Io non ho paura…


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…dei Draghi.

Quell'improbabile drago viola mi ha fatto vedere...i sorci verdi!
Quell’improbabile drago viola mi ha fatto vedere…i sorci verdi!

Ho iniziato con una console Mattel Intellivision che ebbe regalata a Natale mio fratello. Era il 1983. Ancora la conservo, è funzionante e ogni tanto non disdegno di riaccenderla per farmi una partita ad Advanced Dungeons & Dragons. Il respiro del drago ancora mi mette ansia e salto dalla sedia, sparando frecce a casaccio, quando da un tunnel sbuca il folletto blu. Chi ci ha giocato, sa cosa intendo. Chi non ci ha giocato, oggi non ci si avvicinerebbe nemmeno con un bastone.

Con il passare degli anni, delle console e dei computer, ho accumulato emozioni, sensazioni e ricordi che fanno parte del mio bagaglio di conoscenza ed esperienza. E non solo digitalmente parlando. I videogiochi sono come un album di fotografie, ma molto più vivido, dinamico e ricco. Per esempio, ricordo in ogni minimo particolare quando acquistai Advanced Dungeons & Dragons per l’Intellivision o, meglio, l’acquistò il mio caro papà per me.

È palpabile il ricordo di quel supermarket a Frosinone (dove abitavo), vicino alla stazione, subito dopo il passaggio a livello, il freddo umido di novembre che vi penetrava, la scarsa illuminazione del locale, poca gente tra i corridoi, gli scaffali pieni di quelle cose necessarie al quotidiano e perciò scontate e poco interessanti, mio padre intento a fare la spesa , mio fratello e io gli giravamo intorno senza mai perderlo di vista come un cane senza guinzaglio che cammina con il padrone nei pressi.

L‘interesse di noi bambini per la mercanzia esposta era lo stesso identico del cane per i “segnali del territorio” lasciati da suoi consimili su tronchi d’albero, arbusti, panchine, ruote d’auto. Ci avvicinavamo a uno scaffale, effettuata una rapida panoramica sulle scatole, ne prendevamo una in mano e, dopo averne fatto una valutazione vattela-a-pesca-quale, la riponevamo.

Ormai terminata la spesa, la cassa in fondo a quell’ultimo corridoio appariva come la sospirata uscita dall'”Immigration” dell’aeroporto JFK a New York, sfiancato da circa dodici ore passate tra “check-in”, attesa per l’imbarco e volo, un’interminabile fila, foto segnaletica, impronte digitali, un cumulo di domande tra il bizzarro e l’idiota cui però rispondere seriamente (e in inglese). Finalmente, l’uscita! Quando, in mezzo a quell’ultimo corridoio noto una sorta di alto tavolo rettangolare, con piano superiore in vetro trasparente,  che nel mio ricordo è particolarmente alto, perché riuscivo a scorgerne il contenuto solo alzandomi sulla punta dei piedi. All’epoca non arrivavo certo al metro e ottantatré di oggi.

I bambini sono curiosi, io lo sono sempre stato particolarmente e, poco modestamente, me ne faccio vanto. In questa teca erano custodite a chiave ed esposte, neanche fosse la reliquia del Sangue di San Gennaro, alcune scatole di videogiochi per Intellivision. Tra queste scatole colorate, con la stessa aura sacra e solenne della rivelazione del Quarto Mistero di Fatima mi apparve la confezione di un bel rosso acceso di Advanced Dungeons & Dragons.

Mio padre era noto in famiglia per essere sempre quello del “primo no”; all’epoca fu causa del mio avvicinamento alla lingua sanscrita così da bestemmiare senza incorrere nelle ire paterne e di Santa Romana Chiesa; in realtà è stata  la base concreta, pragmatica, un “mattone” di un importante insegnamento che porto per sempre con me: la vita non è facile e che ciò che si desidera va guadagnato con impegno e, a volte, sacrificio.

Ciò premesso non avevo molte speranze di uscire dal supermarket con quella scatola rossa tra le mani. Ciononostante, con la fede di potercela fare cui sono capaci solo i bambini che si buttano nelle imprese impossibili, avanzai l’oscena richiesta. Ebbene, mio papà, senza “ma” e senza “se”, acconsentì. Chiamò l’inserviente, gli indicò la scatola rossa, per lui era soltanto una “scatola rossa”, nient’altro che una semplice “scatola rossa” in cui però risiedeva un potere,  che – per motivi al di là della sua comprensione e conoscenza – avrebbe reso immensamente felici i suoi ragazzi.

