Il falso dilemma: digitale o non digitale


Digital Memory Delivery?

Sicuri che sia così dolce naufragar in questo mare digitale?

Si è appena concluso il primo Italian Digital Day e Netflix è giunto anche nei nostri salotti. Netflix è il più diffuso servizio di “Internet TV” al mondo: con oltre 65 milioni di abbonati in 50 Paesi è il più famoso tra i recenti rappresentanti della nutrita schiera di fornitori di servizi “Digital Delivery” giunti nel nostro Paese. Tanti anni fa, il fenomeno della “Digital Delivery” ha mosso i primi passi cambiando la distribuzione della musica e, oggi, investe praticamente tutte le attività, pubbliche (si pensi alla fatturazione verso la P.A.) e a breve private, ed è ormai un primario mezzo di diffusione di contenuti multimediali. “Semplice, intuitiva, flessibile”(*)
(*) Connessione a banda larga necessaria.

L’autorevole EContent pubblica ogni anno l’ennesima classifica: la “Top 100” delle aziende dell’industria dei contenuti digitali, EContent 100 2014-2015. Dal confronto delle classifiche degli anni precedenti, si scopre che diverse aziende presenti l’anno prima, non sopravvivono all’anno dopo. Il valore delle classifiche spesso è effimero, tuttavia il lavoro di EContent fornisce un’interessante prospettiva sulla natura dinamica e in continuo divenire dell’industria dei contenuti digitali.

Gli anglofobi se ne facciano una ragione: la DD (Digital Delivery, come la Bardot!) porta con sé una girandola di acronimi e termini inglesi come DLC, download, DRM, No DRM, Season pass, streaming, Big Data, Open Data. “Dematerializzazione” è la parola d’ordine.

I vantaggi per l’utilizzatore sono indiscussi: l’acquisto avviene comodamente da casa sua o dal luogo di lavoro o in viaggio; dopo il download ne usufruisce immediatamente; risparmia denaro rispetto alle versioni “fisiche” o “pacchettizzate” dello stesso prodotto; risparmia spazio nella libreria o scaffale; alta portabilità in viaggio.

La “scelta” tra digitale o non digitale sembrerebbe ovvia, ma è un falso dilemma. Non si tratta di scegliere tra due modi di consumare contenuti,  piuttosto  la vera scelta è un’altra: oblio o zavorra?

L’oblio…

Il prodotto digitale è comodo, flessibile, spesso più economico, ma mancando della fisicità e dello spazio che occupa, è meno visibile e c’è la tendenza ad accumularlo, finendo per perdere di significato e a dimenticarlo in fondo a qualche hard-disk. Pensate a cosa è accaduto al vostro modo di (ri)guardare le fotografie di famiglia. Quante volte siete andati a rivedere le vostre foto salvate sul PC? Quante volte vi è capitato di tirare giù dalla mensola l’album delle foto di famiglia e iniziare a sfogliarlo?

Nei furti di appartamento, computer, tablet, NAS, hard-disk esterni sono una tipica “preda”: possiamo dire addio in un colpo solo alle fotografie e ai nostri ricordi, nonché musica, video, film, videogiochi, libri. Recuperare l’account e le password di ogni servizio online può essere quasi peggio che andare a fare la fila all’Ufficio del Catasto.

Mi metto poi nei panni dei miei figli quando saranno adolescenti: se gli fosse venuta voglia di rivedere quel vecchio film che papà amava fargli vedere da piccoli, gli verrebbe più facile tirare fuori dalla libreria la custodia del DVD, leggerne il retro della copertina e infilare nel lettore un disco con su la scritta “Porco Rosso” oppure andare a “rovistare” nel PC di casa o cercare sulla Rete con risultati a luci rosse che potete immaginare?

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Preferisco la zavorra di questa edizione al rischio dell’oblio di un nome.mp4 in mezzo a un paio di terabyte di file

A queste domande, la risposta nel mio caso è: “supporto fisico tutta la vita!”. Non è mero collezionismo, la fisicità della confezione conferisce un valore aggiunto, certamente non per tutti e, comunque, in misure differenti.

Provo a spiegarmi nel mio italiano crocifisso con un esempio che prende in considerazione il libro, ma è applicabile ad altre “piattaforme” di contenuti, come i videogiochi o i film perché questo discorso riguarda non la plastica o la carta, ma l’Emozione e l’Esperienza.

…O la zavorra?

