Viva il Messico! La Classifica della Vongola


SambaDeAmigo

Questo non è proprio un post, ma è una pagina di “servizio” per il diario-uno-strappo-e-via! del viaggio in Messico. Qui verranno riepilogate tutte le “vongole”, ovvero “perle” che devono mai mancare in un viaggio affinché assurga a “leggenda” e che in questo viaggio non sono di certo mancate. Anzi, direi proprio l’opposto. The Legend will never die! (e chi becca questa citazione vince una maracas originale di Samba De Amigo!)

“La Classifica della Vongola”, cioè la classifica delle “Frasi celebri”, ovvero frasi, parole o semplici fonemi che renderanno indelebile il ricordo di questo viaggio. Per “vongola” in napoletano si intende una “baggianata”, uno “strafalcione”, sì insomma ’na cazzata.

Formazione di viaggio:

I quattro caballeros conquistano la prima piramide! Da sinistra: Claudio Lucio, Francesco. Quello con il cappello e la maglia della nazionale svedese non è un intruso vichingo, ma Diego [Ruinas di Cobà, sulla cima della piramide – foto by RedBavon]
  • Francesco (detto Frank, detto Palmera, detto…dagli innumerevoli nomi), carissimo amico di mio fratello e me.
  • Diego, compagno di banco di mio fratello per tutto il liceo, genio e tantissima sregolatezza, diventato perciò carissimo amico pure mio.
  • Lucio, mio fratello minore.
  • Claudio (come sarebbe chi è?!?)

Di seguito l’elenco, che verrà aggiornato fino al’ultima tappa, quindi le “vongole” sono in ordine cronologico e non d’importanza. Alla fine, come in tutti le competizioni serie, verrà eletta la “Reginetta delle Vongole”.

Come gli Azzurri nella storica partita a carte sull’aereo di ritorno da Madrid dopo la vittoria dell’Italia ai Mondiali del 1982, i quattro caballeros si sono affrontati in serrate partite di scopone dallo Yucatan al Chiapas.

#1. “L’Aurea Regola dell’Appariglio e dello Spariglio”

In Ep. #4 – United States of Scopone

Autore: Diego. Luogo: ogni luogo dove è stato perpetrato il rituale dello scopone scientifico.

Il mantra ripetuto in tutte le partite di scopone, dalla prima a una delle ultime e decisiva tenzone in una cornice di paradiso naturale, al tramonto sotto le palme su una bianchissima spiaggia di Isla Mujeres.

Definizione: “Si appariglia quando si è di mano e si spariglia quando non si è di mano”. Diego docet.

Questa tecnica sopraffina porta notevoli benefici ovvero: la presa di tutti i “7” (la famosa presa dei 7!), la facilità nel ricordarsi le carte già uscite, la matematica certezza di scope finali. Lucio, negazionista di detta aurea teoria, dissente con sommo disappunto del compare Diego e ottimi risultati per gli avversari. Urge lezione di ripetizione.

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Cookie così deliziosi da conservare l’incarto. Mai più ritrovati.

#2. “Some solid”

In Ep. #5 – “C” is for “cookie”!

Autore: Diego. Luogo: in volo da Newark a Houston.

Richiesta di Diego alla hostess di avere necessità di ingurgitare “some solid” intendendo letteralmente “qualcosa di solido”. Il volto dell’assistente di volo assume l’espressione tra il trasfigurato e il tumefatto. L’insistenza di Diego, che ostenta una granitica sicurezza sulla propria conoscenza della lingua inglese, fa venire dubbi alla donna americana sulla prorpria madre, il luogo dei suoi natali e la lingua che le ha insegnato. Dopo qualche minuto, l’hostess torna da Diego con una generosa porzione di “cookie”, ammontante a ben 2 confezioni di biscotti al cioccolato finissimo, non si sa bene in base a quale traduzione.

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La ragazza accanto a Diego non stava leggendo questo libro, ma ha sicuramente desiderato un esorcista che lo liberasse dal nostro compagno di viaggio

#3. “Muy religiosa?”

In Ep. #6 – Como México no hay dos!

Autore: Diego. Luogo: in volo da Houston a Cancun.

“Muy religiosa?”, così secca senza verbo e a bruciapelo è la domanda di Diego a una bella ragazza (che si scoprirà essere portoricana) seduta per disgrazia accanto. La domanda, servita per rompere il ghiaccio, viene dalla (mal)sana curiosità di Diego alla vista della copertina del libro, che la ragazza si appresta a leggere: un donna nuda con un grappolo d’uva a coprire la sola zona “strategica”. Che c’entra la religione?!? Chiedetelo a Diego.

Il bello è che la conversazione si protrae per tutte le due ore del volo con addirittura una rocambolesca spiegazione dello “sciopero” a scuola, cioè quando si faceva “sega” (a Napoli, detto “filone”). Spiegazione in pieno stile “Noio volevàn savuàr” nella celebre e indimenticabile scena sulla piazza del Duomo a Milano nel film “Totò, Peppino e la malafemmina”: un inglese sfoggiato senza imbarazzo, ma oltremodo imbarazzante, tracce di una lingua imparata superficialmente a scuola, resa irriconoscibile anche ai madre-lingua a causa dell’interpretazione, a dire poco, personale di Diego.

