Dark Souls, Bloodborne, Demon’s Souls e li mejo mortacci loro


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Per Videogiochi da paura, dal Giappone, un trittico di titoli (in realtà sono cinque) che di anime ne hanno fatte perdere parecchie…

Demon’s Souls è un videogioco per PlayStation 3, sviluppato dalla giapponese From Software e pubblicato da Namco Bandai in Europa nel 2010. Rientra nel genere “gioco di ruolo” (RPG) e, più precisamente, nel sotto-insieme dei “dungeon crawler”, in cui la parte “ruolistica” è limitata alla crescita delle caratteristiche e abilità del personaggio; la maggiore parte del tempo di gioco, infatti, si trascorre esplorando labirinti, grotte, castelli, rovine e altri luoghi della tradizione fantasy-ruolistica, combattendo contro le creature ostili e recuperando oggetti ed equipaggiamenti utili per portare a casa la pelle, anzi, nel caso di Demon’s Souls, l’anima.

Cui prodest?

Ora che ci hai “illuminato” con queste imprescindibili informazioni, [prendete un bel respiro e leggete tutto-di-seguito-senza-fermarvi] senza delle quali la nostra vita non avrebbe avuto più alcun senso, perché dovrebbe interessarci un videogioco e, per giunta, vecchio del 2010?
Ne hanno già scritto e sulla Rete trabocca di recensioni, informazioni, guide, wiki, faq e video, cui prodest questa tua recensione?

In primis, non è proprio una recensione perché non entro nel dettaglio delle dinamiche di gioco. Demon’s Soul è stato oggetto di una “letteratura” ricchissima per la sua invereconda difficoltà, dividendo la popolazione dei “gamer” tra due estremi:

  • chi, a furia di bestemmie, ha ormai perso ogni possibilità di accedere al Paradiso ancora prima di tirare le cuoia
  • chi si pavoneggia di avere portato a termine  il “gioco più difficile di sempre”.

Tra queste righe, invece, si vuole evidenziare l’aspetto, forse sottovalutato, dell’angoscia e della paura dell’“ignoto”, la paura di “morire”.

Non si tratta di paura che ti fa saltare dalla sedia, ma è un sottofondo costante, una sorta di muta colonna sonora che ti accompagna per tutta l’avventura.

Demon’s Souls è il capo-stipite di una serie nonché un genere, ribattezzato “soulslike”, che non è esattamente “nuovo”, almeno per le vecchie cariatidi come me, ma – come succede spesso nella musica e nel cinema – è frutto del recupero di una parte del passato, rimescolato e aggiornato. Prova che il mix del passato e del nuovo funzionino bene sono le ottime vendite di Demon’s Souls e dei capitoli seguenti, in ordine di pubblicazione: Dark Souls I, II, Bloodborne e Dark Souls III.

Parata dell'anime de li mejo mortacci loro. Dici "soulslike" dici "bestemmia"
Parata dell’anime de li mejo mortacci loro. Dici “soulslike” dici “bestemmia”

L’insano livello di difficoltà per cui tutti i “soulslike” sono noti non è certo una novità: i “soulslike” nascono con un DNA della difficoltà “old gen”.

Videogioco da quando gli Space Invaders atterrarono sotto la pensilina di uno stabilimento balneare, ho continuato rompendo mattoni con una racchetta e non ho smesso più, perciò giochi dalla difficoltà bastardissima ne ho finiti. La coppia di classici della Capcom, Ghost’ n Goblins e il suo seguito Ghouls’ n Ghosts mette d’accordo tutti sull’essere il paradigma del lancio della bestemmia e di qualche joystick. Dall’Era dei coin-op fino ai 16-bit, i videogiochi utilizzano il calibramento della difficoltà come sistema per allungare il ciclo di vita del prodotto. È un retaggio deglii arcade per fare consumare più monetine e, quando il videogioco è diventato anche “casalingo”, per sopperire ai limiti tecnici di capienza della memoria delle cartucce e di potenza di calcolo delle piattaforme di gioco. Da nullatenente adolescemte a squattrinato studemte, la scelta del livello più difficile era una scelta quasi esistenziale: alla difficoltà più alta il videogioco durava più a lungo.

From Software ha “riscoperto” questo elemento dimenticato da un mercato in cui:

  • l’industria studia prodotti da consumare in tempi più stretti e in modo seriale;
  • le interfacce anche più complesse oggi sono più intuitive (“user friendly”) sia per l’evoluzione dei joypad sia del software;
  • i videogiochi devono essere più “accessibili” per coinvolgere un numero sempre più ampio di consumatori.

La “furberia” di From Software è stata recepita non a livello consapevole, ma è figlia di un retaggio videoludico, che ha coinvolto anche videogiocatori giovani, desiderosi di una “vera sfida”.

From Software aggiorna la formula mescolando un “art design” ispirato, una grafica che non fa gridare al miracolo, ma risulta decisamente evocativa, un universo coerente con gli stilemi fantasy occidentali interpretati con un “tocco” giapponese. Organizza l’universo di gioco in una struttura “sand-box”, cioè con la possibilità di eseguire le “quest” con una certa discrezionalità decisa dal giocatore e non in un ordine prestabilito (il che genera una sensazione di maggiore libertà); tuttavia, non tradisce la tradizione ruolistica offrendo al giocatore una varietà di scelta di classi del personaggio che rende l’esperienza davvero differente; infine, escogita un multiplayer basato su un sistema di aiuti tra giocatori, consistente nel lasciare dei messaggi di avvertimento o consiglio sparsi per il mondo.

