Serious games. Terapie con i videogiochi


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Lego The Blues Brothers. Ci faranno vedere La Luce?

When the videogame gets serious, the serious get videogaming

Il Videogioco, per sua natura, gode dell’attenzione della critica in modo più severo delle altre arti.

Si tratta di un discorso sensato poiché la sua peculiarità è l’essere interattivo, all’opposto di quanto accade assistendo a un film o guardando una fotografia. Pertanto sono benvenute le critiche, purché non siano frutto di pregiudizio e disinformazione, nei confronti di un medium che ha tempi di esposizione mediamente elevati presso i minori e, in alcuni casi, contenuti particolarmente delicati.

Il Videogioco conquista la ribalta mediatica periodicamente grazie a folate da Santa Inquisizione a opera di giornalisti disinformati, associazioni di genitori che non hanno mai toccato un joypad o, addirittura, parlamentari alla ricerca di consenso a buon mercato.  Un cospicuo gruppo sociale è paralizzato da paure che non comprendono e che rifiutano di comprendere, neanche se è in gioco una corretta formazione dei propri figli. L’unica reazione consiste in una resistenza ai cambiamenti indotti dall’utilizzo massivo di nuove tecnologie e un ostracismo ottuso a modi differenti di proposta e fruizione di contenuti (vedi Videogiochi, nemico pubblico?).

In questo contesto, il serious gaming può contribuire a migliorare la percezione del Videogioco in quanto applicazione in campo educativo, sociale e di sperimentazione a fini terapeutici.

Si definisce “serious game” un gioco che viene progettato e realizzato con uno scopo diverso dal puro intrattenimento. Condivide con i videogiochi in senso stretto l’aspetto simulativo, di creazione di scenari e situazioni, dalla simulazione aerea (le prime applicazioni sono in campo militare) alla simulazione medica. Nel “serious game” viene enfatizzato il valore pedagogico del divertimento e della competizione. Vi possiamo trovare diversi modelli pedagogici applicati, dalla psicologia comportamentale all’apprendimento esperienziale.

Il tema del “serious gaming” è poco conosciuto dai videogiocatori, poco trattato dalle riviste specializzate, “infilato” nelle testate giornalistiche generaliste come articoletto riciclato per riempire un buco in “Costume e società” o “L’angolo del geek”. In Rete il materiale informativo, prodotto da Università e comunità scientifica, è spesso di difficile reperibilità e comunque a pagamento.

I figli più noti del “serious gaming” e dell’approccio pedagogico ai videogiochi sono  l’“edutainment” e la “gamification”; nel primo caso, accolto come il “futuro” dell’apprendimento, è finito portandosi dietro il futuro di diverse aziende; il secondo è un autentico castigo di Dio 2.0, poiché è usato malamente e a spruzzo, utile soprattutto ai consulenti d’azienda per aumentare il fatturato dei loro corsi di marketing e formazione professionale.

Non intendo separare il tema dei “serious game” dal Videogioco in senso stretto, considerando che i “giochi seri” (per milioni di dollari ed euro di fatturato) non si fanno con i “serious game”.  Datemi pure del “bastian contrario”, ribalto la definizione di “serious game” e quindi vado a considerare i videogiochi che nascono per puro intrattenimento e vengono utilizzati anche a fini educativi, formativi e terapeutici.

Un’équipe di ricerca dell’Università del Delaware (vedi PubMed.gov US National Library of Medicine National Institutes of Health) ha considerato l’impatto di nuovi modi di coinvolgere in attività fisiche gli individui affetti da disturbi dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorder, ASD), per cui si rileva un tasso di obesità in allarmante aumento. Pertanto, hanno verificato il dispendio energetico degli adolescenti con e senza ASD , comparando i più tradizionali esercizi fisici con il movimento connesso all’utilizzo di alcuni giochi per Nintendo Wii e classificando le differenti attività in ordine di maggiore dispendio energetico, in una scala di intensità che va da “moderato” a “vigoroso”.

Sono stati creati due gruppi: quindici adolescenti con ASD e quindici senza ASD. Ogni componente del gruppo è stato sottoposto a sessioni di venti minuti di camminata, corsa e gioco con Nintendo Wii Sport, Wii Fit e Dance Dance Revolution. Durante ogni sessione è stato misurato il dispendio energetico di ciascun individuo e i risultati per gruppo sono stati comparati utilizzando la metodologia del “test t” di Student, attraverso cui si stabilisce che esiste veramente una diversità tra le medie delle due popolazioni da cui i campioni stessi derivano e che tale differenza osservata non è dovuta al caso.