La ragazza ha riso per tutto il viaggio, non è riuscita a leggere una sola pagina del libro e – con somma delusione di Diego, animo sensibile – non ha degnato di un saluto al momento del commiato. Forse era più interessata al libro che alla conversazione? Napoletano forse invadente, portoricana maleducata. Un sorriso, cosa costa?

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“Grintosi!”, il mantra ispiratore di un uomo, un mito…ma che dico?! Molto di più! E’ Francesco! [Playa del Carmen – foto by RedBavon]

#4. “Grintosi”

In Ep. #7 – A Playa, grintosi!

Autore: Francesco. Luogo: ogni sacrosantissimo luogo e, preferibilmente, ogni benedettissima mattina.

“Grintosi”, parola preferita dal Palmera per dare il buongiorno o spronare il gruppo degli altri mentecatti a superare le difficoltà o, più sinceramente, i momenti di lassismo senza ritorno. La perseveranza di Frank sfiora la maniacalità e ricorda la goduria dell’aguzzino a torturare i condannati. Diabolico.

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Diego nella bellezza del Technicolor. E ci sta da Dio. Copricapo caprese sorprendentemente intonato. [Playa del Carmen – foto by RedBavon]

#5. “Vafanculo” (con una “f”)

In Ep. #7 – A Playa, grintosi!

Autore: Diego. Luogo: ogni sacrosantissimo luogo e ogni benedettissima mattina.

Saluto immancabile e puntuale di Diego per dare il buongiorno al paziente Lucio. Anche in questo caso, si rileva una certa ossessione patologica nel soggetto (psichiatrico). Lungo il viaggio è diventato il contro-saluto mattutino di Diego al resto dei compadres. Se una mattina, non l’avessimo udito, significava che ci eravamo perduti per strada Diego.

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Se fosse pure passata un’automobile, con quelle gambe pelose ci avrebbe tirato sotto [Cozumel – foto by RedBavon]

#6. “PalaRcal…PalAcal…Pa-laN-car!” ovvero dell’ossessivo storpiamento dei nomi da parte di Francesco

In Ep. #9 – Cozumel. Don’t worry, be happy!

Autore: Francesco. Luogo: Cozumel.

Scrive Francesco:

[…] Decidiamo di fare la prima tappa (NdClaudio:<rullo di tamburi>…Assafà ’AMaronna!) in una località chiamata San Francisco (in mio onore, penso!), ma a causa della solita sbadataggine , la superiamo.
La località successiva si chiama Palarcal (o qualcosa del genere, correggimi Claudio se sbaglio) (NdClaudio: Palancar). Ci fermeremo lì
…Se la troviamo.
In effetti, non è tanto semplice individuare le località a Cozumel, vuoi per la scarsità di indicazioni stradali, vuoi per le dimensioni delle località stesse, individuabili dalla presenza di costruzioni non più grandi di un beach bar.

A ogni modo arriviamo a un incrocio con una strada sterrata e una freccia su un cartello indica che siamo in prossimità di Palacal (NdClaudio: sarà un refuso, sarà che Frank è sullo sbadato sbandante in fatto di nomi, ma questa non è una seconda località: è sempre l’originaria “Palarcal”, anzi Playa Palancar).

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– “Clà, ma tu sei sicuro che questa è la strada giusta per i bagni?!” – “Lu’, ho i miei dubbi ma Francesco ha detto ‘Ci penso io a chiedere informazioni! Ci penso io!…Io che ne saccio!?!”. – “Mmmh fa una foto così la mamma avrà un ultimo ricordo quando la polizia messicana ritroverà le nostre ossa…”. [Chichen Itza, interno del Tempio di Kukulkan – foto by RedBavon]

#7. “Damage against terz” (pron.: damag aghenst terz)

In Ep. #10 – Intervallo e addii

Autore: Francesco. Luogo: Playa del Carmen.

La frase pronunciata da Frank con una sicumera sconcertante a uno sbigottito operatore dell’agenzia di noleggio auto “Nacional” è la traduzione, azzardata alquanto, di: “danno contro terzi”. Il preciso Francesco vuole tutelarsi da eventuali danni causati da terzi all’auto che ci apprestiamo a noleggiare per fare il giro della penisola yucateca. Alla faccia esterrefatta dell’interlocutore, il grande Palmera (ho perso il conto dei soprannomi di Francesco…) viene colto da scrupolo, magari il messicano non parla inglese (NdC: invece noi, Francè?!?)…Cerca allora di farsi capire con un buon uso di gestualità e scandendo più lentamente la frase, che segue tra-gi-ca-men-te: “damage against third parties”. Non abbiamo mai capito come funzionasse esattamente la copertura dell’assicurazione auto.

[…] Avevamo un’unica paura, la paura fottuta che qualcuno – anche solo per sfregio – ci grafiasse la carrozzeria…Non eravamo sicuri quali danni fossero coperti, ma una certezza l’avevamo tutti: alla consegna dell’auto, ci avrebbero “spennati” e adiós viaggio.

