Batmancito [Ep.#7] – Più si è, meglio è


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Altrimenti ci arrabbiamo

Segue da Batmancito – La Compagnia di El BaVón Rojo [Parte VI]

Ade si para tra il nanerottolo e i due “yankee”. A guardare Narciso, sembra quasi volere difendere i due “yankee” dal nanerottolo e non il contrario. Da qui non riusciamo a capire cosa si stiano urlando, ma la gestualità fa intendere che tra qualche minuto ci sarà la classica rissa del peggiore bar di Caracas (ma a Caracas ci sarà un bar dove prendere un caffè in santa pace?!?). El Rojo è sbiancato in volto, piomba sul gruppetto in animosa discussione, con un’agilità e rapidità insospettabile, data la sua abituale dinoccolata e strascicata andatura.

Gli “yankee” sembrano appena usciti da un film del Far West di John Wayne: sempliciotti, rozzi e pieni di boria, oltre che di alcol. Una pantomima moderna di “Buffalo Bill” e “Billy The Kid” senza l’aura del “mito” della frontiera dell’Ovest. Del “pioniere” non hanno nulla, piuttosto che “coloni” di un mondo inesplorato, hanno l’atteggiamento dei “colonizzatori”, come se da queste parti quelli spagnoli non avessero già combinato abbastanza disastri. Mancavano solo gli americani.

Ade li incalza con tono pacato e fermo: “Chiedete scusa a Narciso. Chiedete scusa a Narciso e poi muovete le vostre flosce chiappe fuori di qui.”

Nel portare l’ennesima cerveza al tavolo, i due “yankee” hanno iniziato a dileggiare Narciso sulla sua statura diversamente alta: non si capacitano di come un bianco possa essere “tracagnotto e rachitico” come questi “greasers” del luogo. “Greasers” è un termine spregiativo degli americani per i messicani. Letteralmente “unti”.

Narciso non fa caso alle battute sulla sua statura, tanto è abituato al continuo scambio di sfottò  con El Rojo, ma non sopporta che abbiano insultato il popolo messicano e gli sale il sangue agli occhi quando sente puzza di razzista.

D’altronde, qui siamo ospitati dai messicani, El Rojo e Narciso hanno sicuramente un debito di riconoscenza con la gente del posto e, da quel poco che ho potuto notare, amano questo luogo sebbene sia evidente che sia dimenticato da Dio. Anzi, forse è proprio per quello: El Rojo e Narciso sono qui per gli uomini che ci vivono, per condividere con loro quello che sono e quel poco che hanno.

El Rojo si avvicina a Narciso e iniziano un fitto scambio nell’idioma che somiglia allo spagnolo ma spagnolo non è; io mi avvicino ad Ade, il ragazzo con la rossa maglietta della C.C.C.P., per chiedergli qualche dettaglio in più sull’accaduto. Non faccio in tempo ad aprire bocca che il ragazzo mi fa:”Ciao, sono Ade, benvenuto…” mi stringe la mano in una morsa insospettabile per un ragazzo della sua età. Ma che fa? Il fabbro? “…Quando quei due parlano in napoletano, vuole dire che El Rojo si sta trasformando in Capitan Vesuvio…” Aggrotto le sopracciglia come riflesso del grosso punto interrogativo che mi è spuntato sopra la testa e continua:”…Sì Capitan Vesuvio, una specie di Capitan America, ma in versione napoletana. Si se ‘ntosta ‘a nervatura, El Rojo miette a tutti ‘nfaccia o’muro. Hai presente la storia di Pompei e l’eruzione del Vesuvio?”.

Con un effetto “rewind”, indietro veloce, la memoria mi riporta in poche frazioni di secondo a quando sono stato in quei luoghi tanti anni fa: ero sulle tracce di un antico manoscritto di Plinio Il Vecchio, che riprendeva una parte perduta dei dialoghi Timeo e Crizia di Platone. in cui descriveva Atlantide. Se solo sapessero cosa ho trovato! Altro che eruzione…Nel Vesuvio era nascosta un’antica installazione militare di Atlantide nella guerra contro Mu. Nel 79 dopo Cristo, è saltato in aria il reattore nucleare di quella antica base, altro che eruzione naturale!

Mi accorgo che Ade mi fissa, aspettando una mia reazione: “Ehm sì, so di cosa parli, sono stato a Pompei, sul Vesuvio…Napoli è una città bellissima…” Nel cervello scatta un t’lac come l’ultima mossa con cui completi il maledetto Cubo di Rubik, Napoli! Ecco cos’era quella lingua che sembrava spagnolo ma spagnolo non è! Ecco cosa lega tiZ, El Rojo e pure Narciso! Sono di Napoli! Non faccio in tempo ad avere risolto questo enigma, che il tarlo di un altro enigma ancora più bastardo si sostituisce al precedente: e come ci sono finiti a Punta Allen, Quintana Roo, Mexico?!?

Nel mentre, la situazione è in uno stallo tipico della quiete prima della tempesta: l’aria è ancora decisamente tesa. Anzi, peggiora.

Spuntato quasi dal nulla, da un tavolo accanto, un tipo diafano dal fisico esile, chiaramente sbronzo, si alza dalla sedia, facendola ribaltare e il suo tonfo sordo fa girare tutti gli astanti in quella direzione.

L’uomo indossa una maglietta dai colori granata e azzurro della squadra di calcio del West Ham. Una squadra di calcio di Londra, che non ha mai vinto un campionato e che “vanta” una delle tifoserie più violente, talmente famigerata da essere protagonista nel film “Hooligans”, insieme alla rivale e odiata tifoseria del Millwall. Ho la sensazione che qui, tra poco, si scatenerà l’inferno e non ci sarà bisogno nemmeno di aspettare il segnale.