IL libro che mi porterei nella bara, dovendo ingannare il tempo mentre attendo la chiamata generale al Giudizio Universale è la mia copia de “Il Signore degli Anelli“, acquistata dal mio caro papà, mentre ero a letto febbricitante. La mia copia, non un’altra. Avrò avuto 10 anni e ho letto l’opera di J.R.R. Tolkien tutta d’un fiato. Ora è riposta nella libreria: edizione Rusconi che comprende tutti e tre i libri, un’opera massiccia che oggi non si venderebbe in tale formato perché tra i pochi che leggono, c’è chi si stanca a mantenere un libro mentre legge a letto e sicuramente non è adatto alla lettura in metropolitana. Decisamente no.

Bompiani ha pubblicato le edizioni dei singoli libri per avvicinare il pubblico che ha apprezzato la trilogia cinematografica di Peter Jackson; l’edizione onnicomprensiva è una costosa confezione Deluxe, rivolta a soddisfare un’esigenza di “occasione regalo”, piuttosto che  di “piacere della lettura”. Fino alla trilogia di Jackson, se volevi leggere Tolkien, non avevi alternative se non il “mattone”.

Il MIO Signore degli Anelli
Il MIO Signore degli Anelli

Guardo con affetto la mia copia dalla costa piegata de “Il Signore degli Anelli” e per piegare a “U” la costa di un libro di oltre 1300 pagine potete immaginare che non mi lascerà mai e mi seguirà in ogni trasloco o emigrazione.

Ogni tanto, inizio a sfogliare le pagine perchè quella carta trattiene ancora un odore particolare, che riesce a farmi rivivere l’emozione della scoperta della Terra di Mezzo, del piacere di quella lettura così nuova per me e riportarmi indietro a quei giorni il cui ricordo è rimasto vivido proprio grazie a quel libro ingombrante.

Se avessi letto l’edizione digitale de “Il Signore degli Anelli” ne sarei rimasto segnato allo stesso modo, ma buona parte delle sensazioni più fisiche, dal tatto all’odorato, sarebbero perse.

Ciò vale anche per mio papà che si recò presso il libraio. Applicando un concetto elementare quanto primitivo della geometria euclidea, posso affermare con certezza che papà e il genere “fantasy” erano due rette parallele: tendono a infinito e non si incontrano mai.

Sarà stato gennaio-febbraio del 1979: a letto malato con solita influenza di stagione, papà vuole regalarmi un libro. Fresco di folgorazione del film de “Il Signore degli Anelli” di Ralph Bakshi (Natale 1978), faccio espressa richiesta del libro di J.R.R. Tolkien. Papà si recò ad acquistare il libro all’oscuro di cosa si trattasse e mi raccontò della sua meraviglia alla vista di quel “tomo” dalle dimensioni di un mattone forato in calcestruzzo. Era anche contento, di quella contentezza mista a orgoglio e fierezza, che il figliolo si dedicasse a letture così impegnative.

Se avesse acquistato l’edizione digitale, mio papà si sarebbe comunque recato presso il libraio, perché lasciò questa valle di lacrime (le mie), lasciando intonso il libro “Internet For Dummies” che da poco gli avevo regalato nel vano tentativo di irretirlo con mouse e tastiera nel web. Mi avrebbe, quindi, al massimo dato una “gift card” da cui grattare un codice. Tutte quelle sensazioni e quei ricordi andrebbero perduti  “come lacrime nella pioggia“.

For Dummies: IERI VS OGGI
For Dummies: IERI VS OGGI

Questo attaccamento alla fisicità della “confezione” non è mero collezionismo. Alcuni prodotti non possono essere digitalizzati senza sacrificare l’esperienza e, in alcuni casi, l’apprendimento e arricchimento. Libri come “Disney. Tesori e ricordi“, zeppo di memorabilia, inserti, figurine, biglietti, fotogrammi con cui “giochicchiare”, da girare e eraigir nella mano.

Il libro “Audrey Hepburn” dedicato alla biografia dell’attrice, raccontata attraverso duecento immagini, riproduzioni di appunti, fotogrammi, lettere, stralci di copioni. Grazie a tali memorabilia, il modo didascalico di raccontare una biografia attraverso illustrazioni e brevi testi cede il passo a una narrazione molto più “personale”.

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Audrey Hepburn (c) 2006 Ed. White Star. Autori: Erwin Ellen; Diamond Jessica Z.

Rispetto l’approccio pragmatico della “Digital Delivery” poiché mette al centro il “contenuto”: a tutti interessa che sia un buon videogioco, un bel film, una buona musica, un bel libro. In tutta onestà, inorridisco davanti a un futuro “digital only”.