"I'll send an SOS to the world. I hope that someone gets my". Sting docet.
I’ll send an SOS to the world. I hope that someone gets my. Sting docet.

Ma il gioco com’è?

Brutta bestia! Demon’s Souls è una di quelle bruttissime bestie che ti si attacca sul groppone e non ti molla finché non sei ridotto come un cencio alle quattro di mattina: il joypad tenuto lasco in mano, gli occhi fissi allo schermo, quel maledetto “boss” che ti ha fatto passare le più frustranti tre ore della tua vita, il tuo alter ego esanime ai suoi piedi o zampe o tentacoli o quello che sia e, oltre al danno la beffa, ora devi iniziare da un punto lontano e, nel mezzo, bestiacce e creature, che al minimo cenno di disattenzione, ti rendono concime di pixel. Cenere (digitale) sei e cenere (digitale) ritornerai.

Un gioco di ruolo che richiede dedizione, ripetuti tentativi, errori (parecchi) e tanto tempo. Presenta una dote, ormai rara: capace di tirarti fuori le più grandi bestemmie contro lo schermo, la Signora Sony e le sue tre figlie Pleistescion…e al contempo capace di farti sentire il senso di liberazione, dopo la tensione accumulata, e altrettanta soddisfazione.

La giocabilità è basata sullo studio tattico dell’avversario, con la tensione che raggiunge picchi da cardiopalma a ogni singolo scontro. Ogni scontro è, infatti, traumatico. Se pensate di procedere a testa bassa pigiando il comando di attacco a ripetizione, morirete come ballavano i Vatussi: ogni tre passi. I combattimenti sono danze macabre, in un alternanza misurata di parate e stoccate. Ogni azione consuma energia e farsi prendere dalla furia cieca equivale, nella meno truce delle ipotesi, alla fine del pollo allo spiedo.

Anche il tamarro-base dei giochi di ruolo, un inflazionato zombi, che non fa più paura nemmeno nei recenti episodi di Resident Evil o in The Walking Dead, in Demon's Souls va preso per quello che vermente è: un non-morto che per definizione è duro..a morire
Anche il tamarro-base dei giochi di ruolo, un inflazionato zombi, che non fa più paura nemmeno nei recenti episodi di Resident Evil o in The Walking Dead, in Demon’s Souls va preso per quello che vermente è: un non-morto che per definizione è duro…a morire

La ragione del successo di tale formula è forse dovuta al fatto che dentro è nascosto una vecchio adagio dei nostri nonni: senza sacrifici, impegno e duro lavoro, non si ottiene nulla. Questo videogioco, in effetti, è intriso di un principio raro nella realtà del quotidiano: la meritocrazia.

Demon’s Souls è noto per essere un videogioco con un elevato livello di difficoltà, ma in realtà è improprio definirla “difficoltà”: la giocabilità, infatti, si basa su un “trial and error” in cui gli errori si pagano a caro prezzo (in termini di ore di gioco) e risulta eccessivamente difficile per chi l’affronta con l’arroganza di essere il più forte.

C’è un lato paradossale: i videogiocatori che hanno portato a termine il gioco tendono a sentirsi migliori, “più forti” degli altri “gamer”, perciò un gioco che insegna a non essere arroganti, finisce per generare degli arroganti.

In Demon’s Souls e tutti i seguenti “soulslike” l’errore appartiene alla categoria degli errori “fertili”, cioè l’errore come limite, che ha necessità di attenzione, pazienza in un “fine tuning” di tentativi e creatività di approcci alternativi fino alla soluzione e superamento dell’ostacolo (e nostro limite). Sulla teoria dell'”errore fertile” rimando gli impavidi lettori senza macchia e senza paura al post: Dark Souls. Gutta cavat lapidem. In sintesi, è un processo in cui miglioriamo un po’ alla volta e, nei “soulslike” la crescita del nostro alter ego sullo schermo corrisponde in qualche modo anche alla crescita del giocatore.

Se la crescita è progressiva, la paura è una costante.

Nelle fasi, relativamente calme, di esplorazione, Demon’s Souls trasmette costantemente paura.

Per progredire nel gioco è essenziale sviluppare le caratteristiche e le abilità del personaggio: l’equivalente di maturare punti esperienza nei giochi di ruolo da tavolo consiste nell’accumulare “anime”, che si ottengono uccidendo mostri e creature. Quando si muore, si perdono le anime accumulate fino a quel momento, ma è possibile recuperarle ritornando sul “luogo del delitto”.

Si inverte l’aurea regola: “l’assassino ritorna sempre sul luogo del delitto”; in Demon’s Soul è l’assassinato che vi ritorna. Tuttavia, se prima di recuperare tali anime, si perde la vita nuovamente, le anime sono perse per sempre con il risultato di avere buttato alle ortiche ore e ore di gioco. Questo meccanismo, che denota un certo sadismo degli sviluppatori, è la ragione di:

  • bestemmie e imprecazioni tante e tali da procurarsi una scomunica da religioni e correnti religiose, sette e riti apocrifi, nonché l’ultimo dei culti animisti di una popolazione isolata e in via di estinzione;
  • nervi tesi come corde di violino;
  • tipica situazione da film horror a rischio di cambio della biancheria intima: avete presente quando in un film horror s’interrompe la colonna sonora e sapete che state per assistere a qualcosa di brutto-brutto? Nel film horror, dopo il picco dello spavento, la tensione scema e la paura svanisce, mentre in Demon’s Souls la tensione e la paura sono ininterrotte, incessanti.