Risultato: entrambi i gruppi hanno speso una quantità simile di kilcalorie in tutte le attività, a eccezione del gioco Wii Fit, in cui il gruppo affetto da ASD ha speso una significativa quantità di kilocalorie in più rispetto al gruppo senza ASD. Per il gruppo affetto da ASD le attività con il maggiore dispendio energetico in ordine decrescente sono: corda, camminata, Dance Dance Revolution, Wii Fit e Wii Sport.

L’équipe di ricerca dell’Università del Delaware conclude suggerendo che piattaforme di videogiochi come la Nintendo Wii possono rappresentare una valida alternativa per gli individui affetti da ASD per aumentare la loro attività fisica quotidiana e aiutare a contrastare efficacemente l’obesità.

Un’équipe di ricerca dell’Università del Québec  ha utilizzato alcuni videogiochi come strumenti efficaci per la cura di certe fobie, in particolare l’aracnofobia, l’acrofobia e l’agorafobia (vedi Computer games can treat phobias di Will Knight per New Scientist).

Esistono sistemi VR specifici che vengono già utilizzati per la terapia di tali fobie, ma sono costosi. L’idea di Patrice Renaud e i suoi colleghi ricercatori è di usare videogiochi già in commercio e già predisposti per essere modificati dall’utente (“modding”), con evidenti risparmi in termini sia software sia hardware per ricreare gli ambienti VR e conseguente accessibilità da parte di una più ampia parte di pazienti.

È già largamente sperimentato che sottoporre il paziente a sessioni VR in ambiente “ostile”, riduce la risposta fobica e quindi contribuisce al superamento progressivo della propria paura.  I ricercatori hanno utilizzato due videogiochi, due sparatutto con visuale in prima persona, che hanno ricevuto successo commerciale e i cui sviluppatori invogliano la comunità di “modder”, fornendo gratuitamente strumenti di editing del gioco: Half Life e Unreal Tournament.

I ricercatori canadesi hanno modificato Half Life per la terapia degli individui affetti da aracnofobia, realizzando scenari popolati da vari tipi di ragni. Unreal Tournament è stato utilizzato per creare scenari per chi ha la fobia delle altezze o degli spazi chiusi.

I pazienti sono stati dotati di occhiali 3D e cuffie, in modo da ricreare uno scenario di realtà virtuale e sono stati sottoposti a una “terapia d’esposizione”.  I risultati hanno dimostrato che gli ambienti virtuali riprodotti sono in grado di generare nei pazienti livelli d’ansia di media intensità, con un contributo significativo alla terapia curativa.

Immagine da "Green Play Settings Reduce ADHD Symptoms" (University of Illinois)
Immagine da “Green Play Settings Reduce ADHD Symptoms” (University of Illinois).

Diverse ricerche concordano che  i videogiochi possono essere utilizzati a fini terapeutici grazie al livello di attenzione e concentrazione necessario.  I benefici si ottengono in due direzioni: distrarre i soggetti colpiti dal cancro e sottoposti alla chemioterapia nel tentativo di alleviarne il dolore; contribuire al recupero di deficit dell’attenzione (Attention Deficit Disorder, ADD) e di apprendimento in soggetti affetti da disturbi nelle funzioni esecutive, ovvero il complesso sistema di moduli funzionali della mente, che regolano i processi di pianificazione, controllo e coordinazione del sistema cognitivo e che governano l’attivazione e la modulazione di schemi e processi cognitivi.

In un recentissimo articolo del Games for Health Journal, Rachel M. Flynn (New York University) e Nirmaliz Colon (Columbia University, NYC) hanno analizzato l’impatto dell’attività di interazione con un videogioco su un campione di 36 bambini con differenti disordini psichici o disabilità intellettive, che tipicamente conseguono dei punteggi più bassi della norma nei test di valutazione delle funzioni esecutive.

In sessione di videogioco, i bambini sono stati suddivisi in due gruppi: alcuni hanno giocato in solitaria; altri hanno giocato insieme a un proprio pari. Inoltre, sono stati assegnate alcune attività tese a verificare le funzioni esecutive: un’attività prima della sessione di gioco e una dopo.

I bambini che hanno giocato in solitaria hanno conseguito migliori performance rispetto ai bambini che hanno giocato insieme. La ricerca ha esaminato la possibile influenza su tale risultato da parte di fattori come età o precedenti esperienze e intensità di coinvolgimento nell’utilizzo dei videogiochi, ma non vi sono evidenze che tali variabili sia collegate a tale modificazioni nelle funzioni esecutive.