Questa transizione ha i suoi vantaggi ed è ineluttabile , ma è in buona parte una forzatura da parte dell’industria dei contenuti, spinta da costi non più sostenibili a causa di mercati in contrazione e dall’esigenza di ottenere comunque dei profitti. Si assiste a un sistematico e progressivo depauperamento del prodotto “fisico” che spinge a scegliere la versione digitale anche per un prezzo più conveniente: sono scomparsi i “leaflet” illustrati nelle confezioni dei film, altrettanto i manuali e i “libretti” di istruzioni nei videogiochi.

foto contenuto Ultima 4 per Amiga
Ultima IV per Amiga: sarà pure zavorra, ma non trovo alcun senso nel digitalizzarlo. La grafica era fatta “a quadratini” e il contenuto di questa scatola aiutava a creare la magia!

Nell’editoria si registra la scomparsa di intere collane di libri e gli e-book spuntano nei cataloghi, come lumache dopo un’acquazzone. Come una lumaca, procede anche la vendita di e-book in Italia; un po’ meglio va nell’editoria digitale in lingua anglo-sassone. In materia di diffusione dell’e-book, le voci sono discordanti: da una parte, gli “apocalittici” come si può leggere su Repubblica.it in “Crollo delle vendite e riscoperta della carta: addio al lettore digitale“; dall’altra, gli “entusiasti” come su  Pianetaebook.com in “Le vendite degli eBook non sono in calo: tutt’altro!“.

Lo spazio può essere davvero tiranno e “le cose”, ammucchiate nel tempo, sono una zavorra che spesso rende schiavi. Alcuni libri, dischi e confezioni, grazie al contenuto, ma anche per i sensi che la loro fisicità coinvolge, rappresentano un momento della nostra vita: sensazioni, emozioni, ricordi in una somma algebrica emozionale, che puoi scambiare per nostalgia dal gusto retrò o vintage, ma è un  fermo-immagine di ciò che eravamo ieri e che ci ha permesso di essere ciò che siamo oggi.

Perderne la memoria, sarebbe perdere la possibilità di tramandare la nostra Emozione ed Esperienza ai nostri figli o a coloro con cui vogliamo reciprocamente condividere la nostra vita, accettandone il peso di qualche “zavorra”.

Comunque rassegnamoci. La resistenza è inutile, saremo tutti dematerializzati.

(cit. Digital Borg in Star Trek DD in onda su Netflix dal 06/06/2026)

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W e A r e B o r g ?

Onda sonora consigliata: The Man’s Machine di Jamie T in Kings & Queen

35 pensieri su “Il falso dilemma: digitale o non digitale

  1. La mia edizione del signore degli anelli è quella successiva al tua, identica nel contenuto ma con una sovracopertina, secondo me più brutta. Detto questo io sono assolutamente per il supporto fisico, anche se devo essere sincero ho commesso tre peccati in questo weekend complice il black friday anche sul playstation store. Ho comprato i miei primi tre giochi “liquidi”. Non l’avevo mai fatto ma il prezzo davvero stracciato 3 giochi 15 euro non mi ha incastrato. Ho già in sensi di colpa, l’hdd della ps3 pieno e il desiderio che in giorno li prenderò comunque fisici….

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    1. Non ti crucciare, la DD ha i suoi vantaggi in fatto di prezzi. Io confesso che in parte ho convertito certi acquisti in DD, sopratutto su PC. Siano benedetti i vari Humble Bundle, l’italianissimo Indie Gala (la sede è proprio vicino casa mia, a Roma), Bundle Stars e, sopratutto, GOG.com. Con cifre abbordabilissime accedi agli Indie e a qualche buon titolo un po’ più vecchio. Meno su console: giusto qualcosa Digital Only e vecchi classici che all’epoca non rientravano nel mio budget da spending review ante literam (tolte pizze, birre e treno per raggiungere la morosa, rimaneva poco)

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        1. Di patria partenopea, invero perigrinai dal primo anno di infanzia nella bella terra sarda, a Nùgoro (trad. Nuoro), poi a Bellator Frusino, feci al fine ritorno nella madrepatria all’ombra del Vesuvio per poi essere migrante da quasi due decenni nella Città Eterna, sì bella che ben gli si addice il titolo di “Caput Mundi”. Vi fissai dimora non esattamente all’ombra del Cuppolone nè a CalaottiiiBoceeeeeaaaa, bensì nella parte oltre la Porta Pia e che fu dimora di un certo Benito, nero di colore aveva la divisa e nera fu la sorte che incorse al popolo italiota che lo seguì. Insomma, se pure tu sei de Roma, avrai pure capito che zona.
          Comunque, Mastro dacci da bere ciò che ti sei scolato prima di vergàr sì aulico e ispirato quesito. Deh, non esser egoista ma sì dolce nettare versaci e spiffera i 3 giochi che hai ottenuto in cambio di quei 15 zecchineuri. Confessa il fio per capire se almeno bene te ne incorse e magari ci scappa una coop