Appena l’uomo apre bocca, abbiamo la conferma che si tratta di un inglese. “Hammers” si fanno chiamare per via dell’origine del club, fondato come dopolavoro per gli operai del cantiere navale londinese Thames Ironworks, e la sua parlata è dura come un martello sull’incudine: ci investe con una filastrocca sguaiata in un’alternanza di “fuck” e “fucking” inframmezzati da qualche parola biascicata e masticata. L’unica cosa chiara sono gli insulti e che sono rivolti al nostro indirizzo. Nei peggiori bar di Caracas ho visto gente decisamente più “per bene”.

Incurante di essere in evidente inferiorità numerica, sbavando e schiumando, tra alcune parole pronunciate come un rutto e un buon numero di “fucking little dwarf”, a grandi passi punta in direzione di Narciso. Faccio in tempo a cogliere al volo uno sguardo tra Ade ed El Rojo, che l’attimo dopo risuona la voce di El Rojo: “Ade…Brexit!“.

Ade scatta in avanti, con un velocità di un crotalo, agguanta l’inglese, lo immobilizza, gli passa alle spalle senza che l’inglese abbia capito cosa stia succedendo, lo alza come un sacco di spazzatura e lo catapulta oltre la vicina finestra, che  – per fortuna del figlio di buona donna Albione – è aperta.

L’inglese scompare nel buio della notte, inghiottito dalla finestra come da un buco nero nello Spazio. L’unica traccia della sua misera esistenza è un tonfo sordo all’impatto con il suolo, seguito da un guaito di un cane, un ringhio prolungato, uno “Oh shit!”, un rumore di corsa a precipizio seguito da un latrato e scalpiccio di quattro zampe veloci sulla terra.

El Rojo, con gli occhi che gli sorridono di soddisfazione, sentenzia: “Al perro que duerme ¡no lo despiertes!”

Dal sorriso a un’espressione che non tradisce alcuna emozione, El Rojo rivolge nuovamente lo sguardo ai due “yankee” e dice: “E ora veniamo a noi, gringos americani! Come posso aiutarvi?”

I due sembrano non essere impressionati dall’applicazione pratica della “Brexit” senza “se” e senza “ma”, continuano a soffiare sul fuoco, ostentando di non avere paura di nessuno, che gli americani non sono come gli inglesi, che agli inglesi già gli hanno “fatto il culo” in tempi passati e che, se non fosse stato per loro, la gente in quella fottuta isola e in tutto il Vecchio Continente oggi mangerebbe crauti e würstel.

Ma la frase che dipinge la furia di un berserkr vichingo in viso a El Rojo e che farebbe convertire un ateo al monoteismo e poi farlo uscire fuori dalla grazia di quel Dio appena ritrovato, è: “Ma forse era meglio che vi avessimo lasciati ai nazisti, perché i mangia-crauti sicuramente non avrebbero permesso a tutti quei – lo pronuncia in un modo orrendo – negri di sbarcare a casa vostra” e l’altro “yankee”, buttando una truce occhiata ad Ade, aggiunge:”…sempre meglio dei bolscevichi, che si sarebbero mangiati tutti i vostri bambini…”.

I due guardano dritto verso di noi e sfoderano un ghigno soddisfatto.

El Rojo, Ade e Narciso sono carichi a pallettoni: pronti a scattare in avanti e anche a me, sinceramente, ora prudono davvero le mani.

El Rojo guarda Ade e Narciso:”Temo che dovremo attivare la risoluzione ‘U.S.A. e getta’…”

Cría cuervos y te sacarán los ojos!” una voce squillante giunge alle nostre spalle. Vedo il viso di El Rojo illuminarsi, fissando sempre i due “yankee”, senza girarsi, esclama: “Siviacito! Mi hermano! Capiti giusto in tempo…” e rivolgendosi agli americani: “Gringos, una desgracia nunca viene sola. Le disgrazie non vengono mai da sole: oltre a voi, eccone un’altra. Vi presento Silviatico…Ed è una disgrazia tutta per voi!

Silviatico è in Messico prima che vi arrivasse El Rojo. Parla il migliore spagnolo che abbia mai sentito da un gringo, fluente e con il giusto suono. Da come parla lo spagnolo, lo scambieresti per un messicano, nato e cresciuto qui. Alche Silviatico, come gli altri di questa Compagnia di grog y cerveza, non è di questa parte di Nuovo Mondo ed è ormai chiaro che questa è una colonia di emigrati dal Vecchio Continente.

E pensare che fino a qualche decennio fa la migrazione era verso l’Europa e andammo vicino a una crisi pericolosissima, beceri nazionalismi del XX secolo rialzarono la testa, costruirono addirittura dei muri in mezzo al Continente, si sfiorò una terza guerra mondiale. Oggi, vengono via da lì. E questa volta la lezione, il mondo sembra l’abbia imparata: qualunque emigrante viene accolto dovunque decida di andare, da quando la Convenzione di Schengen è stata sottoscritta da tutti i Paesi del Mondo e ha sancito l’apertura di tutte le frontiere. Il Vecchio Continente, come al solito, insegna.

Silviatico ha viaggiato per buona parte del Centro America e ne ha viste di tutti i colori. Conosce questo posto come la pulce conosce ogni singolo pelo del suo cane; conosce ogni anima di Punta Allen e ogni persona di Punta Allen conosce lui; si hay un problema, Silviatico lo risolve o si fa in quattro per risolverlo, sa indicare a chi rivolgerti per una qualsiasi esigenza. Siviatico è un riferimento di questa comunità: è l’elemento di mediazione tra la goffa, a tratti invadente, presenza turistica e la muy tranquila vita dei messicani, che sopportano a malapena la frenesia e la pretesa di costoro di esportare “i sani valori della cultura occidentale”, qualsiasi cosa voglia significare.