Pertanto, anche da questa ricerca, risulta che il Videogioco può contribuire a migliorare certe condizioni o, comunque, rappresenta un’opzione aggiuntiva alla terapia tradizionale.

Gli esempi citati sono chiaramente un numero esiguo di una letteratura e sperimentazione scientifica ricca, ma stranamente poco diffusa, anche tra i videogiocatori. Non intendo avallare tesi, spesso sparate nei titoli di quei rari articoli sul tema “i videogiochi fanno bene”, ma evidenziare che vi sono aspetti positivi, oltre a quelli negativi. Gli aspetti negativi hanno una maggiore risonanza mediatica e trovano un humus fertile nelle coscienze dallo spessore di un foglio di carta velina di genitori, che, pure convinti della pericolosità dei videogiochi per la salute dei propri figli, tuttavia, nell’imminente Natale svuotano i grandi magazzini di console e videogiochi, acquistando anche GTA(ttila, flagello diDDdio!) perché è tanto è Natale, è la festa dei bambini…

16 pensieri su “Serious games. Terapie con i videogiochi

  1. Molto interessante l’argomento, ed apprezzabile il fatto che tu sia tornato sulla questione. Effettivamente essendo Natale tutto e è lecito, e gli stessi che demonizzano il videogame sono quelli che sbolognano i figli per ore con la console. Sono convinto che l’impatto di questo mezzo sia molto forte, e non per forza negativo.

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    1. Caro Clì, te lo “dovevo”. Te lo avevo promesso in uno dei nostri primi scambi, proprio nel post “Videogiochi, nemico pubblico?”.
      Ho letto molto nel frattempo, ho macinato parecchia fuffa e scartabellato tra Università, sorprendendomi che molta parte degli articoli di ricerca scientifica più interessante è a pagamento. Andrebbe diffusa proprio nell’interesse della ricerca: un allargamento della consapevolezza di possibili effetti positivi gioverebbe poi a tutta la platea, che ormai è parecchio ampia – a giudicare dai numeri mondiali – e, anche se non lo ammette, dedica al videogioco una parte della sua giornata.
      Leggendo mi anche venuta ancora più voglia di approfondire e le idee si sono accavallate nello scegliere il “punto di attacco” del mio discorso.
      Credo allora di avere “onorato” la promessa e non credo finirà qui
      Un abbraccio e grazie per l’apprezzamento, che traduco come incoraggiamento e istigazione a scriverne ancora.
      Buona giornata con un gran bel sorriso…

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      1. Che dire, certi argomenti li puoi trattare solamente e pochi altri, e tutto free. 🙂 Mi fa piacere che approfondirai la questione, anche perchè si tratta di un fenomeno che tocca miliardi di persone quello dei videogiochi, con un’industria che come ben sai fattura cifre astronomiche. Una buona serata anche a te…

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  2. mi piace questo post!
    mi piace perché anche se non perdo la testa per i videogiochi, mi ci diverto e non poco
    perché alla fine della fiera difficilmente una cosa è totalmente buona o cattiva ma esistono delle sfumature e prima di sputare sentenze bisogna cercare di coglierne gli aspetti più interessanti e positivi.
    Buonsenso, alla base ci vuole un sacco di buonsenso… sempre 🙂

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    1. Il “buon senso”, quanto hai ragione FaTati! Temo però che il “buon senso” in questa società schizzata e schizoide abbiano qualche difficoltà a trovarlo anche gli stessi addetti all’Ufficio Oggetti Smarriti. In certe ambiti, è particolarmente facile incontrare “estremisti” della Verità Assoluta, che definire “improvvisati” è un delicato eufemismo. Paga la Superficialità e l’essere sintetici (basta guardare il successo di Selfie, Meme e tutta la messaggistica istantanea).Anche se non ne so una benemerita ceppa, mi butto nel mucchio ad alzare i toni, la flame è uno skill quasi professionale, da inserire nei CV.
      Il “buon senso” o, come recita il codice civile, “la diligenza buon padre di famiglia”…E ora lo so, mi becco una flammata perché ho discriminato le mamme…Come Dovevasi Dimostrare.

      Mi fa piacere che te gusta esto post, mi pequena FaTati.

