Pronto? Papà…


gettone

Estate. Scuola chiusa. Come ogni anno, mia mamma, mio fratello e io siamo venuti a passare le vacanze nella nostra casa al mare.

Il luogo di villeggiatura è un paesino dell’Agro Pontino su una riva di un lago in cui si specchia il profilo della Maga Circe scolpito in una montagna.

È un posto tranquillo, dove il tempo dell’estate scorre secondo una “routine” rallentata dal caldo e dalla mancanza della frenesia indotta dal lavoro, per gli adulti, dalla scuola, per noi non più bambini ma nemmeno adulti.

Dicono che l’adolescenza, in quanto momento di transizione e trasformazione, può essere difficile sia per chi la vive sia per chi è gli è intorno, ma nel mio caso “essere adolescente” è un gran bel godere. Non ho nemmeno la tipica acne. Nemmeno l’ombra di quei temutissimi brufoli. Mio fratello – di tre anni e mezzo più piccolo – è una bella compagnia, sia di gioco sia di rissa.

L’estate è gran bel momento. E sono determinato a godermelo.

Il ritmo è perfetto: celebrato il rito della colazione con tutta calma e, sopratutto. senza l’ansia di fare tardi a scuola, ci si incammina verso il mare, una passeggiata di un quarto d’ora, con sosta fissa a raccogliere le more dai rigogliosi cespugli di rovi in un punto della strada dove sono facilmente raggiungibili; ci si rimedia qualche graffio, ma il succo di quei frutti selvatici lascia una scia di sapore buono lungo tutto il tragitto e il giocherello della lingua che cerca di stanare i “semini” incastrati tra i denti ci intrattiene come gli adulti con la sigaretta in bocca.

Ci attende una discesa lungo la duna, scegliendo di volta in volta il percorso che ci sembra più agevole, sopratutto per il ritorno. La duna è parecchio scoscesa in alcuni punti e risalirla alle due del pomeriggio, con il sole che picchia come un peso massimo alla finale del Campionato Mondiale di Pugilato, può “segarci le gambe” quanto fiaccare il morale proprio all’inizio del viaggio di ritorno.

Alla fine della sgambettata di salute sotto il sole cocente, ci attende il pranzo. Che vuoi mangiare un panino?! La mamma non va in vacanza e possiamo godere dei suoi manicaretti. È uno dei suoi modi di prendersi cura di noi, di “fare la sua parte”, di amarci.

Il dopo-pranzo in estate è uno dei momenti del giorno che amo di più, il secondo in ordine di preferenza. Finite le lotte con la mamma che cerca di mandarmi a dormire durante il pomeriggio per non so quale “Galateo Estivo del Bravo Bambino in Vacanza”, mi schiero nel seguente modo: TV accesa, c’è sempre un film negli afosi pomeriggi d’estate; disteso sul letto, con un numero di cuscini tale da fare impallidire la Principessa sul Pisello, tutti sistemati ben benino dietro la schiena e la testa; la tapparella è chiusa per tre quarti così che la stanza sia per la maggiore parte nella penombra, lo schermo sia esente da fastidiosi riflessi e il suono del frinire delle cicale sia attenuato.

La scelta del film è – ahimè – limitata da un tipico palinsesto estivo all’insegna del “siamo in ferie”. Il film del pomeriggio può essere di due tipi: film in bianco e nero con Amedeo Nazzari, ho visto il famoso “Catene” proprio durante un pomeriggio d’estate; film con Nino D’Angelo in una rivisitazione moderna e altrettanto popolare dell’ isso-essa-e-o’malamente (lui, lei e il cattivo) dove isso è povero, essa è una che sta a Nino D’Angelo come io sto a Nicole Kidman; infine, o’malamente si distingue per la sua infamità, la sua bellezza e il suo conto in banca (del papà, invero) totalmente fuori scala.

Aspetta – saggio la tenuta dei cuscini piantandovi le scapole come arpioni – sta per iniziare – un movimento con le spalle destra-sinistra – sono pronto, ecco scorrono i titoli! Inizia ed è…non ha importanza.

Qualunque film la Tv mandi, io lo accolgo ringraziando, ma sopratutto ringraziando l’inventore di questo secchiello da 250 grammi di gelato, vaniglia e cioccolato, che assaporerò lentamente, armato di solo cucchiaino da caffè, fino a che il gelato non raggiunga una consistenza tale da doverlo riporre nella parte più alta del frigorifero. Normalmente, un secchiello da 250 grammi è sufficiente per vedere due film. Dopo di che occorre tornare al supermercato a fare rifornimento.