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Chevrolet Chevy Monza 1999, questo il nostro bolide a noleggio, usato per girare lo Yucatan. Il modello è lo stesso, forse la verniciatura era di un rosso più brillante, ma questa ho trovato sui siti del Mercato dell’Usato del Messico…[foto da web]

#8. “Drof opp”

In Ep. #10 – Intervallo e addii

Autore: Francesco. Luogo: Playa del Carmen.

Intrappolato in un turbinio di lingue più vicine al Maya antico che a qualsiasi altro idioma parlato sul globo terrestre, a partire dal “damage against terz” Frank s’infila in un tunnel senza ritorno che lo porta a proferire le seguenti due parole: “Drof opp” ovvero la consegna dell’automobile in un luogo diverso da quello del ritiro (cioè “drop off).

L’effetto sul già provato operatore del noleggio auto “Nacional” è quello di una bacchetta magica scaricatagli addosso con l’incantesimo “paralisi”, imbambolato in un loop di “error 404 page not found” e “¿qué coño dicas?”
“Drof opp” è in realtà il risultato di una situazione neurologica simile alla situazione intestinale di ognuno di noi, dopo i primi esperimenti gastronomici messicani, che perdurerà per tutto il viaggio all’insegna di un’alquanto opinabile coerenza linguistica.

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Da sinistra: Diego, Claudio, Francesco. Alle spalle, il famoso El Tortiglion! [Ruinas di Tulum – foto by RedBavon]

#9. “El Tortiglion”

In Ep. #14 – Da Tulum a Cobà

Autore: Francesco. Luogo: sito archeologico di Tulum.

“El Tortiglion” è la definizione personale di Francesco di “El Castillo”, la costruzione del tempio Maya principale delle ruinas di Tulum. Il primo di una lunga serie di nomi storpiati e assoggettati alla contorta, distratta e  con-fusa mente del mitico Frank. Adorabile uomo, anche per questo suo caratteristico aspetto.

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Donna sconosciuta in alto. Claudio al centro , Lucio in basso alla scalinata o, meglio, dirupo a scalini. Pochi attimi prima di scatenare l’urlo: “F-a-t-t-i i cazzi tuoooooi!” [Ruinas di Cobà, discesa dalla piramide – foto by RedBavon]

#10. “F-a-t-t-i i cazzi tuoooooi!”

In Ep. #15 – Cobà, sul tetto dello Yucatàn

Autore: Claudio. Luogo: durante la perigliosa discesa dalla piramide di Cobà.

La piramide di Cobà è la nostra prima piramide: centoventi gradoni, stretti e sconnessi, che salgono a quota 42 metri con un’inclinazione adatta a una capra di montagna. Se la salita è impegnativa, la discesa è terrore puro. Dalla sommità, guardando in basso, non si riconoscono i gradini: è un’unico piano inclinato.

Affronto la discesa fronte avanti – almeno se volo, mi godrò la caduta di Icaro, pirla, ma pure sempre Icaro – sedere rasoterra alla pietra, un piede giù, di lato, piano, la mano si appoggia e segue l’altro piede. Trascino così il resto del corpo, con l’andatura di un invertebrato del Pleistocene. Superato da una tipa che scende tranquillamente come se stesse facendo le scale di casa, ribattezzata perciò “la moglie di Messner”, sono a un terzo del perglioso percorso: mio fratello giunto quasi in fondo, praticamente in salvo, si preoccupa, con grande generosità, di elargirmi consigli su come procedere: “Non mettere i piedi lì, metti i piedi così, spostati di lato…”.
Tali accorati suggerimenti hanno però l’effetto di farmi saltare i nervi già messi alla frusta dalla precaria situazione d’improvvisato equilibrista. Senza alcuna vergogna e traccia di gratitudine, urlo con tutto il fiato a mio fratello:

“F-a-t-t-i i cazzi tuoooooi!”.

L’urlo echeggia nella distesa verde circostante con tanto di uccelli che svolazzano spaventati dalle cime degli alberi.

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Secondo Francesco, la famosa collana di guide turistiche si chiama così: ONly Planet

#11. “Only Planet”

In Ep. #20 – Mérida, llegamos en La Ciudad Blanca

Autore: Francesco. Luogo: ogni volta che si nomina la guida Lonely Planet

La guida Lonely Planet per Francesco è un tarlo fisso per tutto il viaggio, quando la nostra bibbia, la Rough Guide del Messico, mostra qualche “défaillance” e ci fa piombare nel “buco nero” dei dubbi del Turista. Nel nominarla, come per una sorta di rifiuto inconfessabile, ne storpia il nome in “Only Planet”. Se dovessi interpretare questo storpiamento inconsapevole, mi viene da pensare a:

1)  un libro “osho” sulla corretta vita in armonia con il Pianeta;

2) un libro di teorie apocalittiche per cui il Pianeta Terra è destinato a perdere l’orbita solare e vagare in eterno alla deriva nello spazio a causa di un meteorite grosso come Pescasseroli precipitato nell’Oceano Atlantico, in contemporanea, a un incidente causato dai neutrini “impazziti”, come la maionese, in anti-materia sotto il tunnel del CERN all’altezza proprio di Pescasseroli (ci aveva avvisato un certo Ministro dell’Istruzione…)

3) una definizione della collana decisamente presuntuosa da parte dell’Editore.

