Super Nintendo: come gli idraulici conquistarono il mondo con “certi” funghetti


Controllers (c) Javier Laspiur - https://www.behance.net/gallery/17027353/CONTROLLERS
Controllers (c) Javier Laspiur
Parte #1 – Tutto quello che già sapete sul Super Nintendo e, anche se non ne sapete nulla, preferireste restare ignoranti.

Come oggi la “pleistescion” (si legge come si scrive…), per tutti gli anni ’80 e ’90 Nintendo era indiscusso sinonimo di “videogioco”. Non a caso la Playstation è nata da un accordo non concluso tra Sony e Nintendo.

Essere un fan Nintendo in Europa all’inizio degli anni ’90 non era però così facile.

La prima console casalinga di Nintendo è il Famicom (1983), in Occidente noto come “Nintendo”, in gergo “NES”, abbreviazione del pomposo “Nintendo Entertainment System”, fece autentici sfracelli: lanciato negli USA, come regalo del Natale 1985, esisteva solo il Nintendo con una quota di mercato di poco inferiore al nostrano monopolio di Stato sulle sigarette; la macchina concorrente prodotta da Sega, il Master System, era riuscita a battere Nintendo solo in Brasile, unico caso al mondo. In Italia, arrivò tardissimo, alla fine del 1987, quando ormai la Commodore aveva sfornato quel gioiello di home computer che era l’Amiga 500; al confronto, il Nintendo era una macchina decisamente obsoleta.

Consideriamo poi che i genitori della famiglia media italiana, da quando apparvero sul mercato i primi home computer e cioè nel 1980 il Commodore VIC 20, reputavano queste macchine utili per la formazione dei figlioli, mentre la console di videogiochi era uno spreco di soldi, con il rischio di mandare in pappa il cervello dei figli: una droga “rovina-figli” in chip e circuiti. Poi qualcuno mi spiegherà come il mitico Commodore VIC 20 potesse essere utile con i suoi 5 Kbyte di memoria, miseri anhe all’epoca, e il Basic come linguaggio di programmazione. Misteri del marketing, rimorsi di coscienza collettivi e lavoro per psicologi, quelli bravi.

Agli inizi degli anni ’90, quindi, dopo che Sega aveva distribuito con grande successo il Mega Drive, il popolo dei videogiocatori aspettava il successore del Nintendo, come gli Ebrei aspettavano la manna nel deserto del Sinai. Per la precisione, il popolo dei videogiocatori era diviso all’epoca tra fan della Nintendo e fan della…Sega (nessuno è mai diventato cieco): una rivalità accesa per i soliti – triti e ritriti nella Storia dell’Umanità – futili motivi. Sta di fatto che i fan Nintendo fremevano per spernacchiare i fan della fazione opposta (così non offendo il senso del pudore di nessuno): ciò avvenne puntualmente perché la macchina Nintendo si rivelò essere una Cosa dell’Altro Mondo.

Avendo avuto (e amato) entrambe le console, la differenza non era tale da stracciarsi le vesti, ma tecnicamente il Mega Drive aveva qualche deficit, tranquillamente superato quando i chip venivano spremuti da team talentuosi e creativi.

Essere un fan Nintendo in Europa all’inizio degli anni ’90 non era così facile.

Il motivo è che il Super Famicom, fu distribuito in Giappone a fine del 1990, l’anno dopo in USA e, solo, nella primavera del 1992 in Europa. L’Europa non era considerata come un mercato importante in quegli anni.
Pertanto, in questo lungo periodo di tempo (normale all’epoca, oggi impossibile da pensare), i benestanti e coloro i quali decisero di impegnare il rene destro – i cosiddetti “early adopter” – entrarono in possesso della “macchina delle meraviglie” con ampio anticipo, grazie a un mercato d’importazione parallela, che in realtà non era “parallela” a nulla perché quella ufficiale non esisteva. I prezzi delle cartucce, cioè dei videogiochi, erano davvero esorbitanti: si poteva arrivare tranquillamente alle duecentomila lire, circa il doppio del prezzo normale di una novità per Mega Drive e il quadruplo dei titoli originali per Amiga.

Giunto in Europa, si scoprì che il modello compatibile con il nostro formato televisivo PAL era “castrato” a 50Hz e l’immagine sulla TV non era a pieno schermo, ma ridotta a causa di due belle bande nere. Non è il caso qui di tirare lo spiegone tecnico, diciamo che le prestazioni erano diverse dai modelli giapponesi e americani, ma che il Signore mi fulmini se ciò mi abbia creato degli scompensi a livello neurale o psichico.

Ciò che invece mi creò dei pesanti disturbi fu la nostrana distribuzione affidata all’allora nota società di giocattoli, Linea GIG. Non che Sega stesse meglio con Giochi Preziosi. A riguardare le pubblicità dell’epoca, come videogiocatori dovremmo intentare una “class action” contro queste due società, ree di avere insultato una generazione trattandola come bimbi-minchia e per offesa alla dignità di “videogiocatore”.