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      1. Sai cosa pensavo CarOste?…
        Oltre a quello che tu hai raccontato, di ricerche sull’utilità di un certo tipo di videogiochi, se mi fermo e penso a questi come intrattenimento non posso fare a meno di pensare che tra un bambino che legge e ama la lettura, estraniandosi dal mondo, sempre e comunque e un altro che si fa il suo pomeriggio con un gruppo di amici a giocare ai videogiochi… ecco… forse la seconda opzione mi pare più “bambinesca”… così come la tv, ci sono programmi sensati, intelligenti, stimolanti e interessanti e altri che fanno davvero davvero, ma davvero verissimo schifo senza un senso… alla fine sono dei mezzi ed è l’umano a doversi adoperare per usarli al meglio… no? 😉

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        1. Sacrosantissime parole! Anzi, sensatisssime parole! Non è il medium a essere in sé “strumento di corruzione”ma è sempre l’umano che, con il proprio discernimento e un pizzico di creatività, deve trovare il modo di usarlo al meglio. Vale per la TV, i film, il teatro, la pittura, la fotografia, i libri, i fumetti. Tutto dipende dalla nostra capacità e libertà di scegliere e volere scegliere: se subiamo supinamente ciò che qualcun altro sceglie come “meglio” per noi, abbiamo gettato la spugna come umani e pure le pecore potrebbero schifarci, perché gli ovini sono nati così, non ci siamo diventati.
          Puoi capire dalla mia passione, che i miei due nanerottoli sono stati “iniziati” subito ai videogiochi e sono entrati immediatamente “in fissa”, al limite dell’ossessione. Ma altrettanto succede con i Lego e con certi libri che avrò letto e riletto una quantità di volte che va da 1 a infinito. Tre sono le semplici regole da osservare: 1) i dischi li tocca solo papà, perché con le vostre mani untuose li rovinate e costano qualche soldino (=rispetto delle cose e del sacrificio); 2) si gioca insieme, litigando poco, perché insieme ci si diverte di più ed è più facile battere i “cattivi” (=l’amore non è bello se non è un po’ litigarello, ma l’unione fa la forza ed è più divertente); 3) stare sempre alla TV non è cosa buona, quindi avete un’ora per guardare la TV, decidete voi: o i cartoni animati o i videogiochi (=libera scelta e rinuncia a qualcosa). I videogiochi sono preferiti alla TV da guardare e io ne sono felice perché cervello, cuore e mani lavorano di più che guardare i cartoni e le tonnellate di pubblicità di cui sono infarciti.
          Forse starò sbagliando, ma non ho in tasca la Verità.

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          1. è proprio questo il punto… non c’è una cosa tutta giusta o tutta sbagliata… c’è l’intenzione che rende una cosa giusta oppure no. La televisione usata come intrattenimento così non mi scassiimaronidieciminuti… credo sia pure legittimo, a volte ma può essere un mezzo per stare insieme, condividere storie e anche sì, imparare qualcosa ( ricordo ancora il piacere dolcissimo di guardare i documentari, sulla natura o storici, sul divano col mio papà… indescrivibili!) e così è per i videogiochi, se usati con un criterio, con attenzione, sono intrattenimento, divertimento, concentrazione, sono un modo come un altro per trascorrere del tempo buono.
            Nessuno ha la verità in tasca ma solo il modo migliore che ha per fare le cose, chi si proclama portatore di Verità di fatto è solo portatore insano di idiozia e boria 😉

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    1. Intellivision? …Stessa cosa con mio fratello: Locchenceisss (Lock’n Chase), Blekggék (Las Vegas Poker & Black Jack) e il Calcio (NASL Soccer)…Stai in campana che a breve posto su una vecchio baule di ricordi che è ritornato in vita….Besos

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    1. Grazie per i complimenti e grazie per avere impiegato il tuo tempo a leggere qualcosa lontano sul tuo orizzonte. Ora, siamo un po’ più vicini 😉 Questo è forse il miracolo della scrittura. Avvicinare le persone.

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  3. Leggo solo ora,,, Grazie, Red. Ne avevo sentiito dire qualcos, ma leggere un articolo così documentato e preparato mi ha fatto senz’altro bene. E quanto ha ragione Tati…il buon senso è merce sempre più rara….Buon proseguimento, e grazie ancora!

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    1. Il tema rimane per lo più nell’ambito scientifico e, a volte. trova uno spazio in articoli riempitivi di rubriche “Costume & Società”. La stampa specializzata nei videogiochi lo guarda come un figlio di un Dio minore. Puoi distinguere in due filoni principali: i prodotti appositamente realizzati per un obiettivo terapeutico/educativo e i videogiochi distribuiti che vengono convertiti o utilizzati a fini terapeutici.
      La mia opinione è che questi ultimi possono fare la differenza anche nel percepito del valore del videogioco come strumento utile, perché alcuni sono anche dei successi commerciali e perciò molto conosciuti.
      Se il serious gaming rimane confinato ad alcuni software specifici – per quanto ben realizzati – rimarrà un tema di nicchia e i videogiochi si porteranno dietro sempre un disvalore.

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