Silviatico a El BaVón Rojo: grosso guaio a El BaVón Rojo


Silviatico è stato qui
Silviatico è stato qui

Avete presente il fattaccio capitato in questa cantina, che ho raccontato qualche tempo fa?
No? No hay problema. Silviatico ci tiene a riportare una versione dei fatti leggermente diversa da quanto vi ho descritto in ‘Batmancito – Più si è, meglio è‘. Silviatico afferma, infatti, che la sua sia la vera storia di come sono andate le cose. che io – diciamo –  ho un po’ romanzato ed edulcorata. Decidete voi quella que ve gusta mucho. Mettetevi comodi e godetevi il racconto di “Grosso guaio a El BaVón Rojo”.

Autore: Silviatico

Grosso guaio a El BaVón Rojo

Avevo appena fatto il mio ingresso nella sala che El Rojo fece la presentazione con il gringo (era uno solo e per giunta borracho come un pancho che si muova sul pontile di Veracruz. Dunque nessuna equipo di norteamericanos ad affrontare il resto del mondo, bensì un grosso e grasso rato di Tucson, Arizona. Per giunta tanto brillo da scambiare Narciso per uno dei bronzi di Riace e cercare di baciarlo come una delle sette meraviglie al mondo. Cosa che, El Rojo, faticò assai ad evitare. Poi il gringo andò a sedersi in un angolo, vicino al tavolo al quale avevo preso posto anch’io. Eravamo in quattro: io, Ade (El Gordito, come lo chiamavano i pescatori del luogo), Juan e Jaime, due pessimi soggetti, studenti alla Unam, ma più dediti a loschi traffici che agli studi.

Avevamo cominciato a discutere di politica in modo molto animato, del Mexico e della sua dannata vicinanza a los Estados Unidos. Quando il gringo borracho, più impertinente di un pappagallo, cominciò a intromettersi dicendo che non ci si poteva arrabbiare, che questo era el pays de l’amor, del sol. Ade lo guardò allora con sguardo assassino, dicendo:”Callate cabron capitalista!”. Quello, intimorito dalla grinta di Ade si tacque. Ma quando Jaime, sempre più indispettito dalla piega presa dal discorso, cominciò a inveire contro la corruzione e lo sfruttamento yankees, il gringo non riuscì più a contenersi, ricominciando la sua litania:”este es el pays de l’amor, del sol y del…” De repente, non finì la frase: i due muchachos sollevarono il tavolo con pietanze, piatti, posate, bottiglie e bicchieri, rovesciando il tutto addosso al malcapitato, scattando all’unisono per cambiargli i connotati. A quel punto intervenimmo tutti per impedire il massacro.

El Rojo invocava la paz, Narciso aveva indossato l’elmetto da gladiatore. E Ade, lasciando da parte la chica alla quale faceva gli occhi dolci, sfoderò tutti i suoi tatuaggi, fermando istantaneamente il volo dei due bellicosi. Intanto, il gringo, finito a terra, continuava a ripetere: “Que pasò! Non intiendo lo que pasò!… Este es el pays del mar, de l’amor…!”. El Rojo non trovò di meglio che ficcargli in bocca una tortilla raccolta da terra, lasciando ad Ade l’onore di accompagnarlo fuori dal locale.

Pareva che tutto fosse finito lì. E invece no: come evocati dall’orchestrina che aveva intonato Pedro Navaja dei Ruben Blades, comparvero Pedro Martines il pescatore, con i suoi sei figli. E tutti borrachos perdidos. C’era della ruggine con El Rojo. Prendendo spunto dall’aria smunta dei due ragazzi messicani intimoriti da Ade, pensarono che ci fosse in atto un’aggressione a connazionali. Ma in verità fu la ballata di Pedro Navaja a scatenare i peggiori istinti: Pedro Martinez cercò di prendere, amabilmente, per il collo il buon El Rojo, facendogli degli indelicati graffi sul collo, perché costui non fu disponibile a concedere il suo prezioso collo. Intanto i sei figli si scatenarono. Uno tirò una sedia contro Narciso che riuscì a parare con un braccio. Mentre un altro saltava addosso ad Ade, finendo per rotolare sul pavimento. Un altro dei cabrones spezzò una bottiglia e si diede da fare per ricamare la schiena del Rojo. Io che ero nominato Silviatico non a caso, estrassi la mia navaja, quella che avevo comprato per desquamare il pescado, che compravo proprio da Pedro Martines, la sfoderai per spulciare la peluria infestata della famiglia intera dei Martines. L’effetto fu quello di vederli impallidire, diventando anjelitos. Proprio sul finale della canzone, quando Pedro estrae il coltello e proprio in quel momento la prostituta lo salda con un colpo della sua trentotto special. Sì, perché si deve sapere che, Pedro Navaja, era un delinquentello di mezza tacca, che taglieggiava le prostitute di strada a Portorico. Quindi bene fu la rivoltellata che lo seccò. Ma, nel mio caso, male me ne venne della sprangata che mi arrivò sul coppino, da parte di uno dei figli, prima di involarsi con la famiglia intera. Quando riaprii gli occhi, mi ritrovai nel classico finimondo allegro di “El BaVón Rojo”. Andai a sedermi ancora con Jaime, Juan, Ade, Narciso ed El Rojo, continuando con loro un bel giro di tequila sale y limon, anche per farmi passare l’emicrania…

