati di altri: c’è sempre qualcuno più a nord di noi. E’inutile e stupido questo volersi costruire una superiorità, poichè questa finisce sempre pre ritorcersi contro…

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                    1. La mia era un tantinello drastica, lo so. Ma il meteorite si vede quando arriva, quando vanno via con il malloppo li becchiamo tutti con le valigette alla dogana. Ancora meglio se provano a trasferire via Rete: tutti gli hacker del mondo saranno appostati là intorno come squali in tondo a una nave che affonda…

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    1. FaTati, in spam non ci sei. Le cose sono due:
      1) GomBlooooTTtooo di WP che non vuole farci incontrare
      2) hai pensato di avere “ammaccato” (in napoletano: premuto) il pulsante “invia” ma hai preso qualcosaltro (a me è successo diverse volte)
      3) mi stai facendo “coglionella” (modo di dire romano per “presa in giro”) e…ci stai riuscendo 😉
      Ti capisco perché io ho le mani grandi e pienE di ditE e inizio a pensare che abbiano sviluppato una loro coscienza e consapevolezza di sè…con gli effetti devastanti che vedi su quete pagine. The Ghost in The Fingers, tra poco su questo schermo e nelle migliori bettole.

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      1. Ma nooooo Oste giuro che ho ammaccato invia e l’ho anche visto per un secondo, poi quando ho chiuso non è rimasto…
        cheppallle!!!! (posso dirlo?)
        Domunque… dicevo che questo genere di luoghi a me affascina tantissimo, mi piacciono queste storie, anche se un po’ macabre. Tuttavia se ci devo entrare devo essere letteralmente strascinata tipo sacco di patate, non perché non vorrei entrarci ma perché poi mi blocco tipo Menhir che Obeluxlevatiproprio!

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        1. Guarda che è più la tua immaginazione, perché poi questi posti non sono così tetri, anzi ti fanno recuperare un po’ il senso della nostra caducità e delle cose che contano nella vita, che è breve e passa.
          Per il resto…Tesò, ti credo…CI SONO LE PROVE in questo commento…
          Cito testualmente:
          DOmunque…dicevo (va bene, si coniuga con il “dicevo” aprresso)
          ObelUx (il superEroe dell’Enel Francese!?!)
          FaTati, sei un mito meglio di Asterix e Obelix messi insieme!
          ChissàcheMMinchiadiTastoHaiAmmaccato bella d’o frà.
          PS: “cheppalle” e “chemminchia” NON si possono dire, ma si possono scrivere.

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          1. Oste, io lo so che è tutto nella mia testolina sconclusionata… Ma non so che succede e io faccio il sacco…
            A mia discolpa: Domunque ( dunque+comunque) non esiste ma io lo dico lo stesso
            ObelUx… Non ero io a scrivere ma Ego, spaventato e incantato contemporaneamente da quello che tu hai magnificamente descritto
            😜

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            1. Io te l’ho già detto: sei meglio di Asterix e Obelix. Una forza della natura, caduta nel paiolo della pozione magica e te la sei bevuta tutta. E si vede! Nei tuoi disegni, nei tuoi testi, c’è il tocco magico dei folletti e delle fate. Tranquilla, vuole dire che ti bendo e ti dico che andiamo al Luna Park.

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    1. Ci sono delle storie stratificate delle persone, c’è la Storia. Perdere i dialetti è come perdere parte della propria storia, conoscere il motivo per cui si dice in un certo modo, è conoscere le origini di un luogo. A me spalanca gli occhi e la bocca e rimango estasiato. Posso capire che ad altri faccia l’effetto di un flacone di valeriana.
      Certi modi di affrontare la vita, di approccio alle situazioni sono per la maggiore parte generati dal libero arbitrio, ma ritengo che siamo condizionati dall’ Ambiente, intendendo un sistema complesso di luoghi, famiglia, amici, comunità, cose successe nel passato…
      Mi piace esplorare questi meandri.
      Pup, tu che sei dei nostri, tienimi la torcia che se ci perdiamo qui sotto nun ce salva manco San Gennaro…

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                    1. Eccelosapevo!!! Pup, secondo te, la torcia come funziona? Lo so che tu sei fissato le uova e le cose naturali, ma la torcia non va a energia solare. Una cosa ti dovevi ricordare…Benedetto Pup! Ma la mutanda stamattina ti sei ricordato di metterla?

