Album di figurine – Anche le schiappe vanno in Paradiso


Un cortile come iil Neu Camp
Un cortile come iil Neu Camp

Dedicato a tutti i bambini che giocano in cortile. Con affetto ai miei amici del cortile.

Il campionato è iniziato da un bel po’, è ora di iniziare ad attaccare un po’ di figurine nel nostro buffo Album di figurine. Benvenuti al Neu Dante Alighieri Camp!

Claudio è un bambino che ama raccontarsi le storie. Ogni occasione è buona per raccontarne una. Anche quando va a dormire, prima di chiudere gli occhi, fa una preghiera al Buon Signore e, dopo il segno della Croce, pronuncia sempre una preghiera affinché possa fare un sogno. Uno qualsiasi.

Claudio è un bambino che ama disegnare. Disegna di continuo. Come tutti i bambini della sua età disegna panorami bucolici di prati su cui splende sempre un sole raggiante, ma l’erba e gli alberi non seccano mai; disegna cieli azzurri di un azzurro compatto senza mai una nuvola, se non quella che viene dallo sbuffo di camino; disegna case con finestre enormi, sproporzionate rispetto alla porta, come occhi sgranati di gioia mista alla meraviglia come solo i bambini riescono a esprimere davanti alle cose semplici della Vita; disegna figure umane fatte di stecchini, grandi teste, mani ancora più grandi in cui – non vi è ombra di dubbio  – sono riconoscibilissimi mamma, papà e fratellino. Claudio non colora bene, non sta nei contorni, si stanca di riempire il mondo di colori che non sono nella sua testa, ma imposti da un codice di convenzione, non detto, ma ben noto: il cielo è azzurro, il mare è blu, il sole è giallo, il prato è verde, il fumo dal comignolo della casa è grigio. Colorare lo annoia. Lo trova noioso come un racconto scontato.

Claudio è molto bravo a disegnare con la matita grandi battaglie, piccoli uomini armati di tutto punto, con spade, giavellotti, scudi decorati, elmi irti di piume, punte o corna, nuvole di frecce, cavalli al galoppo, cavalieri aggrappati alle criniere al vento. E ancora: battaglie nei flutti del mare, navi con rostri intagliati di bocche fameliche e occhi terribili, muri di scudi lungo le fiancate, alte vele strappate, stendardi issati e bandiere al vento, tempeste di globi e dardi fiammegganti, generali a prua urlanti, relitti di legno e relitti di uomini tra le onde.

Claudio ha un numero spropositato di soldatini, quelli piccoli, in scala “HO”, poco più di un paio di centimetri, di tutti gli eserciti e di ogni periodo storico: le battaglie sui fogli di carta prendono vita in tre dimensioni, vivide e rumorose con “boom, bang, argh!”. Grida di aiuto, trombe di carica, urla di guerra, polvere da sparo, genocidi di plastica in cui poi tutto ritorna nelle scatole di carta la cui immagine di copertina ritrae Dragoni alla carica, Artiglieri ai pezzi, le Truppe San Marco che sbarcano dai mezzi anfibi,  Bersaglieri dagli elmi piumati nella loro forzata corsa, Africa Korps nel deserto.

Ogni battaglia è sempre incerta. Ha mille modi di svolgersi, mille storie da raccontare e, tra le mille, spesso soltanto una: quella di un singolo soldatino o di sparuto gruppo, una situazione disperata, in qualche modo, qualunque modo ce la fanno.
Claudio non conosce ancora bene la Storia, ne ha sentito parlare, ne ha letto qualcosa sui sussidiari, ne è ammaliato. Si fa tirare giù dalla mamma o dal papà dei pesanti libri dell’Enciclopedia, che troneggia sull’alta mensola della libreria. Ci si perde tra le pagine e le figure. Claudio capisce che la Storia è la madre di tutti i racconti.
Pertanto, è possibile che la Wehrmacht ogni tanto vinca sugli americani e gli inglesi, i tedeschi hanno delle divise bellissime; ogni tanto capita che i Greci sbaraglino i Romani, i Greci hanno quelle storie fantastiche di miti ed eroi. Ma una cosa non capita mai: non capita mai che i cow-boy o il 7° Cavalleria vinca contro i pellerossa. Non capita mai. “Soldato Blu” non è ancora stato proiettato al cinema. Il lunedì sera c’è il film di John Wayne nel lettone di mamma e papà, Claudio se lo vede tutto e ai titoli di coda finge di essersi addormentato: occhi chiusi, espressione beata, respiri profondi e a cadenza costante. A mamma e papà gli si stringe il cuore di destarlo da questo riposo così sereno.