Silviatico si allinea sulla sinistra di El Rojo, non si guardano in viso, fissano entrambi i due “yankee”, ma si vede che, sornioni, si stanno scambiando dei larghi sorrisi di intesa.

Si è formata una strana formazione, schierata lungo un’ immaginaria linea di scrimmage, proprio come nel football americano, con i giocatori schierati l’uno contro l’altro, senza che possano sorpassarla prima che l’azione abbia inizio. Gli El BaVón Rojo Bucaneers schierano da sinistra a destra: Ade, io, Narciso, Silviatico ed El Rojo. I Gringos Broncos sono solo due ma la loro stazza copre tutta la lunghezza dello schieramento avversario.

Silviatico fa a El Rojo: “Non sono venuto da solo”.

In quel preciso istante si aggiunge alla formazione accanto a El Rojo un altro uomo, che per la rada barba e i baffi appena accennati lo scambieresti per messicano, ma la carnagione abbronzata ne denuncia l’origine comune a tutti gli altri amici di El Rojo. El Rojo, sempre senza distogliere lo sguardo dai due “yankee”, riesce con un unica smorfia delle labbra a comunicare un ghigno a questi ultimi e un caldo benvenuto al nuovo arrivato. “Johnny! Hola compadre!…Che fine avevi fatto?”

Johnny replica: “Nano Mastro Birraio dei Monti di Ferro, +10 al tiro di dado per colpire contro i troll, al suo servizio, Sir RedBavon”

El Rojo pronuncia una frase in una lingua davvero sconosciuta, ma dolcissima al suono: “Elen sila lumenn omentilmo…Le abdollen.”

Mi rivolgo ad Ade con un tono di chi sa di dire una fesseria: “Pure questo è in napoletano?”

Ade sorride e risponde: “No è elfico. Signifca: una stella brilla sull’ora del nostro incontro….Sei in ritardo.”

Johnny replica “Eh già, ho fatto tardi, ma Paolo? Paolo non è ancora arrivato vero?”

El Rojo: “No, tranquilo hombre, non sei l’ultimo. Eeeh figurati, muy tranquilo, ‘On Paolobbello arriverà…Ma tu che hai combinato? Ho la gola secca…”

Johnny tira un sospiro:”Stavo venendo qui, quando sotto un portico ho visto una chitarra che mi ha guardato e mi ha detto ‘suonami’ e non ho saputo dirle di no! Niente più sogni di rock and roll o anime dannate a cantare di amori disperati e consumati. Niente distorsori, big muff  e delay, solo sei corde, un plettro e la mia voce poco allenata.”

El Rojo:”Johnny, la musica no se toca…Caro Mastro birraio, hai portato la tua ottima cerveza , fatta con le tue manine? Tra poco ne servirà a fiumi per lenire qualche livido e qualche dolore”

Johnny annuisce.

Le due formazioni si squadrano in silenzio, rotto solo da uno scrocchiare di dita, muscoli che entrano in tensione, un ghigno minaccioso appare sul viso dei due “yankee”, grandi come armadi a quattro ante, ma – almeno questi  – non sono di fabbricazione svedese. E sarà un piacere smontarli.

Il Principe, tiZ e Zeus, in una botta di euforia paradossa, si fanno prendere dall’atmosfera da Super Bowl e attaccano Let’s get Loud, trascinando il locale in una baraonda di ballo ed esplosione di energia come Jennifer Lopez al Rose Bowl di Pasadena nel luglio del 1999. Let’s get loud, let’s get loud  Turn the music up, let’s do it  C’mon people let’s get loud  Let’s get loud 

Il locale è nel delirio, senza che la rissa abbia avuto inizio. Per il breve tempo della prima strofa, le due formazioni opposte sembrano avere perso il loro bellico furore. La musica fa miracoli, unisce i popoli, eleva lo spirito umano oltre il suo involucro di ossa e carne…Ma non questa volta. Il locale, intanto, si è dimenticato di questi maschi pieni di testosterone, che non trova migliore sfogo se non nel rivolgersi contro manate e pedate.

El Rojo si rivolge allo “yankee” di destra e rompe il silenzio: “O’ Custer preparati a un’altra Little Big Horn.” Poi guarda quello di sinistra e ne ha anche per lui:”O’ Crockett, ricordati di Alamo”

Si rivolge infine a noi: “Era da tempo immemore che sognavo di dire questa frase: al mio segnale, scatenate l’Inferno!”

Ciò che seguì fu una delle migliori scazzottate cui abbia mai partecipato! Roba da rendere orgoglioso Bud Spencer, che riposi in pace.

El Rojo esclama: “Segnaaaaleeeee!”

Ade, Silviatico, Johnny e Narciso urlano all’unisono: “Baruk Khazâd! Khazâd ai-mênu!”

Nella lingua dei Nani “Asce dei Nani! I Nani vi assaltano!”

Ade si sposta tre passi indietro e converge al centro, dove è arretrato anche Narciso nella classica manovra del “quarterback” nel football americano. Gli altri sono pronti a scattare, ma come in uno schema provato e riprovato, attendono il momento giusto.

Ade solleva Narciso e lo catapulta al di là dell’improvvisata falange. Narciso vola e atterra sull’imbambolato “yankee” di sinistra, che sbanda per poi perdere l’equilibrio: atterra rovinosamente sulla schiena, lungo disteso come un tappeto persiano. Narciso intanto ci salta su come su un tappeto elastico. Sembra un bimbo al parco giochi.

L’altro “yankee”, sorpreso dal fulminante knock-out del compare da parte di quel Nano infoiato, non vede arrivare Silviatico, El Rojo e Johnny che gli piombano addosso come un treno-merci, carico di tronchi di sequoie secolari, lanciato a folle velocità sul binario-morto. Alla fine del binario-morto, c’è lui.

Ade ed io piombiamo sullo “yankee” steso a terra per salvarlo da Narciso.