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          1. La mia umile capanna sull’angolo invece si nasconde all’ombra delle fiaschette tra l’ikea e il tuscolo. Anche il mio è stato un lungo pellegrinare tra la vista sulla mole, della madonnina e di una torre pendente, in fine ho trovato sostentamento e amore per le mie membra in un fatal dì di dicembre milanese che mi ha portato alle porte della città di Romolo. Detto ciò la malattia del DD mi ha portato a conquistare Red Dead Redemption che tanto desideravo, Binary Domain (della serie giochi cool ma che in pochi si sono filati, così dicono) e Max Payne di cui non ero assai convinto ma a quel prezzo un dì ci giocherò!

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            1. Deh che coincidenza! Ogni giorno feriale mi reco sulla via del tuscolo, appena dentro il Grande Unico Anello capitolino, maledetto di traffico quanto quello di Sauron, nei pressi dello Svedese che vende mobilia dai nomi tipo codice fiscale che ti devi comprare le vocali e chiedere l’aiutino dal pubblico per poterli pronunciare. Traggo infatti il mio sostentamente in un palazzo tutto vetrato nei pressi degli studi della Città del Cinema, che dall’esterno assomiglia in verità a uno di quei tribunali fortificati dei maxi-processi di mafia. La malattia del DD male non ti incorse vista l’accurata scelta:
              – Red Dead Redemption, spolpato il primo Red Dead Revolver su PS2 (un assoluto capolavoro!), Redemption era obbligatorio; in verità, giocato pochissimo quando mi sono reso conto che non avevo il tempo da dedicargli. Gli open world sono dispersivi per definizione e – ahimè – il joypad tra poco mi metterà le corna con l’aspirapovere visto che lo tocco nei fine settimana a ore da vampiri. Ciò che ho provato. per quanto limitata parte dell’enorme sandbox in salsa western, rende onore a Sergio Leone e all’invenzione tutta italiana degli “Spaghetti Western”. Chi sarebbe Clint Eastwood senza “Sapghetti Western”?
              Binary Domain è un’ottima scelta! Finito d’un fiato, godibile quanto un Gears of War in salsa giapponese, non aveva il marketing nè l’hype di Epic/Microsoft e Sega con il marketing ci ha sempre preso poco. Vedi pure il caso Vanquish. edito da Sega, sviluppato da Platinum Games (altra perla da recuperare nel caso non ce l’avessi).
              Max Payne – immagino – il 3 anch’esso vale più degli zecchini pagati! Max Payne è un altro, diciamo che il Max Payne dei Remedy è una spanna sopra a quello Rockstar con il suo fascino noir e maledetto. Il passaggio a Rockstar ha comunque giovato, portando un rinnovamento nel character design del personaggio ai tempi moderni e con un’ambientazione brasiliana azzeccatissima. Rimane fedele alla sfiga che perseguita Max Payne dall’origine e il 99% dei nostri avatar (altrimenti noi che stiamo a fare?!?).
              Finito anch’esso senza potere staccare le dita dal joypad, sono più speranzoso che ne cedremo un altro capitolo, mentre di Binary Domain la pietra sopra ce la possiamo mettere e dire le preghiere non serve a nulla.
              Tutti giocati di Xbox360, quindi la coop non ci scappa. Il mio nick su PSN comunque lo indovini, no? 😉
              Dulcis in fundo, volevo dirti che se non disdegni l'”usato” puoi rivolgerti in Europa presso alcuni marketplace come Rakuten o Game che vendono un “usato” in ottime condizioni (quanto siamo “civili” in Italia si vede pure dai pochi usati che ho preso da GiocoFermati): con il 3X2 di Game, ho portato a casa “perle” sfuggite o semplici “curiosità” su supporto fisico a 5 euro l’una e sono stato anche “spacciatore” a colleghi, parenti e affini. Chiaramente niente DLC e a volte manca il manuale; il disco è sempre in ottime condizioni.
              DD mi avrai, ma dovrai penare!

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              1. Risulta quindi inevitabile che presto o tardi ti si offra il mio luppolo autoprodotto. Per quanto riguarda i prodotti di second’uso non sono assolutamente contrario, aborro rivendere anche i miei acquisti sbagliati perchè quei villani di giocofermati mai ma poi mai valutano l’usato in maniera adeguata e per pochi spicci li preferisco impolverati. Vanquish è nella lista sull’amazòn a 8 eurodollari sarà ben presto della compagnia. Il mio nick sulla nera console giapponese è distante da quello che oggi ho, duca atreides fui.

