Due


Broken Manual © Alec Soth

Tre. Il numero perfetto. Non c’è il due senza. Nulla è perfetto. Solo Zer0 è perfetto.

Il mio nome è Due, ma sono uno. Discendente di Zer0, anzi…ascendente. Gemello omozigote di Uno e padre di Tre. Se vi siete persi in un albero genea-logico che assomiglia più a una tabellina, nessuna paura: è normale. Tutta questa storia di parenti e discendenti è sempre così noiosa per chi è esterno alla famiglia, ma ha un senso per chi vi appartiene. Il nostro DNA è segnato, i cromosomi si combinano e ne viene fuori un unico, che porterà sempre il marchio dei genitori. Da Zer0 tendente a infinito. X=padre, Y=madre, siamo un punto (X;Y) sulla coordinata Z del Tempo.

A volte mi odio. Sì, mi odio da solo. Già l’Odio ha poco senso, non porta mai a nulla di buono, ma l’Odio riflessivo, l’Odio di sé verso di sè è come stringere tra le dita una bomba a mano, levarle la sicura, contare fino a 4 e poi…ingoiarsela.

Due=secondo, né la gloria del primo né la perfezione del terzo numero. Due=secondo. Sì, mi odio per quello che sono destinato a essere. Eternamente secondo.

Non riesco a comprendere io chi sia veramente, in famiglia ci assomigliamo molto, intendo proprio fisicamente, guardate qui: 1…vi presento Uno; 1+1…e questo sono io, Due…ci assomigliamo molto, vero? Non avete ancora visto l’altro fratello! 1+1+1…Tre, ecco Tre. Che vi dicevo? Potrei andare avanti ancora per molto, sapete siamo una famiglia numero…sa.

Sono stato anche in cura da un dottore, da uno bravo: sdoppiamento della personalità. Il dottore è convinto che io soffra di sdoppiamento della personalità. Ma non credo nella diagnosi del dottore, per quanto bravo sia. Non sono presuntuoso, non metto in dubbio la bravura del dottore, ma è una questione di semplice logica. E in fatto di logica, io ho un dono naturale, un talento geneticamente ereditato. Piuttosto che un semplice sdoppiamento, si tratta di personalità multiple! Ciò che spesso provo, una sensazione acuta e lacerante, è l’assurdità di essere “unico” quando siamo immersi in una costante necessità di prendere decisioni, strade che si ramificano, occorre compiere delle scelte, spesso senza ritorno. Il “ritorno” è un lusso per pochi fortunati. Come il perdono. Tutti corrono avanti, avanti c’è (un) posto, se ti fermi, è a tuo rischio e pericolo, tutti corrono avanti, se ti fermi, guardi indietro e ri-fletti sulla strada che hai percorso per fare la scelta della (strada) successiva, rischi di rimanere dietro, solo, tutti devono correre avanti, condannati a non potere scegliere di non scegliere. Personalità multiple quante sono le scelte da compiere, le decisioni da potere non prendere. Ma io sono “solo” Due. In alcuni momenti ho paura di perdere anche questa flebile e sotto(auto)stimata sensazione di me stesso: la realtà ha meccanismi troppo complessi e intricati, al di fuori del controllo totale che vorrebbero farci credere di avere con la continua necessità di prendere decisioni. Decisioni e scelte una di seguito all’altra, una catena di montaggio, una negoziazione costante che porta a compromessi necessari per non perdere la convinzione che siamo noi ad avere il controllo. Come fantasmi che non sanno di essere tali e sono convinti di potere afferrare le cose nell’Al-di-Qua per poi accorgersi che tutto gli passa attraverso.

Non accetto di essere impotente, entro i miei limiti lotto per dare senso al mio percorso in questa vita da numero. Perchè sono un numero o un essere vivente? Una domanda? No, una scelta, un’altra scelta in questa fottutissima autostrada di dedalici svincoli, lineari corsie a scorrimento per file parallele, qualche area di sosta per emergenze e rarissime inversioni di marcia. Ma so cosa ci vorrebbe per interrompere questo ammorbante flusso di pensieri che ci rendono tutti anonimamente uguali, tutti correre avanti, a file parallele, tutti passivamente uguali. Zer0, mio padre, una volta l’ha fatto: ha azzerat0 tutt0. Ha tolto la spina a quello schermo che ci rendeva numeri e non esseri viventi. Una combinazione di tasti, un gesto banale, un paio di click, ci siamo…se state leggendo proprio queste righe-qui vuole dire che sono riuscito a pubblicarmi su questo blog e che voi vi siete FERMATI [.] a leggere me e RITORNERETE INDIETRO [<–] quando perdonerete se non sono come voi avreste voluto o come vi immaginavate che io fossi. Non sono più un numero, non sono più un numero, non sono più 1+1, ma 0010, un essere vivente….0010 0010 0010 0010 0010, grazie a mio padre, sono un essere vivente. Sarà sempre con me.