Ecco, questa è la vera storia di quella serata. Perché ci tenevo a raccontarla? Ma certo: perché è stato il carissimo RedBavon a chiedermi di raccontarla. Spero che non me ne voglia Ade, per averlo trascinato in questa storia, come anche tu: del resto un incipit alla storia dovevo darlo. E quale modo migliore che farlo in opposizione alla tua narrazione dei fatti? Spero che la mia improvvisazione non sia risultata troppo noiosa o prolissa, con un abbraccio a tutti quanti che, dilettandosi giungano tanto in basso…

17 pensieri su “Silviatico a El BaVón Rojo: grosso guaio a El BaVón Rojo

    1. L’altra versione è nel link nella Intro. Avviso che è piuttosto lunga. È’ tutto partito da un fatto accadutomi in Messico, da cui ho tratto una specie di spin-off del diario di viaggio che sto raccontando. È’ nato così un racconto “Batmancito” e in un episodio è spuntata dalla mia mentecatta fantasia questa cantina. Ogni cantina ha delle storie che si raccontano e quindi ho provato a coinvolgere alcuni blogger che hanno seguito Batmancito a raccontare la loro di storia, come se fossero seduti a uno di quei tavoli.
      Ognuno quindi interpreta a modo suo, con il suo stile; il grande Silviatico l’ha interpretata alla spaghetti-mexican-western.
      Sei finito in un delirio, caro Franz. Chiaramente l’invito è aperto a tutti. Tuo umile Oste, cosa ti offro da bere?

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      1. Benvenuta nella cantina di El BaVón Rojo, di cui io sono l’umile Oste. Per servirla.
        Andiamo per ordine: questo racconto è tutta farina del sacco di Silviatico, a parte la mia intro. Io sono un ex-grande lettore di Tex e tutti i fumetti Bonelli (gli ultimi che ho seguito con costanza sono stati Nathan Never e Martin Mystere) e sicuramente in tutto il racconto principale di Batmancito qualche influenza di questo tipo viene fuori nonché diverse citazioni.
        Ciò premesso il delirio è iniziato dall’episodio Batmancito – El BaVón Rojo, in cui ha preso forma questa cantina. Se segui il racconto, andando avanti negli altri episodi, noterai che la cantina si è “popolata”: non sono dei personaggi di fantasia, o meglio, lo sono a metà: ho voluto inserirvi dei blogger che hanno contribuito con i loro commenti il racconto principale del Batmancito.
        Ho esteso a loro l’invito a sedersi a un tavolo e raccontare le loro storie, ognuno con il proprio stile. Perciò, se vai sul menu principale alla voce “Storyette”, poi su “Batmancito” e infine sulla quarta voce “#6.La Compagnia di El BaVón Rojo”, si apre un menu che contiene tutte le storie di questa malfamata cantina e delirante Oste. Più facile a farsi che a scrivertelo 😉

        L’invito a raccontare la propria storia, in salsa messicana, è rivolto a tutti. Trovo che sia un modo bello di condividere, come un boccale di birra, un bicchiere di vino e una chiacchiera al tavolo di un’osteria.

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          1. Grazie cara. A nome di tutti.
            Non ti preoccupare per la faccenda di Tex, vi è qualche citazione nascosta per chi lo (ri)conosce, per il resto fluisce nel racconto senza dovere avere una conoscenza di quel gran tizzone d’Inferno e dei suoi pards…Appunto;)

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  1. Ci sono delle cose, dei fatti che, quando ti capitano nella vita, ti sembrano sempre così irreali che ti chiedi se, davvero, ti siano accadute proprio a te. In quel locale, proprietà di un italiano, ci ho lavorato solo una decina di giorni. Ma è stato sufficiente, per capire cosa voglia dire frequentare certe bettole: non passava giorno che non si rischiasse di finire coinvolti in una rissa. I messicani sono ancora più patiti di noi, dei films western. Dunque non trovano di meglio che fomentare risse, per non dire di sparatorie, quando non appena possibile. Quella volta me la sono vista davvero brutta. Però, il fatto di potere essere qua a parlarne, è già una gran bella cosa…
    Grazie infinite per il gradimento ed un abbraccio speciale al padrone del bavonrojo, un vero hidalgo…

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    1. Ricordo che mi avevi raccontato di avere lavorato in un ristorante a Playa, quando ancora era un villaggio di pescatori, e di avere visto spuntare coltelli e volare tavoli…Perciò ero veramente curioso del tuo racconto: ero certo che gli avresti dato un’impronta . diciamo . più neo-realista. Mi piace questa contaminazione di stili, ognuno con il suo, proprio come dei racconti intorno a un tavolo. Poi vuoi mettere, adesso ho pure il titolo di hidalgo…come Don Chisciotte!
      Muchas gracias, amigo!

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