Ombra bianca.


White Shadows ©Liron Shimoni
White Shadows ©Liron Shimoni

“…sono bianca, nera, o nessuna delle due?”

Leggere dell’Africa senza incorrere in cliché è sempre difficile. Leggere dell’Africa dopo che ci sei stato è ancora più difficile. L’Africa ti entra dentro: assistere a un tramonto nel Chobe National Park o sullo Zambesi penetra l’anima come una lama rovente in un panetto di burro e ciò è facilmente comprensibile sia a te stesso sia ai più. La parte difficile è accettare che l’Africa spazzi via i fronzoli, gli orpelli, gli isterismi della convivenza nella cosiddetta “società civile”, lasciandoci alla merce’ di uno tsunami di atavici istinti: da una parte, la potente e rigenerante percezione della Vita nella sua essenza; dall’altra la crudeltà dell’istinto di sopravvivenza. Crudeltà inevitabile nel mondo animale; crudeltà evitabile nel mondo degli esseri umani.

Quando ho iniziato a leggere “Ombra bianca”, una storia che racconta della minoranza albina in Africa, avevo il timore di ritrovarmi di fronte a un prevedibile modo di pensare “all’occidentale“: un mix variabile di paternalismo, cinismo, pietismo e una bella lavata di mani alla Ponzio Pilato.

Con le “ricette” occidentali per risolvere i problemi dell’Africa, potremmo pubblicare un voluminoso tomo per fare concorrenza alla “bibbia della cucina” di Pellegrino Artusi.

La situazione è paradossale: i principali responsabili dei mali dell’Africa si sentono in dovere di porvi rimedio e hanno per giunta la presunzione di avere la soluzione in tasca. Le Grandi Potenze, un tempo colonizzatrici del Continente Nero, hanno mutuato il termine “imperialismo” con “interventismo”, motivato ora da un’ “emergenza” umanitaria, ora da un pericolo per la Democrazia (ANSA, 25 maggio 2013: “Mali: Francia inizia ritiro soldati”). Il lupo ha perduto il pelo ma non il vizio.

Ombra Bianca_(c)_Cristiano Gentili

“Ombra bianca”, scritto da Cristiano Gentili, non è niente di tutto ciò. Non suggerisce ricette, non preconfeziona giudizi, ma descrive una realtà in cui la visione manichea di bene e male è inadeguata, a meno di volere spudoratamente mentire a se stessi. Mette di fronte a un mondo che non comprendiamo perché anche le azioni pensate a fin di bene, nella realtà possono rivelarsi non appropriate.

“[…] dopo un pomeriggio di shopping sfrenato a Dar es Salaam, [Sarah] aveva acquistato un giocattolo elettronico, uno di quegli aggeggi affollati di tasti colorati che emettono un suono o un motivetto, e l’aveva regalato a un bimbo che mendicava a un angolo di strada. Quest’ultimo se l’era girato tra le mani senza sapere cosa farci.”

La comunicazione sull’Africa ad opera dei media tradizionali si limita a diffondere, nella maggior parte dei casi, uno sconsolante senso di impotenza e inutilità, cui segue una rassegnazione auto-assolutoria. Come accade con i farmaci è una questione di “dosi”: quando si parla dell’Africa, la “dose” di informazione viene somministrata al di sotto della soglia di “rischio chimico” (cfr. EFSA), in modo da evitare reazioni avverse (e indesiderate).

“Ombra bianca” non è un analgesico, gli effetti collaterali sono numerosi e inaspettati quanto quelli descritti in un bigino di un qualsiasi farmaco, ma presenta almeno due vantaggi: gli effetti collaterali durante la lettura sono rigeneranti, (com)muovono testa-cuore-viscere e per leggere non è necessario un microscopio atomico, anzi, nel formato digitale del libro, è possibile ingrandire il carattere.

Durante la lettura, spesso sperimenterete impotenza e inutilità, ne sperimenterete la pena come una spina conficcata nell’anima, ma non imbottitevi subito di anti-dolorifici, il dolore può essere utile, è un segnale d’allarme, un sistema di difesa per evitare danni più gravi, affrontate la causa del dolore, percepitene la provenienza, l’intensità e modulatene un’efficace reazione!