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                    2. Umaronna! Ecco cos’era quella puzza! …Guarda non mi voglio rovinare la gita, attingo al mio vituperato ottimismo: hai detto che gli hai dato fuoco, no? Allora avrai l’accendino a portata di mano…(SignorebuonDdio, fa che non mi risponda “No, avevo i prosperi e quello era l’ultimo”. Signore, salvami dal nominare tutta la schiatta di cherubini e arcangeli invano…)

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                    3. Spero che il vecchio abbia fatto fuori il radiofaro traente, altrimenti questo viaggio sarà cortissimo! (Ian Solo)

                      Spero che Pup abbia portato i fiammiferi, altrimenti questo viaggio sarà cortissimo (RedBavon)

                      Sto per diventare Darth Baver…

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                    4. Era dopo pranzo che siamo partiti, c’era la luce…Tra poco – grazie a te – sarà notte. E ti ha detto fortuna che non ci saranno più le mezze stagioni, ma le giornate si sono allungate (bella forza, c’è l’ora legale)

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                    5. Ecco….a proposito di quel panino alla frittata di cui mi parli sempre…..ecco…..se lo è fregato il mio wolverOVO…..sai com’è Logan quando si arrabbia…..con quegli artigli è il migliore in quello che fa e io non ho saputo dirgli di no…..
                      A tal proposito mi vieme in mente un gustoso sketch tra Arbore e Bracardi dove il buon Renzo chiedeva all’altro ” Ma lei quanti anni ha ????”
                      Non so come ma questa frase sento quasi che è fatta apposta anche per noi…..ho questa sensazione strana……

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    1. Prufessò, signurì magari! Accà sì e no tenimme a terza Alimentare…Je song ‘ sulamente ‘na guida abusiva ufficiale. Se permettete, faccio strada.
      …Signurì, stateve accuorte, se vene nu piccirille biondino e va cercanne coccos’e sorde, nun ve ‘ncaricate. Ce pienz’je. Lo riconoscete esubbete: è curte, curte. Pare nu munaciello.
      Facio strada. Favorite ‘na sfugliatella cavera cavera.

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      1. Grazie, troppo gentile. La sfugliatella è ‘na squisitezza veramente.
        Mi raccomando, mettete il cappello da guida abusiva regolarmente autorizzata, siete un galantuomo voi!
        Parlate di chillo biondino che pare n’angelo? È simpatico assai! Or ora gli ho regalato un cestino di pescetti d’aprile, di cioccolato!

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        1. Signurì, siete ‘nu zucchero, chelle ca resta ‘a sotto a’ tazulella ‘e cccafè. Il berretto di guida abusiva ufficiale lo tengo, ma o’ biundino ricciulille se l’è fottute. Dice che così almeno lo notano, tene paura che co’tutta ‘aggente ca ce sta, o’ ponno scamazzà.P’a bbone ‘e Dddio e o’bbene r’ ‘a Maronna, nun sia maje…Tenite ragggione: è curte, miette alleria.
          Favorite ‘stu babba’ che è na guerra!

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          1. Ahahah, siete una coppia così ben assorTita voi due, l’uno longo longo, l’altro curte che non passate inosservati e mettete buon umore alla ggente. Vi ringrazio per l’onore che mi faTe con la vostra amiciZia.
            Del babba’ vi ringrazio ma cortesemente rifiuto, non vi pigliate collera se lo mangio solo con gli occhi, sono chiatta assai e il babba’ non perdona 😁

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            1. Signurì, chiatta assai? Formosetta. E poi vuje che avite studiato e fatto tutte le scuole comandate, l’avete sape’! In passato, le donne formose erano l’esempio di grande bellezza. ‘Nce stanne tanti ‘e chelle affrische e pitture di grandi artisti e pittori cu’ ‘ste femmene formosette. E po’ jà! Vulite mettere ‘na femmena ca’ nun tene ‘e zizze e pare ca’ se tene in piedi cu na stampelle in mieze ‘e spallucce! Nun date retta alle pubblicità, alle riviste e alle sfilate di moda…ve pozz’ dicere ‘a mia? La mia di un umile guida abusiva ufficiale eh?…’Ste femmene so’ ciesse!
              Magnateve ‘stu babba’, nun date retta. Magnateve ‘stu babba’, guardate comm’vo’ sta dicenne. E’ dietetico, nun l’aggia fatte ‘nzuppà troppe (non lo preferisco troppo azzuppate).
              Nun state in pensiero: quanne ce ne jamme a magnà la bella pizza, ve pigliate na margherita co’ poco d’uoglio. L”uoglio fa ‘ngrassà, chisto o’saccio pure che n’aggio studiato.