Claudio ama stare con i bambini che abitano nel suo palazzo. Tutti giù nel cortile a giocare: a palla avvelenata, a mosca cieca, a nascondino, alle streghe che comandano i colori, a cucinare manicaretti di sabbia, erba e sassi. È davvero un bel gruppo di bambini sia del palazzo sia dei palazzi vicini: Carletto, Massimo, Federica, Cristiano, Ida, Valeria, Luca, Stefania e Viviana, Cristiana e Vanessa, Lucio, Claudio, Stefania, Davide, Emanuela, Manuela, Alessandro e Francesco, Stefano, Giorgia, Ingrid, Simona…E diversi altri che hanno abitato lì e poi sono andati via con i loro genitori.

Claudio non ama giocare a calcio, perché è una schiappa: come il Buon Signore ha messo inimicizia tra la Madonna e il Serpente, così ha messo inimicizia tra Claudio e il calcio, quello con il pallone.
Tutti i bambini del mondo immaginano sogni di gloria per una pedata a un pallone che finisce in rete. È proprio questo che nasconde la fregatura e, tuttavia, finisce per farti credere che il calcio sia lo sport più bello del mondo: il gol. Il gol, quella palla che oltrepassa la linea, significa inferno e paradiso allo stesso tempo e divide tutto il mondo in due nettamente, senza sfumature o attenuanti: chi urla di gioia da chi rimane in un silenzio di tomba.

Per le schiappe, giù nel cortile di casa sua, c’è un solo posto quando si gioca a calcio: la porta.

Una porta che poi non è una porta vera, con i pali, la traversa e la rete che si gonfia. Il cortile giù a casa sua ha due “porte”: una assomiglia vagamente a una vera perché ha un’alta rete metallica infissa a un basso muretto che separa il cortile dal giardino di un palazzo vicino; l’altra porta nella realtà non esiste poiché è l’entrata del cortile, stretta da due alti parallelepipedi di cemento intonacati di grigio e una scalinata di qualche gradino che dà sull’asfalto della strada. La strada porta il nome di un illustrissimo scrittore, un padre della lingua italiana, ma non sembra affatto rispecchiare tanta fama e importanza. È una strada normale, una normalissima strada né brutta né particolarmente bella. Tranquilla.
Ogni tanto passa un’automobile e perciò il portiere in quella porta deve stare molto attento, anche  quando subisce un gol: la palla vola nel vuoto e rotola per la strada, dopo avere rimbalzato contro le automobili parcheggiate sul lato opposto oppure, in loro assenza, contro la finestra della signora al piano-terra del palazzo al di là della strada. Per questo motivo, la signora che abita in quel piano-terra ha l’abitudine di tenere le tapparelle sempre chiuse.
Ogni tanto passa un’automobile lenta, perché sa che lì ci sono dei bambini che giocano a pallone e dietro un pallone che rotola per strada, segue un bambino come fulmine tenea dietro al baleno.
Ogni tanto le urla di tripudio per il pallone che, superato il piccolo portiere, si è infilato in quella porta, si azzittiscono di botto al…botto della sfera che urta contro la fiancata di un’automobile di passaggio. Dopo un pallone che rimbalza su un’automobile, segue cazziata di adulto come fulmine tenea dietro al baleno.
A Claudio non piace stare in porta e detesta quella porta che dà sulla strada. Ogni volta che i due capitani fanno la conta, spera sempre che il suo capitano scelga la metà campo con la porta dalla rete metallica. Quantomeno dopo l’umiliazione di avere subito un gol, non deve rischiare di finire sotto un’automobile o, alla meno peggio, essere il primo bambino a essere investito dalle ire dell’automobilista “incidentato” dal pallone.

Per le schiappe, giù nel cortile di casa sua, c’è una sicurezza: sono gli ultimi a essere scelti nella squadra.