Se volete conoscere dell’Africa e uscirvene con una bella coscienza pulita e senza macchia, non consiglio la lettura di “Ombra bianca” , piuttosto suggerisco una buona bevuta di candeggina o analogo bio-cocktail a base di acqua e sodio percarbonato.

White Shadows ©Liron Shimoni
White Shadows ©Liron Shimoni

“Ombra bianca” è tratto dalla realtà africana, vissuta in prima persona dall’autore, Cristiano Gentili, il quale non ha lasciato che gli scorresse attraverso perché “è così che va il Mondo”, ma ha permesso che diventasse parte di sé. Come parte di sé sono diventate le persone che ha incontrato, le storie che hanno vissuto. Si è fatto carico della sua parte di fardello, animato dall’amore non solo per quei luoghi dalla cui bellezza è naturale essere rapiti, ma soprattutto per gli uomini che vi nascono, vivono e muoiono. Ha voluto raccontarci di una parte di questa umanità che – nel migliore dei casi – è invisibile ai propri simili: essere africano ed essere “bianco” non sempre garantisce dei privilegi. Vi sono africani bianchi che nascono da genitori africani neri. La pelle è bianca perché si è affetti da albinismo. “Mzungu” (plur. “wazungu”) in lingua swahili significa “persona bianca” ed è l’appellativo per indicare gli stranieri “bianchi”; lo stesso termine viene utilizzato però in modo spregiativo per indicare gli africani affetti da albinismo.

“Tu non sei bianca nel modo in cui lo è la dottoressa. Tu sei nera. La tua pelle bianca è un errore, perché dovrebbe essere scura come la mia”

“Essere affetti da albinismo in Africa “ – cito testualmente il portale di studio e ricerca, Albinismo.it – “significa: superstizioni, amputazioni e uccisioni; discriminazione, vita ai margini; mancanza di istruzione; mancanza di assistenza; necessità di creme solari protettive, vestiario adatto, occhiali da vista e occhiali da sole”.

L’intensità delle radiazioni e un’inadeguata protezione a causa di scarsi mezzi economici e d’informazione fanno sì che tra gli albini africani la causa più diffusa di morte “naturale” (nel senso di “non violenta”) sia il cancro alla pelle. L’aspettativa di vita media di un albino in Africa è al di sotto dei 30 anni, molto al di sotto dei 49 anni di un abitante del Ciad, il fanalino di coda del mondo (fonte: The World Factbook – 2013 © Central Intelligence Agency).

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In “Ombra bianca” si racconta di persone invisibili, con le quali nessuno vuole avere contatti e delle quali nessuno parla. “Zeru zeru” in swahili significa “albino” e ha una beffarda somiglianza alla nostra pronuncia di un numero che indica il nulla, lo zero. Zero. Tanto vale la vita di un albino africano: zero.

Se la vita di un albino vale zero, ogni parte del corpo di un albino vale invece migliaia di dollari. Ogni parte del corpo di un albino diventa macabra materia prima di ciondoli e amuleti che dovrebbero portare fortuna e ricchezze oppure risolvere problemi di più contingente sopravvivenza. E’ tutto relativo: questo macabro amuleto è richiesto da chi vuole “arricchirsi” rapidamente con attività minerarie o di pesca. Accade nelle regioni di Mwanza, Shinyanga e Mara in Tanzania, dove è ambientato il romanzo.

Può accadere che un gruppo di pescatori si “consorzi” per mettere insieme qualche migliaia di dollari (reddito annuo pro capite della Tanzania nel 2012: 1600 dollari americani) per procurarsi l’amuleto “portafortuna” perché il pescato quotidiano non è più sufficiente a sfamare le proprie famiglie. Ignoranza e creduloneria delle popolazioni sono così terreno di facile sfruttamento da parte di sedicenti stregoni e gruppi di criminali, i quali non sempre sono perseguiti da un’adeguata azione repressiva della polizia e di condanna da parte della politica.