Francesco riuscirà a pronunciare “Lonely Planet”, ma lo affibbierà a un’altra cosa. Come Dovevasi Dimostrare.

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La piramide del Adivino: più che una salita, è una scalata [Foto da mayaruins.com]

#12. “Uxmal! In verità, io sono Il Grande Uxmal!!!””

In Ep.#22 – Uxmal…e la Rivelazione di un Antico Segreto

Autore: Francesco. Luogo: il sito di Uxmal.

Sarà stata l’aura di mistero e la maestosità minacciosa della Piramide dell’Adivino, Francesco viene colto da una fulminazione megalomane e mistica insieme!

Sfuggendogli evidentemente il significato di Uxmal, cioè “ricostruita tre volte”, d’un tratto, senza motivo apparente, si rivolge verso noi compagni di viaggio e, con le braccia alzate e il tono delle più solenni (auto)proclamazioni, proferisce le seguenti parole: “Uxmal! In verità, io sono Il Grande Uxmal!!!”, convinto che “Uxmal” volesse significare qualcosa d’importante, che fosse il nome di un capo prestigioso e assai potente. Vallo a capire…

« Annunciaziò! Annunciaziò!..Tu Francè, Francè, sei il figlio del Serpente piumato, Uxmal ti ha dato la buona notizia…Annunciaziò! Annunciaziò! »

Noi tre ci guardiamo negli occhi, in silenzio, non ribattiamo nulla, non battiamo ciglio. Attoniti al nunzio restiamo. Con il senno di poi, mi sorprendo che non lo abbiamo mandato a pascere o iniziato a ridere a crepapelle. L’abbiamo preso talmente sul serio che ancora oggi chiamo Francesco “Grande Uxmal”.

Da questo momento in poi Francesco verrà chiamato Uxmal; gli viene riconosciuto, infatti, tale maya denominazione all’unanimità in virtù di varie interpretazioni di Diego, Lucio e me:

  1. data la recente operazione al ginocchio del buon Francesco, “Uxmal”, cioè “ricostruito tre volte”, è un chiaro riferimento alla ricostruzione del legamento crociato;
  2. considerata la statura di Francesco – un metro e sessantasette centimetri – si allude ai vari tentativi (tre, tutti falliti evidentemente) di ricostruire meglio non solo il legamento, ma entrambe le gambe;
  3. un misto tra la 1) e la 2)

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Santa Elena 1999. Su questa strada Francesco ci stava portando in Guatemala, distante appena un migliaio di chilometri [Santa Elena – foto by RedBavon]

#13. “Escuciame señor, para TicAL?””

In Ep.#23 – Para Ticul?

Autore: Francesco. Luogo: A Santa Elena in direzione di Ticul.

Se oggi con il GPS ti perdi lo stesso, almeno risparmi le figure di merda

Dopo Uxmal, siamo diretti a Ticul. Giungiamo in un paese sperduto, che scopriamo poi essere Santa Elena. Mentre procediamo quasi a passo d’uomo tra le case di un abitato sconosciuto lungo una strada sterrata, nell’abitacolo le ipotesi di dove siamo si sprecano neanche fossimo nel pieno di una concitata sessione di gioco di “Indovina chi”. Le mappe non ci confortano e, con lo sguardo, siamo tutti alla ricerca di un’anima viva cui chiedere informazioni per Ticul. Sembriamo i marinai sulla coffa della Niña, Pinta e Santa Maria alla ricerca di terra all’orizzonte.
A un tratto, apparso dal nulla nel nulla, un anziano signore in bicicletta pedala flemmaticamente nella nostra direzione. Terra! Terra! Terra!

La salvezza è a qualche pedalata da noi. Francesco rallenta ad arte e blocca l’auto, nel momento in cui il signore passa accanto alla nostra Chevy Monza, che spicca tra le cabañas come il Titanic ormeggiato a Portofino. L’uomo è almeno sulla sessantina, brizzolati tendenti al bianco i suoi capelli così come i suoi baffi, gli occhi neri incassati in un viso di un bel colore miele e solcato da numerose rughe, segni dell’età, ma anche del sole battente nel lavoro dei campi.

È il momento della verità.

Francesco abbassa il vetro del finestrino completamente, appoggia con nonchalance il gomito sul bordo della portiera e rivolge la fatidica domanda al signore che ha capito già la situazione.
Il mitico Frank, insuperato nemmeno dall’insuperabile tonno pubblicitario che si taglia con un grissino, sfoggia con sicumera la sua padronanza delle lingue e fa all’indigeno signore:

Escuciame señor – pausa – para TicAL?

Ha detto “Tical”? TicAAAAAL? Ommadonnellabbella, nooooooo! TicUL, non TicAL.

Quale è il problema per l’errore di una vocale?

