Donne e videogiochi: un rapporto di biblica antipatia


Catherine Bach di fianco al al mitico "Generale Lee", una Dodge Charger del 1969, in The Dukes of Hazzard
Catherine Bach di fianco al al mitico “Generale Lee”, una Dodge Charger del 1969, in The Dukes of Hazzard

E allora il Signore disse: “Videogioco, io porrò inimicizia fra te e la donna”.

Da uno scambio di commenti con Mastro Birraio su Burnout, una serie di grande successo su console 32 bit, viene giù questa storia di donne al volante, videogiochi e riferimenti al libro della Genesi, sicuramente apocrifo.

attenzioneDisclaimer: Tutti i videogiocatori hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alle console, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Burnout rappresenta l’ultima incarnazione dello spirito “arcade” dei “giochi di macchine” (come li chiamavo io da piccolo), con la possibilità di dare libero sfogo all’automobilista stressato, posseduto da un demone isterico, in quel Sodoma e Gomorra del traffico metropolitano.

Mastro Birraio mi raccontava che Burnout Paradise (ultimo gioco della serie, nel lontano 2008) era riuscito a fare giocare sua moglie a un “gioco di macchine” per la prima volta.

Anche io ho provato a portare la mia consorte al volante, sebbene stia al Videogioco come Stalin al Papa. E vi racconto come è andata.

Ricevo un regalo “pilotato” del volante origggginale per Gran Turismo: è una robetta sobria, non di quelli professionali, ma un onesto volante Logitech, intarsi blu, levette laterali delle marce, “force feedback” decente, feeling “plasticoso” ma non “cheap” come la roba cinese…anche se poi è fatto in Cina (misteri della globalizzazione). Un vero lusso per me.

Ogni casa dovrebbe averne uno
Ogni casa dovrebbe averne uno

Provo a fare giocare la moglie. Lei accetta, io quasi sono sul punto di chiederle di sposarmi (tecnicamente siamo “solo”conviventi). La faccio mettere comoda sul divano. Sistemo il volante, che si appoggia sulle gambe, mi premuro che stia comoda. Chiedo se le serve un cuscino dietro la schiena. Poi, è il turno della pedaliera: la sistemo sotto i suoi piedi con la cura e l’amore di Gesù quando lavò i piedi agli apostoli durante l’ultima cena.

Lei è in posizione. Un po’ rigida. Ma sento l’adrenalina scorrere nelle sue vene. L’automobile è pronta sul rettilineo del classico circuito ovale: due lunghi rettilinei e due curve ampie e paraboliche quanto basta. La visuale impostata è quella “in soggettiva”, cioè la stessa che si ha seduti dietro un volante in un abitacolo di un’automobile nella realtà.

Già le ho dato le istruzioni. È facile: è come guidare un auto vera. Anzi più facile: non devi preoccuparti di inserire la marcia. Anche se è una goduria utilizzando all’uopo le levette laterali! Per utilizzare la marcia giusta devi però conoscere il circuito, tenere d’occhio il contagiri, dosare l’acceleratore, insomma come prima volta sarebbe sado-masochista scegliere una configurazione manuale del cambio marcia. La marcia automatica sia benedetta!

Lei è ferma. Fissa lo schermo, concentrata, anche se a me sembra sia più paralizzata, percossa, attonita al nunzio – Annunciazio’! Annunciazio’! – che tra una manciata di secondi è atteso il segnale del “Via!” come se fosse il Giudizio Universale.

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Allo “Start” gli altri bolidi controllati dall’Intelligenza Artificiale scattano in avanti. Lei: inchiodata sul posto. Le faccio gentilmente: “Puoi partire”. Mi guarda con espressione tra l’interrogativo, il sorpreso e l’incaxxato : “Ok ma dove è la chiave di accensione?!?”

Nascondo il mio sorriso che beffardamente nasconde un pensiero amorevolmente canzonatorio: “Che beota!”. Con il tono più mellifluo e rassicurante che riesco a imprimere alla mia voce, ancora tremante di emozione, la invito a pigiare con il piede destro l’apposito pedale situato sul lato destro della pedaliera, come si fa nella guida reale.

Scorgo in lei il guizzo di battaglie di emancipazione femminile, il fiero cipiglio della determinazione a fare prevalere quell’ideale di uguaglianza giusto, sacrosanto, per troppo tempo negato e – ahimè – ancora oggi per lo più disatteso. Con un cenno impercettibile del capo, lontana eco del gesto civettuolo di muovere i capelli (che mi fa impazzire), si libera di tutti i suoi pregiudizi sui videogiochi e si appresta a partire. Ecco! Lo sento sta per succedere.

La mia emozione è pari a quella di un pilota di Formula 1 al suo primo Gran Premio e pure in “pole position”!

Scatta in avanti! Il motore rabbioso urla i suoi fuori giri. Per fortuna il cambio automatico evita l’incidente diplomatico tra mia moglie e il motore legittimamente incaxxato.

Il rettilineo è davanti a mia moglie: si estende sullo schermo 47 pollici come un tappeto nella navata centrale davanti ai piedi della sposa, ferma sull’uscio della chiesa, il giorno del suo matrimonio.

