Viva il Messico! Ep. #7 – A Playa, grintosi!


Grintosi!
Grintosi!

Al risveglio a Playa, la “Classifica della Vongola” si arricchisce di altre due perle che ci seguiranno per tutto il viaggio poiché si tratta di due saluti al mattino, perpetrati con maniacalità svizzera, ogni santo risveglio: l’uno di Francesco, l’altro del genio politicamente scorretto di Diego.

“Grintosi”

Autore: Francesco. Luogo: ogni sacrosantissimo luogo e, preferibilmente, ogni benedettissima mattina.

“Grintosi”, parola preferita dal Palmera per dare il buongiorno o spronare il gruppo degli altri mentecatti a superare le difficoltà o, più sinceramente, i momenti di lassismo senza ritorno. La perseveranza di Frank sfiora la maniacalità e ricorda la goduria dell’aguzzino a torturare i condannati. Diabolico.

“Vafanculo” (con una “f”)

Autore: Diego. Luogo: ogni sacrosantissimo luogo e ogni benedettissima mattina.

Saluto immancabile e puntuale di Diego per dare il buongiorno al paziente Lucio. Anche in questo caso, si rileva una certa ossessione patologica nel soggetto (psichiatrico).

Dopo una rapida doccia rinfrescante, indossiamo i tipici succinti indumenti da turista: bermuda, t-shirt e sandalo aperto. Un “dress code” da raccapriccio, tuttavia pratica consolidata tra i turisti, sopportata dagli abitanti del luogo e infine adottata da tutti, la storia di un grande successo contro ogni canone di gusto e bellezza estetica. Ci fiondiamo sulla Quinta Avenida, la strada  principale di Playa, e un guazzabuglio di colori, odori, suoni ci assale i sensi, tutto molto turistico, ma niente malacccio: è pur sempre il Messico.

Quinta Avenida: scovate l'intruso
Quinta Avenida: scovate l’intruso

Scegliamo un posticino pieno di turisti (la Maledizione di Montezuma incombe) e facciamo “colazione”: caffè americano (con latte), uova strapazzate, succo di naranja (arancia), pane tostato, melone e banane. Piuttosto soddisfatti da una colazione che a casa nostra non ci saremmo mai sognati di mettere insieme in un’unica volta nello stomaco, ci dirigiamo speditamente verso il mare. Ritorniamo al nostro albergo, racimoliamo i teli da spiaggia e percorriamo circa una ventina di passi per ritrovarci davanti gli occhi una cartolina del Mare dei Caraibi, tipo fotografie sui depliant delle vetrine delle agenzie di viaggio per attirare il passante che, fermatosi davanti a tale anteprima di Paradiso, con gli occhi pieni di meraviglia, commenta fra sé e sé: “Ma è bellissimo…E’ troppo bello per essere vero. Deve essere finto, non può essere” e ritorna a confondersi con l’asfalto, i colori metallici delle carrozzerie delle auto e il grigiume metropolitano.
L’immagine davanti ai nostri occhi è però reale: spiaggia bianca, palme sulla spiaggia, mare di ogni sfumatura del turchese che possiate percepire. Noi uomini , si sa, abbiamo una palette a 8 bit, arriviamo a stento a 256 colori. Le donne, invece, hanno la tavolozza di colori a 24 bit, cioè per intenderci 16.7 milioni di colori. Il “turchese” è forse alla portata di noi uomini, ma in questo caso lo spettacolo della Natura mi ha attivato un circuito dormiente in 4K, Full HD e SuperColor.

Diego nella bellezza del Technicolor. E ci sta da Dio. Copricapo caprese sorprendentemente intonato.
Diego nella bellezza del Technicolor. E ci sta da Dio. Copricapo caprese sorprendentemente intonato.