I due “yankee” sono ormai ridotti all’impotenza e recitano l’atto di dolore con abbondanza di “sorry” e “I’m so sorry” come le vecchine in chiesa recitano il Rosario.

Si rialzano doloranti e acciaccati, soprattutto nell’orgoglio, a capo chino e sguardo basso, si dirigono verso l’uscita del locale, mentre il gruppo musicale suona una versione rockeggiante dell’Internazionale socialista con le chitarre che distorcono al passaggio dei due.

Il locale ritorna al suo vociare, al suo tintinnare di bicchieri, agli improvvisi scrosci di risate fragorose, agli urletti  striduli e qualche tonfo di sedia che si ribalta portandosi appresso anche il suo ubriaco occupante.

La band, dopo il divertissement musicale di lontana eco bolscevica, riprende a suonare e cantare come più si addice a El BaVón Rojo, che – a conti fatti – non sfigurerebbe accanto ai peggiori bar a Caracas. In verità, la band riprende a suonare e cantare come più gli aggrada, fregandosene altamente di andare incontro alla benevolenza e al gusto della variegata  platea, men che meno a quelli del titolare della bettola.

All around me are familiar faces
Worn out places, worn out faces
Bright and early for their daily races
Going nowhere, going nowhere

Their tears are filling up their glasses
No expression, no expression
Hide my head, I wanna drown my sorrow
No tomorrow, no tomorrow

Narciso scorrazza per i tavoli, ricevendo pacche sulle spalle, sorrisi e, soprattutto, abbracci e baci dalle donne. Johnny va dietro al bancone a spillare i fusti dell’ottima birra che produce artigianalmente, ma non chiedetegli mai dove si procuri il luppolo da queste parti. È come chiedere a Mago Silvan di svelarvi i suoi trucchi.

Ade va in cucina. A El Bavon Rojo non c’è un cuoco, non ci sono camerieri, lavapiatti, garzoni: ognuno qui contribuisce con quello che ha, con quello che può, con quello che sa fare o che si sente di fare quel giorno. In cambio, riceve ospitalità, musica, grog y cerveza a volontà, vitto e pure alloggio se capita che si schianti sul pavimento a causa dell’eccesso di alcol.

“Ade è uno chef con i contro-fiocchi – mi sussurra El Rojo – Vediamo stasera che cosa si inventa.”

Silviatico prende posto al tavolo insieme a me, Tati, Mela e Sergio che, all’inizio della baraonda era rimasto alle nostre spalle a protezione delle ragazze, le quali però avevano sdegnosamente rifiutato il suo pensiero galante:”Ci sappiamo difendere da sole!” gli avevano urlato. Così Sergio si era buttato nella mischia e, nonostante la sua non certo possente stazza di messicano medio, aveva assestato ai due ceffi mazzate come un fabbro.

El Rojo ha ripreso il suo mulinare tra i tavoli, dispensando sorrisi e chiacchiere. Si è fermato solo un attimo per farsi medicare da una biondina dalle forme prorompenti perché ha ricevuto un paio di botte sotto lo zigomo destro che gli hanno lasciato un bel bozzo e un taglio. Con una garza e un po’ di qualche liquido – credo grog o comunque liquido a base di alcol – gli tampona con dolcezza i tagli e graffi, lo guarda con rassegnazione mista a rimprovero, sento qualche parola “A quest’età… …Ancora a fare a cazzotti…Non hai avuto mai il fisico…”. Le ultime tamponature, sembrano carezze, e lo dimette con un sorriso. El Rojo la fissa per un attimo, lo sguardo grato e di grande affetto, le gira le spalle e si immerge nella folla.

And I find it kinda funny
I find it kinda sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very, very mad world, mad world

Quando ritorna a sedersi al nostro tavolo, Tati e Mela si rivolgono a El Rojo con parole dolci e apprensive, ma El Rojo le rassicura con un suo “È cosa ‘e niente…Ma vi ho mai raccontato di quella volta nella palude della Rhodesia con il mio amico Oscar?” Le ragazze sbuffano e si guardano rassegnate. Io mi verso del grog e mi preparo all’ennesimo racconto di El Rojo: “Tutti lo sanno quello che m’è successo dentro quella palude, tutti, pure i sassi. Un ponte de liane alto 40 metri, va bene? Sotto una palude che faceva schifo, marrone, piena zeppa de: barracuda, caimani, coccodrilli, piranhas, tutto!…”. Questa storia già l’ho sentita da qualche altra parte…

Mentre El Rojo sta carburando nel racconto di mirabolanti avventure, sull’uscio della porta del locale appare un uomo: alto, con la barba, un bel viso rassicurante.

Sotto il braccio ha uno di quei palloni bianchi da pallavolo. Si legge la marca “Mikasa”.

Guarda verso il nostro tavolo a colpo sicuro, fa un largo sorriso ricambiato da tutti: deve essere un altro della Compagnia. E molto caro a tutti, a giudicare dalla reazione di felicità al vederlo. El Rojo è raggiante e, nel girarsi verso il nuovo arrivato, scorgo un’ombra percorrergli il viso: ormai la riconosco, sta pregustando una battuta delle sue.

Nell’incamminarsi verso di noi, l’uomo dice: “Scusate, sono in ritardo…Mi sono perso qualcosa?”

La musica si interrompe, scoppia una risata all’unisono in tutto il locale.

L’uomo si guarda intorno spaesato e gli si legge in faccia la domanda “ma che ho detto?”, che vorrebbe tanto fare, ma non osa chiedere poiché alzerebbe ancora di più il livello di ilarità generale. È una persona timida, si nota dall’espressione e dalla postura che ha assunto dopo la risata. Non si trova a suo agio a stare al centro dell’attenzione.