Il momento che preferisco in assoluto, anche a questa goduria pomeridiana di gelato-e-film, è quando la mamma, mio fratello e io, tutti in bicicletta, andiamo “al centro” per fare la spesa e, sopratutto, telefonare a papà.

La casa a mare non ha telefono, è un lusso nemmeno concepibile per il nostro standard familiare; non vi sono molte case qui intorno e nemmeno tutte abitate nello stesso periodo, pertanto disporre di una linea telefonica sarebbe stato non solo comodo, ma sopratutto utile.

Il paese dista un paio di chilometri e c’è un bar al centro, sotto dei portici squadrati. Qui, vi sono un buon numero di cabine telefoniche, occupate stabilmente dai villeggianti e dai militari della caserma, situata a metà strada tra casa nostra e il paese.

È il momento della telefonata a papà.

La mamma tira fuori dal borsellino i gettoni. A volte, ci manda alla cassa del bar a cambiarli, occasione per “fare la cresta” per biliardino, flipper e quella nuova macchinetta della “pallina e il muro”.

D’estate papà è al lavoro, mentre il resto della famiglia è al mare; noi a goderci le vacanze in tutta spensieratezza; papà a godersi la pace a casa.

Lo vedo: spaparanzato sul divano, birretta, o’ filosc’ (una goduriosa frittata farcita) e TV accesa fino a che non sopraggiunga il sonno. Ho sempre creduto che ad agosto papà si sacrificasse per la famiglia; oggi convivo con due nani di 4-quasi 5 anni e capisco perché i papà si “sacrificano” ad agosto.

A turno parliamo con papà: prima la mamma, poi noi ragazzi. Le mie conversazioni telefoniche con papà sono essenziali:

Pronto? Papà…

Come stai? Bene e tu? Bene anche io. Raccomandazioni di rito di aiutare la mamma. Allora ci sentiamo domani…Ciao, papi. Ciao Cla’. Ciao pà”.

Sguardo verso la mamma per eventuali comunicazioni in extremis.

Cenno negativo ma rassicurante.

Clic.

Ciò non significa che papà e io non abbiamo nulla da dirci, anzi. Le nostre chiacchierate possono essere particolarmente lunghe e, se tocchi il tema giusto, papà galoppa sulle parole come un puledro sulle sconfinate praterie del Far West. A volte, può essere estenuante, a volte il tempo scorre e nemmeno te ne accorgi, sopratutto nei viaggi in auto, lui e io, da soli.

Oggi, in età cosiddetta matura, ho “scoperto” di essere logorroico  e da qualcuno devo avere preso l’amore di comunicare, di trasmettere, di dare all’altro un pezzo di quanto ho appreso. Quel “qualcuno” è papà. La grafomania è invece tutta farina del mio sacco.

La verità è che mio papà non ama il telefono. Io non amo il telefono.

La mamma incalza. Si fa tardi. Il sole sta calando. Un passaggio dalla fruttivendola, una donna canuta, di statura più alta della media, occhi azzurri e un luccichio che testimonia energia nonostante sia parecchio in là con gli anni. I suoi tratti mostrano che viene da lontano, dal Nord, emigrata quando qui era ancora tutta una palude. Rimbrotta chi protende le mani alla sua mercanzia: “La frutta non si tocca!”. Non ne ho nessuna intenzione, la mamma – che è esperta – invece vuole scegliere. Un passaggio dal piccolo supermercato per le ultime cose, anche perché le biciclette non sono un TIR.

È ora di ritornare.

Il ritorno è un momento di grazia particolare: si può godere di un favoloso tramonto del sole che saluta la giornata immergendosi nel mare.

Tutto è perfetto: luce malinconica, brezza sul viso, profumi di salsedine e sabbia umida, rumore dell’aria tra raggi della bicicletta, la voce della mamma che – nonostante non abbiamo più le rotelle da un bel pezzo – ci richiama a stare sulla destra, un gabbiano lancia il suo tipico verso stridente, mio fratello gli risponde suonando il campanello.

Ciao papà, ci sentiamo domani. Sì, non ti preoccupare per i gettoni. Ora, non ne abbiamo più bisogno. Possiamo parlare quanto vogliamo.

