Viva il Messico! Ep. #15 – Cobà, sul tetto dello Yucatàn


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It’s A Long Way To Tipperary, It’s A Long Way To Go!

La scalata della piramide. La Missione.

La prima piramide! Centoventi gradoni, stretti e sconnessi, che salgono a quota 42 metri con un’inclinazione adatta a una capra di montagna.
Che la salita sia impegnativa lo conferma la presenza di una fune di generosa sezione, tipo gomena che si trova sulle navi, fissata alla pietra ogni due-tre gradoni grazie a un anello di metallo.

Un rapido sguardo tra tutti e quattro. Finalmente la nostra missione sta per iniziare: la scalata delle piramidi dello Yucatan. In un sacrale silenzio, iniziamo la nostra ascesa. [Attacco del Coro nel tema musicale di The Mission]

La salita ci lascia senza fiato, noi animali da ufficio o studio, non abbiamo la stessa attitudine della capra di montagna: un po’ è la paura di cadere giù con rovinosi effetti, un po’ è l’emozione, un po’ la fatica.

Raggiunta la vetta, lo spettacolo che ci si para davanti, di lato, dietro, tutto intorno, ci lascia con la mascella a terra. Ci ho messo parecchio tempo prima di raccoglierla.

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Piramide di Cobà – In cima allo Yucatan! A sinistra, Claudio; al centro seduto, Lucio, al centro in piedi, Diego; a destra, Francesco. In fondo, sulla linea dell’orizzonte si intravede il Mare dei Caraibi.

La foresta è ai nostri piedi a perdita d’occhio, per chilometri e chilometri. Pensate al Gran Sacerdote sulla sommità, la folla del popolo ai piedi della piramide e, nella foresta in distanza i templi, le altre piramidi sparsi, i fuochi, ancora la foresta. Ci credo che si sentiva mandato da Dio!

Considerate che lo Yucatan è completamente piatto, privo di una qualsiasi cunetta, dosso o montarozzo assimilabile a una collina. Se guardando dall’alto, doveste intravedere una sorta di collina irta di vegetazione, Bingo! E’ una piramide! La foresta, con il tempo, ha invaso le costruzioni, si è infilata tra i massi, ne ha divelto le strutture, riconquistando quel poco spazio che l’Uomo era riuscito a sottrarre a una Natura generosa, ma spesso vista in concorrenza con lo sviluppo di una qualsiasi civiltà umana. A Cobà i segni di questa lotta tra Uomo e Natura sono evidenti e trovo straordinario l’essere testimone di questo passato.

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Piramide di Cobà – La vista dall’alto mozza il fiato!

Ho pensato al Gran Sacerdote, sulla sommità della piramide al tramonto o all’alba, o ancora meglio il giorno dell’Equinozio di Primavera e quello d’Autunno quando Kukulkàn discende dal cielo sotto forma di serpente piumato! Si sentiva davvero vicino a Dio, sotto i suoi occhi la potenza della Natura e la debolezza degli uomini, del popolo ai piedi della piramide. È tangibile il senso di onnipotenza e quasi comprensibile la ferocia e crudeltà di certi riti sacrificali. Sento quasi l’odore acre di fumo dei fuochi lontani su quella piramide laggiù. Kukulkàn lo vuole!

Più in là nel viaggio, uno di noi ha sperimentato l’onnipotenza ed è stato posseduto dallo Spirito del Gran Sacerdote…Ma questa storia verrà raccontata a suo tempo.

Spigolatura: due emozioni sono megl’che uan

Chi di voi è appassionato di Star Wars, sa che qui è capitato nella tana del Bantha; tra queste pagine di pixel c’è una copiosa “letteratura” su Star Wars. Noterete quindi una somiglianza tra la foto precedente e questo fotogramma del decollo degli X-Wing nell’ultimo disperato attacco alla Morte Nera (Star Wars IV – A New Hope)

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Inizia la Battaglia di Yavin! Red(Bavon) Five standing by…

Ebbene, queste immagini di Star Wars sono state girate a Tikal, in Guatemala, a 400 chilometri di distanza in linea d’aria da Cobà, nel Sud dello Yucatan.