In spiaggia, arrivano voci portate dal vento o dei vicini nei pressi, si nota una parlata familiare, ci sono parecchi italiani. Tempo di sistemare i teli a terra, guardarci intorno e percepire distintamente una forza, diversa dalla gravità, ma smisuratamente più potente, che attira il nostro sedere a terra come il piombo legato a una lenza che affonda in acqua. Tale forza è nota anche come “ricotta”. “Fare la ricotta” indica una predisposizione di spirito che comporta la totale inibizione delle sinapsi tale che il cervello prova a comandare al corpo di muoversi, ma il corpo non risponde e, allo stadio finale – la “ricotta”, appunto – abulico e rassegnato, termina definitivamente qualsiasi attività ad esclusione di quella vegetativa. L’unica cosa giusta da fare è “non fare nulla”. La sensazione straniante sì, ma invero rigeneratrice della riserva di energia di base, è di breve durata, perché vengono a fare la nostra conoscenza tre ragazze. Noi, increduli: inutile pensare che i nostri statuari fisici abbiano attirato le gentili donzelle come miele l’Orso Yoghi, perché la somiglianza vira verso l’orso e non a qualsiasi statua. A provare a imitare la statuaria posa del famoso Discobolo di Mirone, rimedierei solo una sicura e fulminante discopatia.
Intorno è un vorticare di “topless” da panico e ragazze decisamente belle: si nota anche che la maggiore parte è in compagnia dell’altra, scomoda, “metà”. Ma a noi, poco ce ne cale: testosterone ai minimi termini.

Con questo spirito e queste nuove conoscenze, un abbozzo di quadro appena iniziato, vado a descrivere i fatti, le frasi, le sensazioni salienti dei giorni passati a Playa e nella gita “fuori porta” a Cozumel. Pennellate tirate sulla tela, così come mi vengono tirate dalle dita, senza una visione di un qualsiasi risultato od obiettivo finale; solo la sensazione che quella tela è un quadro magnifico e la mia intenzione è quella di provare a condividerla, troppo bella per tenerla solo per me. Dall’altra l’incertezza che i miei “strumenti” di condivisione non siano all’altezza o sufficienti per dare vita a quell’inerte potenziale.

1° día: Playa
Mattina

Mare e “ricotta” a go-go. Sfidone a scopone con la nuova gentile compagnia, che viene dall’Emilia. Una sfida Nord-Sud con epilogo che sovverte la tradizione storica: vittoria della coppia (inedita) Lucio-Claudio, in verità di stretta misura. Evitata figura barbina e salvato l’onore del maschio virile.

Pomeriggio

Passeggiata sulla spiaggia, lungo il mare: hanno costruito un po’ di alberghi, ma non sono “mostri” di cemento armato, Playa non è stata completamente “civilizzata”…E rovinata.

Sera

Diego si è “appicciato”, il sole caraibico ha traumatizzato la sua carnagione chiara, nonostante premurosamente spalmata con generose dosi di unguenti protettivi. Diego, perciò, rimane in camera a riposare. Il resto dell’armata Brancaleone si reca in un locale, scelto puntualmente a caso e per il suono del suo nome che ci fa simpatia: “El Tacolote”. Al tavolo si assiste a un’immensa sbafata, come se non ci fosse un domani, a base di tacos, tortillas con salse varie, tra cui spicca quella guacamole, carni alla brace e marinate in salse, salame spagnolo e cerveza gelata. Sigarettina finale.

Piccola nota sulla cucina yucateca:

gastronomia

La cucina yucateca è diversa dalla cucina tradizionale messicana, a sua volta, diversa da quella “messicana” più comunemente nota dalle nostre parti, che invece è una cucina Tex-Mex, cioè una rivisitazione di frontiera, principalmente texana, a base di ingredienti disponibili in USA per preparare pietanze ispirate alla tradizione gastronomica messicana. In Yucatán, infatti, possiamo trovare dei cibi diversi dalla tradizione messicana, sia per cause geografiche – è una penisola isolata rispetto alle altre regioni – sia per il mix storico di culture, da quella indigena Maya a quelle vicine dei Caraibi, fino a a quelle degli europei, conquistadores e tutto il resto che è seguito, come per esempio l’olandese formaggio Edammer alla base della ricetta del queso relleno. Due i condimenti più utilizzati e rappresentativi di questa diversità gastronomica: il pipián e l’achiote. Il pipiàn è una salsa ottenuta tritando i semi di zucca: la salsa pipián si usa per servire la specialità dei papadzules; l’achiote è una salsa fatta tritando i semi di Bixa orellana e viene utilizzata in diversi piatti della tradizione yucateca, come la cochinita (maialino) pibil e il pollo pibil.