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                  1. Giggì, grazie mille davvero! Lascia pure qui la guantiera e, sii gentile, porta queste torce frontali, un pacco di candele e una scatola di svedesi a don Red. Lui saprà cosa farne….
                    Dove sta don Red?
                    Ma come non lo senti schiamazzare che pare una gallina che ha fatto l’uovo?
                    È là sotto da due ore con un amico suo, hanno fatto si e no un cinquecento metri ma si sono persi….. uomini….. 😉

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  3. Tony Romei

    Hai presente Alberto Angela? Ecco, questo è quanto direbbe lui se fosse napoletano e se avesse un pizzico in più della dissacrante e verace ironia del popolo partenopeo.
    Sarà che fin da bambino ho sempre avuto una profonda e sincera passione per il macabro – ricordo che da bambino comprai un piccolo teschio di marmo per 5000 lire e mia nonna, buonanima, disse: chi jè fa fa cu sta capa e morte! – ma ho trovato il post bello e ricco. Un ennesimo aspetto da approfondire della città più disobbediente ed affascinante che conosca. Grazie Claudio per le tante info che regali al lettore, per la leggerezza e l’onestà con cui le dispensi e… grazie anche per aver ricordato o’ capitano!
    Alla prossima “frato”!

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    1. Leggerezza e onestà. Ma lo sai che mi hai fatto un complimento enorme, che per me è una gioia di quelle che ti fanno venire le farfalle nello stomaco poi si espandono fino a gonfiarti il petto tanto che sembra che il cuore voglia venire fuori a prendere un po’ d’aria che lì dentro si è fatto troppo stretto! Grazie o’fra’!
      Ora levami una curiosità: all’anima pezzentella che comprasti per 5000 lire, gli hai dato un nome?

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      1. Tony Romei

        Il teschio si chiamava Amleto, poi in Calabria, verso i 12 anni, comprai uno scheletro intero che si illuminava al buio, Exidor, c’è l’avevo appeso nell’armadio hi hi. Recuperato da casa dei miei, la prox volta che vieni a casa te lo mostro. A presto.

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        1. Amleto, pensa che te lo stavo perdire: hai proprio la faccia di uno che ha sulla mensola della libreria un teschio di nome Amleto…
          Exidor…Exidor…Exidor! Mork e Mindy….Dimmi che è così e io divento fan e appiccio lumini, cannele e cannelotte a sua scheletrosità Exidor.
          In carne e ossa, questo magnifico soggettazzo qui:
          Exidor - Mork & Mindy

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          1. Tony

            Waaaa, è vero! La “capa e morte” ce l’avevo sulla mensoletta delle “macabrità” hi hi…
            Exidor era davvero il papà adottivo di Mork. Per rispondere al tu commento sono andato di F12 🙂 Spero di aver settato bene i parametri. Occhio alla sicurezza 😛

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  4. Zeus

    Ecco, questa è una guida seria, non come quelle raffazzonate e tirate insieme con lo sberleffo della Zeusly Planet 😀
    Il processo di colatura… interessante, soprattutto perché non più di un mese fa sono andato a vedermi le Catacombe dei Cappuccini a Palermo. C’era la stanza della colatura e poi tutti i morti impilati sulle pareti.
    Se devo essere sincero ci sono state due cose particolari:
    – l’odore presente nella catacomba.. non saprei descriverlo bene, ma era una sorta di misto fra polvere, libri vecchi e stantio.
    – una strana sensazione personale: un’intrusione nella privacy.
    Boh.
    Forse sto invecchiando.

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    1. Hai aggiunto l’aspetto olfattivo di questi luoghi e, in effetti, è un intrusione nella privacy, anche se da morti – ‘A Livella docet – non hanno più senso le cose da vivi. Il rispetto è un’altra cosa.
      Guida seria? Quasi ci rimango male 😉 No, no quale seria e seria. Se scrivi ‘sta cosa, la sporca dozzina (è un complimento per me) che legge queste pagine trasmigra di botto su altre pagine. E poi a Napoli chi ci va? 😉

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      1. Zeus

        Sì, l’aspetto olfattivo è stato il primo aspetto che mi ha colpito. Prima dei teschi, dei morti, delle mummie… l’odore.
        Certo, ai morti interessa poco. Certe cose le lasciano ai vivi…. Il rispetto ci vuole ed è per questo che mi ha disturbato vedere le scritte (i nomi) di alcuni idioti sulle bare.
        Sì, sei passato dalle Catacombe… e sì, ci finirai anche te. Non preoccuparti.