Dalla vista sulla sommità della piramide, il tarlo-nerd ha iniziato a scavare. Potete immaginare l’emozione quando, ritornato dal viaggio, ho trovato le prove di questa visione in salsa mistico-maya: “Star Wars…la Battaglia di Yavin, La Morte Nera… È … È tutto vero!”

La discesa

 [Attacco del tema musicale di Momenti di Gloria]

La discesa è davvero terrificante. Assolutamente vietata a chi soffre di vertigini, anche solo da parte di fava del trisavolo da parte di madre putativa.
Sconsiglio davvero anche a chi pensa solo di soffrirne perché scoprirlo lassù vuole dire farsi venire un attacco cardiaco e, non pensate nemmeno un attimo, all’eli-ambulanza: non c’è lo spazio per atterrare.
Si scende attaccati, abbracciati, abbarbicati alla corda, che ora assume un carattere tipicamente marinaro – la salvezza per l’”uomo a mare!” – e, passo, passo, ben calcolato, si posa il piede lungo ognuno degli scalini (e sono buono a chiamarli tali!). Ogni passo è pesato, pensato, a ognuno dei 120 scalini potresti dare un nome e affezionartici tanto da snocciolare i 120 nomi che ti hanno salvato la vita, nelle tue preghiere che, dopo questa esperienza, reciterai ogni sacrosantissimo giorno al vespro.

Foto da web
Piramide di Cobà – Vista della scalinata dalla sommità (Foto da web)

La mia discesa si tinge di toni ancora più drammatici.
Le mie doti di scalata e discesa sono rinomate dai tempi di quando giocavamo a pallone da ragazzi: rimanevo appeso a metà della ringhiera, non un balzo al di qua, non un balzo al di là. Non soffro di vertigini, ma l’atto di cercare un qualsiasi percorso, anche tra gli scogli al mare, mi porta a scegliere un C.P.M.(metodo del percorso critico) che finisce immancabilmente in un salto mortale nel vuoto o buio baratro che metterebbe paura pure al Balrog di Khazad-Dum, a passaggi impensabili da colmare anche dai Nani di Moria e fare rinunciare certi politici alla balzana idea che il Ponte sullo Stretto sia necessario e deve essere a campata unica.

Inizio la discesa con una discreta tremarella alle gambe, generata per semplice sinapsi allorquando il cervello ha ricevuto dal nervo ottico le informazioni riguardo la ripidezza della discesa: guardando in basso, non si riconoscono i gradini, è un’unico piano parecchio inclinato.
Una vista che lascia i neuroni immobili sul posto, rivolgendo lo sguardo e i palmi delle mani in alto nell’Alto dei Cieli con un unica domanda: “Ma chi me l’ha fatto fare?!?”

Alea iacta est! Non vi è una via di ritorno, se non quella in discesa. Il Rubicone sarà stato pure freddo, ma vi assicuro che la discesa della piramide è stata un altrettanto gesto eroico che entra di diritto nei nostri annales.

Per niente convinto di portare a casa la pelle o comunque tutte le ossa intere, approccio i primi gradini: fronte avanti – almeno se volo, mi godrò la caduta di Icaro, pirla, ma pure sempre Icaro – sedere rasoterra alla pietra, un piede giù, di lato, piano, la mano si appoggia e segue l’altro piede. Trascino così il resto del corpo, con l’andatura di un invertebrato del Pleistocene. Guardingo e circospetto come una gazzella finita per errore nell’annuale raduno dei leoni, ma ancora i felini non se ne sono accorti.

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Piramide di Cobà – Vietato volare. Dall’alto in basso: tipa bionda probabilmete campionessa di discesa libera; Claudio in posa fetal-terrorizzata; Lucio quasi salvo.