Altri piatti yucatechi, provati a Mérida, che vale la pena ricordare sono: il poc-chuc, maiale marinato in succo d’arancia amara; la sopa de lima, zuppa di pollo e tortilla con lime; il pollo ticuleño, ovvero cotto all’interno di foglie di platano (non banano). Nominando il platano la memoria riporta a galla una semplice quanto goduriosa specialità del Chiapas : i plátanos fritos, fette di platano fritte, che conferma la regola “fritta è buona pure una ciabatta”.

Notte

Mentre camminiamo ancora satolli di cibo locale, senza un adeguato supporto alcolico che possa favorire la digestione, l’Amaro del Capo o il Centerbe sono reminiscenze di un lontano Paese e – in verità – totalmente fuori luogo, il vociare confuso e sfumato della gente a struscio sulla Quinta Avenida viene sovrastato da un frastuono esagerato che proviene dalla spiaggia: è un locale, il “Capitan Tuttix”, che diventerà meta fissa delle nostre nottate all’insegna della fiesta. In bianco pure stanotte: le due di notte.

A chiusura della prima grintosissima giornata, tutta messicana, è d’obbligo – per ogni viaggiatore che si rispetti – un rapido confronto tra i componenti del gruppo e auto-check up del trabaho de panza.

Trabaho de panza, cioè la nostra espressione in spagnolo crocifisso per indicare la “situazione intestinale”: nel viaggiatore, la prima impellente preoccupazione è quella di avvisare i propri cari di essere arrivati a destinazione, la seconda è la verifica dello stato della propria flora batterica intestinale che genera una fisiologica impellenza. Dati gli spostamenti attraversando più fusi orari, cambiamento climatico e del cibo è del tutto naturale che il nostro intestino faccia fatica ad abituarsi a tutti questi cambiamenti, con reazioni estreme che vanno dall’introversione (marcata stipsi) all’eccessiva estroversione (vabbè, avete capito…). Il viaggiatore responsabile, pertanto, deve prepararsi prima e dopo: in via preventiva, assume dosi massicce di enterogermina e, durante il viaggio, porta con sé dei presidi medici atti a contenere eventuali “cedimenti strutturali” con conseguenti corse in servizi per modo di dire “igienici”, abbracci alla ceramica sanitaria o – non sempre va di lusso – a ritiri intimi improvvisati, che ricordano la libertà di fare la popò dove ci trovassimo quando eravamo bimbi. Il nostro gruppo ha deciso, perciò, di adottare “Diarstop”, nomen omen, e – nei casi il primo non sortisse effetti – “Imodium”, il cui bigino delle (contro)indicazioni strappa un sorriso a denti stretti e, al contempo, crea più di un dubbio sulla sanità mentale di chi lo ha scritto: a parte una posologia da seguire tassativamente onde evitare il blocco intestinale e così incontrare il Creatore anzitempo facendo una figura davvero dimmerda, il bigino recita “l’assunzione di una dose eccessiva può provocare effetti indesiderati come nausea, sonnolenza, stupore”.

E ancora ci sono cose da raccontare. Questo viaggio è solo all’inizio, ci sono ancora tante cose da raccontare e spero continuerà a stupirvi come ha fatto con me.

 

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Onda sonora consigliata: Margaritaville di Jimmy Buffett

Questo video è tutto tranne che “messicano”, piuttosto è come il gringo (=straniero di qualsiasi nazionalità) e, in particolare, l’americano percepisce il Messico. Una stortura, se volete, ma questi ragazzotti stagionatelli in mutanda e camicia dall’improbabile fantasia e colori (Johannes Itten perdonali) sono la perfetta sintesi del “mood” del nostro gruppo appena arrivato a Playa. Spensierato e molto colorato. All the colors of joyful souls. Ragazzi semplici.