Sul viso, nell’aria c’è una parte di te
e ho capito che se mi rifletto guardandomi in viso
non mi riconosco
ma poi un bel sorriso mi taglia la faccia e mi dico
sono identico a te
(cit. Sei – Negramaro)

Credits: ringrazio Affy e tiZ che hanno acceso la scintilla di un fuoco che ustiona a maggio, ma che oggi scalda.

Onda sonora consigliata (se un senso lo trovi, per me c’è): Sei di Negramaro

21 pensieri su “Pronto? Papà…

  1. Mi sono rivista a passeggio con mio padre staccare dai rovi le more, le nostre mani e la lingua subito di colore scuro. Cantavamo spesso le canzoni di De Andrè e ripensare a quell’inciso “Ninetta mia crepare di maggio ci vuole tanto troppo coraggio. Ninetta bella dritto all’inferno avrei preferito andarci in inverno “ quasi una premonizione perché mio padre è venuto a mancare proprio nel mese di maggio. Che ondata di emozioni, quanta nostalgia ma se il fuoco oggi riesce a scaldare il merito è di una fiamma sempre viva che continua, mai spenta, ad ardere.
    E’ un post intimo e coinvolgente, pieno di impronte che sono adesso il tuo patrimonio.
    Grazie per averlo condiviso.
    Un caro abbraccio da Affy

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    1. Grazie a te Affy. È’ partito tutto da te e tiZ. 🙂 Hai detto bene “pieno di impronte” . Ma ormai – se mi guardo indietro -non riesco a distinguere quali siano le mie. E alcune – giurerei – mi sembrano fresche. Contento di avere restituito un po’ di emozione che tu mi hai regalato.

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    1. E te la vuoi cavare così? Quattro parole…;) Vabbuò jà, anche se mi mancano i tuoi generosi commenti pieni di spunti, spuntature da rosicchiare fino all’osso, il tuo grazie arriva dritto e nella sua pienezza gonfia il mio di cuore.
      E dopo questo scambio, la mia curva glicemica è schizzata fuori dalla finestra. Ciao caro 😉

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      1. Oh…!
        Alle volte mi faccio prendere dalla fretta e mi parte un “instant-commento”, che interpreto come il bisogno di dare un segnale, di far capire che il “cablo” è arrivato, con il consueto piacere. Che verrà aperto e letto (in realtà avevo già ampiamente sbirciato e letto in anteprima), a tempo debito.
        Questi tuoi pezzi, Red, meritano la giusta attenzione (e non che gli altri…). Ma quando apri il cuore così, in diretta, e il cassetto dei ricordi, e liberando i tuoi pensieri, dai vita a un racconto che è, sì, un pezzo di vita, ma anche un bel brano, tutto da leggere, è meglio essere seduti in poltrona o sul divano, con il pc sulle ginocchia e un comodo cuscino… Vedi? Già ti cito. Ed è difficile non farlo. Hai scandito il racconto della tipica giornata estiva nella seconda casa al mare, evocando immagini che ci riportano a un comune vissuto (o, almeno, è così per me). In un’epoca (non trovo una parola più adatta) ormai sufficientemente lontana, da farci sentire esseri migranti, nel tempo, attraverso le fasi della vita. E orfani, monchi di qualcosa, di Qualcuno che in quel tempo riempiva buona parte – se non tutto – del nostro orizzonte. Mamma. Papà. Veri e propri continenti del mondo emerso di cui cominciavamo a fare conoscenza.
        Inutile dire che ho apprezzato tutto di quello che hai scritto e descritto. Dalle more alle dune. Dalle biciclette ai gettoni. Ho letto, negli occhi dei nostalgici. E non solo per un’età che non è più nostra. Inutile dire che mi piace come scrivi. Il ritmo, naturale e palpitante; il timbro, ironico e savio con i quali ci parli della vita.
        Grazie Red, quindi.
        Io penso che quei due “nani” di quasi cinque anni siano fortunati.