Strisciando in tale modo per circa un quarto dell’intera discesa, vengo superato da una ragazza, che scende i gradini come se scendesse le scale di casa. In piedi, fronte avanti, ben eretta, mi sfila di lato, facendomi sentire quanto la mia situazione non sia di estrema sopravvivenza, ma super-fantozziana. Bofonchio ad alta voce “Ecco, sta passando Messner!” e la tipa bionda, probabilmente tedesca, mi capisce, mi rivolge per un attimo lo sguardo e ha il tempo di sorridere, continuando poi la sua discesa di scale a una velocità imbarazzante.

Per fortuna, il mio orgoglio è da parecchio che risiede dalle parti delle mutande, quindi non mi sfiora neanche per un micron l’idea di riappropriarmi della dignità dell’Homo Erectus e discendere la piramide come ci si aspetta da un bipede.

Non faccio in tempo a riprendermi da questa vista, che mio fratello Lucio, ormai giunto oltre la metà della discesa con una tecnica assai più dignitosa della mia, praticamente in salvo, si preoccupa, con la sua solita e grande generosità, di elargirmi consigli su come procedere “Non mettere i piedi lì, metti i piedi così, spostati di lato…”.
Tale urla da basso hanno l’effetto di mortificare il mio orgoglio tanto da fargli rialzare la cresta e farmi urlare all’indirizzo di mio fratello, che si becca un meritatissimo “F-a.-t-t-i i cazzi tuoooooi!”, che rimbomba nella distesa verde circostante con tanto di uccelli che svolazzano spaventati.

Tutti, incolumi, raggiungiamo la base della piramide. Non sappiamo nemmeno noi come e, sopratutto, come ci sia venuta in mente tale malsana idea proprio a noi quattro napoletani: siamo un popolo di marinai, non di scalatori. Lanciamo un ultimo sguardo alla piramide, percorrendone la scalinata fino alla sommità e, infine, ne torniamo giù, scambiandoci un’occhiata di grande soddisfazione.
Negli occhi del solito pragmatico, a tratti tragicomicamente cinico, Diego ho letto invece un: “Uaneme’ che culo!”

Torniamo, dunque, sui nostri passi verso l’automobile – diventata ormai un forno crematorio – ma prima di salutare Cobà, ci fermiamo davanti a un improvvisato corteo, che attraversa il sentiero, e vediamo apparire, uno di seguito all’altro, nel giro di cinque minuti, nel seguente ordine:

  • una tarantola, grande quanto una padella per cucinare un paio di uova all’occhio di bue
  • un serpente lungo un paio di metri
  • un porcellino (che diamine ci fa lì?!?)

Alla luce di ciò che vedremo a Chichén Itzà e in altri siti archeologici, ritengo che Cobà sia il primo da vedere perché restituisce più genuinamente la sensazione di “esserci” prima che gli Spagnoli sbarcassero. Restituisce, inoltre, l’emozione degli archeologi, che per primi hanno scoperto queste antiche vestigia di un passato pensato perduto: le piramidi, strane “colline” sulla spianata dello Yucatan, silenziosi testimoni del Tempo, nascosti sotto un manto di erba, fusti, alberi e liane.

E ora verso Valladolid per un meritato riposo alla fine di questo settimo giorno, proprio come nostro Signore comanda.

E chi non viene con noi a Valladolid, che l’ultima tortilla nel piatto gli vada di traverso.

Onda sonora consigliata: Vuela (Reggaeton Flamenco) di Maka

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35 pensieri su “Viva il Messico! Ep. #15 – Cobà, sul tetto dello Yucatàn

    1. “Muy tranquila”, dai retta ai messicani “muy tranquila” e se ce l’ho fatta io, è una garanzia più delle pentole fondo in acciaio diciottodieci-il-migliore. E’ una bella scarica di adrenalina, che quando arrivi giù, ti viene da baciare la terra e rendere grazie al buon Signore di non averti dato un paio di ali da pollo, che non ti avrebbero di certo salvato, anzi probabilmente ti avrebbero assicurato una fine da galletto amburghese già aperto pronto per la grigliata sulla brace, solo perchè con le ali ti sentivi un gran figo di volatile.
      Sensazione di onnipotenza da provare, almeno una volta nella vita.
      Vuoi mettere sentirsi così:

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            1. Aha! Si que bueno. prendi il frutto del platano, che sembra una banana, ma non lo è. Il platano è detto anche il “pane dei Caraibi”. Lo tagli a fettine e lo friggi in olio ben caldo. Puoi servirlo anche con del miele o con un po’ di cannella. Se ti sta sulle balle, un diabetico, lo puoi fare fuori con una padellata di platano frito y crujiente (croccante)

              Che fai allora? Rimani su a giocare alla Grande Sacerdotessa?