Ricordo la scena nei particolari, ma senza sonoro. Come un film muto.

Un inserviente in camice azzurro si avvicinò, trasse dalla tasca una chiave e vi aprì quel mobile dall’aspetto discutibile e fuori luogo rispetto alla scaffalatura di un supermarket, pure tuttavia ai miei occhi era “lo scrigno delle meraviglie”. Consegnò nelle mani di mio papà la scatola di Advanced Dungeons & Dragons cartridge. Rossa. 

Advanced Dungeons & Dragons (Intellivision - (c) 1982)
Immagine di rara potenza evocativa dello spirito di avventura, del pericolo incombente, dell’epicità delle gesta che ci attendono LI’ DENTRO, quella cartuccia di ben 6 (sei!) Kbyte.

Passò alla cassa anonimamente, insieme a detersivi, dentifrici, confezioni di pasta, farina, zucchero, biscotti, l’odiato latte intero (non mi piace il latte) di una marca che era tutto un programma: “SOLAC”.

La scatola rossa tornò tra le mie mani consegnata da papà che, leggermente chino su di noi, guardò negli occhi entrambi, sorrise e ci fece una sola raccomandazione: “È per tutti e due”.

Mio fratello non si appassionò, io ci ho giocato allo sfinimento, l’ho finito un miliardo di volte, ci rigioco ancora oggi quando si allinea la congiuntura astrale tra la cellula di “nostalgia nostalgia canaglia” e la risorsa “Tempo” disponibile: quella scatola rossa mi ha regalato tanti momenti di svago, di avventura, di viaggi fantastici, ansia e spaventi, soddisfazione e gratifica, un nutrito assortimento di coloriti epiteti all’indirizzo della “cattiveria” dei programmatori del gioco e della mia incapacità – avendo le mani solo con cinque dita cadauna – a padroneggiare quell’arnese pieno di tasti che era il joypad dell’ Intellivision.

Joypad Intellivision
Il joypad dell’Intellivision: multi-stasti, multi-dita!

Sono passati gli anni e il primo Resident Evil (1996) sulla PlayStation mi ha fatto saltare – letteralmente – dalla sedia (quando i cani sfondano le vetrate di quel corridoio, per poco non ci rimanevo secco), Silent Hill tramutò la paura di qualcosa dall’esterno in un disagio, un turbamento psicologico e infine nella consapevolezza che l’orrore più indicibile può celarsi dentro di noi. Eternal Darkness riuscì a trasmettere l’angoscia dei racconti dei maestri Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft e ancora Project Zero, The Suffering, Call of Cthulhu – Dark Corners of the Earth, Condemned, Deadly Premonition, Limbo, Dead Space, Amnesia e Zombi U.

Ognuno di questi videogiochi – con approcci, per motivi e in momenti diversi – è riuscito a farmi correre i brividi lungo la schiena, farmi saltare dalla sedia o immergermi in uno stato di angoscia costante. Ma nulla è paragonabile al respiro del drago nascosto lì, da qualche parte, oltre la fine di quella galleria che andava rivelandosi via via che la percorrevo!

Al livello più alto di difficoltà, il drago alato che custodiva il tesoro più prezioso, la Corona dei Re, riusciva a vaporizzare lo sprite in un paio di secondi dal momento in cui si rivelava sullo schermo: una brutalità che è coerente quando un uomo incontra un drago, cioè un’antica creatura alta come un palazzo, ricoperta di dure scaglie, irta di zanne e, se ciò non bastasse, a volte vola e spesso sputa fuoco.

Una brutalità che nei videogiochi dei tempi moderni è scomparsa così che tutti possano terminare il gioco (e comprarne un altro). Una brutalità che oggi potete sperimentare solo in Demon’s Soul e suo seguito, Dark Soul. Una brutalità che umilia l’approccio a testa bassa e senza pensare, punisce l’arroganza del credersi “il più forte” e la superficialità nell’affrontare una situazione; obbliga a imparare dall’errore e a trovare soluzioni. Ricompensa con una consapevolezza di essere vulnerabili e ci rende pronti ad affrontare i nostri limiti e a superarli.