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        1. Paolo…Oh Paolo…mapperchè i tuoi commenti mi piacciono quasi più di quello che ho scritto io?!? A parte la tua solita magnanimità, riesci a beccare il mio pensiero o sensazione mentre si sta preparando: il pensiero in partenza per le dita. Ha una certa ansia addosso…dicono che interi contingenti si siano schiantati contro dei quadrati con degli strani simboli disegnati su…Non sa come verrà fuori, forse cambiato anche se solo involontariamente. Un qualsiasi viaggio cambia il viaggiatore. Figurati un singolo pensiero, una labile sensazione o tremebonda emozione mentre percorre strade sconosciute anche a chi dovrebbe conoscerne la mappa a memoria. Ebbene, tu riesci a beccarla il momento prima che parta: così com’era o – meglio – come penso di sentirla. Ma fose sbagliamo in due. Comunque quello che scrivi, io lo rileggo per bene perchè è come il luogo del delitto per l’assassino: ci deve ritornare perchè sicuramente mi sono dimenticato qualcosa che tu mi beccheresti…Ispettore Paolo i miei omaggi. Un’ultima cosa: i nani…sarò capace di trasmettere loro come è stato fatto per me? Vorranno accettare il modo in cui tenterò di trasmetterlo? Sono terrorizzato. Al primo “scialla”, parte il (man)rovescio di Lendl su ennesima ribattuta di Chang…

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  2. Claudio, commovente verso per verso….ho rivissuto tutti quei momenti quando in una lontana estate sono stato con voi un mesetto in vacanza, ricordo te, Lucio, la piccola Giorgia, tua mamma e tuo papà proprio come 30 e passa anni fà, proprio come tu racconti quei momenti perche poi vi siete trasferiti e i miei ricordi sono fermi a quei momenti vissuti.
    Un abbraccio forte, tuo papà, sono sicuro, vi è vicino.
    Ciao Cla

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    1. Carlè!!! Ah che bello vederti da queste parti! Bentrovato. Felice di averti fatto rivivere con emozione momenti di oltre trent’anni fa. Grazie per avermi lasciato anche una traccia scritta del tuo passaggio. Anche a me fa emoziona rivivere quei momenti…Sopratutto, tuo fratello quando con la racchetta da ping-pong palleggiava con un sasso vicino alla siepe…Vai a capire cosa ronzasse nella testa di quel giovane teppista. Un palleggio, un lungo silenzio, troppo tempo, un frastuono di lamiera. Il sasso ha scavalcato la siepe ed è atterrato su una costosa BMW. Tu, mio fratello ed io di scatto girati verso tuo fratello e lui, tranquillo: “che ho fatto?”. Grande.

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  3. Sì, Red. Pensa che, mentre rispondevi al tuo amico Carlo, mi esplodevano in testa ondate di “estivi, afosi” ricordi nella casa di campagna dei nonni. Anni fa, quasi dieci, ormai, iniziai a scriverne… Dovrebbe essercene ancora traccia in qualche cassetto di questo pc… Avevo in mente di titolare quel mio scritto: “L’estate dell’82″…
    I “nani”. Credo che le demi-volè di Lendl ti spettino di ruolo. I tuoi figli elaboreranno comunque un loro linguaggio, un loro stile, un loro percorso. A loro volta dovranno farlo. Batteranno da sotto e perderai l’ultimo game scuotendo deluso la testa. Avranno vinto? Bene. Verrà anche per loro il momento di difendere il titolo. E sarà quello il momento in cui ti renderanno onore.

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    1. L’82 eh? Hai certamente notato l’immagine di apertura del post precedente a questo….L’82…Bearzot, Pertini, Causio, Zoff che giocano a scopone nell’aereo presidenziale con la Coppa del Mondo poggiata lì manco fosse un vaso qualunque di fiori…Che naturalezza, che normalità, che umiltà! L’Ottanta-due sta dando segnali che nel cassetto non ci vuole stare più…Jamme guagliò è ora di battere…Io sto qua, pronto sotto rete. Ma fammi un piacere, cambiamo gioco…a tennis non sono buono…ping-pong, meglio. Avevo in quella casa al mare un ping-pong che ho consumato…E quella potrebbe essere un’altra bella storia.

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  4. si sente l’aria calda, dolce e cara dei pomeriggi estivi, passati in un tempo sospeso, tra la voglia di fare e quella di respirare e nulla più… come sono i ricordi più dolci… quelli che fanno fermare il fiato e mettere su la faccia arcobaleno…
    la sai una cosa?… mi hai fatto venire in mente le domeniche passate in cascina, dai nonni materni, un luogo a me caro, radici per me importanti…
    i pomeriggi di penombra a guardare la tele col nonno… a mangiare i cubetti di ghiaccio e menta fatti dalla nonna…
    … e questi sono ricordi che mantengono in un luogo sospeso, del cuore e dell’anima tutto ciò che di più caro ci è passato per mano… senza bisogno di parole ( o gettoni)
    😉

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