Viva il Messico! Ep. #5 – “C” is for “cookie”!


Cookie così deliziosi da conservare l'incarto. Mai più ritrovati.
Cookie così deliziosi da conservare l’incarto. Mai più ritrovati.

Gate 98. Gate 98. Last call! Gate 98! Curre curre guagliò…Palmiero guida il gruppo, nonostante un ginocchio “ricostruito” a causa di un grintoso passato sportivo, seguono gli altri tre caballeros senza cavallo e pure senza fiato. Dopo una corsa e relativo slalom tra carrelli, borse, borsoni e un numero spropositato di persone, giungiamo al Gate 98, dove un ormone baffuto decisamente sovrappeso a gran voce annuncia che siamo arrivati alla meta: “Last call!”.

Piuttosto scazzato, ci lancia uno sguardo di rimprovero misto a compatimento, facendoci avvertire la colpa del ritardo, sebbene incolpevoli a causa delle lungaggini al nastro bagagli. Straccia un pezzo della carta d’imbarco e ci fa segno di affrettarci lungo il “finger”. Ancora con il ritmo della corsa procedo spedito nel corridoio di imbarco e devo frenare bruscamente per evitare di finire direttamente in cabina di pilotaggio, rovinando su una biondissima hostess, che con il naso fa fusoliera.

Non appena preso posto a sedere, come in una sequenza girata in stop-motion, mi accorgo che sono proprio in America! L’accento strascicato e un po’ nasale delle due hostess biondone, le voci all’interfono, i visi dei passeggeri e, sopratutto, il sapore dei buonissimi cookie al cioccolato, forniti dalla compagnia aerea, mi fanno realizzare che l’Italia è lontanissima e sono in un luogo molto differente. E dopo due voli e oltre dieci ore chiuso in una fusoliera, il fatto che me ne stia accorgendo solo ora, mi fa preoccupare.

L’aereo decolla: il tipico “punch” allo stomaco di quando il pilota ha fretta di arrivare in quota di crociera, cabra quindi con un angolo di attacco meno dolce di quanto avrebbe dovuto, la sensazione dà fastidio ai più, ma a me dà il brivido del vero volo e non di essere su un autobus di linea.
Siamo in viaggio per Houston!

Note di folklore: si può vedere un film, ma qui le cuffie per sentire l’audio sono a pagamento; se ti vuoi sbronzare a botte di Margaritas, puoi farlo alla modica cifra di 3 dollari; le hostess sono solitamente giovani e di gradevole aspetto, due le abbiamo incontrate a prua dell’aereo, appena entrati, ma a poppa, dove sono i nostri posti, ci ha accolto una specie di spaventapasseri. Gesù! Porta pure la dentiera!

Si ritirano fuori le carte e si rinnova la tenzone a scopone: una solenne scotognata rifilata dalla coppia Francesco-Claudio ai danni degli altri due con un imbarazzante 21 a 10, nonostante la coppia Diego-Lucio sia rinomata per avere una discreta fortuna a carte e non solo. Lucio, mio fratello, trova periodicamente oggetti preziosi in pozzanghere d’acqua fangosa dopo un acquazzone, banconote di vario taglio che galleggiano in mare, bottiglie ancora sigillate di bevande energetiche sul fondale marino, un rotolo di banconote sotto i sedili nel buio di un cinema, monetine a go go, medagliette d’oro incastrate di taglio negli scogli sommersi e riesce a trovare parcheggio dove tu hai già fatto talmente tanti giri di isolato inutilmente che ti fermano per consegnare la bambolina-premio.

Il servizio è ottimo e abbiamo fatto amicizia con una hostess, che mi ha promesso un “extra” non meglio identificato. Il viaggio si preannuncia più interessante delle nostre più rosee aspettative…L’eccitazione è palpabile.

C-is-for-cookie-
Un bambino, che avrà avuto al massimo due anni, ha ingurgitato un pacchetto intero di “Chips Deluxe” con un tale gusto che gliene allungherei un altro per stare a guardarlo. Mi assale il pensiero – per una volta serio – che mi stanno iniziando a piacere i “criaturi”…Forse è il caso di rimandare l’”extra” con la piacente hostess.
Tuttavia, la mia aspettativa dell’ eccitante “extra”, già raffreddata dal pensiero di responsabilità di “futuro genitore”, viene gelata definitivamente al momento del dunque: l’“extra” consiste in un’extra-fornitura – fuori dagli stretti canoni della compagnia aerea – di quei buonissimi cookie al cioccolato. Non avevo ben compreso a causa del biascicamento della lingua-madre da parte della gentil-hostess e dalla copiosa ruggine delle mie capacità di traduzione all’impronta.

I cookie rappresentano IL ricordo di quel viaggio Newark—>Houston.

