Subbuteo Street Kick Off


Vista a volo d'uccello sul campo improvvisato
Vista a volo d’uccello sul campo improvvisato

Quando manca il campetto, si gioca per strada e ci si inventano le porte.

Se uno da bambino passa interi pomeriggi nel cortile a tirare calci a un pallone con risultati alla Benny Carbone…

Benny Carbone con sue finte disorienta avversari ma anche compagni...” (cit. Vujadin Boskov)

Se uno da adolescente passa interi pomeriggi a giocare a Subbuteo con il fratello, i cugini e i suoi amici del palazzo…

Se uno ormai maggiorenne passa le pause di studio e nottate a sfidare i compagni di università e il fratello in tiratissime sfide all’ultimo joystick a Kick Off , mitico videogioco di calcio per l’Amiga (Dino Dini sia sempre lodato)…

Quando diventa genitore di due nanerottoli maschi di cinque anni e per caso gli capitano tra le mani una palla, un portiere e una dozzina di giocatori del Subbuteo, cosa pretendete che ne possa cavare fuori?

Subbuteo Street Kick Off!

Il blu entra in area piccola palla al piede, il difensore rosso gli si fa incontro, il portiere esce dai pali
Il blu entra in area piccola palla al piede, il difensore rosso gli si fa incontro, il portiere esce dai pali. Se un’auto in manovra non lo tira sotto, potrebbe fare goal!

Qualche giorno fa camminavo con tutta la famigliola sparpagliata in ordine rigorosamente sparso per il marciapiede: io in avanguardia, con il solito paio di sacchi di spazzatura differenziata da buttare, la mia consorte in retroguardia e i due nani che sciamavano e zompettavano nel mezzo, zig-zagando tra pozzanghere ed evitando – per puro caso – le deiezioni canine, ‘li mortacci dei loro padroni incivili.

Ero al telefono con mia sorella e, nei pressi della formazione dei cassonetti, s’inserisce il pilota-automatico e un comando, non avvertito consapevolmente, viene eseguito subito dal resto della carcassa. Ma succede qualcosa di non previsto che interrompe la procedura di atterraggio del sacco negli appositi differenziati cassonetti.

Vedo per terra, ai piedi del cassonetto della differenziata della carta, una scatola dal fondo bianchissimo, aperta: vi spuntano delle piccole macchie rosse e blu. Non le metto subito a fuoco, ma il mio cervello ha già associato l’immagine e attivato un terremoto d’emozioni e ricordi: sono una dozzina di miniature dei giocatori di Subbuteo, una palla, un portiere.

Evidentemente qualcuno si è disfatto di questa scatola perché ormai il gioco era inutilizzabile: mancano le porte, il panno del campo di gioco, una buona metà di giocatori e un portiere. Colgo però qualcosa d’altro: la scatola così aperta sembra invitare a farvi guardare dentro, le miniature vi sono adagiate con cura e ordine…Sembra che l’ex-proprietario non abbia avuto il coraggio di buttare nel cassonetto dei suoi ricordi o i ricordi di qualcun altro di caro, non se l’è sentita in ultimo di confonderli con i rifiuti, in mezzo a umori puzzolenti e scolatura di bottiglie e recipienti di plastica. Li ha lasciati lì, a terra, come quelle madri disperate che lasciavano i neonati alla Ruota degli esposti (da cui il cognome Esposito), nella speranza che qualcuno potesse donare un futuro migliore a quei figli indifesi e innocenti. Mi viene su un moto caldo che si irradia in tutto il torace, esclamo la mia gioia del ritrovamento e – nella legittima sorpresa della mia consorte – raccolgo da terra la mia nuova squadra: Esposito Football Club.

I nanerottoli sono incuriositi e fomentati almeno quanto me per il fortunato ritrovamento: non capiscono cosa sia esattamente, ma hanno visto la pallina e ciò gli basta. La mia consorte – dapprima contrariata dal mio raccattare “le cose sporche” – ha capito, dalla mia espressione di beota soddisfazione, che questa per lei è una “partita persa”. Amo quell’espressione di dolce rassegnazione sul suo volto.

Immersi in soluzione saponata, spazzolati delicatamente, asciugati uno a uno con un panno, i giocatori sono oggetto delle mire possessive dei due nani: Diego sceglie la squadra dei Rossi, Jacopo quella dei Blu. “Papà, ci fai vedere come si gioca?”

A questo punto, urge soluzione creativa! La delusione potrebbe ripercuotersi sui due giovani virgulti e spuntargli i chiodi sotto gli scarpini, come al loro vecchio padre che ha fatto suo il Verbo del maestro Eraldo Pecci “Perché in campo dovrei correre? La terra è rotonda, la palla pure, sono sicuro che prima o poi passerà dalle mie parti… “.

Il campo di gioco manca…Beh ho perso il conto di quante volte si dava un calcio al pallone per strada, quante partite fatte in mezzo alle automobili parcheggiate o in una piazza o, quella volta di notte, a piedi nudi, lungo i marciapiedi della centralissima Tsimiski a Thessaloniki…Questo tappeto, già circuito di sfrenate corse alla Wacky Races“Muttley, fa’ qualcosaaaa!!!” –  potrebbe andare bene. La palla e i giocatori vi scivolano maledettamente bene.

Le porte…Ah senza le porte che ci metto? I calzini dei nani potrebbero…No, la mamma poi dice che prendono freddo…Mi guardo intorno nella cameretta dei giochi di questi due bimbi fortunati e vengo folgorato, come Fantozzi, nella scena del pane nascosto dappertutto nella cucina, “venne colto da un leggero sospetto” che la moglie Pina lo tradisse con il panettiere.

