Viva il Messico! Ep.#20 – Mérida, llegamos en La Ciudad Blanca


Un tucano a Merida [Foto di RedBavon]
Un tucano a Merida [Foto di RedBavon]
 Segue da Ep.#19 – Mexico souvenì(r)

8° dia: Mérida, La Ciudad Blanca

Mérida è la città più grande dello Yucatán, moderna, ricca di musei e arte, ristoranti e negozi, tuttavia fiera testimone dell’eredità dell’antica città di T’Hó, anch’essa centro delle attività maya della regione. I conquistadores di Francisco de Montejo, “el Mozo”, vi giunsero quando ormai la città era abbandonata e abitata da un migliaio di indigeni. Nel 1542 Montejo fondò la città di Mérida sulle rovine di T’Hó: le pietre delle sue cinque piramidi furono utilizzate per la costruzione di vari edifici e della cattedrale, La Catedral de San Ildefonso, che è perciò la più antica dell’intero continente.

Mérida è nota anche come “La Ciudad Blanca”. Tale soprannome deriva, secondo la ricerca dello storico Michel Antochiw Kolpa, non per la calce bianca, derivata dalla pietra calcarea abbondante nella regione e utilizzata per dipingere le pareti e le facciate degli edifici, dal periodo coloniale fino a buona parte del XX secolo, né per quanto sostengono con fierezza gli abitanti sulla proverbiale pulizia della città, ma per un fatto risalente alla sua fondazione: il fondatore Francisco de Montejo, così come i suoi successori, erano consapevoli che non sarebbero riusciti a piegare la forte resistenza indigena e per motivi di sicurezza vollero fare di Mérida una città fortificata e “bianca” cioè solo “per i bianchi”, etnicamente pura, isolata e protetta entro lo spazio urbano creato sulle rovine dell’antica città maya.

L’arrivo a Mérida nel tardo pomeriggio dopo la visita a Chichén Itzà è caratterizzato dalla tipica accoglienza di una città metropolitana…

…Traffico, strade pullulanti di gente, grande confusione, puzze di smog e gas di scarico assortiti, sensazione di “madddoveminchiasiamo?!?” a ogni sacrosanto incrocio che la mappa sulla guida (niente GPS o telefonini) non segnala. La nostra bibbia del viaggio è la Rough Guide Messico, preferita a una Lonely Planet che molti già utilizzano (all’epoca, non aveva ancora l’indiscussa leadership di mercato di oggi).

A questo proposito, la Classifica della Vongola si arricchisce di un’altra perla dell’inossidabile Francesco, che ha una propensione, quasi diabolica, a storpiare i nomi. E’ una forma di distratta disattenzione, non uno sfregio, ma se un nome ha una possibilità, un’unica, seppure difficile, possibilità di essere storpiato, ebbene Francesco c’è! Grintoso.

“Only Planet”

Autore: Francesco – Luogo: ogni volta che si nomina la guida Lonely Planet

La guida Lonely Planet per Francesco è un tarlo fisso per tutto il viaggio, quando la nostra bibbia, la Rough Guide del Messico, mostra qualche “défaillance” e ci fa piombare nel “buco nero” dei dubbi del Turista. Nel nominarla, come per una sorta di rifiuto inconfessabile, ne storpia il nome in “Only Planet”. Se dovessi interpretare questo storpiamento inconsapevole, mi viene da pensare a:

1)  un libro “osho” sulla corretta vita in armonia con il Pianeta;

2) un libro di teorie apocalittiche per cui il Pianeta Terra è dstinato a perdere l’orbita solare e vagare in eterno alla deriva nello spazio a causa di un meteorite grosso come Pescasseroli precipitato nell’Oceano Atlantico, in contemporanea, a un incidente causato dai neutrini “impazziti”, come la maionese, in anti-maria sotto il tunnel del CERN all’altezza proprio di Pescasseroli (ci aveva avvisato un certo Ministro dell’Istruzione…)

3) una definizione della collana decisamente presuntuosa da parte dell’Editore.

Con il senno del poi, la terza non sembrava poi così lontana.

Francesco riuscirà a pronunciare “Lonely Planet”, ma lo affibbierà a un’altra cosa. Come Dovevasi Dimostrare.

Alloggiamo all’albergo “El Caribe”, dall’ormai familiare architettura coloniale-ispanica, con un cortile interno, arricchito da un portico con archi, giardino, fontana e una grossa gabbia con all’interno due meravigliosi esemplari di Tucano (peccato fossero in gabbia)
Piscina sul tetto. Splendida vista sulla città.

La nostra stanza non corrisponde alle aspettative del giro di ricognizione: non è un granché, poiché – mia impressione – non avendo prenotato e, dopo averci squadrato tipo TAC alla reception, ci hanno catalogati come “giovani-turisti-fai-da-te squattrinati…” (e fino a qui ci hanno preso) “…e inclini a fare casino toda la noche”, pertanto da isolare dal resto della prestigiosa clientela.

Finiamo pertanto in una stanza situata in un corridoio al piano terra, lontano dal bel cortile e porticato, che scopriamo essere posta lungo un corridoio di servizio: vi  sono ubicate le stanze di servizio e del personale tanto che la notte, al consueto tasso di umidità infame, si unisce un continuo aprire e chiudersi di porte e un vociare in spagnolo.