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                1. Sarà un vero piacere incrociare i boccali! Sulla rivendita dell'”usato”, sono un’estremista: non lo rivendo perchè altrimenti che non avrei più quella zavorra di cui tanto ho cianciato; mai comuqnue lo rivenderei a GiocoFermati poiché ho assitito a scene di rapina a mano disarmata ai danni di pargoli accompagnati da adulti e da adulti. Svendere per pochi spiccioli qualsiasi oggetto, per racimolare la vile pecunia, posso capire se fatto per dare da mangiare ai propri figlioli, ma per procurarsi altri balocchi e profumi significa lasciare passare un messaggio di estremo consumismo menefreghista e non dare significato ai propri sacrifici o quelli dei genitori. Anche con un videogioco, si può trasmettere una serie di valori.
                  E vogliamo parlare della garanzia per un euro in più?!? LA mia risposta è sempre la stessa: con quello che costano li tengo come una reliquia. I miei piccoli di 4 anni mi recano una grande gioia quando spingono la sediolina (Ikea) verso la libreria, si arrampicano per prendere la scatola di Mario Kart o quella di Lego Batman, la aprono, tirandone fuori il “giornalino” (quando c’è!…E le ciance nel mio post ritornano abbbestia!), mi guardano con gli occhi pieni di attesa e di quella sana ruffianeria bambinesca e mi porgono la confezione per tirarne fuori il disco. Perchè lo sanno già…Li ho educati: se toccano il disco con le loro untuose manine, li finisco con una Fatality!
                  Come (pre)scrivevo in tempi non sospetti, in cui i nani non erano nati, I bambini piccoli sono…piccoli, non fessi. Tutt’al più i genitori.

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  2. Personalmente è un problema che proprio on mi pongo: “zavorra” sempre e comunque!
    PS. La mia prima (si, prima perchè ora quasi non le conto più) copia de “Il Signore degli Anelli” è il mitico cofanetto rosso della Rusconi (ci hanno provato in tanti a “portarmelo via”, ma col cavolo!) letto tutto d’un fiato in 3 giorni e poi riletto ogni anno da quel lontano ’77 al punto che ormai le scritte di copertina hanno perso gran parte della doratura.

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    1. Mi fa piacere essere in compagnia di altri “zavorrati”. E poi la zavorra serve quando tira il vento per non farsi portare via. A questo punto sorge spontaneo un altro “dilemma”: la zavorra ti fa stare ben piantato a terra, ma Il Signore degli Anelli, che per dimensioni è decisamente una zavorra bella pesante, come mai ti fa spiccare il volo e ti trasporta in mondi mai visti e lontanissimi?

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      1. La domanda in se è la classica “bella domanda” a cui rispondo con un:
        semplicemente perchè “il Signore degli Anelli” ha in se una sorta di “magia” che ti fa credere che si, certi valori davvero possono esistere, che si, (cito a memoria) “parole come compagnia, amicizia, sacrificio(etc, etc) non sono solo parole, si possono mettere in pratica, sono un modo di vivere: dipende solo da te” com’ebbe dire (e come fa ) colui che interpretò uno dei personaggi che meno amo (Aragorn).
        O almeno io la vedo così.

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        1. Quoto e straquoto! Sotto l’estetica degli hobbit (a immagine e somiglianza di Tolkien e di parecchi di noi), quella degli elfi, nani, orchi, troll e altra gente che sembra partorita da un trip a base di acidi andati a male, c’è la rappresentazione del modo di vivere del singolo essere umano, nei suoi aspetti nobili, meschini e vie di mezzo sfumate. Ma c’è di più: non è un confronto manicheo tra buoni e cattivi, belli e brutti (perché gli orchi sono proprio brutti eh), alti e bassi, bianchi e neri, occidentali e orientali ( come qualche sedicente critico interpreta). Gollum è il fulcro. L’ultimo degli ultimi, l’invisibile anche quando non mette l’Anello al dito (proprio come i tanti “invisibili” nella nostra “civile” società ): insegna un valore dimenticato, la compassione. Che non è pietà a buon mercato, un detersivo per l’anima sporca di sensi di colpa, un lucido per mostrare un’etica commerciabile (pensa ai marchi “etici” e le campagne “benefiche” che si ripagano i costi del prodotto venduto per “beneficenza”). Gollum mette alla prova la nostra compassione, cioè di “avere passione con” l’altro, il diverso, a volte l’opposto. Gollum è il vero eroe. Quello che sacrifica la vita (che per i nostri canoni qualcuno direbbe “che vita è questa da miserabile?!?”). Certo la sacrifica per un suo fine, l’amore per il suo tessssoro. La sua zavorra. E la nostra società sta facendo lo stesso : ancorata alle sue zavorre di “difesa” di uno stile di vita, senza compassione, si scaglia contro il diverso, mossa in realtà da interessi economici e di potere (Sauron?). E sai cosa le manca? Gollum. Viva la zavorra che ci fa volare e tornare migliori a terra!