Se essere portieri già non fosse abbastanza, l’essere scelto per ultimo è mortificante. I bambini non lo fanno apposta, ma qualche volta sanno essere crudeli quasi quanto gli adulti. La differenza è che gli adulti lo fanno pensandoci bene, riflettendo, architettando, lo fanno apposta; i bambini non ci mettono malizia. La crudeltà però rimane.
La cosa peggiore è che l'”aguzzino” è l’amico del cortile, l’amico che vedi tutti i giorni, l’amico che inviti alle feste insieme ai compagni di scuola, le vostre mamme si salutano e vi conoscono da quando eravate in culla, un po’ più piccoli di come siete oggi, non è che sia passato chissà quanto tempo da quando ti sorridevano e ti dicevano delle cose senza senso. Per non dispiacergli, rispondevi pure tu cose senza senso ed erano pure contente perché si facevano del gran risate.
Claudio non la manda proprio giù. Ma come? Siamo amici e tu mi scegli sempre per ultimo, solo perché vuoi vincere la partita al cortile di Via Dante Alighieri Cinque, neanche fosse la Finale della Coppa dei Campioni al Santiago Bernabeu! Claudio spera sempre che non venga scelto per ultimo, non dico per secondo, ma non ultimo. Ultimo vuole dire portiere. Claudio vuole fare gol.
Claudio immagina – come tutti i bambini del mondo – sogni di gloria per una pedata a un pallone che finisce in rete. Claudio crede che il calcio sia lo sport più bello del mondo. E rimane fregato due volte: la prima perché gli viene negata la possibilità di segnare un gol, la seconda perché viene sbattuto puntualmente in porta.

Claudio, perciò, non ama molto scendere giù in cortile e preferisce restare a casa a raccontarsi storie, a disegnare, a schierare eserciti di soldatini e fare vincere quelli che la Storia gli avrebbe invece insegnato essere stati vinti e sopraffatti.

La mamma arriva addirittura a “cacciarlo” di casa per farlo stare insieme ai bambini giù in cortile. Claudio ha le sue buone ragioni per non volerci andare e poi ha una bella testa dura. Ostinatamente rimane diverso tempo sul pianerottolo a mezza scala tra il piano di casa sua e quello inferiore. E ci potrebbe rimanere anche ore se non fosse che la mamma lo conosce come un calzino rivoltato e si affaccia dall’uscio apostrofandolo con un “Claudio, vai giù, vai a giocare con gli altri, dai!”. Solo le mamme sanno sgridarti con l’amore negli occhi. La dolcezza mista alla preoccupazione della sua mamma lo muovono verso la rampa di scale e giù, giù per altri tre piani e mezzo, fino al cortile. Le urla sguaiate, gli acuti festosi, il vociare di tutti bimbi nel cortile per un po’ gli fa dimenticare l’ansia. Ma quando qualcuno tira fuori quel dannato pallone vorrebbe che spuntasse dal nulla Enrichetto.

Enrichetto è per i bambini del cortile l’orco delle favole. Enrichetto ha sui bambini del cortile lo stesso effetto del manganello sfollagente mulinato nell’aria dai celerini in carica sulla folla di un corteo. Enrichetto quando mette piede nel cortile crea il vuoto.
Enrichetto è un adulto, un uomo anziano che abita nel palazzo di fronte al palazzo di Claudio, i due cortili dei rispettivi palazzi sono separati da una ringhiera di ferro piuttosto alta, anzi per l’altezza di un bambino è parecchio alta. Tuttavia, il pallone spesso loltrepassa questa barriera. Poco male perché i bambini sono bassi, ma si arrampicano come scimmie…A parte Claudio che su quella ringhiera c’è rimasto varie volte a cavalcioni, sospeso, una gamba di qua, l’altra gamba di là, indeciso quale parte scegliere per suicidarsi.

Ogni volta che il pallone finisce dall’altra parte, la probabilità che Enrichetto non faccia la sua infausta comparsa è pari a quella della vittoria fuori casa del San Marino sulla nazionale del Brasile. L’anziano omino è minuto ma così incarognito da apparire un gigante ai bambini giù nel cortile.

Perchè Enrichetto fosse così incarognito? Vallo a sapere…Forse le vicissitudine della vita, forse noi bambini gli ricordavamo la sua infanzia negata durante la guerra, forse perchè non gli andava giù che la parabola della sua vita fosse in discesa, mentre quella di noi bambini iniziava appena la sua ascesa. L’omino non era un cattivo diavolo; in ogni caso, se lo fosse stato, era a piede libero….