La paura è una risposta naturale dell’istinto di sopravvivenza a una minaccia o a un pericolo.
In generale, si assume che a nessuno nella vita reale piaccia provare paura. Tuttavia, molti cercano esperienze di questo tipo. In realtà, non si tratta di una consapevole scelta personale, ma ha a che fare con la chimica del nostro cervello.
Uno degli ormoni rilasciati durante situazioni in cui si prova paura o ci si sente minacciati è la dopamina.

Drago contro uomo armato di ascia. Dopamina a livello smodato!
Drago contro uomo armato di ascia. Dopamina a livello smodato!

Stimoli che producono “motivazione e ricompensa” generano il rilascio di dopamina, che è anche responsabile dell’accelerazione del battito cardiaco e dell’aumento della pressione sanguigna. La reazione alla dopamina può essere differente da individuo a individuo: alcuni possono reagire al rilascio della dopamina più di altri poiché mancano i “freni” al rilascio e alla ricaptazione della dopamina nel cervello. Pertanto, queste persone sperimentano particolare piacere in situazioni di minaccia, pericolo, paura.
Senza entrare nel dettaglio dei motivi per cui si può provare piacere ad avere paura (ci ritorneremo prossimamente), due elementi sono importanti per potersi godere queste situazioni, senza rimetterci la biancheria intima o, peggio, le coronarie.

In primis, per provare piacere in situazioni di minaccia e paura, dobbiamo avere la consapevolezza di sentirci al sicuro, di essere in uno spazio assolutamente sicuro. Se avessimo il minimo dubbio che il trenino delle montagne russe possa avere un problema, nessuno vi salirebbe; parimenti, non faremo salire un bimbo su un’altalena, se avessimo il dubbio che l’altalena possa rompersi e lanciare il nostro figliolo come un masso da una catapulta.
Inoltre, a molti piace provare paura perché la sensazione di “avercela fatta” dopo che “tutto è finito” produce soddisfazione, aumenta la propria auto-stima, rassicura, rende più confidenti e pronti nell’affrontare nuove “prove”. È una sorta di “stimolante” naturale.
In Demon’s Souls sono presenti entrambi questi elementi in dose massiccia:

  • siamo consapevoli di sentirci al sicuro perché siamo al di là di uno schermo e sul divano di casa nostra. Sempre che vostra moglie non decida di alzarsi dal letto dove dormiva della grossa, avvicinarsi silenziosa al divano sui cui siete seduti e, in piena sessione notturna, da dietro vi appoggi una mano sulla spalla. Io ho rischiato l’infarto;
  • il “Ce l’ho fatta!” (qui in versione beneducata) ricorre con frequenza e cioè ogni volta che si riesce a battere un avversario ostico (e i “soulslike” ne sono zeppi); dopo avere scofitto un “boss”, si assiste addirittura all’esplosione in inconsulte espressioni di gioia, accompagnate da gestacci al defunto noché coloriti epiteti di compiacimento per averlo aiutato a raggiungere li mort….i sua.

L’ultimo ingrediente “pauroso” è di tipo culturale.

Se andiamo in giro per il mondo, scopriremo che le persone hanno paura per i più disparati motivi. L’esperienza di conseguenze negative rimane nella memoria e crea una reazione di paura. Pertanto, la paura è qualcosa che si può imparare, può essere trasmessa da individuo a individuo, trasmessa alla società e trasferita di generazione in generazione. Ogni cultura ha un suo “mostro” di cui ha paura, ma tutti questi “mostri” hanno un denominatore comune: tutti violano le leggi di Natura e creano una sensazione di dissonanza a livello cognitivo o estetico o entrambi.
Demon’s Souls è uno “zibaldone” di creature non umane, semi-umane, creature che vengono dall’Al di là, da “semplici” zombi a ghoul, fantasmi, banshee, demoni, spiriti de li mejo mortacci loro; tutti, senza dubbio, contribuiscono a generare paura.

Ho problemi di stipsi, vado subito a comprarlo!

I “soulslike” non sono per tutti. Il livello di difficoltà influisce relativamente. La vera questione è il tempo a disposizione e la voglia di ognuno di impiegare un numero cospicuo di ore del proprio tempo libero in un’unica, sebbene straordinaria, avventura.

Sicuramente ritornerò sull’argomento perché una cosa è certa: questo gioco (e i suoi seguiti) sono immensamente coinvolgenti e danno spunti per iniziare una “quest” che porta al di fuori del Videogioco e ne espande i confini d’influenza e contaminazione.

In un mercato che ormai investe nella serialità, riducendo i rischi e rinunciando all’innovazione, di cui è ormai parte anche From Software, bisogna riconoscere a Demon’s Souls, il primo dei “soulslike”, di avere contribuito a un’evoluzione nel genere non solo di appartenenza, ma del Videogioco in toto.

Ho “investito” la mia anima in un guerriero: un tipico “tank” che potenzialmente mena mazzate come un fabbro, può indossare armature che da solo satura la capienza massima di un’ascensore da dodici persone, anche se è intellettualmente a un livello di bambino di quinta elementare e lancia magie “potenti” come quelle del Mago Zurlì. Il mio guerriero messo davanti all’Unico Anello, lo ha mangiato.