Ho acquistato il mio Super Nintendo solo nel gennaio del 1995, grazie alla paga da militare durante l’allora obbligatorio servizio di leva. Avrei già potuto farlo l’anno prima, ma utilizzai i primi mesi di paga per comprare alla mia morosa uno splendido stereo compatto JVC, completo di radio, cassetta, lettore CD e due casse. Un giorno di gennaio mi venne recapitato a casa il pacco: il Super Nintendo con la cartuccia di Street Fighter II Turbo!

snes_streetfighteriiturbo

Si inaugurò così una stagione di ridanciane risse con mio fratello a botte di joypad e sberleffi. Le risse virtuali di Street Fighter, gomito a gomito, i joypad stretti tra le mani, diventavano risse reali, dopo appena le prima cinquina di sfide: prima gli sfottò, poi volavano accuse di “avere letto le istruzioni e di sapere le mosse”, poi le spallate per distrarre il vicino l’attimo necessario per rifilargli un hadoken con la guardia abbassata, seguiva un buffetto sulla spalla, un accenno di pugno sul braccio, un joypad ogni tanto volava per terra, urla e strepiti, esultanza, vampate di adrenalina. Ogni tanto faceva capolino in stanza la mamma preoccupata dello strepito e della foga che ci mettevamo.

Da Street Fighter II Turbo fino all’immenso, inarrivabile Soul Calibur su Dreamcast, risse che rimangono indelebilmente scolpite nella memoria di pomeriggi passati fianco a fianco con mio fratello, a darcele di santa ragione.

“The legend will never die! “

I giapponesi non avevano grossa considerazione del mercato europeo, anche perché negli anni ’90 i consumi interni erano più che sufficienti per garantire una ricca esistenza agli studi di sviluppo giapponesi. Moltissimi prodotti non sono mai giunti in USA, in Europa ancora meno, reputati non adatti per quei pusillanimi degli occidentali. Per certi versi, non avevano tutti i torti: alcune produzioni sono concettualmente  inarrivabili per noi.

Gourmet Sentai Barayarō, artwork magnifico e fuori di capoccia come solo i giapponesi potevano. Il gioco? Surreale.
Gourmet Sentai Barayarō, artwork magnifico e fuori di capoccia come solo i giapponesi potevano. Il gioco? Surreale.

Il fatto che le versioni NTSC (giapponese e americana) beneficiassero di una più veloce e più fluida azione e l’immagine fosse a schermo intero non mi ha creato particolari traumi o scompensi; in quanto feticista di scatole e libretti d’istruzioni, non ho mai superato però il fatto che le cartucce giapponesi si presentassero in una confezione di cartone dalla veste grafica semplicemente strepitosa; in confronto, la grafica di quelle europee era al pari del film “La corazzata Potëmkin” per Fantozzi: “Per me è una cagata pazzesca!”.  Novantadue minuti di applausi.

Il Super Nintendo ebbe un enorme successo e confermò la casa madre come sinonimo di “videogioco”. Sega aveva lottato bene, graziata – almeno in USA – da un marketing con delle botte di genio infame come la campagna “What Nintendon’t” e dei team di sviluppo talentuosi, che tirarono fuori dal cilindro una mascotte di classe come Sonic The Hedgehog, videogioco che fu regalo di Natale per nostra sorellina di 9 anni, ma cui giocammo tutti. Ma Nintendo aveva un’arma di distrAzione di massa, un personaggio famoso almeno come Topolino e ormai un’icona del Videogioco. Ed era italiano. Un idraulico: Mario.

Nintendo, “Evolution of Popular Nintendo Characters,” Resource Site for Video Game Research, accessed June 16, 2016, http://dh101.humanities.ucla.edu/DH101Fall12Lab4/items/show/36.
Nintendo, “Evolution of Popular Nintendo Characters,” Resource Site for Video Game Research

I videogiochi pubblicati per Super Nintendo con protagonista Mario&soci sono lo zenith del genere platform, un level design calibrato, una grafica che in Super Mario World 2: Yoshi’s Island è semplicemente fuori scala, fuori parametro, visionaria, sfidante. In sintesi: Nintendo era anni avanti. Non era unicamente merito di Super Mario.

Giochi di ruolo come Secret of Mana e Illusion of Time mi hanno fatto vivere storie come in bel libro di avventura. Mi rode ancora il fegato per Chrono Trigger, gioco distribuito solo in Giappone e USA e arrivato in Italia a prezzi da spaccio all’ingrosso di droghe pesanti. E ancora: Super Contra (non riesco a pronunciare l’orrido titolo europeo “Super Probotector”), Cybernator, il “fuori di testa” Pop’n’Twinbee, Super Castlevania IV, Super Metroid, Actraiser con la sua unicità di commistione di generi (strategia e mazzate, spadate e strategia), Super Ghouls’n’Ghosts (spolpato fino alla fine anche su Amiga e Mega Drive)…

Questo è il mio Super Nintendo. Ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio Super Nintendo!
Questo è il mio Super Nintendo. Ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio Super Nintendo!