La scena si ripeteva sempre uguale: il pallone va oltre la ringhiera, termina il suo volo dopo un certo numero di rimbalzi casuali come se i lati del cortile confinante fosse un flipper, infine termina la sua corsa nella ghiaia o addosso a una grande cancellata in ferro; un bambino si arrampica sulla ringhiera e…Enrichetto appare, elargendo, come il Papa la domenica durante l’Angelus, una cazziata epocale a noi e, per logica estensione, ai nostri genitori, parenti e affini fino al sesto grado.

Quante volte questa scena si sia ripetuta non è noto, ma per certo ha superato il numero delle puntate della serie televisiva Beautiful. Mi sono tenuto stretto.

Questo era il calcio per Claudio. Questo era il gioco più bello del mondo per Claudio. Dopo avere visto il film con Bud Spencer che giocava a pelota, Claudio sognava di diventare un campione al gioco della pelota, il gioco più bello del mondo. Almeno per lui.

Ma un giorno al caro papà di Claudio venne un’idea che era destinata a cambiare tutto.
Quel giorno il papà e la mamma di Claudio gli annunciarono, raggianti, che lo avevano iscritto a una scuola di calcio.
Con tanti altri bambini come lui.
Un collega del papà di Claudio aveva organizzato una scuola di calcio in un paese vicino.
Claudio accolse la notizia come i tifosi della nazionale delle Samoa Americane accolsero il 31° pallone che s’infilò nella loro rete ad opera degli avversari, la nazionale dell’Australia.
Con sorda e cupa rassegnazione.

I Samoani ebbero la soddisfazione di finire nel Guiness dei Primati. Per Claudio nessuna fama, ma una grossa, grossissima soddisfazione.

Continua a [Parte #2]

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49 pensieri su “Album di figurine – Anche le schiappe vanno in Paradiso

  1. i ragazzi del mio gruppetto giocavano a pallone nella piazzetta della chiesa… di fianco la casetta del parroco, l’ultimo col quale abbiamo avuto a che fare noi era arrivato in paese con la madre… che ci detestava. Era la classica vecchina, ingobbita, cinica e… stronza… veramente stronza ( noi eravamo abituati al parroco precedente, che anche se una purga quando parlava, aveva voglia di fare qualcosa per noi ragazzini… eravamo sempre da lui a fare colazione, merenda, lo chiamavamo e ci portava al paese vicino – 8/10 in macchina- per andare alla festa in piazza…)…
    Ma torniamo a lei: i palloni passavano oltre il muretto e non tornavano mai indietro… era secca, storta e si muoveva come una lumaca stanca MA NON FACEVANO NEMMENO UN RIMBALZO!!!…
    magia…

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    1. La tua vecchietta era la compagna perfetta per Enrichetto! Magari se si fossero conosciuti, l’incarognimento sarebbe stato smaltito, quel risentimento forse sparito…oppure si sarebbero alleati in una bastarda alleanza che non si vedeva dai tempi di Erode!;)
      Chissà perchè a certe persone anziane viene fuori questo cupo risentimento verso i bimbi?
      Il pallone è cosa sacra…Requisirlo come faceva la tua vecchina era davvero un’azione riprovevole…per essere educati 😉

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      1. poi essendo arrivata dopo un parroco insopportabile in chiesa ma splendido fuori, che ci insegnava il senso buono dello “stare insieme”, al di là dello stare seduti ai banchi della chiesa, una persona che amava studiare ma si faceva interrompere anche nelle ore notturne per recuperare i suoi “ragazzini” che in barba ai genitori avevano preso la via dei campi e poi avevano paura al buio… capisci… tu, vecchina bastarda… non hai capito contro chi ti stai mettendo! 😀
        Volavano oltre il muretto gli oggetti più disparati e ad ogni ora del giorno e della notte…

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  2. Noi invece in Val di Susa d’ estate giocavamo tutti insieme a pallavolo al parco giochi in un allegra macedonia di turre le età, bambini, adolescenti, ragazzi e adulti…..
    Chissà come mai c’era sempre chi sperava che la palla quando toccava a me finisse in orbita e poi fuori come regolarmente finiva….
    Comunque anche noi le combinavamo perchè c’era anche sempre chi mirava alla testa delle vecchiette sedute li nei paraggi……. (casualmente )
    Quanto ridere……..