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                1. Scrivi “schiuma alla bocca”, che “bava alla bocca”potrei fraintendere a un rito cannibale o uno erotico….Se questa mia ultima frase ti sembra sibillina ma ancora di più idiota, guarda l’About e scoprirai l’arcano nascosto tra le parole. Buongiorno mysterioso, Tati 😉

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                    1. Certo che ho capito! E mi ha imbeccato il buon Paolo al commento sotto…Tu ti inerpichi per sentieri montani eh?!? – braccia ad anforetta sui fianchi e sguardo sgamato di Narciso – E poi non vuoi scendere da un montarozzo, che qui non verrebbe segnalato sulle carte nemmeno come “semi-collina”?
                      Tu aspiravi al platano frito o altra leccornia, eh?
                      Dimentichi che qui c’è – guardo verso il basso al mio fianco – un vero professionista del ricatto gastronomico dolciario. Vabbè ormai il platano è fritto…Che fai, non lo mangiamo insieme? Dai, che preferisci miele o cannella?

                      *Cognomi*
                      possiamo dirci fortunati dei nostri cognomi, almeno ci hanno insegnato un po’ di autoironia.
                      Io poi mi sento fortunato a essere maschio, perché se fossi stato una donna, puoi immaginare le risate se mi fossi sposatA con un tipo che fa di cognome “Bocca”…”Bava in Bocca”. Sarei finito tra le barzellette che si raccontano gli impiegati al Comune…
                      Posso però cercare in moglie la sorella di un tipo che ho conosciuto sotto il militare che faceva di cognome “Saliva”…Saremmo la coppia più scivolosa di sempre!
                      ooooh! NARCI’ e mentre io chiacchieravo con Tati, tu e lei vi siete strafocati tutto il platano frito?!?!

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                    2. ahahah!
                      punto uno: non si parla di me quando non ci sono, mannaggiavvoi! 😀 comunque, si che scarpino e vado in montagna… non è l’altezza ma la ripidità della vista… dalle foto sembra una cosa altissima… se mi dici così… ci posso riuscire, forse, zampettando… MA L’ACERO FRITTO LO VOGLIO!
                      punto secondo: mannaggialochettaetuttelepaperetteinfila! hai centrato in pieno il mio essere golosaura come pochi sulla terra…
                      punto terzo: Narcì è così caruccio, mentre parlavi ne prendeva due pezzi, uno per sé e uno per me… che dovevo fare? rifiutare?
                      ;D

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                    3. Partiamo dalla fine.
                      Punto tre.
                      Mapperché Mannaja la Miseria (tiè parlo ancora più terrone di quanto io sia!) quando arriva Narciso, tutti sono così carini con lui? Tutti subito prendono le difese di quell’adorabile di aspetto, ma autentica piaga d’Egitto per chi ci è costretto a convivere…Fidati, io lo conosco da 48 anni, mica bubbole!

                      Punto due.
                      Si dice che l’uomo va preso per la gola, ma per evitare che mi si intimi l’applicazione delle fottute “quote rosa”, ciò vale anche per le donne.

                      Punto uno: non c’era malizia a parlare di te tra Paolo e me. Poi Paolo è – per definizione – l’uomo senza Malizia (certo che quando suda, diventa un po’ un problema…)