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          1. Gollum?! No, guarda, mi sa che hai capito piuttosto male (a meno che non sia il “maldettessimo effetto film), Gollum per Tolkien incarna l’uomo assolutamente corrotto dal male, ma corrotto fino in fondo, non ha nulla di positivo e non sacrifica la sua vita, Tolkien lo dice piuttosto chiaramente quando parla di “eucatastrofe”, vale a dire: il male che distrugge se stesso.
            E infatti Gollum si ditrugge, in un gesto irriflessivo, per l’avidità di tornare in possesso dell’anello.
            Compassione per Gollum? Certo, quella la si può provare, compassione… o meglio pietà come Gandalf ricorda a Frodo, ma non un passo oltre.
            Poi, com’è logico, ognuno vede le cose a suo modo (e meno male, se no sai che noia) e se ne può discutere (sempre amichevolmente e con rispetto), ma personalmente non mi azzarderei proprio a dire che al mondo manca Gollum, anche perchè basta guardrsi intorno e di Gollum così come lo ha inteso Tolkien ce ne sono fin troppi.
            Io posso compatire l’altro (nel senso di patire con lui, di sentire il suo dolore, il suo bisogno) anzi, devo farlo se voglio meritare il titolo di “essere umano”, posso, e devo, avere quel piccolo moto dell’anima che mi fa guardare Gollum pensando “povero infelice”, ma non perchè vedo in lui “il diverso” (visto che essere diversi non significa automaticamente essere asserviti al male) quanto piuttosto perchè vedo la sua sofferenza e la sofferenza di chiunque mi diminuisce.
            Ma, ripeto, è opinione mia (per quanto ampiamente condivisa da un’infinità di tolkieniani) e dunque contestabile come qualunque altra.
            PS: bella la discussione cha sta venendo fuori, tornerò a visitare il tuo blog… magari decido pure di seguirti.

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            1. Mi ha colto di sorpresa la tua reazione, in verità. Ma il bello è questo: sono diversi modi di pensare e sentire, punti vista ognuno degno di rispetto e considerazione. Perciò, non mi sento di contestare, piuttosto di chiarire meglio quanto volevo esprimere e, forse, malamente espresso. Bella sì la conversazione, con tutti i limiti della distanza, e visto che la risposta al tuo ultimo commento era largamente debordata dal piccolo box, ho deciso di dargli un post(o) in prima fila e spero continui a meritare un tuo contributo: Gollum, disprezzo o compassione?

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              1. Sono andata a leggere e la mia prima reazione (scherzosa ovviamente) è stata: “oh mamma, ho creato un mostro”.
                Mi spiego meglio: più che un post hai praticamento scritto un mini saggio devo dire ben articolato, ma che per essere commentato a dovere richiede di essere esaminato punto per punto… il che richiedete tempo.
                Commenterò certamente, ma non prima diqualche giorno.

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                1. Eh sì! Hai creato un mostro, quasi al pari di Gollum. Ora però permettimi di ridimensionare la mostruosità: “mini saggio”, beh no dai, mi dovrebbe lusingare, ma non ha alcuna velleità di esserlo e di essere preso così seriamente. Una partita di calcio nella Terra di Mezzo ti pare roba da “saggio”? Semmai da pazzo irresponsabile. Vacci piano con il “punto per punto”, ommadonna, meno male che hai scritto che ti ci vorrà tempo, arriva Natale, le feste, le abboffate, la frutta secca, magari ti becchi pure una tombolata e giro di canasta o sette&mezzo o entrambi. Magari ti sarai dimenticata….Grazie e…Pedo mellon a minno.