        Devo rimangiarmi il commento? 😀 😛
        No, perché lo faccio!! 😉

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        1. Ma quando scrivono il proprio nome perché non scrivono anche il cognome. Ve lo scrivo io qui: vigliacchi, codardi, pusillanime, reietti della vostra madrelingua che a stento sapete scrivere il vostro nome e nemmeno il cognome di famiglia. Vi auguro che sulla vostra lastra di marmo, vicino al vostro nome e – finalmente – cognome, qualcuno vi scriva una minchiata a caso, così tanto per esercizio.
          Per il commento, basta l’ammissione di colpa…Poi fa tu, qui siamo aperti al pubblico 😉

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          1. Zeus

            Esatto.
            Preferisco il classico sberleffo romano sui sarcofagi. Ma era anche un classico esempio di memento mori.
            C’era una scritta in una baita dalle mie parti: chi scrive il proprio nome dappertutto, è un asino ben conosciuto.

            Ammetto la mia colpa.
            Ma il commento lo lascio 😀 sono un renegade (tanto WP mi manda in spam comunque 😀 ahahah)

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                1. Discriminatoria ‘sta cosa. L’ho notata nei parchi pubblici. Tutto è scritto in tedesco (e poi in italiano), nei parchi pubblici sui giochi dei bambini, tipo il ponte tibetano (in Alto Adige? sta cazz’eglobalizzazione!) o il castello di legno con le arrampicate alla Tarzan (ma siamo in Alto Adige o in Africa?). La scritta recitava in tono perentorio, quasi minaccioso, che l’utilizzo dei giochi è sotto la responsabilità dei genitori. Solo in italiano. Ma perché i bambini di lingua tedesca non si fanno male? Il bimbo tedesco è fatt’e fierr? Ci sono le trappole solo per quelli italiani?

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                  1. Zeus

                    Ahahahahahahaha… scrivono in tedesco prima perché… boh… perché sono di più? C’erano prima?
                    Secondo me perché, come abbiamo già detto, è casa loro (e sta diventando casa mia, anche se non mi accettano al 100%).
                    La scritta in italiano è per un semplice motivo, e qua lo sappiamo bene: sono gli italiani quelli che fanno casino 😛 ahahahahahah

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                    1. Ah ecco. Il segnale è evidente. Però i soldi degli “Italiani” se li prendono sia come turisti, sia come provincia a statuto speciale. Non voglio fare polemica, ma stigmatizzare la discriminazione.
                      Suggerirei di inserire un’altra scritta sotto l’italiano: in napoletano. Si sa che i napoletani non si lavano, fanno rumore e più casino di tutti gli altri italiani ;)))

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                    2. Zeus

                      Quello non l’hai visto? La terza lingua? Probabilmente eri finito in un posto dove gli italiani li conoscevano poco 😀 😛 (scherzo ovvio).
                      Stigmatizza pure, sono dubbi e perplessità che girano qua da una vita.

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  5. l’odore della morte , ormai resa “sacra” dal tempo, mi fece assai impressione nel Cimitero delle fontanelle. Era un odore misto tra incenso, e polvere. E’ questa nostra capacità di venerare la vita come la morte che forse ci rende incomprensibili agli occhi degli altri. Parlare con una capuzzella, adottarla, prendersene cura, lasciar crescere intorno a sè una storia, una leggenda metropolitana, darle la capacità di guarire, di rendere fertile la sterile….è tutto questo che ci rende speciali: come una storia, una fantasia, un mondo nostro dove tutto può succedere. Napoli è il sole ed è l’oscuro del “sotto” , è il suo tutto e il suo niente, come lo yin e lo yang .. Napoli si completa da sola.

    Puozz’sculà… la senti come ti completa, ti dà soddisfazione? senza aggiungere altro…

    Bellissima idea Clà..attendo le altre con ansia.

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    1. Al di là di tutti i cliché e le etichette, Napoli sfugge sempre a una classificazione, smarcandosi quasi apposta in modi che non ti aspetti. Nel bene e nel male. Stranezze invero per chi è lontano da certe latitudini e problemi. Pittoresco il comportamento allo sguardo superficiale. Ma come scrivi tu, Napoli si completa da sola, trova il modo, qualunque modo. Al di là della morte, è una sorta di rinnovamento, di cambio della pelle nel corso dei secoli, tuttavia magnetica, magnifica, malata, maltrattata. Napoli rimane un mistero anche per i napoletani, che sono gli unici che riescono a percepirne appena certi suoi segreti.