La anticipo con lo sguardo preoccupato della curva in fondo, parecchio in fondo. Mi preoccupa, ma ce la può fare, la carreggiata è ampia, il rateo di curva moderato, morbidamente parabolico. Devo avere fiducia, ce la farà sicuramente! In ogni caso, sulla sinistra, all’interno della curva, si apre accogliente un prato per pascolarci una mandria di buoi e coltivarci la verza. Inoltre, l’auto non subisce danni. I programmatori hanno deciso così.

Ritorno con lo sguardo al rettilineo. Sono stato assente poche frazioni di secondi, ma è stata un’eternità! Trovo mia moglie con le braccia incrociate in una posizione assurda, non umana, sfida le leggi della meccanica muscolare. Un’assurda combinazione possibile solo ai miei due nani quando avevano due anni. Ora che ne hanno cinque, quella posizione procurerebbe loro una visita d’urgenza al C.T.O. e a me un principio di infarto.

Dentro di me rimbomba la prima e l’ultima frase del leader dei cinque TBM Avenger della Squadriglia 19 sul triangolo delle Bermude prima di scomparire senza lasciare traccia e finire in tutte le storie di mistero e – ciò mi dispiace – nelle trasmissioni cazzaro-divulgative come Kazzenger.

[voce tremante e quasi isterica] Non possiamo dire dove siamo… tutto è… non riesco a distinguere nulla. Pensiamo di essere circa 362 km a nordest della base…” Per alcuni momenti il pilota parla in modo incoerente prima di pronunciare le ultime parole: “Sembra che stiamo entrando in acque bianche… Siamo completamente perduti” 

La posizione delle braccia sul volante…Non posso dire dove sia…i piedi sulla pedaliera…Non riesco a distinguere nulla. Mia moglie è completamente perduta

Black out! come dopo una forte cabrata a 5 G positivi, un velo nero cala davanti agli occhi e si ha la perdita completa della vista, un “black out” per alcuni lunghissimi momenti…Ti aggrappi alla cloche tirandola verso di te. La richiamata appena in tempo prima di schiantarsi al suolo.

Chi si sta schiantando invece è mia moglie! In un concerto di lamiere, conati di giri di motore a vuoto, tip-tap tra fiancate e guard-rail, mia moglie annaspa al volante come un uomo in mare con il salvagente addosso e una palla di ferro legata al piede. Rabbia, sgomento, stupore attraversano il suo volto come quelle scritte scorrevoli sulle strisce luminose a diodi rossi “Chi caxx me lo ha fatto fare?!?”, “Videogiochi demmmerxa”. Questa è la mia interpretazione perché non ho mai sentito una parolaccia uscire dalla bocca di mia moglie. Cosa che apprezzo sommamente e in cui invece io fallisco miseramente.

Riesce – perché ci vuole impegno, una precisione da cecchino – a prendere di fianco e di muso, alternativamente, senza discriminazione, ogni metro di guard-rail e muretto che sia ai lati del rettilineo in una sarabanda cacofonica di bam, bum, crash, sbranghete, crash, porcazozz’checazpit (questi sono miei), vroom è ancora boom. La filarmonica dello scasso!

Alla fine, avrà percorso cinquanta metri, ancora in pieno rettilineo, lascia cadere le braccia inerti lungo i fianchi, sbuffa e mi guarda con rimprovero misto a dispiacere ed esplode in un “Te l’avevo detto! ‘Sti cosi non li capisco!”. Molla tutto, si alza e se ne va, lasciando sul divano il volante come una carta sporca e nisciuno se ne importa, allontana la pedaliera con un tocco tanto leggero, quanto di enorme sprezzo; da piedi al divano, la pedaliera sembra guardarmi e dire: “Non è colpa mia, eh?!”.

Rialzo lo sguardo al centro del grande schermo di fronte al divano. Fosse la realtà mi aspetterei uno scenario tipo Attila che è passato per il Vietnam nel ’67 e mi ha mandato una foto che ora vedo sullo schermo. Ma i programmatori di Gran Turismo non hanno previsto i danni all’auto. Posso subito ripartire. Come se nulla fosse.

Imbraccio il volante, strattono energicamente la pedaliera sotto i piedi, mi puntello sul divano e…dove diavolo è la chiave di accensione?!?

Con affetto alla mia compagna che sta ai videogiochi come Stalin sta al Papa e tuttavia mi sopporta e sUpporta nella vita reale.

La prossima volta che prendiamo l’auto, però, guido io.

Onda sonora consigliata: Guido piano di Fabio Concato

35 pensieri su “Donne e videogiochi: un rapporto di biblica antipatia

          1. Beh io l’ho sposato dopo averle fatto questo test: Nell’edizione raggioblue di Star Wars che contiene tutti e sei i film c’è un immagine che raffigura tutti i personaggi principali più qualche comparsa. Le dissi: “Guarda i film e se vuoi che ti sposo dovrai dirmi i nomi di questi signori qua”. Poi in una settimana per la prima volta si è vista i sei film e il resto è storia contemporanea!