Grazie, papà

Onda sonora tra le righe: Major Minus ( Mylo Xyloto – Coldplay)

13 pensieri su “Due

    1. Con un commento del genere è la mia di anima a ricevere nutrimento. Ipercalorico e multivitaminico!
      Solo che..UHèèèèèèè NArcisiè!!!! DICEVO, solo che – NAAAARCISSSSooOOOO!..solo che ora chi lo tiene più a Narcisiello…sta zumpann’ ‘a tutt’e parte, si sta pariann’ cu’e cumpagne… …. NaAAArcisièèèèèè vien’acca’ che zia Simo t’ha purtate ‘o babbbba’!!!

      Grazie

      NARCISiEEEEEEEééééééééé!!!!

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    1. Eh sì tiZ, tre parole di fila e dentro c’è tutta la storia: prestazione, ansia, abbandono. Prestazione presuppone e porta ansia, l’abbandono non ha obiettivi. Se corri sempre la vita scorre come il mondo visto dal finestrino di un treno in corsa. Ogni tanto io provo – ci provo – a fermarmi, scendo in una stazione, a volte totalemente a caso, e sì mi sento perso all’inizio, ma poi basta uno sguardo intorno per cogliere uno sguardo, un albero in fiore, due persone che gesticolano, una cosa qualsiasi che mi sferza di rinnovata energia e risalgo su quel treno o un altro, non l’ho mai capito se è sempre lo stesso. Sarà la Primavera…E ‘sti treni sono sempre in ritardo. Grazie per avere gradito.

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      1. Sono scesa da un treno in corsa tempo fa, involta in un sistema che mi caricava di ansia in maniera incredibile e più dicevo che potevo restare imperturbabile più somatizzavo. Come se la testa, il cuore e il corpo potessero essere tre elementi distinti, tre parti che proseguono strade diverse. Sono scesa da quel treno e non vi ho fatto più ritorno, mi sono isolata, ho scelto di non apparire e di non voler dimostrare più niente, di non parlare più.
        Ma certi treni non li posso lasciare , certi viaggi ho scelto di percorrerli con tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate. Solo che certi giorni , certe domande, certe stanchezze sono davvero troppe e sento il bisogno di staccare ma di dover tornare; non so se è responsabilità o la consapevolezza che nonostante tutto sono state più le gioie che ho ricevuto, il processo di crescita, che le giornate no. Eppure quella sensazione di impotenza mi fa così rabbia.

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        1. Conosco quella sensazione di essere su un treno lanciato su un binario morto. Si riaffaccia con cadenza imprevista, anche se poi è prevedibilissimo che accada. Il botto è inevitabile. Ma forse è proprio la responsabilità e la consapevolezza che non ci fa evitare lo schianto o quantomeno di sopravvivere, emergere dai rottami con qualche graffio, escoriazione e – a volte – brutta cicatrice, ma rimetterci in fila a fare il biglietto per quel dannato treno sempre dannatamente in ritardo! O forse sono io che ho l’orologio che va indietro…ora che ci penso, però, non porto l’orologio da quindici anni!

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          1. Vero? Sto treno è sempre in ritardo, poi alla fine tutto arriva- anche senza orologio da polso ( fermo da anni ormai, ma perché la pila va cambiata? ) .
            Che poi alla fine accade che una mattina il treno fa un botto e un doppio botto e si ferma desolante a Campi Flegrei. . . ma il tabellone rassicura : prossimo treno in partenza alle 10:91 ….91?
            E l’effetto sorpresa è garantito 😉

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            1. 91…Uno più della paura. 90 La paura. 91 La paura è passata. Una “strategia” è non rimanere troppo tempo nella condizione di “paura”, incarnare il dolore nella propria vita, non fa cambiare il resto delle cose intorno a te. Occorre accelerare fino al “bang supersonico”, come gli aerei che superano la velocità del suono. Prima vediamo arrivare l’aereo, poi sentiamo il suo rumore.
              Il botto lo senti dopo, ormai però lo hai superato. Breve storiella aeronautica: da un aereo non identificato in attesa da lungo tempo per l’autorizzazione al decollo a causa di una lunghissima coda:“I’m f…ing bored!” La torre di controllo risponde: “Last aircraft transmitting, identify yourself immediately!” l’aereo non identificato: “I said I was f…ing bored, not f…ing stupid!”

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                1. Uaneme!…Hai scelto una canzone che amo-e-odio particolarmente. “Amo” perché è una bellissima canzone; “odio” perché è legata a un periodo di forte ehm “negatività” in cui me la ripetevo nella testa e rimbombava dentro, potente e rivelatrice. Ce l’avevo nella testa, fissa, perché trascendeva la mia capacità di capire, aggirava la logica e la “difesa” di farsi illusioni e dirsi più confortanti bugie, e ti sparava con sincerità le cose come stavano.
                  Quindi oggi sono riconoscente a questa canzone e a Samuele Bersani anche solo per questa, unica canzone. Vedi tu, i miracoli che fa la musica. E tu mi hai capito al volo!…In gergo aeronautico: Red to tiZ, stab one two tally, visual, press! (questa è difficile…)

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                  1. Ehh non parlarmene ne ho tantissime di quelle canzoni lì. Molte rifiuto proprio di ascoltarle, per altre, anche se fanno male, mi ricordano da dove vengo. La strada che ho fatto. La musica è il primo miracolo universale frutto, chi lo sa, della sezione aurea.

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