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                  1. Adesso anche l’elfico?
                    Una partita di calcio in terra di Mezzo che avrebbe di “pazzesco”? Ne ho viste di cose “in Terra di Mezzo” che in teoria con Arda non dovrebbero avere nulla a che fare, se tu sapessi, caro mio, se tu spesi…
                    Comunque si, mini saggio ho detto e mini saggio confermo, non importa se ciò che hai scritto non aveva simili velleità è il risultato che conta.
                    Mi piacerebbe aver qui adesso Gulisano per fergli leggere il tuo pezzo e parlarne con lui, ma Paolone l’ho un po’ perso di vista ultimamente il che non esclude che prima o poi io riesca a farlo (se non sai chi è ti dico che Paolo Gulisano è uno dei massimi esperti Tolkieniani italiani), con lui ocon un altro paio di persone del “giro Eldalie” con i quali le discussioni a tema diventano ogni volta così articolate da tirar l’alba e non solo metaforicamente.
                    Aspettati comunque un qualcosa di mio, magari visto ciò che hai appena scritto sarà più contenuto di quanto mi proponevo, ma vedremo.
                    Visto come si è sviluppata la cosa, e visto che hai aperto tu la porta alle lingue, ti lascio con un: “Elen sila lumen omentielvo”… e mannaggia alla tastiera che non mi consente la grafia corretta, perchè era da parecchio che non mi riusciva di parlare così a lungo della Terra di Mezzo e quindi “hannon le”.
                    PS. Non dovevi tirare in balle le lingue elfiche con una che in Quenya ha scritto parecchi cosette., ora ti sei rovinato.

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                    1. Omadonnellabellabella…Quoque tu unmateamagro, blogger mi! Mi sono imbattuto nella figlia segreta di Lady Galadriel, che quando si incaxxa, fa paura pure a Gesù Bambino! Io ti ho salutato con uno dei passi che amo di più, ti ho dato dell’amica e lasciato la porta di casa aperta…Di tutta risposta, tu ti imbuchi con il Gulisano e tutto il giro Eldalie!? Come i nani a casa di Bilbo! Di questi elfi non ti puoi fidare, sono strani, papà me lo diceva sempre: non ti fidare di quelli con le orecchie a punta. L’ultima volta che sono stato a casa di conoscenti con un elfo appena conosciuto, è sparito da casa un anello d’oro…Subito il padrone di casa se l’è presa con me e mi ha accusato del “furto” del suo tesoro…Solo perché sono napoletano!…A diral tutta, quel tipo mi incuteva un certo timore e sospetto, sarà per via del fatto che aveva un solo occhio (povero Cristo! Chissà cosa gli sarà capitato…). Io non ci volevo andare a casa di questo, ma l’elfo ha insistito. Se contraddici gli elfi, vedi poi che reazioni hanno?!?
                      A questo punto, vado a cercare quell’Anello-Lì (capisci a mmme…) così sparisco per un pò. Speriamo che funzioni, perché l’ultima volta l’ho messo al dito e mi aspettavo che sparisse mia moglie. E’ rimasta lì che mi guardava fissa, come per dire “ChetttiGuardi?!?”…Quel tipo dall’occhio solo, mi sa che è più napoletano ‘e me.
                      “Una stella brilla sull’ora del nostro incontro” mi hai scritto…Sarà, ma mi pare che non è la Cometa che annucia la lieta novella, dal tuo tono assomiglia più a quella menagrana di Halley…Ma non doveva passare di qui nel 2062? Mah…
                      Hellon le pure a te (pure la rima, tiè)

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  3. Ma per carità, non sia mai!
    Intanto preciso che con la dama del Bosco d’Oro neppure io vorrei averci a che dire… e infatti ho scelto Imladris e Mastro Elrond, poi c’è da dire che se ho parlato di Gulisano e compagnia è stato solo perchè sono convinta che ciò che hai scritto offra uno sguardo nuovo su Gollum che, a mio parere, meriterebbe di essere approfondito.
    Sembra comunque che io abbia fatto un danno pur senza volerlo per cui facciamo una cosa: la pianto qui e, tanto per citare, tirem innanz.
    Consentimi però un’ultima piccola curiosità, mi par di capire che sei di Napoli (o zona) e dato che da quelle parte conosco alcuni tolkieniani… non è che per caso le nostre strade si sono già incrociate?
    Rinnovo il mio hannon le e ti auguro buona giornata.

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    1. Nooooo! Io lo so che mi esprimo in italiano come in Quenya 😉 Io ne sono rimasto estremamente lusingato del tuo commento e intenzioni di allargarlo! Figurati! Ieri sera, tornando a casa, l’ho detto a mia moglie – che non è esattamente confidente con TOlkien & Co. – e glel’ho detto con un entusiasmo che l’ho contagiata. Anche se poi mi ha chiesto di dare notizie ogni due ore, quando sono fuori 😉 Veramente, volevo solo essere auto-ironico. Mi spiace tantissimo di averti fatto pensare l’opposto. Vai con il mitico Gulisano, vivisezionate, massacrate quello che ho scritto, vi prego! La condivisione è sempre un bene supremo. Davvero.
      Sì song’e Napule, ma non credo ci siamo mai incontrati. Una donna che parla Quenya non la potrei dimenticare. 🙂 Statt’bbbuono (preferisco il mio idioma così sono suicuro di non fare casini). Grazie di tutto.