Andiamo con ordine e analizziamo questo momento topico:
1) “Escuciame”, iniziamo già maluccio, perché Francesco ha tradotto il nostro “Mi scusi” con “Ascoltami”, ma avrei anche io fatto quell’errore in quel momento di tensione e l’angoscia di esserci persi.
2) La pausa dopo il “señor” ci sta tutta, potrebbe apparire come pausa d’effetto da consumato attore di palcoscenico, ma a giudicare dal risultato, propendo per una pausa per scegliere con precisione chirurgica l’espressione e le parole corrette. Fallendo, miseramente.

3) TiiKAL è in Guatemala, a poco meno di un migliaio di chilometri da Santa Elena. La nostra meta Ticul, invece, dovrebbe essere a una ventina di chilometri scarsi dalla nostra posizione.

L’espressione dipinta sul viso dell’attempato signore cui Frank ha rivolto l’apparentemente semplice domanda avrebbe meritato di essere immortalata con una foto! È come se un turista a Napoli, sul lungomare di Via Caracciolo, si sporgesse dal finestrino della sua fiammante macchina a noleggio e vi chiedesse:”Scusi…Per Monaco di Baviera?”

Al “TicAL” di Frank, segue il coro di noi tre, che urliamo “No, no, TicUuuul, non Tikal. Ticul! TicUl! Para Ticul, por favor”.
Il signore ci sorride e, secondo me, ci ha guadagnato pure qualche cerveza a sbafo quando lo ha raccontato agli amici al bar, ci fa cenno che siamo sulla strada giusta e ritorna a pedalare flemmaticamente.

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Io sono di Napoli, ma vivo a Roma…ma sono pronto a restare in Messico tutta la vita! (nella foto, un giovane RedBavon spiaggato sull’isola di Cozumel)

#14. “Io sono di Napoli, ma vivo a Roma.”

In Ep.#34 – La partita di pallacanestro, Chiapas-Italia

Autore: Claudio. Luogo: qualsiasi luogo in cui abbiamo scambiato una chiacchiera con altri turisti.

Come essere considerati traditori della patria quando invece ci si impegna per il bene della comunità.

Questa la frase di rito che pronunciavo al momento delle presentazioni in occasione di incontri con altri italiani o stranieri.
Al momento della tipica domanda tra viaggiatori, “Da dove venite?” o “Where do you come from?”, Diego, Francesco e Lucio rispondevano in coro e con fierezza “Da Napoli!”. Gli faceva eco il mio puntualizzare che “io sono di Napoli, ma vivo a Roma.”. Puntualmente Frank, uomo mite e paziente da fare invidia a Giobbe, andava in bestia. La reprimenda era certa come il tuono tenea dietro al baleno.
La mia motivazione – mai accettata da Frank – è che Napoli nel mondo non è così conosciuta come Roma caput Mundi, perciò non si trattava di rinnegare le mie origini, ma di aumentare le probabilità di continuare una chiacchierata e le probabilità di “acchiappo”.

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Isla Mujeres – Diego (a destra) e io (a sinistra) immersi nelle calde acque del mare meraviglioso di Isla

#15. “Isla MuGlieres”

In Ep.#36 – I love shopping a San Cristobal

Autore: Francesco. Luogo: qualsiasi luogo in cui abbiamo nominato Isla Mujeres.

Perché parlare più lingue è importante.

Storpiatura del nome dell’isola a circa venti minuti di navigazione da Cancun, il cui nome corretto è Isla Mujeres.
La spiegazione è evidente a chi mastica la lingua napoletana: in napoletano, infatti, “mugliera” significa “moglie” e Frank, con un’associazione che ricorda i passaggi di un’espressione algebrica, ha interpretato nel modo seguente: mugliera -> moglie -> donna.
Pertanto Isla Mujeres traducibile in “Isola (delle) Donne” diventa Isla Muglieres.
Mi inchino al genio di Francesco e lo ringrazio di averci regalato perle più preziose e durevoli dei diamanti: rimarranno in eterno nel nostro ricordo.

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Mio fratello Lucio: “Sono sei anni che gioco a scopone!!!”.

#16. “Sono sei anni che gioco a scopone!”

In Ep.#39 – Isla Mujeres

Autore: Lucio. Luogo: Isla Mujeres.

Perché puoi avere due lauree, un “Master” alla Bocconi e parlare fluentemente tre lingue, ma se non sai giocare a scopone scientifico, non sei nessuno!

La frase è di uno stizzito Lucio, pronunciata con fiero cipiglio e un’autorevolezza che non ammette dubbi.
Si tratta della risposta di Lucio all’ennesima spiegazione di un alterato Diego della “aurea regola dell’appariglio e dello spariglio” dello scopone scientifico, che ha peraltro inaugurato la “Classifica della Vongola“.
Dopo l’ennesima giocata a membro di cane da parte di Lucio e la conseguente infilata di scope da antologia, Diego ha legittimamente uno scatto d’orgoglio e d’ira nei confronti dell’improvvido compagno di gioco.
Come correttamente appuntato da Frank, l’impatto comico dell’affermazione di Lucio è equivalente a una versione della ben più celebre frase di Totò quando si vanta dei “tre anni di militare a Cuneo”.
Ad aggravare la posizione di Lucio, quest’ultimo insiste nel rafforzare la sua affermazione con la seguente dichiarazione: “sei anni di scopone a Piazza Garibaldi!”.