Questo boss sta rovinando l'idillio tra Demon's Souls e me. Questo boss mi sta antipatico, ma vaglielo a dire...
Questo boss sta rovinando l’idillio tra Demon’s Souls e me. Questo boss mi sta antipatico, ma vaglielo a dire…

Sono appena al secondo “boss”, che per gli autori del gioco e per molta parte dei “gamer” è poco più di una mammoletta: un gigante in armatura, alto come le mura di un castello, e ogni volta che ci arrivo (se ci arrivo) il risultato è identico all’ultima carica della cavalleria polacca contro i tank nazisti. E non ho nemmeno il cavallo.

Consigliato ai vegliardi e nostalgici dei giochi giapponesi “come li facevano una volta” (difficili) e ai più giovani desiderosi di sperimentare un bel gioco di ruolo. Astenersi giocatori della domenica e gioca-mordi & fuggi.

Recitiamo insieme la preghiera [con le braccia allargate e i palmi rivolti verso l’alto]: “Sia fatta la volontà di From Software, Gloria Gaynor in excelsis Deo”:

You think I’d crumble – You think I’d lay down and die – Oh no, not I …
I will survive.

Onda Sonora Consigliata: I Will Survive di Gloria Gaynor

74 pensieri su “Dark Souls, Bloodborne, Demon’s Souls e li mejo mortacci loro

        1. C’è parecchia gente che lo ha finito…Io vorrei tanto perché merita, ma dovrei abdicare al resto della vita casalinga. Finisco Dark Souls e divorzio. Però vuoi mettere: cornuto e mazziato nella vita virtuale e in quella reale. Quando uno dice: coerenza 😉

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        1. Io dal più alto dei 48 sono stato fanculizzato da From Software. Praticamente Demon’s Souls e stato il primo gioco che mi ha fatto pesare il fatto di avere 48 anni e non avere più il tempo di fargli capire chi è che comanda in questa casa…linga console.

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            1. Ah certo il flipper! Penso che la pallina fosse animata di vita propria e fosse legittimamente incaxxata chiusa senpre lì sotto-vetro: hai presente quando centrava esattamente il mezzo tra le due palette?!! Dimmi se non lo faceva apposta?!?
              Space Invaders non è che ci andava per il sottile dopo tre-quattro quadri e Pac-Man si è mangiato talmente tante monetine che in Giappone scarseggiavano (storia vera!)

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                    1. E quel “balilla” che a me mette su un brivido, cara. Ma va bene pure così. Io però gioco meglio in porta. Facciamo un po’ per uno?
                      Chi ha il coraggio di sfidarci?
                      Noi i Blu, Forza Azzurri stringiamoci a corte, siam pronti alla morte….(per essere coerenti con il post)

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  1. Zeus

    Mi son letto questa “recensione” (non è una recensione, ma ci siamo capiti) in un sol boccone… e per me che non gioco più un miracolo.
    15 anni fa sarebbe stato pane per i miei denti (come ti ho già detto, se non sbaglio), adesso ho una sola tattica nel mio taschino: testa bassa e mulina qualsiasi cosa tu abbia in mano (dal pollo con la carrucola alla mazza chiodata).
    Risultato netto? Sconfitte a iosa. Ci vuole un po’ di furbizia in questi giochi, non solo la forza bruta.

    Ps: ti aspetto a prendere una decisione critica sul trono di fuoco 😉

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    1. Sorprendente! Mi sorprende e mi rallegra immensamente. Mentre scrivevo ho cercato di essere il meno “tecnico” possibile, sorvolare sui dettagli che avrebbero reso la “recensione” più rece…vabbuò ci siamo capiti 😉 Insomma, ho cercato di renderla accessibile a chi non mastica di videogiochi e mantenere vivo l’interesse di chi è appassionato; pe questi ultimi, nelle mie intenzioni, doveva essere un po’ come quando vedi un film per la seconda volta, noti i dettagli che ti erano sfuggiti, ne apprezzi qualche sfumatura in più, rischi di avere pure spunti e collegamenti nuovi.
      La parte più difficile comunque è rendere il tutto leggibile fino alla fine a chi non è appassionato. Soprendente che ci sia riuscito! Grazie!
      Sorprendente anche che tu con i videogiochi, io con la musica metal (gli ultimi nostri scambi ne sono la prova) ci stiamo avvicinando, quantomeno nutriamo una curiosità cui ogni tanto dare in pasto una “vittima” sacrificale…Questo è davvero sorprendente! E bello. Questo il vero miracolo di queste webbettole.
      Per il trono di fuoco, arrivo dopo questo commento….L’ho intravisto ieri sera e volevo leggermelo con la dovuta calma. Ora sto sorseggiando un caffè…Baruk Khazâd! Khazâd ai-mênu!

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      1. Zeus

        Concordo con la tua analisi. Hai reso il concetto del gioco senza entrare nei tecnicismi (che allontanano il non-giocatore, non-interessato) e non sei stato tanto generico da non interessare chi ama giocare.
        Secondo me, in questi posti digitali, le recensioni stanno bene solo se hai un sito ad hoc, se no diventano pesanti. Quello che si cerca è l’aspetto emozionale, personale, del gioco/disco/libro/film. Una recensione del film la trovi ovunque, ma uno che, facendone un vanto (cosa che i sedicenti recensori da web non fanno) dichiara che è una visione personale e un’esperienza personale, fornisce qualcosa in più quando scrive.
        E appassiona molto di più di uno che ti racconta solo il motore grafico. Per quello mi leggo le caratteristiche tecniche sul retro della scatola.
        Sì, non gioco più molto (a parte il buon PES che ho ritirato fuori e This War Of Mine/Zafehouse Diary una volta all’anno), ma l’anima del vecchio giocatore rimane e mi appassiona.