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                    4. ahahah!
                      sono indecisa se partire dalla fine ( che sarebbe il tuo inizio) o dall’inizio mio ( la fine tua – scusa, detta così suona malissimo!) o dal mezzo…
                      facciamo così:
                      punto fungo: so che siete personcine carrrrine e deliziose, lo facevo solo per fare un po’ di casino e nulla più.. 😀
                      punto fragola: Narcì è carinerrimo ( ma alla fine è un pezzetto di te, quindi gongola e piantala di fare la guerra!)
                      punto pasticcino ( come poteva mancare): ringrazio il nervoso che mi contraddistingue, mangio la qualsiasi e son golosa che nonesisteidea, valgo 15 quote blu ( saranno blu, quelle non rosa?)!
                      punto urcamalura: dimenticavo che i reali motivi per cui non potrei MAI fare una cosa come quella descritta, non sono i gradini, non sono le vertigini… I RAGNIIIIIIIII!!!! ( muoio al solo pensiero)

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                    5. Aha! E questa a Roma si dice “buttarla in caciara!”. E sia!
                      Punto croce: con Narciso non sono mai in guerra, definiamola pure, alzando il dito indice e stringendo la bocca “a culo di pollo”, che è una “conflittualità di tipo fertile”. Narciso in questo preciso momento mi ha mandato a cagare…Vedi a fare l’umile e porgergli la mano? Narciso, la mia croce. Me l’abbraccio e – vieni qui, non scappare – me lo bacio tutto!

                      Punto broccatello: quali ragni! FossAmaronna un ragno, quella era una tarantola che nel Salento se le sognano! Altro che Festa della Taranta…La tarantola gli fa la festa a loro! Comunque, la tarantola non la incontri, a meno che ti infratti per la giungla da sola, il che ha poco senso per due motivi: 1) si sa che la giungla è pericolosa. Pure dai libri dei bambini. Poi, se ti capita di sentire un urlo raccapricciante e chiedi alla guida:”un giaguaro eh?” e quello ti fa:”no, è una scimmia urlatrice”, capisci da solo perché Cappuccetto Rosso è una con un gran culo.
                      2) il numero minimo per nfrattarsi nella giungla è due: in due avrebbe già un senso, pericoloso ma – si sa – certe cose c’è la moda di farlo in posti strani…Pare sia più figherrimAssimo…Mah.

                      Punto stella: non siamo persone carine, ti sbagli. Paolo è adorabile (Mela docet), io invece un f(r)igo.

                      Punto catenella:
                      le quote blu, rosa o altro colore sono un’invenzione di un gruppo di daltonici al Parlamento.

                      E questa te la sei chiamata!

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                    6. Porcapalettasecchielloetutteleformineinfila ! Questa riesco a reggerla solo perché è dei Cure ed è bellerrima. 😛
                      Non negarlo siete tutti e due personcine deliziose!
                      Cacchio! Non potrò mai andare in Salento… Io che ci speravo prima o poi ;(
                      Narcì!… Epperò non puoi stuzzicare in continuazione, stiamo parlottando, lasciali anche un po’ stare … ( meglio così ? Pari patta?)

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  1. Che storia!
    (un inciso: le maledizioni rivolte al lettore che si perdesse la puntata mi fanno scompisciare…)
    Ma torniamo a noi. Tati, si schermisce, ma sono portato a credere che non soffra troppo di vertigini e se la cavi abbastanza bene su sentieri irti e accidentati. Ho notato, però, sulla mia pelle, che le cosiddette vertigini possono anche aumentare con l’avanzare dell’età…
    In ogni caso, le foto rendono bene l’idea della difficoltà e mi chiedo cosa sarebbe senza quelle preziose cordicelle da “ferrata”. Certo la tua musa transalpina fa un po’ da contraltare (un po’ come i bambini di tre anni che scendono senza racchette sulle piste nere, o le nuotatrici che scivolano sull’acqua sfilandoti accanto, pinnando leggiadre e liquide, che all’apparenza non fanno nemmeno fatica). Ma che ci vuoi fare? Nella vita, ognuno ha le sue prove da affrontare.
    Davvero suggestive le piramidi, e quel mare di vegetazione (un mare calmo, piatto) nel quale sono immerse. Hai reso benissimo l’idea di quello che dovevano essere i riti. E non oso immaginare cosa sia lo spettacolo notturno del cielo da lassù. Parrà di parlare con le stelle, di entrare in contatto con le forme di vita che abitano il Cosmo.
    E che dire dell’apparizione finale? (una strana compagnia; ricorda un po’ la storia del lupo, il cavolo e l’agnello al guado del fiume… ma qui: chi mangia chi?) Avevo sentito parlare delle tarantole, comunque… Di certo, dopo averne avvistata una, dormire in un capanno col pavimento di sabbia non deve più avere lo stesso sapore…