A parte Wild Guns, una cartuccia giapponese trovata per una sana botta di c*lo a un prezzo particolarmente basso allo spaccio americano nella base NATO a Bagnoli, non potevo certo permettermi i costosissimi giochi giapponesi e mi sono portato dentro la pena di questo “vorrei-ma-non-posso”, tuttavia sono sopravvissuto.
Dopo ventuno anni dall’acquisto del mio Super Nintendo, trovo finalmente sollievo a questa pena grazie a

Super Famicom: The Box Art Collection

Super-famicom-art-bookun libro stupendo, meraviglioso nella fattura, meraviglioso come concept, un libro che è, insieme, una “macchina del tempo” che mi fa rivivere memorie di anni felici, uno splendido spaccato di art design dai tratti distintivi di una terra che amo particolarmente, il Giappone, e la rivendicazione della dignità di essere me stesso, anche grazie all’essere stato un videogiocatore, esserlo oggi e volerlo essere anche nel tempo che mi resta, che si spera sia tanto vista le catasta di giochi ancora da finire.

Comunque non (n)intendo tirare le cuoia prima di avervi sollazzato con la recensione di questo libro:

Parte #2 – Tutto quello che avreste voluto avere per il Super Nintendo e non avete mai osato chiedere.

E chi Nintendon’t è un Sega…iolo!

Onda sonora consigliata: Leave Out All The Rest di Linkin Park

6 pensieri su “Super Nintendo: come gli idraulici conquistarono il mondo con “certi” funghetti

  1. Sono da tempo sulla baia alla ricerca di un SNES per recuperare quello che come un pollo ho fatto vendere a mio padre perchè ormai giocavo al PC. Accidenti a me. Presto ne riavrò io si presto accipicchia! Devo riaverlo Devo assolutamente riaverlo.
    La miglior console di sempre.
    Mi interessa pure quel libro!

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    1. Uhè caro Mastro…Mi sembra di vedere…Non può essere…Sì,sì! La vedo! E’ appena dietro la tua spalla…E’ una scimmia, è una gran bella scimmia che si sta arrampicando sul tuo groppone 😉
      Ogni tanto mi imbatto in gente che ha venduto una vecchia console: puntualmente, traspare rimorso e atto di dolore. Ma per un videogioco?!? Ebbene sì, io lo sostengo da tempo immemore attraverso le discussioni prima con i genitori, poi con gli “adulti” pieni di pregiudizi e consorte…So’ piezz’e core!. Per me, sono un album di fotografia di famiglia. Anche uno con una famiglia disastrata, esiterebbe nel buttare nel cassonetto l’album delle foto di famiglia. Quantomeno, prima o poi, in un momento particolare della vita, se ne pentirebbe.
      Ok ho rigirato il dito nella ferita abbastanza 😉 Veniamo a te: “La miglior console di sempre”. Aha! Beccato il Nintendaro! Fan-boy dei bei vecchi tempi? Io non so schierarmi (sempre che sia necessario): quando lo SNES è arrivato a casa, era già in ottima compagnia: Amiga 500 e Mega Drive. Gli ho voluto bene a tutti e tre…Uguale! Forse un pò di più all’Amiga…Comunque ammetto che SNES staccava le orecchie alle altre due macchine con i suoi JRPG, roba come Metroid (ho la versione in scatola gigante…quando erano davvero Collector’s Edition!), Pilotwings, F-Zero e – ora che mi fai pensare . anche l’esclusiva dei giochi Star Wars.
      Se non riesci a trovare una console originale, fai un pensiero al Retron 5, console con un emulatore Android, in cui puoi inserire le cartucce di Gameboy, Gameboy Color, Gameboy Advance, Famicom, Super Famicom, Nintendo Entertainment System, Super Nintendo Entertainment System, Sega Genesis e Megadrive e puoi collegare i pad originali (quello in dotazione è peggio di quello Intellivision). Ha un’uscita in HDMI e la resa su grande schermo è decente. Non è proprio economico, se sei un “purista” non è adatto, ma se hai poco spazio e non riesci a trovare l’originale, è un buon metadone per la scimmia passeggera di “nostalgia nostalgia canaglia”. In Rete trovi parecchio, ma se vuoi informazioni da uno che la usa, io sono qui.
      Per il libro a breve la recensione. E’ favoloso! Davvero.
      Intanto se vuoi dare in pasto alla scimmia il racconto del mio Mega Drive, eccolo qui: Seeeeeegaaa! (e non diventi cieco)

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