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        1. Beh diciamo che i tecnicismi sono legati al momento è in passato certe soluzioni tecniche facevano gridare al miracolo anche me. Oggi, più consapevolmente, accetto anche un’opera tecnicamente non all’avanguardia o anche “zoppicante”, ma che abbia un concetto, l’idea alle spalle e l’onesta’ artistica.
          Non riesco quasi più a leggere i commenti nelle riviste specializzate: flame war su 1080p, 4K, frame rate e hertz davvero inutili se non c’è l’ingegno e un po’ di cuore

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          1. Zeus

            Ma veramente… ci sono giochi che sono il massimo anche se non sono il top dell’innovazione. Spesso i grandi effetti speciali mascherano qualche mancanza d’idea… una trama scarsa e molto altro.
            Guarda, e lo dico da fan, Monkey Island. Grafica spartana (il primo capitolo era cartoon puro) ma aveva una giocabilità e un qualcosa che moltissimi dei giochi odierni non hanno.
            Esempio stupido, ok, ma prendilo come grande momento intellettuale da parte mia 😀

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            1. Monkey Island (i primi due) e le avventure LucaArts in genere avevano il raro dono di sapere raccontare una storia e pure con ironia. Zack Mc Kraken e Day of The Tentacle sono roba surreale e capoavori che danno la birra a certa cinematografia demenziale. Io li equiparo al libro Guida Galattica per Autostoppisti (la Infocom ci fece pure un’avventura testuale).
              Effetti speciali nulli e fronzoli assenti. Pura giocabilita’ e creatività. I videogiochi con il progresso tecnologico hanno perso un po’ di quella sana follia e voglia di esplorare nuove frontiere espressive. Si sono adagiati sulla grafica pompata (benvenga, per carità) e un marketing sborone. Le nuove generazioni giocano a pochi titoli, FIFA, PES, GTA, COD (vai di acronimi!) e le produzioni intermedie ne soffrono. Per fortuna ci sono gli indie (e tra queste pagine ne trovi diversi) che lavorano sulle idee a causa di poche risorse disponibili. Non c’è niente da fare: quando si dispone di risorse limitate, le si massimizza. Hai tanto, sprechi tanto.
              E questi sono i miei due cent intellettualoidi 😉

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              1. Zeus

                Concordo su tutto quello che hai scritto. Grande che hai citato Zack, totale, e io aggiungerei un gioco che mi ha tormentato per settimane: The Dig.
                Una cosa ignobile. Grafica spartana, ma era proprio un bastardo dentro quel gioco.

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                1. The Dig, altra avventura della LucasArts, realizzata in collaborazione con Steven Spielberg (mica bubbole!). Spielberg non è nuovo a queste collaborazioni nei videogiochi: Boom Blox per Nintendo Wii è uno strano rompicapo che unisce quel gioco al luna park di abbattere il numero maggiore di barattoli con una palla e Tetris…Roba fuori di capoccia possibile solo grazie a Nintendo.
                  A proposito di LucasArts come non citare Full Throttle con protagonista un biker della tradizione della Route66 americana, Sam & Max davvero esilarante e Grim Fandango, basato sulla concezione azteca dell’Aldilà, in cui il protagonista è un agente di viaggi del Dipartimento della Morte. Sarebbe un cliente perfetto per El Bavon Rojo.

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                  1. Zeus

                    Sono compiaciuto che conosci The Dig. Mi ha tormentato la giovinezza. Hai citato anche Sam & Max e mi viene un po’ la lacrima… di Grim Fandango avevo giocato solo ad una promo, a suo tempo, ma non l’ho mai giocato in toto.
                    Ma veramente non citiamo Indiana Jones?! Veramente?!

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                    1. Indiana Jones and the Last Crudade e, sopratutto, Return to Atlantis, che terminai e che – a mio modesto avviso – era meglio di tutti i film seguiti ai Predatori dell’Arca Perduta.
                      Quel l’avventura raccoglie l’eredità del primo film e la interpreta magnificamente seppure con una grafica che oggi farebbe ridere i polli le atmosfere di Indiana Jones. In più, rispetto al film, Indiana Jones sei tu!
                      Qui facciamo sul serio…Almeno tu ed io 😉

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                    2. Zeus

                      Non ho mai giocato a Return to Atlantis… l’ho visto, era a portata di mano, ma niente.
                      Io devo dire una cosa: a me l’Ultima Crociata è piaciuto. Sono un fan del duo Ford – Connery.
                      In questi giochi, infatti, tu sei Indiana Jones ed è la cosa migliore in assoluto.

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                    3. L’Ultima Crociata era un gran bel gioco, Return to Atlantis è straordinario perché non “ricicla” temi del film, ma crea un’avventura tutta nuova con trama, personaggi e ambientazioni coerenti.