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  4. Il signore degli anelli lo lessi in treno, nelle trentasei ore che impiegò da Ciudad de Mexico a Merida. Una lettura intensa e fantastica. Non ho più letto un libro con tanto gusto e partecipazione… Sono passati trentadue anni, ma il ricordo è sempre vivo. Più ancora della trilogia filmica di Peter Jackson…
    Sì,è una lotta impari, quella tra digitale e non digitale. Ma tu ne esprimi le fasi con mirabile puntualità ed esaustiva oggettività,…
    Un caro saluto

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    1. Grazie Silviatico, anche per il tuo ricordo de Il Signore degli Anelli, che segna un periodo/ricordo di chiunque lo abbia letto. Sui libri, in particolare, il “digitale” ha avuto un effetto tsunami. Ha spazzato via intere produzioni cartacee e popolato di nefandezze “editoriali” solo perché pubblicare è infinitamente più accessibile.
      Non si tratta soltanto di affetto e legame a certi ricordi, ma di efficacia della trasmissione dell’informazione.
      Alcuni studi hanno verificato che il campione che ha studiato esclusivamente su “digitale” ha avuto risultati inferiori al campione che ha studiato sul “cartaceo”. Sembra che il nostro modo di apprendere sia legato al supporto fisico, memorizza l’informazione nella posizione sull’impaginato, cosa che sulla carta avviene quasi senza accorgecene, mentre sulla pagina liquida del digitale è molto più difficile.
      E allora quale è l’utilità?
      Per fortuna, i ragazzi (segmento Kids) continuano a preferire la carta come “piattaforma” per la loro lettura diversa da quello per lo studio. Usano molto smartphone e computer, ma ci ascoltano la musica o videgiocano. Per la lettura, il libro vince ancora.
      Nella musica il digitale è la formula distributiva di successo; il vinile è comunque una nicchia, un segmento limitato. Nei videogiochi, la diffusione della fibra e larghezza della banda limita almeno in Italia la distribuzione digitale, ma ormai la strada è segnata.

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      1. Tanto per dirti quanto tu abbia ragione, ti citerò soltanto un aneddoto: tante vite fa, che i pc aveno da poco preso il sopravvento, un ragazzino di mia conoscenza, doveva fare una ricerca di geografia. La madre lo incalzava. Sai cdosa ha fatto? Ha cercato la pagina che gli interessava. L’ha stampata senza nemmeno leggerla. Ed ha chiuso la ricerca. Ho provato a chiedergli cosa significasse la cosa. Lui mi disse che la ricerca era stata eseguita. Ricordando di come, ai miei tempi, si andava a consultare gli atlanti cartacei, con quelle splendide mappe e immagini di popoli, di fronte alle quali rimanevi incantato. Ho compreso quanto ci facesse perdere la digitalizzazione, rispetto al libro… Ma, come tu ben dici, con la banda larga, anche il libro rischia di finire in una nicchia, con tutte le sue fantasie. Se è così che deve andare, che così vada, a noi solo la malinconia per quanto si viene a perdere…..
        Un caro saluto

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  5. gelsobianco

    “Questo attaccamento alla fisicità della “confezione” non è mero collezionismo”
    No.
    Io ho una edizione del Barone Rampante che mio padre mi ha regalato e che mi porto dovunque io vada. Ecco, cerco di farlo. Talvolta mi è impossibile. Allora mi stacco da quel volume con difficoltà speciale.
    Quelle pagine sono state toccate anche dal mio papà e poi vi è il perché mi è stato donato proprio quel libro…
    E qui dovrei aprire una parentesi che ha a che vedere anche con il mio nick, gelsobianco, ma che tralascio perché, come ho scritto in un altro precedente commento per te, Red, tengo le mie “briciole” per me.
    E poi se penso al fascino delle fotografie dei miei avi… che si sbiadiscono con il tempo… (e questo sbiadirsi quanto mi comunica)
    Emozione.

    Grazie, Red, per questo tuo post che ho gradito molto.
    🙂
    gb

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    1. Tu continua a raccontare un po’ di te, di quel libro o di quelle fotografie..qui l’unica moneta accettata è lasciare un proprio piccolo racconto, non importa quanto piccolo. purché sia sincero come un bicchiere di vino del contadino. No solfiti, no conservanti, chi se ne fotte che è troppo tannico e non proviene dal vitigno pregiato. L’importante è che ti dia l’emozione del sangue dell’uva, del sole, della terra e – dopo qualche bicchiere è inevitabile – ci scappa qualche risata.

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