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  6. Meraviglioso, interessantissimo articolo! Complimenti!
    Grazie Red!! Davvero. Seguirò con estremo interesse questa tua rubrica in attesa di poter visitare Napoli, soggiornandovi un tempo ragionevole per farlo. Certo, averti come guida in carne e ossa sarebbe un dono (e uno spasso).
    Mi è piaciuto questo (macabro) attacco, in verità così radicato alla nostra caduca essenza. [Proprio ieri mi traducevano (cercavano di farmi comprendere) una parte delle teorie psicologiche di Melanie Klein che, a differenza di Freud, legò il motore dell’esistenza umana più alla privazione, all’assenza e quindi alla morte che non alla pulsione del desiderio (erotico e non).]
    Ancora complimenti Red, per lo spirito della rubrica e per lo stile con cui la scrivi.
    A presto!
    P.

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    1. Grazie OnPaoloBbello! Quando deciderai di andare a Napoli, magari ci si organizza e ci si incontra pure con tiZ. Ti faremo da Ciceroni e te purtamm’a magna’ na pizza come il Signore comanda!
      La privazione è in effetti parte della storia del popolo napoletano, l’arte di arrangiarsi – spesso male interpretata – è una zelante e operosa attività del napoletano in cerca di soluzioni ai problemi del quotidiano. Il napoletano è un magnifico interprete nel reale dell’invito poetico di Orazio di apprezzare ciò che si ha, all’uomo non è dato sapere quale sarà il suo futuro, l’uomo deve concentrarsi sul presente per modificarlo in meglio. Orazio lo descriveva come “filosofia”, il napoletano lo traduce in Vita, nel bene e nel male.

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  7. Quellollà

    Disanima importante che ci ricorda come le lingue sono più potenti di quello che crediamo (soprattutto in direzione dell’equatore).
    Ma bisogna ricordare che “mortacci tua” non è un augurio di morte, bensì un insulto ai morti (spregevoli) – da usare rigorosamente come saluto, congedo, esclamazione, insomma: sempre!

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    1. Opportuna precisazione visto che ho natali partenopei e sono romano solo di adozione emigrante! Li “mortacci” rappresentano un’espressione che è entrata prepotentemente nel mio malevocabolario: spesso nel traffico metropolitano (ahimè lo ammetto sono incline allo scatto d’iraconda maledizione), la prima espressione che affiora sulle labbra all’indirizzo dell’automobilista indisciplinato è proprio questa de “li mortacci”. La cosa mi stupisce visto che quando sono arrabbiato mi viene fuori il napoletano più sclerato che mai. Chissà perché quando non hai freni (non vorresti avere freni) il cervello non filtra più l’italiano e adotta la lingua d’origine?

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        1. Eh già, “Al cuor non si comanda”, anche se poi, pragmaticamente, nella realtà dei fati, li mandi proprio “a cagare”. Tuttavia se ti va di approfondire le “molte teorie” (anche semi-serie) mi casa es tu casa. Se vuoi, metto a disposizione questa umile ma onesta webbettola, la gentile clientela ne rimarrà entusiasta. Parola di questo Oste.

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  8. Che sfizio! Anzi, che macabro 😰 non sapevo di questo bellissimo augurio! 😅 ma a volte ho sentito dello “schiattamuorto”… ed ora, per merito tuo, ho scoperto anche la sua orgine!
    A casa ho la Livella di Totò, di un mio zio, e quasi quasi mi è venuta la voglia di leggermela 😆 . Di quante immagini è fatta Napoli, ed è proprio il caso di dirlo: Napul’è mille culure.

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    1. Citazione finale di una delle più belle canzoni dedicate a Napoli. Applausi.
      Ed è proprio perché la nostra città, i suoi abitanti e la nostra lingua è così “colorata” con sfumature a volte stridenti a volte armoniche, che ho sentito l’esigenza di scriverne. Di “colore” napoletano spesso si parla “a schiovere”, il “colore” che voglio raccontare è differente: si ottiene solo amalgamando i colori su una tavolozza sporca, come un pittore che cerca con perizia ed estro di trovare quelli esatti che esprimono ciò che sente dentro e vuole riportare sulla tela. A dipingere sono una frana, ma ci provo lo stesso. 😜

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