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                    4. Myst e poi Riven e ancora Amerzone…ti dirò quel genere di avventura di enigmi in ambientazioni dalla grafica evocativa e foto-realistica all’epoca della loro pubblicazione non m’intrigava granché. Ho sempre preferito le avventure con un po’ di azione come le serie di Gabriel Knight, Tex Murphy, Project Journeyman (questa è una piccola gemma sotto valutata). E parlando di avventure grafico-testuali c’era una software house che mi faceva impazzire, Legend Entertainment. Death Gate è un capolavoro e mi fece sognare la loro trasposizione di Shannara, che non ebbi mai modo di provare.

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                    5. Zeus

                      Adesso mi hai perso… penso che dopo Myst mi sono lasciato alle spalle le avventure grafiche.
                      Qualche anno fa avevo ripreso in mano Monkey Island, ma la nuova versione (quello con le avventure brevi – adesso mi scappa il titolo corretto, perciò evito castronate eheh).

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  2. Letta tutta anche se questo non è il mio mondo… ma ci entro di soppiatto e osservo.
    Con tutta quell’ansia e paura io non farei altro che urlare, stritolare il coso coi tasti, urlare, saltare, urlare e… una volta morta urlare ancora tirando uno schiaffo a chi/cosa ho vicino… meglio se lascio perdere … 😀

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    1. Beh ma la mia reazione è più o meno la stessa eh. Ma mi divertirei un sacco a sedermi vicino a te sul divano e vederti giocare, urlare, imprecare, da “viva” e “da morta”. Chiaramente indosserò un’armatura visti gli schiaffi che volano.

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      1. Ti dico solo che per guardare un film, anche solo inquietante non necessariamente dell’orrore, deve essere pieno giorno e devo avere un po’ di gente intorno, disposta a stare con me per le successive 24/48 ore… Faccio dei salti e urlo nascondendomi sotto il divano… 😀

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        1. Tesò, allora produci troppa poca dopamina. Restando su sostanze lecite e non pericolose, mentre vedi un film mettiti davanti una bella busta di lupini, arachidi o di semi di zucca (vanno bene sia lisci, sia arrostiti, salati o non salati) che contengono tirosina, necessaria per la produzione di dopamina. Ci sarebbero pure i fagioli, ma per ragioni di buon vicinato sul divano, eviterei.

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            1. Le mie non puoi perché ci penso io e – in questi casi – pure le “pellecchie”. Mi pare che le unghe non contengano tirosina, dopamina, al massino qualche colonia di batteri.
              Ora che mi fai pensare è meglio inserire un’avviso…
              Avvertenza: prima di giocare a Demon’s Souls è consigliabile lavarsi le mani.

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  3. The Butcher

    Tra i giochi della From software che preferisco c’è senz’altro Bloodborne. L’ho adorato sia per l’ambientazione, sia per gameplay (le armi che potevano trasformarsi, fare attacchi concatenanti utili e originali, l’utilizzo della pistola ecc…), sia per i riferimenti a Lovercraft. Il primo Souls che giocai fu Dark Souls. Inizialmente avevo dei problemi ma con un po’ di pazienza si scopre di come non sia un gioco creato per farti bestemmiare o arrabbiare, ma un gioco difficile dove la difficoltà non è artificiale (cioè mostri che con un colpo ti uccidono, per fare un esempio), ma è creata grazie a un level design da fare invidia. Anche la storia del gioco è incredibilmente interessante.
    Demon’s Souls invece lo provai dopo Dark Souls 2 (quest’ultimo mi deluse, ma non lo considero per niente un pessimo gioco) e posso dire che ha dei problemini (per esempio i danni da caduta che vanno dal non farti nulla al morire in modo atroce se cadi qualche centimetro più del dovuto), a danni che a volte non sono onesti e a quelle maledettissime lucertole che sono difficile da prendere! Però l’ambientazione vince su tutto, anche i design di certi boss che mi hanno affascinato (certo qui ci sono pochi boss forti).
    Quando incontrai la prima volta il Cavaliere della Torre rimasi di sasso. Un mostro così grande, come si poteva battere? Dopo l’impatto iniziale capisci come funziona e allora diventa relativamente facile (se sei uno stregone anche meglio perché lo attacchi dall’alto e tanti saluti). Demon’s Souls alla fine mi ha divertito anche se aveva dei punti un po’ ingiusti che mi hanno fatto innervosire (non era ancora ben sviluppato come il suo successore).

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    1. Caro Butch, aspettavo la tua replica e quella di Shiki. Ero curioso perché ne avete scritto sul vostro blog e questo mio post ne trae ispirazione. Concordo con te che Bloodborne ha un’atmosfera che spicca tra i soulslike per l’influenza lovercraftiana e rappresenta qualcosa di diverso rispetto ai 3 Dark Souls pubblicati in precedenza (perché Demon’s Souls lo ritengo l’antesignano e l’ambientazione fantasy è similare).
      Il sistema di gioco è leggermente differente, ma ciò che mi premeva evidenziare in queste mie righe è la sensazione di paura. Anche qui è presente e incessante. Il design è il punto di forza in queste creazioni di From Software, ma – come nei vecchi classici dell’avventura punta e clicca – devi cercare di “entrare nella testa” degli sviluppatori. C’è una logica interna, differenti approcci, ma normalmente è uno quello che funziona in modo efficace. E qui vengono i nodi al pettine (su cui forse non concordiamo): una condotta che non sia “efficace” al massimo, porta al disastro, se non nel breve, sicuramente nel medio termine. Esci malconcio da un combattimento, è sicuro che non passerai quello dopo. E va a farsi benedire tutto il lavoro di soul farming (e giù di bestemmie). Il problema non è la “difficoltà” ma la variabile di tempo da dedicarvi. Sulla “difficoltà” comunque credo che ci scriverò su un altro post.
      Se penso che devo rifarmi tutto da capo per arrivare al Tower Knight ed essere massacrato in un mezzo battito di ciglio, mi prende lo scoramento, ma se hai delle dritte da darmi, riprendo in mano il joypad con piacere.
      E complimenti per avere finito i soulslike! Ti invidio un po’ perché mi sto perdendo sicuramente qualcosa che vale la pena di sperimentare fino in fondo. Respect bro’