A quel punto, El Rojo comprende la situazione dell’amico e prende la parola:

‘On Paolo bello, che gioia! Ritardo? Quale ritardo? Sei sempre in ritardo, quindi sei in perfetto orario. Pura vida! Amico nostro! Vieni  a sederti e, tra un grog y una cerveza di Johnny, raccontaci come hai fatto a trovare un pallone da pallavolo giapponese da queste parti…Deve essere stata una bella avventura!”

El Rojo, si china su di me e sussurra all’orecchio: “Questo qui è Paolo, quando racconta, incanta pure le manguste. Sta insegnando ai bambini messicani a giocare a pallavolo. Non avevano nemmeno una palla, neanche un Super Santos o un Super Tele, figurati una vera palla di cuoio. La rete, grazie anche all’intervento di Silviatico, è stata fatta dai pescatori. È un sognatore di quelli con gli attributi: insegnare a giocare a pallavolo ai bambini messicani? È un pazzo. Non arrivano alla rete neanche da adulti…”

In quel momento, spunta non si sa da dove, quasi fosse stato teleportato lì, Narciso e, guardando torvo El Rojo, gli fa: “Perché cosa hai contro i bassi?”

Scoppiamo a ridere tutti e tre.

Children waiting for the day they feel good
Happy Birthday, Happy Birthday
And I feel the way that every child should
Sit and listen, sit and listen

Went to school and I was very nervous
No one knew me, no one knew me
Hello teacher tell me what’s my lesson
Look right through me, look right through me

And I find it kinda funny
I find it kinda sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very, very mad world, mad world

Enlarging your world
Mad world

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53 pensieri su “Batmancito [Ep.#7] – Più si è, meglio è

      1. Narcì, ma hai letto che ha scritto Mela?
        – Certo che ho letto. Sono basso, mica analfabeta!
        Embè, che ne pensi?
        – E che devo pensare? Semmai che ne sento…
        Uhè Narcì, ma quello contorto e pedante sono io, che è stato?
        – Hai presente quando hai spifferato ai quattro venti dell’Intenettete-bubbù la nostra chiacchierata in Anche un blogger ha un cuore?
        Ahem, sì certo…non c’era nulla di male, no?
        – Vabbuà, non fare il permaloso…
        Io NON sono permaloso
        – Non hai scampo quando te lo dicono, me lo hai insegnato tu, no?
        Tieni ragggione, piccirì: se uno ti chiede “sei permaloso?”, se gli rispondi “no”, allora glielo confermi; gli devi rispondere per forza di sì.
        – Umaronnellabbella! Non è che me lo devi ripetere, l’aggio capito o’frà!
        Ah sì, perdonami, Aspè, mmò m’appiccio ‘na sigaretta…
        – E semttila co’sto veleno! Poi se ti vede Mela,ti cazzea…
        E ma tanto non mi vede mmò,,,sssh statte zitte.
        – Ma perché fumi?
        Perché mmò so’nervoso, mi rilasso. Mi sembra di buttare fuori i pensieri insieme al fumo, confusi in mezzo alle volute, poterli per un attimo guardare in faccia, vederli per quelli che sono, dall’esterno…Fino a che poi non svaniscono e diventano aria.
        – Claudio, ma che dici? Aria? Semmai CiOddue.
        Narcì,emmò che ne saje ‘e chimica?
        – Eddalle! Sono basso, mica analfabetaaaaa….
        Vabbuò ma mi stai venendo appresso con digressione mon amour. Ti stavo chiedendo di quello che ha scritto Mela…
        – ‘A verità…
        E no, che me vuuoi dire una bugia’
        – la verità è che me ne andrei q rintanarmi da una parte. Buono, buono, nella mia “tana”.
        Non mi dire! Sei pure diventato rosso in faccia!
        – gnè gnè…Guardati allo specchio. Pure tu sei rosso in faccia!
        Sì, è vero.

        Allora Narcì, portati una scorta di ovetti, che ci andiamo a cercare una bella spelonca e ci “rintaniamo” per un po’. Che dici?
        – Affare fatto. Ma nella tana, no smoking!
        Narcì, sì proprio ‘nu scassacazz!

        RedBavon e Narciso fanno l’inchino per ringraziare la gentile Mela. Qapla’
        … …

        – Cla ma che hai detto?
        E’ un saluto in Kingon
        – E tu che ne capisci ‘e Klingon…Pure la madre-lingua ti ha ripudiato!
        – Narcì, jamme belle jà…

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  1. masantalapaperaemannaggialochetta!!!!!!!…. perché il mio commento sparisce?… Reeeeeeeed!!!!… aiutooooooo… son caduta nel pattumeeeee!

    ( scusa, momento di sfogo)
    Dicevo: sei un genio, sei meraviglia e incanto, sei splendido come le bolle di sapone più giganti che fanno fare UAU a orecchie, occhi e bocca!!
    Sappi che avevo una gran voglia di saltare nella mischia… carina e coccolosa ma non mi toccate gli amici che parte un embolo senza senso e posso sfruttare un effetto sorpresa niente male! 😉

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    1. Tati cara, ho controllato ed ero pronto a scatenare l’urlo di battaglia dei Nani, con tanto di ascia pronta all’uso, contro WordFess, ma non sei finita nel pattume. Anche a me è sparito un commento a casa di Zeus, sarà che era uno dei miei tragici pipponi e WordFess ha preferito graziare il dio di casa. Mah ultimamente WordFess sta uscendo fuori di bit.
      Ullallà! Ma così mi scateni Narciso e chi lo ferma più. Lo sai quello che combina in questi casi, no? Inizia a correre come un forsennato, a mandare urletti, saltare su divani e letti, ribultica cuscini e si scatena in balli che pure gli esperti di “pogata” ne starebbero alla larga, onde evitare una visita al più vicino CTO.
      Grazie…davvero grazie. Questo post è davvero lungo e non me la sono sentita di dividerlo in due per esigenze di facilità di lettura. Non è sicuramente smartphone friendly e può stremare chiunque.
      … …

      Narcì, e jà, non mi schiattare tutte le bolle di sapone! Poi, scivoli sull’acqua saponata e ti scassi ‘a capa…Jà, statt’ quieto…E lo sai che la vista del sangue pure mio, mi fa svenire…

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      1. ma alla facciazza di uorpres al secondo giro son rimasta piantata a terra che manco col palanchino mi sposti! 😀
        io non l’ho trovato così lungo, è scorrevole, bello e divertente… è giusto così, secondo me… 😉
        sono curiosissima di leggere le prossime apparizioni!