Mérida, The turning point

Mérida è il punto centrale del viaggio, per molti versi:
– siamo a metà del viaggio
– lasciamo l’automobile e proseguiamo esclusivamente con i pullman di linea
– ci addentriamo nello Yucatan per poi oltrepassarne i confini fino in Chiapas
– perdiamo le carte napoletane per lo scopone…
– …Ci tocca giocare con un mazzo di carte piacentine
– la coppia degli Allievi, BavaJunior Lucio – Ingegner Diego, raggiunge la coppia dei Maestri, Bava Senior Claudio – Dottor Francesco.
– il mio stomaco e intestino danno forfait, l’unico che resiste è il grintoso Frank.

E chi non viene con noi a Mérida, posseduto da un’incontenibile voglia di carne alla brace, possa consultare la sua infallibile guida Lonely Planet e  – per un rarissimo quanto marchiano errore di battitura –  finisca in un restaurante vegano only.

14 pensieri su “Viva il Messico! Ep.#20 – Mérida, llegamos en La Ciudad Blanca

    1. L’Oste e’ sempre da queste parti, ma mandare avanti la baVacca e non mandarla in Vacca è lavoro di minutaglie e frattaglie. Tanto lavoro, poca soddisfazione, apparentemente. Ti ringrazio di essere passata di qui. Avrei potuto esporre il cartello “L’Oste sta lavorando per voi. Torna subito…Forse”, ma non ne ho avuto il coraggio…Comunque sto nel retrobottega…Se serve qualcosa, lancia un urlo…Ogni tanto riemergo giusto per fumare una sigaretta e scolarmi una birra…Hasta pronto!

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  1. Ai tempi mi servivo della”Guide du routard”, così mi8 pare che si intitolasse. Albergavo a pochi metri dallo zocalo. La cosa che più mi colpì fu quella delle strade: tutte dritte e squadrate, oltre che numerate. L’usanza, ad una certa ora, dell’ammaina bandiera ed al mattino dell’alzabandiera. Il mercato bazar… Da non perdere nemmeno i pueblitos circostanti, dove, come tu ben dici, furono relegati i maya scofitti…Insomma: Merida è città caotica ma di fascino sicuro…
    Grazie infinite per avermelo ricordato: stavo per perdermi una perla, questo tuo splendido reportage…..
    Un caro saluto…

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    1. Più ripercorro questo viaggio, più che “perle” mi sembra di lasciare cadere dei sassolini tante le cose non viste e che avrebbero meritato ben altra attenzione e una penna più fine della mia. Ma per quello forse ci sono libri come le Routard (ottime all’epoca per il viaggiatore zaino in spalla), le Rough Guide e le Lonely Planet. Grazie a te per avere lasciato un contributo per chi vorrà viaggiare in quei meravigliosi luoghi e dedicare il tempo che meritano.
      Per il bel ricordo che ti ho fatto riemergere, offre con gioia e un sorriso l’Oste di questa webbettola.

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      1. Per quanto si possa essere meticolosi e precisi, non si riuscirà mai a rendere tutto ciò che si è captato viaggiando. Allora si deve lasciare che sia il particolare a richiamare l’insieme. Un po’ come fai tu. E questo rende davvero godibili i tuoi racconti dal diario di viaggio… Aspetto ancora di leggerti.
        Sono stato diverse volte a Merida ed ogni volta avevo grande piacere a fermarmici.Stranamente mi rilassava, nonostante il traffico infernale. Abitavo a pochi metri dallo zocalo.E,pensa,la prima volta, appena uscii dal terminal de autobuses, ci fu una rissa sanguinosa: un tizio menò a sangue un altro ragazzo. Mi dissi non c’è male come benvenuto. Poi invece le cose si indirizzarono per il meglio. E la città si rivelò perfetta per i piani di esplorazione dello Yukatan. Le jugeterie, le tortas de pavo o de pollo, certi ristorantini molto familiari in cui era piacevole restarci a far la colazione o la cena. Il ristorante francese che di francese aveva ben poco. Però erano stati dei francesi a portarmici. I venditori di amache, gli amacheros che ti rincorrevano ovunque… Insomma, dovessi raccontarne, non saprei nemmeno da dove cominciare.
        Potrei raccontarti di Biancaneve e dei sette nani: una tunisina naturalizzata svizzera, alta e magrissima che sembrava una pertica. Era stata ospite in una famiglia maia di Tixkokob, un centro appena fuori Merida. C’era stata una settimana per imparare a tessere le hamache. Poi ne era fuggita per evitare le avances di uno dei familiari. A Merida la salutavano tutti. Quando le si avvicinavano era uno spettacolo. Un giorno l’accompagnai, anch’io invitato, in casa di quella famiglia maya. Cucinai una carbonara e comprammo delle amache. Poi assistetti ad una specie di corrida insulsa quanto comicamente sanguinolenta………….

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        1. E ci rincorriamo per le strade di Merida fratello Maya! Tu le tue mirabolanti esperienze (una volta si e una no in mezzo a rissosi messicani) e io a girare a caso per le cajes….ho appena pubblicato la prima giornata a Merida e l’acquisto della mia amaca (ehm della mia famiglia…). Che bello leggere dei tuoi incontri! Mi farei un giro insieme a te a Merida, sai?

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