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      1. The Butcher

        Con il Tower Knight se sei un personaggio melee dovresti colpire le gambe fino a quando non vedi uscire una specie di vapore a entrambe. Fatto ciò il colosso cade (stai attento che se ti cade sopra fa parecchio male) e lo colpisci alla testa, il suo punto debole. Quando è in piedi cerca di attaccarlo mentre gli giri attorno. Attento all’attacco con lo scudo che crea una grande onda d’urto. Se sei lontano o in cima alle scale può colpirti con un colpo magico.
        Questi sono più o meno i consigli che posso dartim. Spero di esserti stato utile. (Che poi il difficile non è sconfiggere il boss, ma arrivarci!).

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        1. Eccoti! E’ arrivarci al boss! Questa è la sintesi di Demon’s Souls. Fosse solo il boss a darti rogna, saremmo nel cliché dei videogiochi…Riproverò come dici, anche se ricordo di avere applicato entrambe le due tecniche: girandoci intorno ho preso parecchie mazzate (e scudate); salire sulle mura è stata una pessima idea (scartata subito). Forse devo alleggerirmi per essere più veloce, ma poi mi fanno secco con uno sputo i canacci nel corridoio sotto le mura…
          Grazie. Se lo passo, ti batto un colpo e ti devo una birra.

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          1. The Butcher

            Devi essere leggero con lui in modo da muoverti veloce. Se non sbaglio ci sono il fast roll e il mid roll. Ti consiglio di guadagnare punti in velocità. E non dimenticarti di uccidere prima i balestrieri! Quando vedi che lo scudo inizia ad alzarsi corri via. E attento alla stamina. All’inizio del gioco finisce tremendamente in fretta.

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              1. The Butcher

                Infatti questo era uno dei difetti maggiori del gioco. Poco accessibile al pubblico. Stessa cosa se si pensa alle Tendenze. Mi ci è voluto un po’ per capire cos’erano e come funzionavano. Nei seguiti hanno aperto molto di più.

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  4. Shiki Ryougi 両儀 式

    Definire i Souls molto difficili è sbagliato secondo me.
    Non sono per tutti ma questo perché i videogiocatori medi si stanno sempre di più abituando a giochi user friendly, mappe corridoio, ecc, ecc.

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    1. Ciao Shiki, come scrivevo a The Butcher, aspettavo la tua replica. Leggendo il tuo post di qualche tempo fa ho trovato conferma che mi stavo perdendo qualcosa di veramente particolare. Li ho acquistati tutti, dal primo Demon’s Souls, ma sono giunto a sfiorare appena la superficie di questi universi creati da From. In questo post, volevo sopratutto evidenziare la sensazione di paura e angoscia. Ho parlato di “difficoltà” utilizzando un termine generico perché la questione è più complessa. Concordo che dipende anche dal livello del giocatore medio (ormai “abituato bene”), ma non sono del tutto d’accordo che “non siano difficili”.
      Chi ha finito i soulslike non ammette – per modestia o l’opposto – che siano “difficili”. Io critico l’approccio al livello di…”sfida” – chiamiamolo così;) – imposto da From Software: a parte una curva di apprendimento ripida all’inizio, ma che poi scende di poco (puoi perderti solo nell’inventario) il sistema è eccessivamente punitivo, fallato a volte da scelte di design (alcuni dettagli, non in generale) e ho l’impressione che, dopo il successo dei primi due Soulsike, sia una precisa scelta di marketing di From Software.
      Tu e Butch mi state tirando fuori dalle dita un altro post sull’argomento…
      Grazie per il contributo, il mio rispetto massimo per la tua maga-guerriera.

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      1. Shiki Ryougi 両儀 式

        Dire che non sono difficili è sbagliato, lo so bene. Sono giochi impegnativi per un gran numero di motivi, ma spesso viene resa mistica la loro difficoltà e questo mi fa rabbia perché li fa apparire come dei giochi frustranti solo per il gusto di creare sfide artificiali, che hanno lo scopo di suscitare rabbia nel giocatore. E così non è, escluso Dark Souls 2, dove davvero la difficoltà è spesso resa artificiale.
        E concordo sul fatto che ultimamente from si sia adagiata sugli allori, commettendo gli stessi errori che sembrano essere diventati un marchio di fabbrica. Ci son molte cose da discutere a proposito ma lo farò dopo l’uscita dell’ultimo DLC di Dark Souls 3.
        Demon Souls è il più “legnoso” in tutto rispetto agli altri ma qui gli perdono ogni cosa, essendo il mio preferito insieme a Dark Souls, dopo Bloodborne. Ma glie le perdono anche perché era il primo passo di un esperimento, dove fare passi falsi è lecito.
        Non li trovo estremamente punitivi, tranne in alcuni punti di Demon e Bloodborne, specialmente. Di certo non ti prendono per mano e se sbagli tattica finisci a fette xD