Per due motivi: il primo è l’effettiva bontà fuori parametro di queste squisitezze al cioccolato; pure considerando lo standard plasticoso del cibo in aereo e una discreta fame di qualcosa di “vero”, la bontà di questi biscotti dalle generose dimensioni (la singola confezione ne contiene solo due) è fuori discussione: è a prova di post-abbuffata da cenone natalizio a casa di mammà, altro che rafiuoli e roccocò! Mettetemi alla prova con una scatola formato-famiglia-numerosa!

Il secondo motivo è invece l’episodio che vado a raccontare di seguito e che entra di diritto e d’imperio nel Classifica della Vongola, tra le “Frasi celebri” del viaggio. Una classifica che, se continua a questo ritmo, non potrà essere soltanto una “Top 10”. Visto l’andazzo, ci prepariamo a fare concorrenza alla Billboard Hot 100.
Dopo averci donato la perla “L’Aura Regola dell’Appariglio e dello Spariglio”. Diego conferma il suo stato di grazia con un’altra gemma:

“Some solid”

Autore: Diego. Luogo: in volo da Newark a Houston.

Richiesta di Diego alla hostess di avere necessità di ingurgitare “some solid” intendendo letteralmente “qualcosa di solido”.

Il volto dell’assistente di volo assume l’espressione tra il trasfigurato e il tumefatto. L’insistenza di Diego, che ostenta una granitica sicurezza sulla propria conoscenza della lingua inglese, fa venire dubbi alla donna americana sulla propria madre, il luogo dei suoi natali e la lingua che le ha insegnato. Dopo qualche minuto, l’hostess torna da Diego con una generosa porzione di “cookie”, ammontante a ben 2 confezioni di biscotti al cioccolato finissimo, non si sa bene in base a quale traduzione.

L’interfono gracchia un biascicamento in cui rintraccio alcuni suoni ormai diventati familiari dopo dodici ore di volo: “seat”auanagana“descent”auanagana – e finalmente – “Houston”.

Guardo in alto, il simbolo illuminato delle cinture di sicurezza mi rincuora sullo stato del mio inglese…Passa l’hostess, mi butta uno sguardo in basso, all’altezza dell’inguine: se non sapessi che sta solo controllando le cinture allacciate, sarei altrimenti arrossito. Rialza lo sguardo e incrocia il mio, fisso, piantato nel suo come un paletto di frassino nel cuore di un vampiro. Al che proferisco in un educatissimo inglese: “May I ask some…” non termino e lei “…solid”.

Ricordo solo un largo sorriso, una risposta del tipo “Mi spiace ma temo siano finiti.”. La parola “cookie” resta sospesa in aria, “incompiuta”. Solo oggi finalmente trova compimento: su questo diario.

Rimango con l’ultimo incarto della confezione mentre ci giocherello con le dita, come un gatto giochicchia con un filo di lana: avevo iniziato ad accartocciare la bustina di plastica per buttarla. Mi blocco, la stiro per benino, ripassando più volte e più volte la mano sopra al palmo su cui l’ho delicatamente adagiata, neanche fosse La Bella Addormentata nel Bosco. Decido così di conservare l’ultimo incarto. Lo ripongo temporaneamente nel portafoglio.

Se qualcuno trova questi cookie, batta un colpo.

Dimmi il codice a barre e ti dirò chi sei
Dimmi il codice a barre e ti dirò chi sei

Viva il Messico! Ep.[#6] –>

<-Viva il Messico! Ep. [#4]  

Onda sonora consigliata: Solid Ashford & Simpson

ma anche Sesame Street: Cookie Monster canta “C is for Cookie”

Vai all’Indice degli Episodi

2 pensieri su “Viva il Messico! Ep. #5 – “C” is for “cookie”!

  1. Riprendo il viaggio dopo un po’ di tempo. Non voglio perdermi nemmeno una tappa. E’ una goduria. Ho riso più volte a scena aperta. Dalla subodorata vocazione alla paternità da fusoliera (un istinti di preservazione della specie?), al fratello Gastone, ai miracoli e misteri della traduzione, che tale non è, in vero, piuttosto una translitterazione creativa, una forma d’arte estemporanea, naturalmente votata alla comicità.
    Grande Red. Guai se smetti di scrivere!! (faccio come Battiato: “e ti vengo a cercare…”, ma con intenzioni coercitive, se non persecutorie…)

    Piace a 1 persona

    1. Ahahah…sempre citando Battiato, nel caso mi dovessi ammalare di “abulia dallo scrivere”(e ogni tanto fa capolino) la tua randellata sarà LA Cura. Tu sì, che avrai cura di me perché si sa:”Mazza e panella fanno i figli bell'” Grazie e live blog and prosper

      Piace a 1 persona

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.