        Narcì, vieni che ti insegno a fare le bolle giganti… poi ci mettiamo dentro e facciamo un giro sul locale eh?… vuoi vedere l’invidia di chi è troppo grande per entrarci? 😉

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        1. Quale invidia! Io mi preoccupo per lui. Io lo conosco bene, fidati: è goffo e scoordinato, rischia veramente di farsi male . Poi vaglielo a dire a quelli del Pronto Soccorso che si è ridotto così per le bolle giganti di sapone! Come minimo scatta la denuncia in automatico per violenza tra le mura domestiche.
          Fidati, Tati chille è piccirille, ma è nu terremoto

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    1. No, non ci puoi lasciare nemmeno un momento. Non ti azzardare, sai.
      Guarda che ti mando dietro Narciso in assetto da Rottweiler, tutti i Nani della Terra di Mezzo che conosco e, peggio di tutti, faccio una telefonata a “Chi l’ha visto?”.
      Anzi, esaggggero: procedo all’affissione sistematica in tutte le stazione ferroviare, metro e funicolari della tua faccia con la scritta: “WANTED! Se la vedete, riportatela qui. Lauta ricompensa. No perditempo. Telefonare ore pasti.”

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  2. Zeus

    E mi sono portato alla pari.
    Cosa posso dire? Prima di tutto ci hai messo dentro il football (e sono contento) e hai citato anche bene le squadre (soprattutto i Broncos come gringos in difesa – si sa che quelli di Denver hanno una difesa da paura). Citi la Brexit e un grande Ade che piazza il colpo da novanta.
    Metti dentro Hammers e Hooligans. Fuck e canzoni.
    Un racconto enorme (e io pensavo di aver esagerato!!) che si lascia leggere molto bene.
    L’omaggio a Bud è un piacere (non un dovere).
    Voi citate l’elfico e i tiri dei dadi.

    Che compagnia. Farebbe invidia a Tolkien, fidati.

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    1. Quando si cita Tolkien io mi metto una paura fottuta. Tale è l’affetto e la stima infinita per quest’uomo e scrittore. Che il mio nome possa convivere nella stessa frase con quello suo fa di me un Icaro che vola felice verso il sole, consapevole della sua fine da pirla.
      Gracias

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  3. Carissimo Red!
    Sono entrato in scena anch’io… (mo’ so’ c…i)…
    Questa bettola fumosa e funambolica non può non attirare l’attenzione. Tanto più (o tanto meno, le doppie negazioni mi hanno sempre incasinato) a un giocatore di beach assetato di birra, spritz e tutto quanto il necessario per combattere l’acido lattico maturato sulla sabbia bianca, fine e cedevole della playa, la fatica e i colpi di sole, ma soprattutto festeggiare e godere in compagnia…
    Gli inglesi, si sa, sono delle schiappe nel volley e in spiaggia non li abbiamo nemmeno visti… Ma cancellare gli strafottenti sorrisi ray ban-durbans dalle facce di quei due avieri top-gun dei miei stivali ha un gusto molto particolare… Che somigli al grog?!?… Non conosco la bevanda del posto, mi hanno detto che qui scorre a fiumi… Ed eccoci qua, ancora insabbiati e sudati che qualcuno di là, in cucina, ci potrebbe fare impannati in padella, bocche assetate e aperte come quelle dei piccoli nel nido di merli…
    Ma qui si suona anche musica dal vivo!! E questa è una cosa magnifica. E che musica!! Qui si balla fino a mattina. Fortuna che non siamo troppo in ritardo… “Tranquilo… Nessun ritardo”, mi dice El Rojo, “qui il tempo non esiste…” E chissà com’è, ma sto già molto meglio. Non sento nemmeno la fatica, né l’olezzo dell’ascella sudata al primo battere di mani alzate verso il palco – il Principe stanotte ci farà volare… Appoggio il pallone in cima a una caraffa che sembra un trofeo. “Mikasa”, legge El Rojo sorridendo. Mi guarda: “Mi-kasa es tu kasa…”, aggiunge mettendomi in braccio una pinta di cerveza gelata…

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    1. Mika es tu kasa! Mi sto ribaltando dalle risate! Non potresti avermi messo in bocca una battuta più azzeccata!
      Un commento cui va stretto questo asfittico box, andrebbe di diritto a proseguire il già fiumanico post. E va sviluppato amigo! E non voglio però sembrare il ruffiano per tirarti fuori dalle dita una storia, quindi ci faccio io un pensierino su, ci bevo su e vediamo se dall’alchimia sbronza, che giusto quello mi posso permettere, ne viene fuori qualcosa. Poi se tu vuoi, sai che mi casa es tu casa e il pallone è sempre di chi se lo porta da su kasa.
      Ero un po’ triste che Batmancito sta volgendo al termine, ma El Bavon Rojo sta diventando fonte di ispirazione per me e disperazione per il web. Se ne farà una ragione.
      Grazie OnPaolobbello…Ma stai in zona che stanno arrivando pure tiZ e Mastro Birraio con i loro racconti.