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    1. Tati, secondo me, aspetta lo zuccherino per essere portata giù e gliel’ho proprosto (vei commento con foto cucculenta a corredo). La “cordicella” è ben poca cosa perché quando sei lì l’unica cosa che puoi fare è scendere con il di-dietro ben piantato a terra (tecnica adoperata a Chichèn Itzà) e raccomandarsi al Creatore nel caso scivolata ti incorra. La presa alla “cordicella” è tipo mano saponata, visto che il sudore è freddo. Ok, la sto buttando in teatro, ma a mente fredda e ricordo lontano, è solo una certa dose d’incoscienza che ti fa fare queste cose. Poi mettici che il “branco” comanda e noi come branco eravamo scalcagnato, ma compatto. I tre Moschettieri Maya + un dio Maya, che non rivelerò se non a tempo debito.
      Il cielo stellato è qualcosa di fantastico, La Via Lattea offusca il cielo, con le sue stelle fitte fitte e pianeti e Dio solo cos’altro, la volta celeste è un immenso “nebbione” luminoso, che sis taglia contro il nero della notte. A Tulum, nel nostro pernotto a Osho Maya abbiamo goduto di una vista, comparabile solo a quella in Africa, un totale spreco di romaticismo; se avessi avuto una tipa a portata di chiacchiera, era finita per lei!
      Il trittico finale rimane un vero mistero: l’hai descritta bene perché è stata la mia stessa sensazione. Sembrava uno scherzo, una puntata del Mupper Show, una “processione” fatta a uso del turista. Il porcellino che trotterellava alla fine del corteo pareva uscito da una puntata di Yattaman o altro cartone demenziale nipponico.
      Dormire in un capanno con il pavimento di sabbia non l’abbiamo sprimentato, ma lo sconsiglierei non tanto per le taratole, ma per i mosquitos. Le zanzare sono davvero fameliche. Silviatico raccontava tra i commenti che è un turista-fai-da-te, che ha dormito su un’amaca all’aperto a Palenque, la mattina dopo l’hanno dovuto portare all’ospedale perché le zanzare l’avevano martorizzato. Non fatelo!
      Oltre che a SuperQuark, sta diventando pure un sito serio di consigli di viaggio Oh! Robetta di lusso…

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  2. LAURA

    Semplicemente strepitoso …. già finiti gli episodi!! E adesso che faccio??? Nel frattempo vado a rivedere le mie foto stampate 10×15 e riposte nell’apposito album — c’ero anche io quell’anno (1999!!!!!!!!!!).
    Complimenti ancora, mi hai fatto rivivere quel viaggio, uno dei più belli e leggendo mi sono molto divertita, a tratti ridevo da sola!!!

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    1. Come già finiti?!? Ho ammorbato la gente qui in giro, che per affetto ancora mi degna di un clic, sono a quota 15 “episodi”, anche di una certa lunghezza, poco web-amichevoli, non sono nemmeno a metà del viaggio, ci ho tirato nel mezzo pure un racconto sull’episodio di Batmancito (che ancora devo completare) per un totale di 19 spataffiate di caratteri e concetti confusi e tu…”Già finiti?!?” Uggesummaria e qui sono uno (vabbè poi c’è pure Narciso…), c’avrò pure ‘na vita sociale (utilizzare l’apposito lanternino)…Non sono mai contenti questi avventori della mia webbettola 😉
      A parte le facezie che, come vedi, rotolano giù come una testa dai gradoni della piramide, sono molto contento, anche perché sei una testimone oculare…e quando arriverò a San Cristobal dovrò stare attento a quello che scrivo 😉
      Se vuoi contribuire con quello che hai vissuto tu in Messico, accomodati.
      Un giro di tequila per tutti! Offre la Casa.

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