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    1. Ah un campo di allenamento di cecchini 😉
      Ma tu e Mimi Hayuara siete imparentati? Lontani parenti giapponesi chesso’…
      La pallavolo nel nostro cortile era impraticabile. Sarebbe stato come regalare una fornitura di palloni a Enrichetto…E le nostre finanze non andavano oltre le gomme di Paperone o il ghiacciolo…

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            1. Come ha scritto CrisTi sa di madeleine. Quelle buone madeleine delle nostre merende pomeridiane. Mi piace questa associazione. Azzeccatissima!
              Siamo a due tifosi, dai che mettiamo su un bel gruppo di Ultra’ all’urlo “Forza Schiappe! Stingete le chiappe, arrivano le Schiappe!”

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                    1. I giochi servono pure a dirottare certe energie verso fini meno dirompenti e violenti. Certi giocatori se non avessero avuto il pallone, avrebbero di sicuro una carriera tra i bodyguard in discoteca oppure nelle carceri dopo avere accoppato qualcuno di mazzate

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    1. Una per me! Dai che mi serve un po’ di incoraggiamento perché nella prossima sarà il calcio vero, con veri professionisti in erba e…su erba.
      Affy aspetto cori e striscioni, intanto ben ritrovata nella mia umile webbettola e grazie!

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  3. CrisTi

    Bellissimo il racconto. Alcuni passi hanno il sapore della madeleine… come la tua immensa collezione di soldatini 😊. Ma una cosa hai omesso (e forse farà parte di un altro racconto: hai parlato dei tuoi piedi negati per il calcio ma non delle tue mai che gravitavano sui tasti del pianoforte come farfalle che si posano sui fiori! 😙

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    1. Oh che felicità, benritrovata nel nostro cortile Cri’!
      Raccolgo i bellissimi complimenti e faccio l’inchino per ringraziarti.
      Se vuoi questo spazio usalo per aggiungere il punto di vista di voi femminucce, ahimè escluse da questa rissa con pallone socialmente accettata.

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    1. Beh grazie davvero per darmi la benzina per continuare. E da quanto ho raccolto dai miei compagni di cortile dopo che hanno letto questo post, credo ne esca fuori una terza puntata…Poi uno dice come vengono fuori 7000 e passa puntate di Beautiful!

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            1. Le tue doti al calcistiche già sono un punto a favore vista la totale assenza di doti calcistica del sottoscritto. Perciò l’ho buttata sul libro “Cuore” mixato con i ragazzi della via Gluck…Ora che affronto il capitolo della scuola-calcio sono dolori 😉

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    1. Mai superato! Mi ha talmente segnato che pure a un videogioco di calcio o sportivo le mie performance vanno dalla pippa alla scartina.
      È un destino. Se è vero che “mens sana in corpore sano”, ti sei anche spiegato come mai non ci sto di capoccia…

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  4. Che bello scenario. Un dolce ripercorrere i ricordi e i gesti semplici e importanti di un tempo. I disegni, i soldatini, i sogni ad occhi aperti. I compagni, i personaggi, le comparse, i miti che popolavano il cortile, l’universo noto, a un palmo dal naso, meglio, a tre rampe di scale.
    Che forte: hai evocato il classico silenzio che seguiva un fattaccio. Mi ha fatto sorridere e tornare a galla tante cose. L’eccitazione e la paura. Il senso di colpa misto a orgoglio per la nuova bravata. E la mente che corre in cerca di una scappatoia…
    I riti del cortile. Il calcio, religione di stato. I suoi beniamini e i loro emulatori. Di nuovo: sognatori. Le regole del gioco, dell’agonismo e dell’amicizia. I primi compromessi, le prime delusioni. I primi tradimenti.
    Mi è piaciuto questo viaggio, questa panoramica che ricorda le riprese a volo d’uccello che introducono un sano film d’ambientazione nostrana. La cinepresa che dall’alto di tetti, finestre e balconi, entra da una finestra, inquadra un ragazzino intento a disegnare a pastelli sul tavolo di cucina ed esce fuori dall’altra parte, fra tende svolazzanti al sole di giugno, per poi tuffarsi in basso, da dove salgono le strida e gli schiamazzi, le biciclette e le corse, un normale pandemonio interrotto soltanto dal rumore di una macchina… “Macchina, macchina!”… Lo sguardo severo e ammiccante, Fate i bravi!, di uno dei Grandi, e poi via, liberi tutti come prima, a correre ed esorcizzare, come se niente fosse, mentre in cima agli scalini, sulla soglia, taglia l’ombra la figura allungata di un ragazzino, tutti si voltano, è quello di prima, le braccia lungo i fianchi, un accenno di sorriso… “Dai Claudio, vieni anche tu… Cominciamo la conta!”…