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            1. Se io provo il MastroBirraio-Voight-Kampff Tesy, mi assicuro la singletudine a vita, divorzio senza passare per il matrimonio, emorragia finanziaria di alimenti e mantenimento figliolanza è una certezza di vita de stenti.
              I miei più vividi complimenti per la vostra stellare unione!

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  1. CriticaComunista

    Ho avuto delle ex con la passione per i videogames. Forte
    Una scena in particolare: io a 17 anni, lei 18, camera mia, lei sopra di me mentre gioco (tanta roba), il bong in terra che ogni tanto viene fumato per bene e tanti, troppi divertimenti. Eh eh

    Buongiorno Cap Napoli Messico!

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  2. sui “giochi di macchine” son solidale con tua moglie. Anzi, direi che accettando lei è andata più in là di quanto io sarei capace di fare. Però quelli più avventuroso/esplorativi… sono sempre un po’ in forse ma prima o poi… alcuni mi sembra abbiano qualcosa della fiaba e allora farò leva su quello per vincere le ultime resistenze mi sa 🙂

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    1. Mi aspettavo la solidarietà femminile e ci mancherebbe! Non sono un appassionato di motori e auto, quelli veri, ma nei videogiochi mi piace esplorare ciò che non potrei o posso fare. Un lusso, ammetto, che mi ricavo a ore da vampiri e sottraggo al sonno dei Giusti. In passato, il videogioco era un “affare” esclusivamente maschile, oggi – grazie a Nintendo e alle sue console portatili – le ragazze e le donne sono tante. Ed è un bene.
      Giusto per darti una spintarella al Lato Oscuro, alla fine diel post:”Videogioco: malato congenito di Sindrome di Peter Pan
      trovi una carrellata di videogioch, vecchi e recenti, che potrebbero incuriosirti. Se segui ilnk ti portano ad altri con una delle mie solite sbrodolate e un pò di dettagli in più. Se hai bisogno, basta che mi dici su che macchina potresti giocare (immagino un PC o Mac) e posso consigliarti un po’ di robetta per prenderci la mano. Ne sarei onorato e felice.

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        1. Ma io sono vecchierello e la mia memoria è più volatile di una RAM di Vic20! Allora se già ne avevamo parlato, dai che aspetti?
          Zelda è un ottimo punto di partenza per la tua propensione “fiabesca”, il problema è che per giocarlo devi per forza acquistare una console Nintendo, ma anche questo sicuramente te l’avrò già detto…;)

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    1. Gli sparatutto in soggettiva possono dare spesso questo effetto di nausea. I movimenti rapidi della telecamera virtuale inviano al cervello il messaggio che ci si sta muovendo e invece il cervello sa che stiamo inchiodati sul divano. Ma pure a Siper Mario Bros ti viene il mal di mare? E a che giochi giocavi prima che questa sfiga ti cogliesse;)?

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        1. Bel paradosso! Comunque hai finito in bellezza: Ocarina of Time è un capolavoro assoluto, forse il miglior Zelda mai prodotto.
          Giusto per informazione, se è il 3D ha darti questo disagio, ultimamente in 2D ci sono delle ottime cose. Nintendo continua a sviluppare in 2D dei signori gioco. Sono un po’ sottovalutati perché sono tutti infoiati con il 3D. Se vuoi un consiglio, non esitare;)

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  3. blurredlines2016

    che sventole per foto ….ho letto il post ieri mattina ..quando accendo il cellulare e mi arriva la notifica di un tuo post ..io già sorrido…e ho riso tanto dopo averti letto ..e i commenti sono stupendi ..allora Claudio tiro fuori il violino ..ma sai che sono sincera..sei come pane fresco con su burro e tanta marmellata ..sei allegria ..sei naturale e vero ..cosa molto rara ..e adoro leggerti….

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    1. Sapevo che suoni il pianoforte, ma pure il violino! 😉
      Che ti faccia sorridere, mi riempie di orgoglio e soddisfazione. Penso che l’ironia, l’autoironia, il sorriso sia un viatico per le fatica che spesso accompagna lo scorrere delle nostre giornate.
      Al suono del tuo violino, qui c’è Narciso che con un sorriso beota sembra la Fracci mentre danza “La Morte del Cigno”; posso affermare senza tema di smentita che la causa della morte del Cigno è il suicidio: ha visto come volteggia Narciso e ha deciso di farla finita.
      Fiato alle trombe, ti giunga come una fanfara il mio sentito grazie.

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    1. Per carità hai beccato uno dei rari generi che evito come appestati.
      Comunque c’è stato un breve periodo in cui sono riuscito a farla ingarellare a Puzzle Bobble. Poi ci ho riprovato con Heavy Rain, ma ha desistito alla seconda sessione.
      Per fortuna ho due nanerottoli di sette anni che ho già convertiti al Lato VideOscuro 😂

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        1. No,ti assicuro. Io sono un onnivoro videoludico e ci ho provato con qualsiasi cosa. La annoia terribilmente, anzi in alcuni casi la irrita (colpa mia che se sbarco a Omaha Beach alzo il volume dell’impianto surround a livelli smodati…)(…l’88 quando ti passa oltre il divano lo devi sentire)

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