11 pensieri su “Viva il Messico! Ep. #7 – A Playa, grintosi!

  1. Due saluti mattuttini di simil foggia sono carburante prezioso per ogni giornata sia in Messico che sulle nuvole. Un risveglio corroborante a regalar brio alla giornata! 🙂
    Hai tracciato un resoconto mirabolante della movida e della vita che scorre come fiume in piena là nella Playa. La cucina locale ha reso le papille gustative pronte ad assaporar ogni piacere e a giudicar dai piatti il piacere non è certo mancato, le pupille hanno invece fatto la “ola” strabizzando verso le pure bellezze locali!
    Compagni d’avventura hanno reso lieve la vacanza tra risa e giochi, desiderar di più non si potrebbe!
    Bellissima recensione, ottima la musica d’accompagno.
    Attendo il seguito, pronta ancora a stupirmi …
    Un caro saluto da Affy

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  2. Stupore?!?!?!?!… Preoccupante…
    L’inglese da traversata e lo spagnolo crocifisso sono fantastici. I tre gringo mutanderos davvero inguardabili. Meritano un premio solo per il coraggio.
    Mi ha incuriosito la storia delle tre tipe emiliane… Ho la sensazione che tu abbia glissato. Sbaglio? Non è che ci nascondi qualcosa?…
    Attendo, fiducioso, la fiesta e il prosieguo del racconto.

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    1. Glissare? Mmmh tu dici che si vede eh? Di solito mi perdo e vi faccio perdere nei dettagli più insignificanti e proprio su questo incontro con le tre donzelle sono andato a tirar via…si vede eh? In verità, più che “glissare”, è un “omettere”. Non che ci siano particolari pruruginosi e piccanti perchè altrimenti li avrei messi per vedere finalmente decollare queste statistiche asfittiche del b(av)log nell’empireo delle SERP di Google tanto per vedere l’effetto che fa (no, tu no!). Ho in realtà un ricordo vago, tuttavia piacevole, affezzionato, ma sbiadito. Mi impegno a ritornarci in una delle prossime e aggiungere qualche particolare in più. Anticipo però che rimarrò nello scantinato delle SERP di Google, in lotta per la retrocessione: nessun scheletro nell’armadio da tirare fuori, sorry 😉
      Diavolo di un Paolo, ormai mi leggi pure tra le righe! Riesci a seguire il filo trasparente del mio aquilone, che si confonde con l’aria e le nuvole…L’aquilone non segue mai una rotta certa, scoda, sbanda, scarroccia di lato per un’improvvida raffica di vento, sale, si arrampica in alto sempre più in alto e se non fosse per quel filo che non tutti riescono a distinguere, raggiungerebbe la Luna. Ma così sarebbe perso per sempre. Per fortuna c’è questo filo e qualcuno di tanto in tanto lo tira verso terra, lo strattona, lo richiama… …NarciiiisooooOOOO! Lievit’a miez’, non sfasterià a Paolo…il filo lo tiene lui ora, fallo jucà pure a ‘iss ‘nu poco jà! Fa o’bbbravo, Ho capito che l’aquilone è pure il tuo…Guarda come fa Paolo, ti può insegnare a farlo volare meglio…OH! Acco….ACCCORT…Paolè, statt’accuort’!…Uaneme, stavo finendo in braccio ‘a nonna assettata ‘ncopp’a sdraio in prima fila…

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    2. Come promesso, sono ritornato sull’argomento al femminile su cui avevi mosso dubbi di insabbiamento. Incolpevolmente avevo dato più risalto al viaggio e ai luoghi nuovi. Credo ora di avere aggiunto particolari sulle persone incontrate, sopratutto femminili. Nessuno scoop alla rotocalco di gossip, ma il solito dettagliato trattamento di cuore-viscere-e(-poco)-cervello. Lo trovi tra il rutilare di facezie in: Viva il Messico! Ep. #8 – Playa, un ordinario giorno di “ricotta”
      Spero di non deludere le tue alte (e malriposte) aspettative, ciao Paolo e grazie per il pungolo.

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