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    1. “ok, ma io in porta non ci vado…”
      Ah che bello i tuoi filmici commenti…Ho seguito la tua telecamera, in volo, dietro la tua spalla, tu la muovevi, con arte e cura, a favore della mgliore inquadratura che rappresentasse la scena descritta dall’autore.
      Questa prima parte effettivamente è da cinema italiano di racconti di famiglia, che indugia su un componente per poi tirare fuori tutto dai vari personaggi. un po’ lento a essere onesti, l’inizio sembra non decollare mai dalla stanza di quel bambino…Nella seconda parte c’è più movimento, azione, termina con una redenzione inaspettata e un tripudio da Fuga per la Vittoria…Ah comunque “Specchio non vale”

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      1. … “fuga per la vittoria”, ecco, appunto… 🙂
        [mi è piaciuta molto comunque la lenta introduzione, l’album dei ricordi: mi ci ritrovo e li rivivo con grande piacere… e poi ci sta! mica di solo pallone vive l’uomo!… – interessantissimo il tuo amore per la Storia!]

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        1. “fuga per la vittoria” mentre lo scrivevi tu, anche io lo scrivevo. Fuga per la Vittoria, che grande film. E dire che c’era pure Stallone in porta. Quel film andrebbe trasmesso più spesso.
          Dopo quel risultato, io sono definitivamente fuggito dal calcio. Lo sport ha ringraziato.

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      1. Il laboratorio di Pleeny- Tra fantasia e realtà.

        Ho un figlio allenatore…allena i bimbi della scuola calcio Juventus…e l’altro figlio ancora giocatore…ma tutto è iniziato con un pallone e un cortile😁😁💟💟

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        1. Hai detto Juvent…aaargh! Io tifo Napoli 😉
          A parte le battute, gran bella soddisfazione lavorare nel gioco più bello del mondo. L’allenatore di bimbi…deve essere fantastico vederli sgambettare, vederli crescere, migliorare…Certo – se vorrai legger la seconda puntata – io non avrei dato granché soddisfazioni ma ci sta che in mezzo a tanti giocatori ci sia una schiappa è un fuoriclasse.

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        2. È’ partito il commento da solo…dicevo “una schiappa E un fuoriclasse”. La mia esperienza alla scuola calcio fu eccezionale a parte i risultati: ho un ricordo bellissimo degli allenatori e dei bambini.
          Complimenti ai tuoi figli.

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  5. Riccardo Giannini

    Vogliamo dirlo? E’ una cosa assurda mettere il più scarso in porta. Il portiere è il ruolo più difficile, male che vada in difesa stramazzi qualche pallone in avanti e fai qualche spazzata. Il portiere deve fronteggiare tiri e ogni gol subito è un problema per la tua squadra. A me fare il portiere non dispiaceva, ma ero negato. Per fare discretamente il portiere serve una buona coordinazione, per non parlare delle parate: un minimo di tecnica serve eccome. Poi va bene, il portiere rimediato sta in porta e respinge qualche pallone di piede…Una sorta di buttafuori 😀

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    1. Eh già, ma vallo a spiegare a ragazzini che pensano che ignorano totalmente ruoli e tattiche. Le squadre dei ragazzini sono formate praticamente da tutti attaccanti: un 10-0-1 che farebbe impallidire pure lo Zeman del Foggia.
      Pure vero che nel cortile eventuali schemi erano inapplicabili, visto che il centrocampo era all’altezza del portone d’entrata al palazzo e l’ipotetica zona Cesarini era a numero tre passi dal centro campo.
      Chi è che segna è l’Eroe, chi è che salva la partita da una goleada fa il suo dovere. Una vecchia storia che ho ritrovato a tanti anni di distanza quando studiavo e ora che lavoro.
      Il nostro cortile, una palestra di vita.

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