Non è la vita reale, chiaro, ma possiamo considerarla una piccola metafora della vita reale. Il gioco, per tutti i cuccioli dei mammiferi, è un addestramento che li aiuta a diventare grandi, gli insegna a cacciare, cioè a procacciarsi il cibo e la sopravvivenza.

Se avessi ascoltato una vocina del “buon senso comune di uomo maturo” non mi sarei sbattuto alla tastiera per mettere a nudo in pubblico (ludibrio) queste righe di memorie barbose di un videogiocatore cresciutello (o mai cresciuto) in salsa di nostalgia-nostalgia-canaglia. Ho deciso di comportarmi come quando, da bambino, i miei genitori e “i grandi” mi dicevano di non fare una determinata cosa che però a me sembrava naturale e mi incuriosiva: li mandavo a quel paese (non apertamente, ma dentro di me) e rompevo ogni indugio a scoprire ciò che sentivo di fare. A volte, ho anche rimediato un bel bernoccolo o un legittimo scappellotto. Ma anche questi ultimi sono serviti per prepararmi alla vita. In fondo, questo ricordo, custodito nel mio album di ricordi più profondi,  ha trovato una strada per essere raccontato in queste righe dedicate a una passione che non è socialmente accettabile oltre l’età dell’adolescenza e che è condivisibile – onde evitare sguardi di compatimento –  con i tuoi pari(a).

Ciò avrà lasciato fermi al titolo buona parte di chi si è imbattuto in questo testo, ma la mia esigenza di condividere si rivolge a chi ha mandato al diavolo quella voce che gli urlava “Fermo, non leggere oltre, non perdere tempo con queste cose da bambinone!”, non ha più esitato e ha dato retta a quello spirito di esplorazione irresponsabile di quando era bambino. Solo essendo in questa predisposizione di animo, si può comprendere che questo è un modo per tenersi stretto al cuore una persona amata, è un tentativo di esprimere quei momenti belli, perfetti nel ricordo, quei momenti unici e irripetibili, sebbene non così perfetti nella vita, quei momenti indissolubilmente legati a una persona che ci ha cambiato e ci ha reso migliori.

In questo blog, in queste pagine, nei limiti del mio italiano crocifisso, vi sono diverse persone che mi hanno cambiato e reso migliore, ma se oggi non ho più paura dei “draghi” lo devo a una persona. Dedicato al mio papà.

Corona dei Re

ONDA SONORA CONSIGLIATA: il respiro del drago

che potete ascoltare subito all’inizio del video di Advanced Dungeons & Dragons cartridge

Per una recensione di Advanced Dungeons & Dragons puoi leggere qui

17 pensieri su “Io non ho paura…

  1. simo

    Leggerti e come giocare ad un videogioco per te , mi rilassa, mi immerge in mondi sconosciuti, mi migliora, mi diverte ecc. ecc.
    tvb

    oltre a leggere tutto fino alla fine mi sono accanita su sto’ cavolo di video youtube con colonna sonora….. non si apre e non posso sentire il respiro del drago. Ho rosicato!!!

    grazie per avermi ricordato di leggerti

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    1. Per cotanta lusinghiera commentata, mi adopererò affinchè il mio sbattimento di tastiera sollazzi la sua bella mente e il suo buon cuore. Che il Game Over sopraggiunga il più lontano possibile.
      Visto che sono io il padrone di questa macchinetta mangia-tempo e, date le ore infami in cui abitualmente mi coglie la (d)ispirazione, anche mangia-sonno, per te ho configurato la modalità con “continua” infiniti.