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      1. Ciao Red!! El Bavon Rojo è un bel posto e vivrà ancora per un po’. A proposito, non è che hai una maglietta da prestarmi (grazie per l’asciugamano)?… Mi son levato la sabbia di dosso e adesso va un po’ meglio (sai, ho adocchiato almeno un paio di tipette tutto pepe aggirarsi per il locale e non volevo giocarmele prima ancora che arrivassero a portata di voce…). L’infradito c’è, il costume s’asciuga. Zanzare a parte, si starebbe bene anche a torso nudo, ma non vorrei fare cattiva impressione…
        Uh-Uh-Uh!!! Ma è tornata in scena quel peperino della cantante!!… Sentiamo, sentiamo cosa ci canta…

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  4. Rimango letteralmente basito a fronte della tua vena letteraria, amico mio: che dirti? Hai messo in piedi un piccolo capolavoro con una pioggia di personaggi che ha inondato la mia mente di suoni, parole e scene. Trovando pure l’escamotage per ficcarmici dentro al minestrone. Assai saporito e gustoso, c’è da dire: l’ho gustato in delirio, se proprio vuoi saperlo…..
    Uno straordinario abbraccio…

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    1. E in effetti di delirio si tratta. Grazie e se ti venisse in mente di scrivere il tuo di racconto, ricambierei il “basito” perché da te, che lì ci hai vissuto, verrebbe fuori, non un minestrone, ma un intero banchetto con i profumi e i sapori di quella terra meravigliosa. Per cortesia, avvisa se ci metti il chili abanero. Preferisco vivere.

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      1. Sai che mi hai fatto venire un desiderio infame di scrivere davvero un racconto per la tua cantina malfamata di borracheros malditos? Dico infame perchè, questo, è proprio un periodo che mi ritrovo a corto di concentrazione e di tempo. Ma che non sia mai detto… In ogni caso è certo che ti avviserò di mettere in tavola tanta cervezas, quisas que non te ponga mucha sed el taco de carnita con chile abanero…
        Hasta luego companero…

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                  1. Ecco, questa è la vera storia di quella serata. Perchè ci tenevo a raccontarla?Ma certo: perchè è stato il carissimo redbavon a chiedermi di raccontarla. Spero che non me ne voglia Ade, per averlo trascinato in questa storia, come anche tu: del resto un incipit alla storia dovevo darlo. E quale modo migliore che farlo in opposizione alla tua narrazione dei fatti? Spero che la mia improvvisazione non sia risultata troppo noiosa o prolissa, con un abbraccio a tutti quelli che, dilettandosi dovessero giungere tanto in basso…
                    ………W……..

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                  2. Non so se ti piacerà molto ciò che sto per scrivere, esimio redbavon. Però mi pare giusto ristabilire una certa misura con una adeguata verità. Capisco che ti piace abbellire le cose, romanzandole intorno, dando ad esse una luce anche divertente. Io mi ci sono assai divertito. E te ne sono grato assai. Detto questo, non posso che dedicarmi alla narrazione dei fatti, ovvero di quanto accaduto quella sera…

                    Avevo appena fatto il mio ingresso nella sala che il rojo fece la presentazione con il gringo(era uno solo e per giunta borracho come un pancho che si muova sul pontile di Veracruz. Dunque nessuna equipo di norteamericanos ad affrontare il resto del mondo, bensì un grosso e grasso rato di Tucson, Arizona. Per giunta tanto brillo da scambiare Narciso per uno dei bronzi di Riace e cercare di baciarlo come una delle sette meraviglie al mondo. Cosa che, el Rojo, faticò assai ad evitare. Poi il gringo andò a sedersi in un angolo, vicino al tavolo al quale avevo preso posto anch’io. C’eravamo in quattro: io, Ade(el gordito,come lo chiamavano i pescatori del luogo) Juan e Jaime, due pessimi soggetti, studenti alla Unam, ma più dediti a loschi traffici che agli studi. Si aveva cominciato a discutere di politica in modo molto animato, del Mexico e della sua dannata vicinanza a los Estados Unidos. Quando il gringo borracho, più impertinente di un pappagallo, cominciò ad intromettersi dicendo che non ci si poteva arrabbiare, che questo era el pays de l’amor, del sol. Ade lo guardò allora con sguardo assassino, dicendo:”Callate cabron capitalista!”Quello, intimorito dalla grinta di Ade si tacque. Ma quando Jaime, sempre più indispettito dalla piega presa dal discorso, cominciò ad inveire contro la corruzione e lo sfruttamento yankees, il gringo non riuscì più a contenersi, ricominciando la sua litania:”este es el pays de l’amor, del sol y del…” De repente, non finì la frase: i due muchachos sollevarono il tavolo con pietanze,piatti,posate,bottiglie e bicchieri, rovesciando il tutto addosso al malcapitato, scattando all’unisono per cambiargli i connotati. A quel punto intervenimmo tutti per impedire il massacro. El Rojo invocava la paz, Narciso aveva indossato l’elmetto da gladiatore. Ed Ade, lasciando da parte la chica alla quale faceva gli occhi dolci, sfoderò tutti i suoi tatuaggi, fermando istantaneamente il volo dei due bellicosi. Intanto, il gringo, finito a terra, continuava a ripetere:” Que pasò! Non intiendo lo que pasò!… Este es el pays del mar, de l’amor…!” El Rojo non trovò di meglio che ficcargli in bocca una tortilla raccolta da terra, lasciando ad Ade l’onore di accompagnarlo fuori dal locale.