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  5. Shiki Ryougi 両儀 式

    Aggiungo che il bello dei Souls, che essendo comunque un gioco di ruolo, non punisce nessuna scelta di build (tranne nel PVP, ma Miyazaki non ama e non presta molta attenzione a questa meccanica; non a caso il migliore in quanto sistema di PVP è il secondo Dark Souls). L’importante è avere ben in mente i propri punti di forza e debolezza. Sapere cosa si sta facendo è fondamentale. Quindi non ci sono modi giusti o sbagliati di approcciarsi alle sfide. Più che altro bisogna giustamente sapere cosa si sta facendo.

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    1. Il buon Hidetaka viene da Armored Core, serie che gioco dalla prima PS. Armored Core neanche andava per il sottile sia per curva di apprendimento sia per livello di sfida. Li trovo assai simili come approccio, per quanto in AC piloti Mech alti un palazzo. Il sistema punitivo non è sulla build (il canone ruolistico di scelta della classe è stato rispettato) e sul sistema di maturazione dell’esperienza, evoluzione del personaggio e accesso a equipaggiamenti/amuleti/pozioni eccetera…
      Certo, capire i propri limiti (errore “fertile” di cui parlavo nel post), ma se per capirlo ci metto gli anni di Matusalemme…
      Ho fatto il Dungeon Master tante volte e se ogni volta che commettevano un errore i giocatori li rimandavo all’inizio con un nuovo party…sai dove mi avrebbero mandato?

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      1. Shiki Ryougi 両儀 式

        Credo che poi qui si vada nel soggettivo. E’ bello vedere attraverso occhi diversi e discuterne. Io non ci ho messo tanto e nemmeno ho dovuto patire così tanto per completare la mia prima run di ogni Souls. Certo, ora invece che 40/60 ore, per completare una seconda, e successiva run, ce ne metto circa la metà. L’apprendimento premia parecchio e quindi la velocità con cui si apprende influisce molto.
        E qui si va sulle abitudine, disponibilità di tempo e risorse di ogni individuo.
        Di certo il sistema di Demon, per esempio, era molto più punitivo: se muori prima di sbloccare gli shortcut è un bel problema. Negli altri Souls i punti di rinascita sono più frequenti e ben pensati.

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        1. Sì è bello che un videogioco possa essere un’occasione per scambiare opinioni e Demon’ Souls è straordinario anche perché a distanza di sei anni tira fuori la voglia di parlarne. Considerando il breve ciclo di vita di questi prodotti, è una specie di miracolo. Ci ritorno su, ho un altro po’ di cose messe da parte perché questo post era incentrato sulla “paura”…E magari ci faccio pure un paio di sessioni fosse solo per rinfrescarmi il vocabolario di maleparole 😉

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    1. Per me,fermo al Tower Knight, i due truzzoni che hai citato sono incubi nel retro-cranio.
      Il fatto che andando avanti ci sono delle creature che menano più di un esercito di fabbri, ti fa quasi venire meno la voglia di riprovare. Se ‘sta mammoletta di Tower Knight mi porta via notti insonni, per gli altri che devo fare? Prendermi un periodo di aspettativa al lavoro?
      Avessero messo un punto di respawn più vicino al Boss, sarei stato felice, ma così sembra di essere ritornati ai tempi di Shadow of the Beast su Amiga (che ho finito buttandoci il sangue, ma all’epoca ero studente).
      È chiedere troppo?
      Grazie per la visita 🙂

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        1. Passo sicuro! Finisco la seconda parte del mio “pistolotto” sulla nuova creaturella di Nintendo e…SwitchO sul tuo blog!
          Intanto nell’attesa, se vuoi farti un’altra lettura che potrebbe sollazzarti, punta al post: Dark Souls.Gutta cavat lapidem
          Visto che sei un esperto dei soulslike, mi piacerebbe avere una tua opinione in merito.
          A stasera, passo di sicuro!

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  6. Fantastico post! Geniale il gioco che insegna a non essere arroganti ma che finisce per generare degli arroganti! :–D

    E anche nei commenti ci sono delle perle! Io considero ancora Riven come il miglior gioco che abbia mai giocato: con due amici ci passammo un’estate intera. E Myst, e Myst III… e addirittura hai citato l’Amerzone! Quello non ci convinse troppo…

    Ora su Steam ho Obduction, c’ho giocato una dozzina d’ore, mi sono piantato… e da mesi l’ho lasciato lì e un po’ me ne vergogno…

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    1. Le avventure grafiche potevano bloccarti a vita su un’enigma. Vuoi anche perché l’interfaccia poteva essere macchinosa. Poi arrivarono Lucas con la sua SCUMM e Myst!
      La “difficoltà” era sfidante e gratificante perché dovevi arrovellarti il cervello ed era necessaria parecchia dose di pensiero laterale. Era un continuo pensare a cosa potevi escogitare e magari venivi colto dalla fulminazione mentre stavi per addormentarti e – come è successo a me – accendere il computer e provarla subito, altrimenti ti si piantava nel cervello come un paletto di frassino nel cuore di un vampiro.
      Come le strade per il Signore sono infinite, così lo sono anche quelle del FUEPS!

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