“Mi chiamo Bibiana. Avevo10 anni, quando, di notte, uno sconosciuto mi ha assalita, mi ha tagliato la gamba destra e se l’è portata via. Una domanda mi assillava “Perché mi ha fatto questo?” (tratto da “Un pezzo bianco da migliaia di dollari” di Rosa Pellegrino © Albinismo.it)

Ombra bianca (c) White Shadow di Noaz Deshe - Asmara Films (2013)
Ombra bianca (c) White Shadow di Noaz Deshe – Asmara Films (2013)

Attraverso i personaggi, le loro vicissitudini e una serie di informazioni sul tessuto sociale, politico e religioso, in particolare sulle gerarchie tribali, sui rapporti tra l’élite africana bianca e la popolazione di colore, l’autore riesce a trasmettere l’immagine  di un’ Africa differente: il lettore ha la libertà di farsi un’idea propria, senza quell’azione di sterilizzazione delle informazioni da parte dei media all’ennesima notizia di un colpo di Stato, di una guerra civile, di un tragico incidente presso un oleodotto, del rapimento di un “bianco”; la siccità e la carestia non fanno più notizia, anche se in Africa si susseguono con la normalità di quando spunta il sole dopo un nubifragio estivo.

Vi affezionerete ad Adimu, la piccola protagonista di “Ombra bianca”, a sua nonna Nkamba, a Sarah…e gli uomini? Gli uomini, che in quel contesto avrebbero maggiore potere di cambiare le cose, sono i personaggi più rassegnati al leit motiv “E’ così che va il mondo”, risultano controversi, generano un conflitto interiore. Anche per i personaggi più odiosi e capaci di azioni atroci, se  non utilizzerete i parametri da mzungu e riuscirete a calarvi nel contesto, proverete una certa comprensione umana. Cosa vi aspettate da un ragazzo che ha un terribile vissuto di bambino-soldato? Noi wazungu non possiamo permetterci certo di scagliare la prima pietra…

“Ombra bianca” è un romanzo riuscito, scorrevole nella lettura; ha un incipit lento, utile introduzione per i personaggi-chiave e la complessità del contesto; la parte finale ha un ritmo incalzante a causa di un inaspettato precipitare degli eventi. Come dichiarato dall’autore, questo libro vuole essere un contributo per portare questa storia di “invisibili” davanti gli occhi del maggiore numero di persone possibile. Metà dell’opera è compiuta: è riuscito a riportare su questa sponda più fortunata del Mediterraneo gli echi lontani di un’ Africa che alla fine non ci riguarda, non ci “tocca” e che vogliamo tenere il più distante possibile, ostinandoci a chiamarla ancora terzo mondo quando il secondo non esiste più dalla fine dell’Unione sovietica, dal lontano 1991. Al termine della lettura, non sarete più così sicuri di essere in grado di distinguere l’assoluto bene e l’assoluto male, al contempo verrete assaliti da senso di impotenza e inutilità in dosi ben oltre quella “di soglia” che potrebbero farvi ricadere nell’ignavia, nella commiserazione del “che ci posso fare?”. Ricordando Adimu e la sua storia troverete la forza per reagire. Parlate ai vostri cari e amici stretti degli albini africani, spargete la voce in giro di un certo libro scritto con passione e competenza, scrivetene voi stessi, inserite un link nella bacheca dei social network. La conoscenza è un efficace rimedio contro ignoranza, superstizione e ciò che le sfrutta a fini di lucro e potere, la condivisione della conoscenza è ancora più efficace.

Questa storia racconta degli albini in Africa, ma è per tutti gli “invisibili”.

White Shadow di Noaz Deshe vincitore del Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis alla 70 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (2013)
White Shadow di Noaz Deshe vincitore del Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis alla 70 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (2013)

[Libro] 

Ombra bianca

Ombra Bianca_(c)_Cristiano Gentili

Autore: Cristiano Gentili
Anno: 2013
Supporto: Carta amica delle foreste FSC misto, non sbiancata con cloro
Categoria: Narrativa – Romanzo
Dimensione: Brossura, 320 pag, 14×21 cm
Sito dell’autore http://www.helpafricanalbinos.com

 

[Film] 

In the shadow of the sun

Titolo italiano: non disponibile. Regia e produzione: Harry Freeland.

Vincitore nel One World Media per il Migliore Documentario del  2013

Scelto da IndieWire come un documentario da vedere nel 2013.

White Shadow

Titolo italiano: Ombra bianca. Regia e Sceneggiatura: Noaz Deshe. Asmara Films

Vincitore del Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis alla 70 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (2013)

[Galleria Fotografica]

White Shadows di Liron Shimoni

10 pensieri su “Ombra bianca.