Mio fratello e io, insieme ad altri giovani della nostra parrocchia, ci recavamo alla Stazione Centrale di Napoli a Piazza Garibaldi in locali adibiti all’assistenza ai senza-tetto, nei quali – oltre a somministrare un pasto caldo – ci intrattenevamo con loro, spesso giocando a scopone. Tutto fino a quando è subentrata ufficialmente la Caritas. Evito di proseguire altrimenti vengo scomunicato.

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#17. Io so quando sparo una cosa seria e quando sparo una cazzata!”

In Ep.#39 – Isla Mujeres

Autore: Francesco. Luogo: a cena da Rolandi’s a Isla Mujeres.

Quando il fanatismo delle proprie idee porta a figure di merda.

Il casus (s)belli(canti) è la tequila. Come consuetudine, a cena terminata, seguono uno o più di giri di tequila. Abbiamo imparato che ne esistono differenti con una qualità e prezzo crescente secondo gli anni di invecchiamento.
In questa occasione, Frank, dopo oltre quindici giorni di assunzione di questo distillato, sbaglia clamorosamente la sua definizione: la “tequila agavero” viene infatti definita come “agaPero”, con certezza incrollabile e incontestabile perché pronunciata dal divino Grande Uxmal (al secolo, Francesco).
Alla coralità di scherni e risate, seguiti dall’opportuna correzione da parte degli altri compadres, Frank ostenta una sicurezza fanatica e incrollabile come un invasato religioso che compie efferati atti in nome del proprio Dio.
La frase, che in teoria doveva essere la tomba di ogni replica, ha il proverbiale effetto “boomerang”. Giunto al tavolo l’oste, chiediamo la conferma del nome della tequila e la risposta suona come una campana a morto: “agaVero” è la conferma dell’immane cantonata dell’ottimo Francesco.

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Altro che asso di bastoni! Una giocata da meritarsi una bastonata!

#18. La giocata criminale

In Ep.#40 – Cancun

Autore: Claudio. Luogo: a bordo piscina in albergo a Cancun.

Quando sei convinto di avere calato una giocata da asso e invece il tuo compagno ti tirerebbe un sasso

Il nostro torneo messicano volge al termine: ultima tappa, ultima “manche”. Particolarmente tirata visto che la differenza di punti non garantisce la tranquillità di aggiudicarsi la vittoria definitiva a nessuna delle due coppie, che – ricordo – sono: Frank e io; mio fratello Lucio e Diego.

Così, durante questa ennesima “manche” densa di tensione e agonismo, tiro giù una carta, con la convinzione che sia una giocata, un tantino folle, ma nella sua “follia”, genialmente spiazzante. Gonfio di orgoglio, calo la carta. Ciò che accade nei secondi seguenti rimane per sempre indelebilmente scolpito nella mia memoria.

L’improvvisato tavolo di gioco è talmente vicino al bordo della piscina, che per tre dei quattro giocatori è sufficiente sporgersi appena dalla sedia per finire in acqua.

Quando calo la fatidica carta, incrocio lo sguardo del mio compagno Frank, sul cui volto appaiono in rapida successione le seguenti espressioni: sorpresa non benvenuta, cupa e profondissima rassegnazione, sdegno ai limiti di una copiosa sputata in faccia, infine un’incazzatura di immani proporzioni che potrebbe di lì a poco finire in rissa.

La mia giocata a membro di cane riesce a fare breccia nella proverbiale pazienza di Frank, che in tutto il viaggio è sbottato un’unica volta per ragioni effettivamente più serie raccontate in Terrore strisciante in Ep.#22 – Uxmal…e la Rivelazione di un Antico Segreto.

Realizzo di avere commesso un errore degno del primo DASPO a vita a un tavolo di gioco dello scopone scientifico, quando Frank – nella sua immensa bontà d’animo, pazienza e comprensione – dalla sua posizione seduta si lascia cadere direttamente nelle acque della piscina, piuttosto che infliggermi una pena corporale da lasciarmi qualche segno a imperitura memoria. Senza proferire nemmeno un giusto improperio o una perdonabile bestemmia, lo vedo passare in due secondi netti dalla posizione seduta a quella subacquea.

Quando riemerge, i bollenti spiriti sono placati e, a parte qualche bofonchio, ritorniamo a giocare.

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IRRESISTIBBOL!!!
Da destra: Lucio, Francesco, Claudio, Diego.

#19. L’Onliplanet

In Ep.#41 – L’ultima “folle” notte messicana

Autore: Francesco. Luogo: Cancun

Se ti senti solo, vai a L’Onliplanet! Il ristorante per persone sole che vogliono stare sole!

L’Onliplanet” non va confusa con la “vongola”, sempre di Francesco, all’undicesima posizione di questa Classifica ovvero “Only Planet” (che fa riferimento al famoso marchio di guide turistiche).

L’Onliplanet – articolo incluso – è il risultato di un’associazione di marchi della ristorazione che negli anni Novanta riscuotono successo per la novità del tema con cui i locali sono arredati: così come gli Hard Rock Cafe si ispirano alla musica “rock” e vi si respira un’aria “on the road”; i Planet Hollywood si ispirano al cinema e alle celebrità di Hollywood.