      Do NOT insert coin

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    1. Che bella famiglia! I miei non li hanno mai capiti ‘sti “videogheims”, sarà la “generazione della guerra”, che non può concepire questo “utilizzo” del tempo. Li capisco e non li biasimo, perché mi hanno dato la possbilità di conoscere e sperimentare questa (in)sana passione, sebbene non ne comprendessero il senso.
      Se non fosse stato per Sea Battle, Triple Action, Advanced Dungeons & Dragons e Dracula, oggi non sarei qui a sbattermi sulla tastiera e sbattere tasti di joypad.
      A titolo di informazione della serie nostalgia-nostalgia-canaglia, ho da poco acquistato un accrocco di fabbricazione cinese di cui scriverò sicuramente su queste pagine. Passando attraverso infondati timori che potesse scoppiare (alimentatore con spina americana, non si sa mai…) e la trepidazione che fosse una cocente delusione rispetto ai meravigliosi ricordi, ho spinto il pulsante di accensione, fiiiu funziona! Appare un menu a schermo (60 giochi inclusi) e mi fiondo sul gioco dei “draghi”: gesummmaria! E’ LUI! Entro nella prima montagna, faccio i primi cauti passi, sibilo di serpente, quel bastardo rosso si nasconde da qualche parte…mi muovo circospetto, ma ho un’ameba viola che si avvicina, poi sento uno squittire, un ratto..,ma quel corridoio in cui camminavo all’improvviso si spalanca in una stanza e c’è il fetente rosso sibilante. Entro nel panico e, il micron dopo, sono cibo per serpenti. Poso il joypad (replica di quello Inty), riguardo lo schermo, mi fermo qualche secondo ad ascoltare il “rrrrrooooar” e mi viene quasi da piangere per la gioia di avere “ritrovato” il drago e la tristezza che non c’è più il mio papà. Grazie ancora papà. E grazie a te, tiZ.
      Intellivision Flashback

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  2. Quanti ricordi!!!! Non ricordavo assolutamente il nome ma la foto del “joystick” (diciamo così) mi ha ricordato che avevo anch’io questa console, o una molto simile. Ero molto piccolo: considera che mio padre portò a casa il Commodore64 almeno nel 1983, quando cioè avevo 9 anni, mentre prima c’era la console con il Pong, quello del tennis con le tue linee mobili…
    Anche mio padre voleva “cavalcare” l’onda e insieme studiavamo il Basic riuscendo a fare programmini anche elaborati, per l’epoca. Mi diede l'”avvio” e da allora non mi sono più fermato 😛
    Pensa che ci credeva così tanto che con sforzo finanziario ad un certo puntò mi comprò il “drive” (o così lo chiamavo), cioè il lettore floppy per Commodore così da non aspettare le decine di ore di tempo che impiegata la casseetta a caricare.
    Il gioco che citi non l’ho mai avuto, ma grazie ai compagni di scuola me ne passarono davvero tanti per le mani: essendo io una totale schiappa a qualsiasi gioco, ne cambiavo tanti perché tanto più di qualche quadro non riuscivo a fare e mi stufavo. Quello che amavo di più era “Bruce Lee”, perché c’erano i miei due grandi miti: Bruce e i ninja! 😀

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    1. Il Commodore64 io non l’ho mai voluto proprio per quei tempi morti a fissare le linee del loader da cassetta e anche per un motivo connesso al nostro tema “Digitale e supporto fisico” (eliminerei il “VS” che non ha senso).
      All’epoca i giochi per C64 erano tutti piratati e si vendevano in edicola. Queste cassette anonime, tutte uguali…Preferivo una cassetta ogni compleanno o Natale, ma con il suo bel aspetto da “scrigno del tesoro” e “porta per altri mondi”.
      Al C64 scelsi un computer che avremmo avuto in 10 in tutta Italia: il Coleco ADAM per cui importarono sì e no due giochi, ma, quando parlo di supporto fisico “catalizzatore”, questi ne avevano da vendere. Trovi un’immagine di uno dei miei due giochi per ADAM in fondo a questa pagina:

      VideO’gioco

      Il Disk Drive del C64 lo aveva un mio amico, che ancora frequento: costava quanto il C64! Pensare che oggi non esistono più.
      Bruce Lee su C64 me lo ricordo. Mio cugino ne aveva una caterva di questi giochi su quelle cassette.
      Oggi ho recuperato il C64 con un emulatore della Cloanto che è una bomba: costa poco e supporta l’inverosimile, un’opera di passione e amore, anche se mi rendo conto che non è la stessa cosa che avere vissuto certi pomeriggi accanto a tuo papà a fare impazzire quella stupenda macchina con 10 print “Lucio” 20 goto 10