                    Pareva che tutto fosse finito lì. Ed invece no: come evocati dall’orchestrina che aveva intonato”Pedro Navaja”dei Ruben blades, comparvero Pedro Martines il pescatore, con i suoi sei figli. e tutti borrachos perdidos. C’era della ruggine con El Rojo. Prendendo spunto dall’aria smunta dei due ragazzi messicani intimoriti da Ade, pensarono che ci fosse in atto un’aggressione a connazionali. Ma in verità fu la ballata di Pedro Navaja a scatenare i peggiori istinti:Pedro Martinez cercò di prendere, amabilmente, per il collo il buon El Rojo, facendogli degli indelicati graffi sul collo, perchè costui non fu disponibile a concedere il suo prezioso collo. Intanto i sei figli si scatenarono. Uno tirò una sedia contro Narciso che riuscì a parare con un braccio. Mentre un altro saltava addosso ad Ade, finendo per rotolare sul pavimento. Un altro dei cabrones spezzò una bottiglia e si diede da fare per ricamare la schiena del Rojo. Io che ero nominato Silviatico non a caso, estrassi la mia navaja, quella che avevo comprato per desquamare il pescado che compravo proprio da Pedro Martines, la sfoderai per spulciare la peluria infestata della famiglia intera dei Martines. L’effetto fu quello di vederli impallidire, diventando anjelitos. Proprio sul finale della canzone, quando Pedro estrae il coltello e proprio in quel momento la prostituta lo salda con un colpo della sua trentotto special. Sì, perche si deve sapere che, Pedro navaja, era un delinquentello di mezza tacca che taglieggiava le prostitute di strada a Portorico. Quind bene fu la rivoltellata che lo seccò. Ma, nel mio caso, male me ne venne della sprangata che mi arrivò sul coppino, da parte di uno dei figli, prima di involarsi con la famiglia intera. Quando riaprii gli occhi, mi ritrovai nel classico finimondo allegro del bavonrojo. Andai a sedermi ancora con Jaime, Juan, Ade, Narciso ed El Rojo, continuando con loro un bel giro di tequila sale y limon, anche per farmi passare l’emicrania…

                    Ecco, questa è la vera storia di quella serata. Perchè ci tenevo a raccontarla?Ma certo: perchè è stato il carissimo redbavon a chiedermi di raccontarla. Spero che non me ne voglia Ade, per averlo trascinato in questa storia, come anche tu: del resto un incipit alla storia dovevo darlo. E quale modo migliore che farlo in opposizione alla tua narrazione dei fatti? Spero che la mia improvvisazione non sia risultata troppo noiosa o prolissa, con un abbraccio a tutti quanti che, dilettandosi giungano tanto in basso…

                    …………W……..

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                    1. Applausi a scena aperta. Salgo sul bancone e applaudo fino scorticarmi i palmi. Standing ovation epocale. Incito tutti i presenti in taverna all’hola da stadio e ti propongo al cavalierato in tre repubbliche: Italia, Messico e quella delle Banane (che è poi il titolo più ambito tra i tre)
                      La VERA storia è un’idea favolosa è scritta divinamente. Si becchi il prolAsso chi dice che è prolisso!
                      Ora però, se tu me lo concedi, vorrei promuovere questo commento a post. Merita la ribalta del palco principale. Aspetto tuo ok.
                      Gracias!

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                    2. Muchas gracias à usted, dueno de la mejor cantina de Yukatan a nombre “bavonrojo” paraiso para todos los boracheros del mundo… Grazie davvero per volerne fare un post, ne sono molto onorato…
                      Ancor più sono felice che incontri il tuo gradimento la mia locura…
                      Una serata delle migliori a te…

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                    3. Allora appena posso lo pubblico come post. Ora c’è Tati con il suo racconto. Ce ne ho uno mio pronto e poi anche questo. Mamma mia, in questa locanda c’è davvero da fare dal tramonto all’alba. Niente vampiresse…purtroppo 😉

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                    4. C’è anche da dire che sei un ottimo anfitrione in questa posada… Permettimi di chiamarla anche “comedor”, mi ha l’aria più popolare, familiare quasi: mi rimanda ai tempi in cui ci mangiavo spesso… Attendo fiducioso. Intanto vedo di recuperare il post di tati…….

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                    5. I comedores sono quelle bettoline che trovi in genere nei mercati, ci puoi mangiare la comida corrida, una sorta di pranzo a prezzo fisso muy barato, proprio perchè rivolto a tutta quella umanità che ruota intorno ai mercati e bazar. Ricordo che, le prime volte che fui a Mexico city, in plaza Garibaldi ce n’era uno di questi mercati del cibo. Ce n’erano una miriade di comedores all’aperto che cucinavano carne asada e frijoles refritos con cebolla asada tambien. Pochi piatti ma deliziosi, con tortillas de mais come pane… Il comedor in cui ho mangiato meglio era uno al mercato di Palenque: pescado di una ragionevole taglia con insalata ed una coca, lo si pagava circa un dollaro…

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  5. blurredlines2016

    Ma è bellissimo ..ma quanto sei bravo ..l avevo letto ..ma non credevo che la biondina che cura le ferite ….ma grazie ..non me l aspettavo …ora non dire no Kate non sei te ..ci rimango male. .si accettano bugie

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      1. blurredlines2016

        Credevo di averla messa ora controllo gli altri ..sai che mi piace cosa scrivi ..e sei bravissimo e poi ti dirò nel leggerti ho scoperto chi hai menzionato e li leggo ..anche se non metto stelline…perché sai che faccio rumore solo con me stessa ..ma in punta di piedi con le persone

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            1. Lo so che tu ti muovi senza fare rumore, perciò ti ho inserito senza “nominarti” e inserire il link al tuo blog. Non sapendo se eri da queste parti, non volevo “costringerti”. Siamo strani in due, visto?
              Comunque ora che hai scoperto il mio ninnolo (e ne sono contento), se vuoi, posso inserire il link al tuo blog. Dimmi tu. No hay problema.
              L’invito a sederti qui e a raccontare una storia delle tue è chiaramente aperto 😉 Muchas gracias Cat, ora la faccia fa meno male.

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  6. Pingback: Batmancito [Indice] – Pictures of You

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