Le “associzioni” di Francesco dovrebbero essere oggetto di studi accademici, ma non di corsi di medicina e neurologia, piuttosto di teatro comico e umoristico.

Hard Rock Cafe, Rainforest Cafe, Planet Hollywood vengono miscelati nella mente di Francesco come in un cocktail dal cui sorso riesci a distiguere vagamente i differenti ingredienti originari. Il risultato è il medesimo di quando di cocktail ne bevi troppi: così la catena di ristoranzione a tema cinematografico Planet Hollywood viere ribattezzata L’Onliplanet.

To be continued

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46 pensieri su “Viva il Messico! La Classifica della Vongola

    1. Beh ci hai preso! Come Joe che andava a Sud a cercare la libertà, questo racconto di viaggio è, tra il mio consueto minestrone, anche un viaggio che mi ricorda, durante la routine, che ho avuto la fortuna di avere visto e vissuto cose di un Altro Mondo, e che la routine non riuscirà mai ad appiattirmi e accontentarmi.
      In quel viaggio eravamo davvero liberi nelle nostre scelte, giorno per giorno. E permette un pensiero poetico:” ‘A libertà, ‘a libertà pur’o’ pappavallo l’adda pruva’!” E che st’e’!

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        1. Ne parlavo proprio un paio di giorni fa con Francesco…Non trovandone traccia nel diario amanuense ho pensato a una forma di autocensura, che però escluderei perché è evidente da svariate parti in questo bl(eah)og di avere capacità di auto-ironia, tendenti anche al mio massacro.
          Strano che neanche Frank mi abbia risposto. Ho fatto uno sforzo di memoria, ma nulla.
          Che uomo triste che ero! Meno male che sono migliorato con l’età 😉

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            1. Mo’ Bleah, non hai letto gli episodi precedenti? Perché di episodi ce ne sono stati più di uno, ma mai così eclatanti e da raccontare in breve.
              Peccato che non apprezzi perché nei prossimi ci sono delle piccole chicche, ma va be’, anzi va bleah

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                1. L’Olimpiade della Vongola è stata già vinta taaaanti anni fa, ma tanti! La Vongola vincitrice fu eletta a insindacabile giudizio proprio di Francesco. E una storia già scritta. Sarò permaloso, ma non mistificatore. Comunque più avanti ci sarà da ridere.

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    1. A parte l’italiano crocifisso con cui cerco di raccontare il viaggio, vi sono alcune foto che raccontano meglio la bellezza di quei luoghi e altre seguiranno!
      A breve pubblicherò il post sulla riserva della biosfera di Sian Ka’an, che è talmente bella che credo andrà su due post!
      Le foto sono tutte scansioni da stampe fotografiche (niente digitale), quindi non sono il massimo della definizione ma credo restituiscano in maniera più genuina e coerente le emozioni di noi quattro scalcagnati.
      Visto il tuo commento, credo di essere sulla strada giusta nel rendere quelle emozioni, perciò grazie infinite!

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  1. Evidentemente, lo scopone scientifico deve essere d’obbligo, quando ci si avvicina al Messico. Visto che, anch’io, con gli amici con cui sono andato la prima volta, ho intrecciato un partitone che è durato diversi giorni, fino e oltre lo Yukatan… Memorabile, come memorabili sono i camarones in salsa di guacamole…

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    1. Ma no! Maddai! Io pensavo che fossimo gli unici babbei che invece di andare a rimorchiare al beach bar al tramonto, partiva di scheggia per l’ultima partita di scopone! Il nostro scopone si è protratto fino all’aeroporto di Milano, ultima tappa prima di giungere a casa-base a Napoli.
      E pensa che a me non piacciono i giochi di carte!

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          1. Cosi si potrebbe dire ai giorni
            nostri.Ma, allora, andare da Palenque a S. Cristobal era un’impresa disperata: c’era un solo bus scassato che partiva la sera e ci impiegava tutta la notte. Si viaggiava nella selva e non si sapeva cosa potesse capitare. In alternativa, si poteva passare per Ocosingo, allungando parecchio, però viaggiando di giorno e in modo più sicuro…. A Palenque ho dormito in una specie di campeggio che affittava palapas, quelle capanne senza pareti,con solo il tetto di paglia, accanto alle rovine. Di notte si faceva a machetate con i mosquitos, però al mattino era una cosa fantastica, sempre se sopraqvvivevi. Ricordo che, un italiano, che era appena arrivato. Stanchissimo, s’è addormentato sull’amaca a petto nudo, con solo i calzoncini. Al mattino, hanno dovuto portarlo all’ospedale d’urgenza…

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            1. Ah certo! Hai ragione, io sono fermo al 1999 e le linee passavano per Campeche, Palenque era già parecchio all’interno e si notava dal panorama ai lati della strada e dagli indigeni a piedi, che se ti fosse capitato qualcosa, rispolverare il Rosario non sarebbe stata una cattiva idea. Tra Palenque e San Cristobal era anche peggio: ci arrivammo via Ocoaingo (gesummmariaaaaa che mi hai fatto ricordare, devo avere una foto di quella fermata nel “nulla”), e all’altezza di Aqua Azul un turista con zainone, chiese all’autista di lasciarlo al bivio per Aqua Azul. L’autista, scosse la testa, senza manco guardarlo, e disse qualcosa in cui distinsi la parola “assaltòs”.
              Eppure a San Cristobal incontrammo una trio di ventenni di Velletri, due bellissime ragazze e un ragazzo, che volevano arrivare a Palenque e poi fino in Yucatàn con l’auto noleggiata. Io sconsigliai vivamente, ma non mi sembrarono convinti.
              Mah! Se ti si ferma l’auto, neanche l’autostop puoi fare!