Come non averci pensato subito?! I nani costruiscono qualsiasi cosa con i Lego (io, in effetti, non ne sono mai stato un grande appassionato nemmeno alla loro età). Rovisto tra un numero imbarazzante di blocchetti e la prima porta è pronta. Per la seconda porta, sguinzaglio i due più esperti Lego-“palazzinari”, ma ritornano a mani vuote. Maledetta crisi dell’edilizia ha colpito duro pure qui! A questo punto, faccio come i Papi con i marmi del Colosseo: propongo di cannibalizzare una loro costruzione,  il “teatrino”, che usano per mostrare alla madre e a me dei buffi siparietti con dei pupazzi di stoffa o di blocchetti Lego. Non battono ciglio e concordano nello smantellare una colonna del sipario per farne due ottimi pali. La cultura cede il passo al gioco del pallone, ça va sans dire.

I due nanerottoli sono attentissimi e seguono le mie istruzioni neanche fossi l’Oracolo di Delfi. Spiego la regola dei “tre tocchi”, di come mettere le dita per non tirare delle incontrollate “schicchere” alla Éder Aleixo de Assis, detto Éder, ala sinistra della nazionale brasiliana nei Mondiali di Spagna ’82, noto per la sua “cannetta” che superò i 174 chilometri all’ora. Dopo un breve allenamento, i nanerottoli dimostrano di saperci fare con le ditine, sebbene manchino chiaramente del “tocco” magico a effetto, che – dopo almeno tre decenni – rispolvero con non chalanche insospettabile: la loro epressione è tra lo stupefatto e “papà sei uno sborone!”

Disponiamo i giocatori: sono quattoridici, ma sei Blu e otto Rossi. Si opta per un salomonico “6 contro 6”, un classico da calcetto, con il portiere costretto agli straordinari a fare la spola da una porta all’altra. D’altronde con la crisi occupazionale che c’è, uno deve pure arrangiarsi e fare qualche sacrificio!

Il modulo della formazione è 2-2-2: due centrali, due ali e due centrali arretrati in difesa. Calcio d’inizio, “kick off” direbbero gli inventori del football.

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Passiamo così un paio d’ore a giocare “a pallone per strada”, due porte improvvisate, con tanto di polemiche sul possesso di palla dopo un “tocco” di troppo, palle finite in corridoio manco fosse un “home run”, un paio di tentativi di buttarla in rissa e relativa invasione di campo, portieri che escono ben oltre l'”area piccola”, giocatori che rischiano più volte di rimanere schiacciati da un gigante goffo “alto” un soldo di cacio.

Finisce a reti inviolate. Uno “0-0” che accontenta tutti. Pure la mamma.

Tsamina mina, eh eh
Waka waka, eh eh
Tsamina mina zangalewa

Epilogo:
la prossima volta che vado a casa di mammà a Napoli, mi riporto a casa l’Amiga…

Onda sonora consigliata: Waka Waka (This Time for Africa) di Shakira

 

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20 pensieri su “Subbuteo Street Kick Off

        1. Sebbene non sia proprio il più adatto a stimare la bontà del tocco di palla, come ampiamente documentato in queste pagine, posso dire che Jacopo sembra avere preso dal padre (il calcio è la prova inconfutabile che il padre sono io): è goffo e va incontro al pallone come un ballerino di capoeira sbronzo. Diego, nomen omen. Calcia di prima e si butta sui palloni come El Buitre. Potrei dubitare perciò che sia mio figlio, ma essendo gemelli, l’onore è salvo 😉

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  1. Non so come ma al Subbuteo giocavo da schifo, le mie dita calciavano come Vratislav Greško e non avevano l’estro di Maradona, tanto che i miei amici mi mettevano in panchina. Cioè io al Subbuteo stavo in panchina (poi dice che uno cresce disturbato). Qualcosa di simile è capitata anche a me (per fortuna senza consorte affianco ma con nana al seguito); camminando trovo un monopoli tedesco degli anni ’60, completo di tutto e in ottime condizioni. La nana mi guarda e mi fa: ma alla tua età giochi ancora coi soldi di carta? E niente poesia finita appunto in una nana-secondo. E’ arrivata subito la richiesta: dai, sgancia una banconota (vera), che devo uscire con gli amici. (A te mi pare di capire è andata meglio coi ragazzi.) Ad ogni modo la nana si è allontanata con un po’ di realtà in tasca e io con la mia fantasia sotto il braccio. A ognuno il suo insomma…

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    1. Mi è andata bene perché i miei nani non hanno ancora capito come funziona il giro dei talleri, altrimenti sarebbe finita come nel tuo caso (non per niente mi sento un “disturbato” anche io). Anzi, peggio perché sono due e quindi per questo fottuto consumismo di questa zozza società, non si divide in due il pizzo, ma lo si deve raddoppiare (altrimenti che genitore sei!)(il Mulino Bianco lo brucio insieme alla famigliola che si sveglia colazione pronta e fonata alla perfezione).
      A Subbuteo me la cavavo benino, considerando le umiliazioni ricevute e quelle inferte: un 8 a 2 a mio fratello è ancora oggi fonte di discussione da Proceaao del Lunedì. Biscardone non incluso.
      Con il dito uno ci deve sapere fare…(si, sono disturbato è sessista, aggiungere insulti a granella)

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