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      1. Già da piccoli insomma avevamo in nuce le nostre rispettive differenze: supporto fisico “catalizzatore” per te, etereo supporto immateriale condivisibile per me 😛
        Con il comando “input” si potevano costruire programmi belli complessi, in cui a seconda della risposta che davi ad una domanda cambiava tutto. Con mio padre avevamo costruito una specie di gioco dell’oca in cui guidavi due pupazzetti: a seconda della risposta che davi alle domande poste dal Commodore procedevi o stavi fermo. E’ incredibile pensare che quella roba non potevi salvarla ma riscriverla daccapo ogni volta! (Il bello del Drive è che invece finalmente potevi salvare)

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        1. I primi passi nell’informatica come le rotelle alla bicicletta. Io con l’ADAM, vista la carestia di giochi e di supporto (aveva un Basic simile a quello dell’Apple IIc ma gli indirizzi di memoria erano differenti), passavo le notti a riscrivere i listati di Paper Soft. Poi scoprii il Logo e realizzai il mio primo e ultimo videogioco: un mago che sparava palle di fuoco e che doveva attraversa più schermate infestate da mostri. Notti passate ad ottimizzare il codice, a disegnare pixel per pixel gli sprite che avevo disegnato a mano su un quaderno a quadretti. Fantastico!

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          1. ahhh i quaderni a quadretti, strumento fondamentale per ogni “informatico” ^_^ Gli sprite sono stati il mio primo amore, erano così belli che mi sembrava di impazzire ad ammirarli! Nei giochi che potevo mettevo in pausa e, col quaderno a quadretti davanti alla TV, li ricopiavo così da poterli ricostruire. Che tempi…
            Quando nel ’90 arrivò a casa un Amstrad – che usava il DOS – continuai questa “tecnica” ridisegnando col suo software grafico alcuni sprite più elaborati. Era davvero bello e creativo, creatività che troppo spesso mi sembra scomparsain questi tempi di perfetta e facile replicabilità. Mi consola avere una copia perfetta di ciò che mi piace, ma certo mi manca quella passione nel tentare di rifarla.
            Mi consolo usando quell’istinto in altre maniere, come scriverci fan fiction o ricrearlo in versione Lego 😀

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            1. La magia dei pixel che diventavano qualsiasi cosa tu volessi usando per giunta gli odiati quadretti dei compiti di matematica, neanche con Master Card d’oro zecchino puoi!
              La facilità nell’utilizzare la tecnologia (che comunque è sempre un concetto relativo) e la disponibilità di risorse ridondanti ha drasticamente ridotto la curiosità di capire come funziona e cosa c’è dietro, dando un bel colpo anche alla creatività. Di conseguenza abbiamo un’obsolescenza indotta ormai parte della progettazione e delle politiche di marketing.

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              1. Anche a livello molto semplice, tipo gestire lo sfondo del desktop o cambiare il disegno delle icone, è diventato molto difficile in un sistema che “fa tutto da solo”. Per esempio negli anni Novanta adoravo disegnare icone da associare a file o cartelle tematiche: avevo estratto un alieno da un vieogioco e l’avevo trasformato in icona per il mio file Word in cui scrivevo un database di informazioni sui film di Aliens. Vallo a fare oggi: tutta Silicon Valley sprofonderebbe nel tentativo 😀 Con softwarini stupidissimi e freeware prendevo audio dai film e lo inserivo in Doom, così che quando ci giocavo sembrava di ricreare il film: sono cose stupide ma più si va avanti e più è impossibile realizzarle, ritrovandosi costretti in binari inviolabili. Bisogna essere ancora più creativi per sviluppare la creatività…

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  3. Questo non l’avevo ancora letto, ma grazie. Mi manca tutto un mondo (il mio approccio al computer è stato sempre solo lavorativo) ma tu me lo fai visitare… e sei una buona guida. Grazie.
    Ps un po’ blasfemo: i quaderni a quadretti…. punto croce e uncinetto! Ciao!

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    1. Ahahah la blasfemia mi pare “esagerata”, piuttosto un modo creativo per utilizzare uno strumento di pena e sacrificio (la matematica non è mai stata il mio forte).
      Grazie della tua attenzione e di chiamarmi “guida”. Ne sono assai lusingato.

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