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              1. Sai che mi è molto dispiaciuto non potere andare alle cascate di Agua azul? Un giorno, da Palenque, ho pensato addirittura di mettermi in cammino per raggiungerle. Ma faceva troppo caldo ed ho dovuto rinunciare.
                Ogni giorno, quando andavo al terminal, per prenotare un biglietto, mi dicevano sempre che non c’era posto. Del resto c’era un solo bus. Ed un sacco di gente del posto e turisti che andavano a s.Cristobal.Lo so che era molto pericoloso, però se non ti arrischi, alle volte le cose ti sfuggono. Un po’ come quando sono entrato in Guatemala. Era l’83 e tutti me lo sconsigliavano perchè c’era appena stato un golpe militare.La guerriglia era piuttosto attiva.E gli attentati si susseguivano di passo con la repressione violenta. Però, a distanza di anni, posso dire che ne è valsa la pena………..

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                    1. Mi hai beccato nel mentre sto ultimando la prima tappa a Sian Ka’an (fino a Pez Maya) e da lì fummo tentati di prendere un tour organizzato dall’albergo a Tical. Il Guatemala è una delle mete che farei domani, anche se non è un viaggio facile. Ho la sensazione che sia rimasto ancora lontano dalle rotte dei tour operator e quindi ancora intatto.

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  2. Queste chicche sono fantastiche nel contesto del “diario-racconto” e così, in versione top ten, er mejo. Red, la tua ironia e capacità di immortalare attimi da ricordare, di quelli che stappano il sorriso ad ogni rievocazione, è unica.

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    1. Io lo so che mettendo la stelletta al tuo commento è come mettermi da solo in testa la corona di alloro. Tuttavia, l’alloro – e ml se passa di qui potrebbe confermare – è ottima pianta aromatica e umile condimento con altrettanto umile lesso di castagne (che a colazione mi fa impazzire..anche perché le pellecchie delle castagne sono a volte belle azzeccate).
      Pertanto mi fregio di questo tuo – sempre generoso – commento e tengo i piedi a terra, anche perché scrivere con i piedi sulla tastiera sarebbe cattiva educazione e causerebbe danni al portatile, se invece ci riuscissi con il dumbphonino, avrei svoltato la mia grama vita, come Il buon Troisi, diceva: “Vuoi vedere come scrivo con i piedi sulla tastiera del telefonino? Ok allora paga!”

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        1. A parte che mi chiamo Claudio e il mio omonimo imperatore era davvero uno sui generis, la cellula pazza di saccenteria simil-storica mi urge di dovere segnalare (a volte sarebbe meglio che restasse muta) che in ogni trionfo di generale o imperatore lungo i Fori (quello sì che sarebbe uno spettacolo!), sullo stesso carro del trionfatore c’era un’auriga o altro sempliciotto che ricordava nell’orecchio dell’acclamato che la gloria è effimera e di restare con i piedi per terra.
          Non che funzionasse granché, tuttavia cosa saggia e onorevole.
          Perciò prenderò il tuo apprezzamento come Troisi rispose dal balcone al monaco che gli urlava “ricordati che devi morire!”: “Si’! Mo’ me lo segno…”
          Un abbraccio Paulus Moriturus te salutat

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    1. Semmai “ero”…la foto è del 1999. Comuqnue mi acchiappo il complimento che di questi tempi scarseggiano visto che ho abbracciato il mio stile unico (nel senso che l’ho inventato io e non mi ha seguito nessuno) del trasanda-chic ovvero mi concio come mi va (e certe volte proprio non mi va…e si vede).
      Per l’astnenza di Internet, guarda che passa se sei un posto come questo. Anche io non riesco ormai a farne a meno, ma credo sia un’esigenza finché sei in questo nostro contesto. Come in Frankenstein Jr. ti dico: SI PUO’ FAAAA-REEE!

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        1. Ah no, avevo inteso che parlavi di un posto come il Chiapas dove Internet non c’è e quindi saresti potuto incorrere in un’astinenza…Avevo capito male.
          PS:
          Hai provato a resettare il modem/router?
          Se sembra che ti stia parlando in cinese, chiama l’assistenza dell’operatore telefonico e chiedi una verifica della tua velocità (nei contratti sono obbligati a un minimo)
          Prima fai un test di velocità della linea. Vai a questo link (è gratuito e affidabile). Fallo un paio di volte e poi se la velocità continua a essere bassa, chiama l’operatore.
          Dalla centrale riescono a capire se vi sono problemi risolvibili.

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