  1. Caro Claudio, non è mia abitudine commentare una recensione. Tendo a non inserire nemmeno un “Mi piace” ai post riguardanti il romanzo. Questo perché il mio lavoro si è esaurito con la pubblicazione del romanzo e soprattutto, perché l’ultima parola deve sempre essere quella del lettore. Non commenterò, perciò, questa tua recensione ma ci tengo ad esprimerti la mia gratitudine per aver contribuito a diffondere la conoscenza di questa incredibile realtà e di questa iniziativa di sensibilizzazione attraverso la narrativa che Ombra Bianca si propone e continuerà a farlo.
    Un caro saluto e, ancora, GRAZIE!
    Cristiano Gentili

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  2. Cristiano, capisco e condivido la tua opinione. Hai ragione. Se non fosse che ti considero sì autore del libro, ma non con quel “distacco” in cui si crogiola certa parte di autori italiani, che intendono la cultura come una propria liberalità calata dall’alto. Chi legge Ombra bianca, comprende che il rapporto tra autore e opera è davvero osmotico e non si chiude con l’ultima pagina del libro. Nello scrivere questo post, era categorico per me cogliere questo spirito, riuscire a trasmettere le emozioni provate e, possibilmente, dare un piccolo contributo.
    Apprezzo lo strappo alla regola che hai fatto per un ringraziamento che mi sento di contraccambiare sinceramente. Non “conoscevo” Adimu, non “conoscevo” Josephat e Vedastus, non “conoscevo” Alias… Mi hanno dato molto e ho sentito l’esigenza di dare qualcosa anche io.
    Riuscire a condividere emozioni è qualcosa per cui vale la pena vivere.

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  3. simona

    Io rimango sempre più senza parole, che a te non mancano mai. Di certo è che ogni volta che ti leggo Cla’ il mio cervello apre cassetti e scrigni dai quali escono una valanga di pensieri, pensieri e pensieri. Questo che ho scoperto oggi “albini in africa?!” è stato un pugno nello stomaco. Loro li chiameranno pure invisibili ma io non voglio essere ne cieca ne sorda. Corro a comprare il libro e a cercare tutti gli occhiali inutilizzati che girano da anni per casa……
    Grazie, tvb perchè mi arricchisci, nell’anima..

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  4. …Non è vero, non ci riesco, anche se il silenzio in questo caso avrebbe il suo bell’effetto scenico 😉
    Ciò che hai scritto e ciò che farai, mi riempiono il cuore, fanno (com)muovere le dita come se fossero collegate, non alle mani, ma all’anima. Sono benzina per un motore che ogni tanto perde i colpi sotto l’usura e certe brutture del quotidiano. Grazie di leggermi, grazie di comprendermi, grazie di lasciare sempre una porta aperta alle mie parole sebbene espresse in un italiano crocifisso.
    Un’ultima cosa: questo libro l’ho letto mentre trascorrevamo l’estate insieme a Ierissos. Mentre leggevo, ciò che mi ha colpito di più è che queste persone (soprav)vivono senza potersi fidare di nessuno, non possono permettersi di avere un amico, devono sempre guardarsi da chi si mostra disponibile nei loro confronti. E lo trovavo terribile più di ogni altro sopruso e discriminazione. Da questo abisso di disperazione in cui la mia empatia mi faceva sprofondare, riuscivo a risalire solo grazie a un pensiero: proprio lì fuori, facendo dieci passi nel giardino trovavo te e gli altri amici tutti raccolti intorno, amici di cui fidarti, a cui affidarti, amici a cui volere bene e sentirne il bene che mi vogliono. Insomma, se ho trovato la forza per (re)agire, per non appiattirmi al refrain “E io che ci posso fare?!?” è anche grazie a te.

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        1. Ciao tiZ! ho contattato l’autore, Cristiano Gentili, che mi ha risposto dall’auto proclamata Repubblica di Donetsk con una connessione Internet che potrai immaginare.
          Il libro è stato tradotto in inglese e ora è in fase di editing. Grazie alla collaborazione con un agente e un editor americani, Cristiano sta cercando di adattare il libro al mercato USA per lanciare lì una campagna di informazione. Sarebbe grandioso! La condizione, però, è che il romanzo fosse libero da ogni diritto e non precendetemente pubblicato. Pertanto, il libro è stato ritirato dal mercato italiano. Dubito quindi che lo troverai in giro.

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